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Autore: Sarapillo_    30/07/2013    1 recensioni
Anastasia sapeva. Lei sapeva che lui la stava cercando e sarebbe venuto a prenderla era solo questione di tempo. Anastasia aveva la convinzione, aveva la certezza che Il Principe Delle Tenebre sarebbe venuto a "finire il lavoro". Quello che aveva iniziato uccidendo i suoi genitori, quello che aveva iniziato quando aveva cominciato ad perseguitare la sua famiglia. Lui l'avrebbe trovato e uccisa, non si sarebbe accontentato di nulla meno di vederla morta e nella tomba, se avrebbero ritrovato il corpo.
Anastasia però non voleva più scappare, lei voleva combattere.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Anastasia.
Entro in casa e rimango sconcertata dalla bellezza di questo posto. Lo stile d'arredamento antico ma allo stesso tempo sobrio e robusto, rispecchia moltissimo Ludovico. Le pareti dell'ingresso sono azzurre, un tavolino si trova poco distante dalla porta, e sopra di esso è stato appeso uno specchio dallo stile barocco bianco con decori floreali. 
Tutto è posizionato con cura e maestria, chissà com'è il suo Castello in Romania, mi chiedo pigramente entrando in biblioteca. Degli scaffali si innalzano immensi davanti alle pareti, nascondendole del tutto. C'è ogni genere di libro, tutte prime edizioni di antichi manoscritti, lontani dalla letteratura moderna. 
"Quanto ci ha messo per avere una collezione simile?" Sospiro e passo fra i vari scaffali, cercando qualcosa che stuzzichi la mia fantasia.

Ludovico.
Ho lasciato Anastasia da pochi minuti e già sono preoccupato. 
Questa mattina stavo per seguirla quando è uscita con il suo amico, poi mi sono reso conto, con riluttanza, che non le sarebbe accaduto nulla: era giorno. Rau non poteva raggiungerla, lui non ha il sigillo e poi non avrebbe rischiato di attirare l'attenzione degli umani. 
Erano una gran seccatura delle volte. 
Ho parlato con le mie guardie, mi hanno promesso di non farla uscire dalle mura della magione e di sorvegliarla. Era nervosa quando me ne sono andato. Non le ho chiesto com’è andato l’incontro con Jeff, magari era per quello. 
Le ho promesso di insegnarle a combattere. 
La rabbia mi assale, se solo fossi riuscito ad uccidere prima Rau! 
Ora non avremo questo problema e lei non avrebbe perso i genitori! 
Accelero facendo sobbalzare la moto. 
Le insegnerò a combattere se lo vuole, le darei anche il mondo se lo desiderasse. 
Sono proprio innamorato. 
Anche io, il figlio del diavolo e rappresentate di esso sulla terra, ho trovato l’amore. 
E nessuno me lo porterà via, nemmeno Rau. 
Anastasia è MIA!
I canini escono dalle gengive, la vista si fa più acuta mentre il mio sentimento di possesso divampa. Parcheggio la moto ed entro nel piccolo stadio. Grugnisco un saluto verso il coach e i miei compagni di squadra. La metà di questi ultimi pensa che io sia stato stupido a mettermi contro Josh, l’altra meta ha solo gli ormoni a mille per le cheerleader nell’altro lato del campo. 
Sbuffo constatando quanto siano prevedibili. 
Comincio a mettermi le protezioni, anche se non ne ho bisogno, ma devo mantenere le apparenze con questi umani. 
In pochi minuti ho terminato.

-Lei dov’è?- una voce rauca e forte mi fa girare. Josh è davanti a me, in tenuta da football. 
Lo ignoro.
-Sono stato a casa sua ma lei non c’era, provo a chiamarla ma non mi risponde. –
Mi felicito del fatto che Anastasia stia rispettando i patti, un sorriso tagliente padroneggia le mie labbra. Intanto Josh si passa una mano fra i capelli e continua.
-Sono preoccupato.-
-Lascia stare Anastasia.- 
“Lei ha già sofferto abbastanza.” Aggiungo mentalmente.
Il mio tono è gelido e freddo, nasconde le fiamme dell’inferno presenti in me.
-Hai già perso.- dice strafottente.
-Lei non è un premio.- 
“Ed è già MIA.” La parte animale di me strilla nella mia mente.
-Ma se lo fosse sarebbe la più grande vincita.- mormora compiaciuto.
Gli sorrido prima di girare il coltello nella piaga. –Che mi dici della tua Rose?-
Il suo volto si fa rosso, lo oltrepasso e comincio l’allenamento, dimenticandomi della sua inutile esistenza.

Anastasia.
Ho riletto la prima edizione del ritratto di Dorian Gray. Ora però voglio stare un po’ all’aria aperta perciò mi alzo dal divano presente in biblioteca e vado a cercare la cucina; ho sete. 
Dopo un po’ di ricerca riesco a trovarla. 
E’ classica ma spoglia, del resto Ludovico non ha bisogno di mangiare. Esco dalla seconda porta presente in cucina e vado in giardino. Quest’ultimo è immenso ed è sicuramente la parte preferita della magione. 
Scopro che qui Ludovico ha campi da basket, calcio, tennis, un campo per il tiro con l’arco, due piscine e anche un maneggio con campo e parco ostacoli. Voglio provare a tirare con l’arco.
Un flashback mi colpisce, mi ricordo di un sogno fatto anni fa.

