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Autore: fridawrites    30/07/2013    1 recensioni
Si dice che il filo rosso del destino conduca ogni persona alla propria anima gemella: nessun ostacolo impedirà alle due persone di trovarsi ed innamorarsi.
Elena,però, non può immaginare che la persona a cui è destinata è qualcuno per il quale prova solo un semplice affetto. Lo capirà grazie a Caroline, migliore amica e coinquilina, e a sua sorella gemella, che la raggiungerà nella frenesia Londinese.
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«Quindi?» domanda Care, più confusa di prima. «Cosa siete adesso? Amici con benefici?»
Sentirlo a voce alta è tutt’altra cosa. E’ anche peggio. Avevo solo bisogno di sfogarmi; a farmi compagnia c’era l’alcool… e lui.
«Dipende da cosa intendi.» rispondo vaga, aggrottando le sopracciglia.
«Avete placato gli spiriti bollenti nell’unico modo che avreste dovuto evitare. E’ ufficiale.» ribatte convinta. «Siete amici di letto. »

AU. Tutti umani.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Originari, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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 Midnight in Greenwich

 

 

 

La bionda fa irruzione in casa con un sorriso smagliante stampato sul volto. A volte mi chiedo come faccia a trovare la gioia in ogni piccola cosa. Una lunga giornata di lavoro è appena trascorsa, lei ha dovuto perfino subire gli straordinari, ma nonostante tutto non riesce a non sorridere alla vista della mia famiglia a casa nostra. Nemmeno fosse la sua di famiglia.

Forse questa è l’unica cosa che invidio di lei.

Non invidio il suo fisico più formoso del mio, che è quasi completamente asciutto. Non invidio i suoi capelli sempre in ordine. Non invidio il suo guardaroba o la sua trousse. Invidio la capacità con la quale riesce a rendere tutto più facile e felice. Sempre, in ogni circostanza.

Riesce ad alzarsi anche dopo la caduta più dolorosa. E’ un po’ come l’arcobaleno dopo la pioggia: fa capolino con i suoi colori e la sua allegria, nonostante l’atmosfera sia ancora scura e cupa.

E nonostante tutto, sono entusiasta al pensiero di aver già ricevuto questo arcobaleno nella mia vita.

Arrivata in soggiorno, si mette davanti a noi e porta entrambe le mani alla bocca, dalla quale esce qualche gridolino strozzato dall’emozione. Inizia perfino a saltellare.

“Finalmente vi conosco!”  annuncia tutta contenta, tipico della mia migliore amica. Rido, scuotendo la testa. E’ proprio impossibile; sta conoscendo la mia famiglia, non il suo cantante preferito o lo stilista che ha disegnato la borsa che ama.

Damon mi scruta con i suoi occhi cristallini, forse più vivi del solito.

Incrocio le braccia, mentre mi stendo il più possibile sul divano.

“Aspetta di scoprire chi ha finito il gelato.” Dico guardandola velocemente, per poi distogliere lo sguardo da lei e puntarlo negli occhi del mio migliore amico.

Alzo le sopracciglia come per dire ‘l’adorerai anche adesso?’ mentre Hayley accenna ad una risata e poggia il capo sulla mia spalla. L’accolgo con tutta la dolcezza possibile, mentre mi ritorna alla memoria la domanda che le avevo posto qualche minuto fa. Chi è il padre dei miei futuri nipotini?

Decido di non indagare ulteriormente, infondo è stata una giornata pesante e piena zeppa di novità e notizie sconvolgenti. Purtroppo non ho la capacità di Caroline di gioire continuamente, perfino nei momenti più impensabili.

“Perché, a chi l’hai dato questa volta? Sentiamo.” Mi incita la bionda che ho davanti, mentre poggia le mani sui fianchi. Alzo gli occhi al cielo. Non riesco nemmeno a mettere in cattiva luce il Salvatore. Giustamente le viene in mente quell’episodio lontano –ma non troppo- nel quale invitai Vicki a casa e le offrii l’ultimo Ben&Jerry’s. Il penultimo ce l’avevo io. Quello fu un caso eccezionale, in cui facemmo scorta di gelato che avrebbe dovuto bastarci per più di due settimane.

Ma in fondo stiamo parlando di me e Caroline e, se la matematica non è un’opinione, noi due sommate a tanto gelato diamo origine ad un numero relativo il cui segno è negativo: tante vaschette andarono a ruba, e la sua necessità non fu esaudita a sufficienza, anche –e soprattutto- a causa mia. Diciamo che fu una sorta di vendetta, ripicca nei suoi confronti che mi aveva costretta a guardare due volte di seguito il suo film preferito, ‘La mia miglior nemica’. Non che non fosse una commedia divertente, ma in quel periodo ero particolarmente su di giri nei confronti di spose che non si accontentavano mai.

Insomma: vedere quel film fu una vera tortura. Dato che la vendetta è un piatto che va servito freddo, offrii, con tanta e quasi inspiegabile generosità, l’ultima vaschetta di B&J’s -come ho già detto- a Vicki, che non si fece scrupoli a prenderla e gustarla con me. La rabbia di Caroline raggiunse livelli esorbitanti, tanto che la sua sfuriata causò il litigio più lungo mai successo fra noi due.

Non ci rivolgemmo la parola per quasi due settimane.

Mi perdonò solo quando organizzai la nostra solita serata fra amiche, a base di centinaia di pellicole, popcorn, gelati a volontà e pigiami, tutto rigorosamente sul mio letto. Le promisi che non avrei mangiato più quel gelato per una settimana (la settimana più lunga della mia vita!).

Ovviamente lei mi perdonò, e non perse tempo nel mangiare la sua vaschetta di fronte ai miei occhi che chiedevano umilmente pietà in silenzio.

“Damon. Il problema è che non gliel’ho offerto io, si è servito da solo.”  Rispondo alla sua domanda, tentando di far apparire sotto una cattiva luce il mio Salvatore.

Ma so che non succederà. Caroline è facilmente impressionabile.

E’ attratta dagli uomini pericolosi, affascinanti, e Damon rientra in tutte queste categorie.

Poi lui le fa gli occhi dolci, mettendo ulteriormente in mostra il suo animo da ‘modesto’.

Lo detesto.

In senso buono.

 

“Oh, allora possiamo fare un’eccezione per oggi.” Afferma con nonchalance, mostrando una dolcezza che non sapevo possedesse, e, comunque, non avrei mai immaginato potesse usarla con colui che le ha rubato il gelato –tecnicamente lo ha rubato a me-.

Alzo gli occhi al cielo, mentre Damon e mia sorella ridacchiano.

Incrocio le braccia, proprio come fanno i bambini quando, da piccoli, si arrabbiano e nessuno è dalla loro parte. Se c’è qualcosa che posso fare per far imbestialire il Salvatore, però, è sconfinare negli argomenti che dovrebbero essere proibiti, almeno fra noi due.

“Allora, Damon. Come sta Stefan?” ammicco nella sua direzione, catturando la sua attenzione ma –stranamente-  anche quella di mia sorella.  Stefan Salvatore adesso è un ventenne, cresciuto in tutto e per tutto con mio fratello Jeremy. Hanno entrambi la stessa età *, ed è come se fossero fratelli.

Per questo considero la nostra un’unica famiglia. Siamo più che semplici migliori amici, siamo come uniti da un legame di sangue.

Proprio per questo motivo non potrei mai provare alcun sentimento nei confronti di Damon, o per giunta Stefan. Lo stesso vale per i Salvatore con mia sorella. Quando avevo sedici anni, però, Jeremy mi confessò un segreto di Stefan. Aveva una cotta per me; io l’ho sempre ignorata, anche poiché a quel tempo era un dolce ed ingenuo quindicenne ed io stavo con Matt. Un giorno Damon lo venne a sapere, ed andò su tutte le furie. Non poteva permettersi che suo fratello provasse qualcosa per una persona da considerare come ‘sua sorella’.  No, no,  ed assolutamente no.

Da quel momento diventò molto più protettivo nei miei confronti, e anche se a Stefan passò il suo debole per me, continuò a provare un leggero astio nei nostri confronti.