Mi trovo in una pineta e sono circondata dall'oscurità, solo due fari rossi smorzano un po’ questo buio.

Cammino verso di essi, ignara e stupita che questo gesto involontario mi risulti facile. Una voce rauca comincia a risuonare nell’aria.
-Anastasia- dice prolungando le lettere più del dovuto e facendomi accapponare la pelle .
- Vieni verso di me, bambina, ti sto cercando.- graffia la voce ora più intensa e minacciosa. 
Mi fermo, rimango alcuni secondi con il piede destro a mezz'aria poi con molta lentezza lo rimetto sul terreno, risento il familiare freddo che si irradia da dentro ogni volta che sento quella voce. Riconosco tutte le sfumature di essa, graffiante e paurosa. Ora capisco anche la natura di quei fari. 
Rau è tornato. -So che sei qui, ti sto cercando, e quando ti troverò sarà peggio. Perciò mostrati a me. – 
I suoi occhi fiammeggianti e il suo ghigno animalesco mi compaiono davanti e io non muovo un muscolo, non riesce a vedermi anche se sono a poca distanza da lui. 
Il freddo glaciale mi ha fermato tutto il corpo, non riesco a muovermi, il mio respiro è lento e regolare. 
Il vento gelido che mi scompiglia i capelli sembra essere l'unico testimone di questa imminente sciagura. -Sento il tuo odore, Anastasia, ti sto cercando non mi sono scordato di te!- mentre parla gli si scorgono le zanne, canini gemelli di un colore bianco vivo. 
Mormorii giungono verso di noi, sento milioni di voci che pian piano aumentano di volume, finché una non prende il sopravvento e un uomo esce dall'oscurità dietro di me. 
Mi appoggia un braccio sulle spalle e io comincio a singhiozzare silenziosamente. 
Harry, mio padre è qui. 
-Shhh… piccola mia, non piangere.- mormora. 
Stringo forte mio padre mentre il mio odio per Il principe delle Tenebre sale vertiginosamente. 
Mio padre si allontana da me. 
-Rau non l'avrai mai!- grida con freddezza a quel mostro.
Un altra voce femminile si aggiunge e raggiunge mio padre, è mia madre. 
-Lei ti ucciderà! Lo sai anche tu Rau!- sento la sua dolce voce che mi riempie il cuore, ma Il principe scoppia in una fragorosa risata mostrando le zanne
- Ambra, Harry siete ancora qui? Sapevo che loro non vi avrebbero fatto morire completamente!-
-Anastasia sarà mia, una comune mortale dovrebbe uccidere il vampiro più antico di questo mondo?.- continua ghignando. -Spero tu non ti sia scordato di Ludovico.- ora sorride anche mia madre, un sorriso perfido. 
Gli occhi di Rau diventano ancora più rossi e dalla bocca gli esce un ringhio agghiacciante. 
Delle voci sconosciute alle nostre spalle canticchiano una melodia, e con fatica riesco a capire ciò che dicono - Usurpatore! Usurpatore!- 
-Basta!- ringhia mentre in vocio si abbassa fino a diventare un sussurro. 
-Rau sei patetico! Usi ancora il trucchetto dei sogni? Non ti sei stufato? Se l’avessi capito con lei non funziona. Lei è diversa! - dice mio padre per nulla spaventato. Il principe delle tenebre sibila con le zanne ben in vista, sembra voler attaccare mio padre.
Una freccia con bordature dorate e azzurre gli viene scagliata e lo colpisce in un occhio. 
Mio padre mi sorride e solo in quel momento mi guardo le mani: ho un arco e delle frecce puntate contro Rau.
Non è possibile non so tirare con l’arco! 
Le mie mani si muovono da sole così un'altra freccia parte colpendo l’altro suo occhio. 
I miei genitori mi abbracciano e poi ritornano nell’oblio da dove erano venuti. 