Quando,quindi, ha la meglio su di me –come con Caroline - , cerco di sviare l’argomento per raggiungere il capitolo proibito denominato ‘Stefan’. Lo stesso faceva il piccolo Salvatore quando, quelle poche volte, ci alleavamo contro di lui.

E’ uno spasso totale.

“Benissimo.” Afferma con durezza, con un tono serio che non sembra appartenere all’ironico e sarcastico Damon di sempre. Per giunta serra la mascella, e non mi sono mai sentita così in colpa per aver tirato in ballo l’argomento ‘Stefan’ come adesso.

Il sorriso di Caroline sempre spegnersi pian piano, ma ringrazio il cielo di aver una migliore amica così perfetta. Un giorno la porterò in qualche negozio famoso –magari in Italia, o magari a fare ‘colazione da Tiffany’-  o a qualche sfilata per ringraziarla, cosciente del fatto che non sarà mai abbastanza.

“Volete rimanere per una notte in casa Forbert?” domanda con enfasi la bionda, ma sono sicura che un po’ del suo entusiasmo sia finto, giusto per alleviare la tensione creatasi fra me e Damon. Ammesso che sia fra noi. Non ci era mai successo.

Un momento… casa Forbert? Sul serio?

Hay sgrana gli occhi divertita, mentre Damon sembra leggermente riprendersi, accennando un lieve sorriso. Sospiro. Cosa ho fatto?

“Forbert.” Spiega la mia amica. “Forbes e Gilbert.” Continua con uno sguardo sorpreso, come se fosse assolutamente normale unire i nostri cognomi. Mi alzo affiancando la mia coinquilina.

“Questo perché non siete a contatto con la cultura Elenoline.” Dico con finto disprezzo nei confronti della mia famiglia. Abbraccio la mia bionda, l’amica che mi completa; oscilliamo a destra e sinistra fino ad arrivare alla cucina, dove le chiedo se può preparare qualcosa di meglio che il succo ed il gelato per gli ospiti. Lei risponde affermativamente, scuotendo la testa divertita. Mormora anche qualcosa come ‘non imparerai mai a cucinare!’.

“Restate, quindi?” domando con tono angelico ad Hay e Damon.

I due si guardano, e rispondono contemporaneamente.

“Se non disturbiamo…” dice Hay. “Magari un’altra volta.” Sussurra Damon.

Alzo per un secondo le sopracciglia guardando Damon, interdetta dalle sue parole.

“Puoi dormire nel mio letto. Avrai bisogno del tuo spazio.” Mi rivolgo a Hay che annuisce e capisco che è molto stanca. Il viaggio deve averla stressata più del previsto.

L’accompagno in camera, al piano di sopra.

La mia camera è piccola ma accogliente. Una parete è composta da mattoni rossi, differente dalle altre, tutte bianche. Il letto è completato con qualche cuscino in stile vintage-retro, ad eccezione di uno regalatomi a Natale dalla mia coinquilina. E’ bianco panna con una nostra foto stampata sopra.

Le porgo anche un mio pigiama, che prendo dall’armadio adiacente al letto di una piazza e mezza; stranamente, non hanno con sé nemmeno una valigia, ma solo una borsa.

Forse è dato dal fatto che non prevedevano di restare, forse nemmeno di parlarmi.

Noto che Hay si guarda curiosa attorno, come se stesse entrando in un mondo che non le appartiene, ma è comunque felice di visitare.

Prima di scendere, l’abbraccio. Un abbraccio forte, per quanto cerchi di non farle male.

Voglio tanto bene a mia sorella.

Lei è tutto per me.

 

Scendo le scale, con l’intenzione di recarmi in cucina. Non entro poiché delle risate attirano la mia attenzione.

Avvicinandomi di poco, e facendo attenzione a non essere vista, scorgo Care e Damon seduti al tavolo intenti a parlare e scherzare animatamente.

Il sentimento di sentirsi di troppo, di essere il cosiddetto ‘terzo incomodo’ si impadronisce di me.

Non so cosa gli abbia fatto, nè cosa ho detto che lo abbia ferito.

L’unica certezza è non è affatto da Damon fare l’infantile.

Li lascio discutere come se fossi io l’estranea e non Caroline.

Vado a dormire. E’ quasi mezzanotte. Oggi è stata una giornata pesante.

 

 

***

 

Sento improvvisamente del freddo avvolgermi, e noto con un gran dispiacere che è giunta la mattina di un giorno che si prevede intenso. Ho dormito nel letto di Caroline, che ha deciso di avvolgersi completamente nel piumino, scoprendomi del tutto.

E’ impossibile dormire con lei. Ogni volta accade la stessa cosa: si deve aggiudicare tutto il calore possibile, perfino in estate. Per fortuna capita raramente di dormire insieme: le uniche volte sono quando ha bisogno di qualcuno che la faccia addormentare, tipica reazione dei momenti ‘no’, come ad esempio momenti di poca autostima, fine di una breve relazione, film drammatici.

Mi volto verso destra, ma mi ricordo di essere nella camera di Care, così mi giro dal lato opposto: cerco di leggere che ora sia, ma trovo una lieve difficoltà dato la mia vista ancora offuscata per il sonno.

Le otto e mezza di mattina. Il sole è già sorto, ma la temperatura sarà notevolmente bassa.

Londra, come sempre.

Ho un’incredibile voglia di cioccolata calda. Lo Starbucks qui vicino è sicuramente aperto**, quindi farò un salto lì e comprerò qualcosa per la colazione della ‘ famiglia’.

Mi piace alzarmi presto al mattino. Non che non mi piaccia dormire, non fraintendete. E’ solo che spesso è bello uscire ed apprezzare la tranquillità di una giornata che si prospetta dura, poiché lavorativa, o per il semplice motivo di vedere una Londra differente da quella frenetica e caotica.

Sbadiglio e mi porto una mano alla bocca.

Mi alzo con molta cautela, cercando di non svegliare la mia amica.

Una volta in piedi, controllo che dorma ancora, ed in effetti è così. Essendo sabato, Caroline dorme di più, e suppongo che Hay e Damon stiano riposando profondamente, causa jet lag.

In bagno, mi osservo allo specchio. I capelli sono un disordine vivente. Devo ancora capire il segreto di Care sono-sempre-perfetta Forbes, nonostante abbia seguito il suo consiglio, quello di farmi un taglio scalato differente dai miei soliti capelli lunghi e lisci.

Cerco di ravvivarmeli alla meno peggio, e mi sembra di aver fatto un leggero progresso. Sorrido istantaneamente, mentre mi lavo i denti.  Con lo spazzolino in bocca, vado nella mia camera, camminando come faceva la Pantera Rosa in uno di quei cartoni animati che faceva morire dalle risate mia sorella e mio fratello. Ero l’unica a cui non facevano nessun effetto.

Con mio grande stupore noto che anche Damon è nel mio letto, con la bocca lievemente aperta e il suo torace che si alza e abbassa ad un ritmo regolare.

L’unico sentimento che provo guardandolo è stupore misto ad odio. Non riesco ancora a capire cosa possa avergli fatto da averlo addirittura ferito, ma, al contrario delle altre volte, dovrà essere lui a fare il primo passo se mi rivuole come migliore amica-confidente.

Afferro il primo paio di jeans scuri che trovo, con una lunga ma semplice e chiara camicia bianca, non troppo pesante né troppo leggera per la stagione, essendo appena l’inizio di aprile.

Abbino un paio di stivaletti ed un blazer al mio completo, cercando di non sembrare ridicola ai passanti. Per cui lo osservo per qualche secondo, realizzando che è okay per una mattina di desolazione totale.

Ritorno in bagno, dove mi sciacquo anche il viso e chiudo il tubetto del dentifricio alla menta.

Mi cambio mentre scendo le scale e raggiungo il salotto.

“Dov’è la borsa?” mormoro a me stessa a voce alta.

Mordo lievemente il labbro inferiore mentre scuoto la testa da una parte all’altra della stanza fino a che la scorgo in un angolo remoto del divano. La afferro subito, contenta di non aver impiegato troppo tempo a cercarla dato il mio costante disordine.