Poi tutto svanì e io mi risvegliai nel cuore della notte, come al solito. 
Avevo dimenticato tutto questo, perché questo sogno è diverso rispetto agli altri, un’anomalia. 
Percorro un viale che porta a quello che sembra un capanno per gli attrezzi sportivi. Apro la pesante porta di legno e mi trovo di fronte ad attrezzature che farebbero invidia alle migliori palestre e centri sportivi di questo mondo. Ci sono diverse stanze, ognuna con una targhetta con il nome dello sport.
Decido di curiosare un po’ e di aprire la stanza dell’equitazione. Rimango a bocca aperta.
Una decina di selle sono appese al muro, più di venti sottosella tutte con le iniziali di Ludovico tranne due, anche le selle hanno le sue iniziali. Le testiere invece sono undici, non sono riuscita a non contarle, tutte diverse e magnifiche, c’è tutto quello che si potrebbe desiderare per quello sport. 
Esco da quella stanza ed entro in quella del tiro con l’arco, qui il meccanismo si ripete. 
Molti archi di diverse forme e peso sono appesi alla parete, le frecce sono invece poste in grandi barattoli che si innalzano dal pavimento. 
Prendo l’arco più leggero in legno, le protezioni e delle frecce verdi molto affilate poi ritorno in giardino, lasciandomi la porta del capanno alle spalle. 
In un campo abbastanza vasto si estendono vari bersagli a varie distanze, mi posiziono di fronte al più vicino e quindi il più facile da colpire. 
Prendo l’arco fra le mani e lo massaggio con le dita, sembra familiare. 
Faccio un respiro profondo e stringo l’arco al petto, lo carico e prendo la mira. Chiudo le palpebre per un secondo e scocco la freccia. Va dritta nel centro del bersaglio. Sbuffo sonoramente sentendomi stupida, la fortuna del principiante. Vado a riprendere la freccia, poi vado davanti al secondo bersaglio. 
Carico l’arco, prendo la mira e lascio andare l’elastico scoccando così la freccia. Ancora, centro il bersaglio in pieno. 
Corro, ormai pervasa dall’adrenalina, prima a riprendere la freccia e dopo verso l’ultimo bersaglio, il più distante. 
“Carico l’arco, prendo la mira e scocco la freccia.” 
Ripeto le azioni nella mia mente prima di svolgerle, come una cantilena o un rito propiziatorio. 
Un altro centro, provo a scoccarne un ultima. Anch’essa va a tagliare la precedente ritoccando il centro.
Un altro flashback mi sconquassa il cervello: mia madre tira con l’arco. 
Mi aveva insegnato, rendendo poi la mia tecnica perfetta. Ecco perché non avevo sbagliato un solo tiro, ecco perché è tutto così familiare. 
Sorrido felice di aver recuperato uno dei pochi ricordi che mi restano dei miei. Riprendo tutta l’attrezzatura, la rimetto nel capanno e vado a visitare le stalle.

Ludovico.
Josh mi da sui nervi, mi provoca costantemente, che fastidio. L’unica cosa che mi fa rimanere sereno è che tra un po’ tornerò a casa da Anastasia. 
Che frase sdolcinata, mi faccio paura da solo. Riesco persino a sentire il suo odore di rose e vaniglia, così dolce. 
Mi immagino baciare ogni centimetro della sua pelle profumata. 
La gola si inaridisce e si secca, i pantaloni si stringono. 
Da quando la conosco cerco il suo profumo in tutte le mie prede, senza mai trovarlo. Non la morderò mai, a meno che non sia lei a permettermelo.
- Wosturn vieni qui!- l’allenatore mi distoglie da quelle riflessioni, mi ricompongo assumendo l’aria fredda che mi caratterizza.
-Si coach?-
-Sei il nuovo quarterback, non farmene pentire ragazzo!- 
Mi da una pacca sulla spalla e io annuisco. 
Ragazzo a me?! Se solo sapesse quanti anni ho. 
I miei compagni di squadra si congratulano mentre Josh si è defilato. Dopo aver sorriso ad ognuno di loro vado a cambiarmi. Appena finisco mi avvicino al parcheggio.
-Mi fai fare un giro?- ammicca schifosamente Rose, che non intende solo sulla moto, lo leggo nella sua mente.
Sto per rispondere con un ringhio quando le sue labbra si poggiano sulle mie. Mi ci vogliono poco più di due secondi per capire la situazione, la allontano da me con uno strattone.
-Ma che cazzo fai?- sbotto mentre mi passo una mano sulle labbra cercando di mandar via il sapore di sigarette e menta. 
-Non far finta che non ti sia piaciuto. Lo volevi anche tu.-
-Ma sei stupida? Io amo Anastasia, tu mi fai schifo. Cosa cazzo non capisci decelebrata? Fanculo Rose!- ringhio esasperato.
-Ah l’orfanella? Che fascino ha?- risponde con voce languida, toccandosi il bordo della maglietta con il dito.
-A differenza tua non è una prostituta senza cervello.-
Spalanca la bocca e corre via quasi in lacrime.
Mi metto il casco e vado via. 
Che scuola di matti.

Anastasia.
Sto accarezzando un cavallo bianco, non so il suo nome ma è magnifico. Alto, robusto al punto giusto, proporzionato è perfetto per il salto ostacoli. 
Gli passo le dita sulla criniera e sul ciuffo davanti. Il telefono squilla facendo incuriosire il cavallo che fissa i miei gesti con le orecchie alzate.
E’ di un numero sconosciuto in cui c’è scritto un semplice “Mi dispiace.” C’è anche allegata una foto.
Il cuore si ferma, le ginocchia cedono, le mani tremano e il respiro cambia. 
Le lacrime cominciano a scendere inarrestabili sulle guance. La foto è stata scattata nel parcheggio della scuola: ritrae Rose e Ludovico che si baciano.




Note dell'autore.
Ringrazio come sempre Mignon che sta revisionando tutti i capitoli,sei formidabile! 
Ringrazio anche tutti quelli che leggono\commentano e mi hanno messo fra i preferiti,spero il capitolo vi sia piaciuto.
BACI a presto :3
  
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