Aggrotto un attimo le sopracciglia, sentendo un lieve rumore dietro di me.

Non c’è nessuno, quindi sarà semplicemente qualcuno che si rigira nel letto.

 

***

 

Sono poggiata alla ringhiera oltre la  Cutty Sark***. E’ uno dei luoghi più belli di tutta Greenwich, secondo me e Caroline.

Di fronte a me c’è il fiume, mentre addirittura oltre c’è un fantastico panorama della City Londinese, consistente in enormi grattacieli che, di sera, compongono i panorami tipici dei film ambientati nella capitale.

Cerco di godermi, chiudendo gli occhi, questa pace, questo silenzio rotto solo dal lieve rumore del vento, che mi scompiglia in modo non poco evidente i capelli.

Vorrei che tutto si potesse fermare, anche solo per qualche minuto. Solo così potrei trovare la forza per continuare il mio amato ma stressante impiego, capire cosa passa nella testa di mia sorella –e nella sua pancia-, cercare di far capire alla mia migliore amica che il suo capo è cotto di lei, e iniziare a conoscere un nuovo Damon, uno irascibile ed infantile.

Mi rigiro il bicchiere fra le mani. Alla fine ho optato per un semplice caffè macchiato, non per una cioccolata poiché penso che avrei speso un’intera mattinata –se non addirittura di più- nella caffetteria. Sono fatta così. La cioccolata mi serve nei momenti in cui mi sento assolutamente giù di morale, e non gradisco la presenza di nessun mio conoscente, nemmeno di Caroline che, quando riesce ad udire un mio ‘Voglio la cioccolata calda’, alza gli occhi al cielo e sgombera la camera in cui mi trovo, per farmi rimanere sola. E’ semplice, una sorta di codice che abbiamo. E poi, la cioccolata mi fa riflettere. Quasi quanto il caffè macchiato che sto sorseggiando in questo momento.

Quando schiudo le palpebre, è facile notare una presenza accanto a me. Soliti turisti, immagino.

E’ un uomo.

Lo osservo.

Capelli corvini, carnagione chiara, labbra rosee e carnose, occhi cerulei adesso puntati nei miei… Non un turista qualsiasi. Damon Salvatore.

“Non sei troppo elegante per un semplice caffè?” domanda con un mezzo sorriso, dopo avermi osservato attentamente. Ed è in quel momento che mi rendo conto che quella domanda è uno spiacevole inconveniente. Perché la risposta fa quasi più male che vederlo accanto a me, mentre mi rivolge la parola, sorvolando su come si è comportato nei miei confronti.

“Non mi conosci, Damon.” Affermo con un tono di voce basso, nella speranza che non senta ciò che sto dicendo. “Non più.” Continuo, osservando il paesaggio di fronte a me.

“Lo so.” Sussurra, abbassando il capo. Da quando sono partita, sono… diversa. Sono entrata a far parte di un mondo che a Mystic Falls potevo solo vedere in TV o leggere nei romanzi. Vorrei rassicurarlo, dicendogli che è tutta apparenza, che sono cambiata solo esteriormente, che ho appreso nuove cose ma che sono sempre io. Non lo faccio. Non perché non sono più la ragazza che usciva di casa conciata come le pareva, che aspirava a diventare una famosa giornalista, che non litigava mai con la sua famiglia.

Perché, per la prima volta nella mia vita, non sono sicura che lui capirebbe.

O forse sarebbe l’unico a farlo per davvero.  “Ma lo stesso vale per te , ragazzina.” Ammette, puntando un dito contro di me. Sospiro abbattuta, lasciando che continui il suo discorso.  “Altrimenti non avresti messo in ballo Stefan.” Alza le sopracciglia, dopo aver utilizzato un tono di voce che mi dà ai nervi. E lui lo sa. Odio quando fa finta di essere qualcuno che la sa lunga, odio sembrare più piccola ai suoi occhi. Non mi dispiace se a volte mi chiama ‘ragazzina’, né se a volte mi coccola proprio come si fa ai fratelli minori o ai propri figli.

“Ho trascorso l’ultimo anno della mia vita a Londra, non a Mystic Falls. Quindi scusami se non sono aggiornata tanto quanto tu lo sei con me.” Affermo sarcastica. Durante tutto questo tempo ci siamo parlati, abbiamo chiacchierato, scherzato e discusso su quando ci saremmo visti per davvero.

Ho cercato di esserci nella sua vita, nella loro –se considero anche quella di Hay-, ma mi hanno allontanata. Il mio “cambiamento” era quasi normale, dovuto. Sono cresciuta ormai, e sto vivendo in un mondo differente che sta influenzando anche la mia quotidianità. Lavorare per una rivista femminile, di moda, con talvolta articoli sulle spose, avere come capo la Flemming, indossare sempre un tailleur o vestiti eleganti e non dei grandi magazzini –a meno che il centro commerciale non sia Harrods -  e dei tacchi 12, fa sì che rinnovi spesso il mio guardaroba, curi con più frequenza i miei capelli e la mia pelle. Non posso permettermi di essere contemporaneamente due Elena differenti.

Impazzirei.

Quindi, se ci tiene alla mia amicizia, dev’essere ancora lui a fare un passo avanti.

“Non potevamo dirti della gravidanza per telefono, Elena.” Dice seccato, osservandomi come sto facendo io con lui. “E non potevi sapere di quello che sto passando con Stefan in questo periodo. Certe cose si devono dire faccia a faccia.” Continua, ma non capisco dove voglia arrivare. Perché se la prende con me, quindi? Io non c’ero, lui ne è a conoscenza.

“Dunque scusami. Talvolta mi dimentico di avere una sorella dall’altra parte del mondo.” Sorride flebilmente, e sospiro un’altra volta. Sta tornando il mio Damon di sempre.

Continuo ad osservarlo, e mi domando se perdonarlo o meno.

Non riesco a stare senza di lui, ora che mi ha raggiunta.

E poi non sono così egoista da rovinare il nostro trio, perché se continuassimo a non parlarci, Hay sarebbe costretta a decidere fra uno di noi due, e nessuno vuole che questo accada; soprattutto adesso che mia sorella ha bisogno di noi, e non poco.

“Scusami tu se ho tirato in ballo un argomento tabù.” Sorrido allora impacciata, diversamente da quando mi scuso di solito nei suoi confronti. Anche a casa litigavamo, ma il secondo successivo ci perdonavamo. Questa è una delle discussioni maggiori mai avute con lui, non so bene come comportarmi.

Mi avvicino a lui che apre le braccia, e mi getto a capofitto in esse. Poggio la testa nell’incavo del suo collo, cercando di riempire i miei polmoni del suo profumo più che posso, mentre mi stringe a sé.

Chiudo gli occhi, sentendomi questa volta più sicura per affrontare la giornata.

Il mio umore è cambiato repentinamente.

 

Venti minuti dopo siamo quasi arrivati al nostro appartamento, con due buste dello Starbucks in mano. Come promesso, abbiamo la colazione per tutti. Ci siamo trattenuti un po’ nella caffetteria, a causa del tepore interno e dell’aroma del caffè. Le nuvole hanno fatto capolino nel cielo e si trattengono tutt’ora, rovinando una giornata che stava prendendo una piega decisamente migliore.

Porgo a Damon la mia busta, troppo impegnata nel cercare le chiavi dell’appartamento buttate nella borsa e immerse in un disordine affatto descrivibile. Tra fazzoletti, caramelle, cellulare, buste, specchietto, un rossetto, una sciarpa e perfino un paio di ballerine, le trovo.

Ecco, erano proprio sotto le scarpe.

Sorrido a Damon che scuote la testa, consapevole che non sarò mai ordinata, mentre le giro nella toppa, aprendo la porta e facendolo entrare. Sobbalzo per lo spavento quando vedo Hayley sveglia in cucina, alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare. Poverina, non immagina come ci arrangiamo io e la bionda per mangiare. Sicuramente non facendo la spesa come delle comuni persone. A meno che non si tratti di Starbucks, cibo d’asporto o gelato. Ma ho dei seri dubbi riguardo il fatto che quelle siano ‘compere’.

“Ehi, Lee.” Le dice Damon, scompigliandole i capelli.

Non so come comportarmi nei confronti di mia sorella… Ricordo che non era un angelo la mattina, dopo essersi svegliata e catapultata giù dal letto. Non oso immaginare come lo sia adesso con la gravidanza. E’ troppo presto per gli sbalzi d’umore repentini? O per le voglie? Non ne ho la minima idea.

“Hay.” La saluto io, e in quel momento mi scruta attentamente, fino a che i suoi occhi non s’illuminano notando le buste che portiamo. “Colazione!” urla come una bambina, come non ha mai fatto in tutta la sua vita –infanzia compresa! Damon deve aver notato il mio volto leggermente sbalordito dall’atteggiamento di mia sorella, e accenna ad una risata. Si avvicina al mio orecchio.

“E’ adorabile tanto quanto lo è stata a casa mia per tre mesi, Elena.” Mormora mettendo più enfasi nel mio nome, facendomi ricordare che io non c’ero nei primi mesi di vita dei miei due nipoti, e lasciando che il suo sospiro caldo s’infranga sul mio collo. Odio quando mette il dito nella piaga. Ma so che scherza. Come risposta, gli do un leggero pugno sul braccio, che non lo scalfisce minimamente.

“Stavo morendo di fame.” Dice Hayley, con gli occhi sgranati, mentre addenta una ciambella, dimezzandola con un morso. Okay, mi dico, non ti scandalizzare Elena. Deve pur sfamare tre pance.

Mi impongo di sorridere a mia sorella, non propriamente tornata in me stessa, dopo aver visto una Hayley differente. Lei non ha mai mangiato –divorato- qualcosa con tanta fretta.

Eppure non dovrei essere così scandalizzata.

E’ incinta, e per giunta di due bambini.

Quindi devo inspirare ed espirare. Ecco fatto.

Caroline ed i suoi consigli per mantenere la calma. Devo ringraziarla. E davvero tanto.

A proposito… “Dov’è Care?” domando, ritornando nel mio mondo a Londra lontano da Mystic Falls, in una delle tante colazioni a casa Gilbert, con anche Lauren, Stefan e, ovviamente, Damon.

Sia mia sorella che Damon scrollano le spalle, per dirmi che non lo sanno.

Suppongo sia di sopra, quindi mi dileguo lasciando la mia famiglia a sfamarsi e salgo le scale.

 

“Care.” Urlo, ma senza ottenere risposta. Ad un certo punto la porta del bagno si spalanca, lasciandomi intravedere una coinquilina assonnata ma che si è rinfrescata il volto.

“Colazione giù in cucina.” Dico solamente, e lei mi capisce, aggiungendo un cenno con la testa. Rimango un secondo ad osservarla, mentre sbadiglia e si porta una mano sulla bocca; gli occhi ridotti a due fessure, i capelli scompigliati dal sonno ma comunque perfetti. Almeno per me.

Istintivamente l’abbraccio, ricordandomi di quando l’ho conosciuta e quanto mi sentivo sola. La sua presenza mi ha aiutata ad affrontare numerosi momenti di solitudine. Ero terribilmente timida ed

insicura quando ho trovato lavoro nel giornale come aiutante della seconda segretaria di Isobel. Devo ringraziare dunque sua figlia –seppure non la sopporti minimamente- per aver organizzato una feste fra colleghi della stessa struttura,  e per avermi costretta ad accettare a parteciparvi. La figlia di Isobel è una donna ricca sfondata –come tutta la sua famiglia-, egoista ed altezzosa, che lavora come segretaria di un avvocato che gestisce lo studio dove anche la bionda ci lavora, perché la giustizia e la lealtà “scorrono nelle sue vene” –o almeno così dice quella stupida e piccola figlia di Flemming.

Bene, approfittò dell’inaugurazione del Vertigo 42 ad Old Broad Street per permettere ai nuovi arrivati –tra cui c’ero io- di conoscere i colleghi, o gli avvocati più importanti – ma ovviamente lei non perse tempo nell’abbordare i più ‘belli’. Lì conobbi Caroline, sua collega che cercava disperatamente una coinquilina, perché i prezzi dell’affitto dell’appartamento in cui viveva erano a più di quattro cifre, dato che abitava a due passi dall’ufficio a Brompton Road. La seconda cosa che ho imparato quando ho messo piede a Londra è che più si va nel centro della città, più tutti i costi aumentano. Affitti, negozi, centri commerciali, perfino le pizze d’asporto. Per questo il mio monolocale si trovava a qualche decina –circa dodici o tredici- di fermate di metro dalla redazione del giornale a Knightsbridge. La prima cosa che ho imparato, se qualcuno se lo sta chiedendo, è che bisogna farsi valere. Londra è un po’ come New York, come Parigi, come tutte le metropoli degne di tal nome. Per questo dopo aver avuto fortuna con lavoro e coinquilina, ho cercato di lavorare con una certa costanza fino a sentirmi male, fino ad essere definita da Forbes una stakanovista.

Non importa se io e la bionda ci conosciamo da appena un anno e mezzo: a volte il tempo non conta. E’ la mia migliore amica perché è riuscita a conoscermi in men che non si dica, ad aiutarmi, ad essere una presenza fondamentale per me. E’ un’amicizia solida, la nostra, basata sulla fiducia reciproca. Spesso scherziamo, litighiamo, ci contendiamo i gelati, ma se non ci fossero questi momenti non saremmo Caroline ed Elena, ma due coinquiline fredde e distanti, unite solo dall’affitto da pagare.

“Qualcuno qui soffre di mancanza d’affetto.” Dice Caroline ridendo, sottolineando il fatto che non esco con un uomo da quando mi sono lasciata con il mio ex a Mystic Falls. Lei insiste sul volermi fare uscire con uno dei proprietari dello studio legale, che ha una cotta per me,  a detta sua.

Magari una sera di queste, penso.

No, Elena! Categoricamente no! Devi stare vicino a tua sorella. Mi rispondo.

“Mia sorella ha bisogno di me, Care. Non c’è tempo per svagarsi.” Ammetto poggiando il naso nell’incavo del collo. Lei mi carezza i capelli.

“Tesoro, è questo il tuo problema. Basta pensare agli altri, sii un po’ egoista. Con questo non dico che tu debba abbandonare Lee –e nel caso tu lo facessi, sappi che ti ucciderei-, ma che devi uscire un po’ più spesso, venire con me in quelle serate dell’alta società che tu dici di odiare tanto.”

Lo so. So che probabilmente è giusto quello che dice. Che Hayley se l’è cavata senza di me tre mesi, e può cavarsela adesso anche solo con il mio supporto morale. Ma voglio starle vicina, qualcosa in me dice che è così, che ciò è quello che deve succedere.

“Ci penso su.” Rispondo vaga, sbattendo le palpebre e sciogliendo l’abbraccio.

La mia amica sorride, prendendomi per mano e conducendomi giù in cucina.

Ci penso su, mi ripeto.

Non sarebbe un peccato vivere la propria vita.

 

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*In questa fan fiction, Elena, Damon e Hayley hanno la stessa età e sono i più grandi, mentre Jeremy e Stefan sono i più piccoli e sono entrambi ventenni.

**Gli orari di apertura e chiusura sono veri.

***Nave presente a Greenwich. Si chiama anche così una fermata di metropolitana.

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Lo so, sono davvero in ritardo con l’aggiornamento. Per farmi perdonare ho postato questo capitolo molto lungo –spero non vi annoi- nel quale si spiegano un paio di cose e si entra quasi nel vivo della vicenda. Ho già scritto tre pagine del prossimo capitolo, quindi dovrei essere al passo con i tempi. I prossimi aggiornamenti saranno più brevi ma non vi assicuro che li posterò in orario –mi dispiace, davvero mi dispiace, il mio problema è che non ho quasi mai tempo per scrivere. Siete in tante a leggere, e questo mi gratifica molto. Grazie a chi mi da pareri.

Un bacio

  
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