Capitolo XXX
A Love Affair: Second Part
Diversi giorni passarono, prima che si
avessero notizie riguardanti Vincent Thanatos. Il telefono in casa Crowe
squillò proprio in un momento in cui nessuno se lo aspettava; Thomas si alzò
subito per rispondere, anticipando di poco Alexander. Dall’altra parte della
cornetta vi era un’Angela dalla voce tesa, che gli comunicò dell’arrivo del
cognato, il quale desiderava incontrare lui e gli altri il prima possibile;
inoltre, gli consigliò di non portare armi con loro la sera della cena – quella
sera – in quanto Vincent era suscettibile a tali cose.
Una volta che Thomas interruppe la
comunicazione, comunicò ai figli e a Zephyr quanto gli era stato detto e vide
il vampiro ancora più pallido di quanto fosse.
«Cos’hai, vampiro? Paura del paparino,
per caso?» esclamò Alexander ironico.
«Se tu conoscessi veramente mio padre,
a quest’ora non saresti così allegro» replicò serio Zephyr, facendo tacere
Alexander per tutto il resto della giornata.
Giunta l’ora di recarsi a casa di
Angela e Simon, i tre Crowe e Zephyr, vestiti in maniera sobria, si recarono
là, dove ad attenderli davanti all’ingresso vi era Aura, tesa come non mai e
dello stesso colorito del fratello.
«Che ti prende, nana?» le chiese
preoccupata Rossana.
«Nulla. Devo solo digerire tutte queste
novità improvvise».
Aura entrò e fece cenno a Rossana e gli
altri d’entrare, facendosi seguire in salotto, dove vi trovarono Angela, Simon
e un vampiro alto un metro e ottantaquattro, con gli occhi cremisi e i lunghi
capelli neri, identici a quelli che presentavano Aura e Zephyr.
Rossana alla sua vista trattenne il
fiato: quello davanti a sé era la versione adulta di Zephyr, oltre ad essere
incredibilmente attraente.
Il vampiro la osservò per un breve
istante e un accenno di sorriso comparve sulle sue labbra; in quel frangente ne
approfittò per analizzare dalla testa ai piedi colei che sarebbe diventata sua
nuora, poi spostò il suo sguardo su Zephyr, trovandolo cambiato dall’ultima
volta: gli occhi avevano una luce diversa, e in positivo.
«Tutti quanti sappiamo il perché siamo
qui, ma vorrei sapere nel dettaglio perché avete chiesto di parlare con me»
disse Vincent Thanatos, rivolto a Thomas, col tono suadente da vampiro
purosangue che possedeva.
«Penso che Angela vi abbia informato di
quanto accaduto tra mia figlia e vostro figlio Zephyr». Un cenno del capo di
Vincent diede a Thomas la spinta per continuare a parlare. «Quindi, vorrei solo
avere la conferma che il marchio impresso da vostro figlio verrà considerato
come un impegno serio a tutti gli effetti. Non desidero proprio perdere mia
figlia per un gesto avventato di un vampiro adolescente».
«Avete perfettamente ragione. Penserei
e agirei allo stesso modo, se fossi al vostro posto» rispose Vincent, facendo
contemporaneamente cenno al figlio di avvicinarsi.
Zephyr obbedì al comando silenzioso del
padre, senza la minima intenzione d’opporsi, e lasciò che gli mettesse una mano
sulla testa, in modo da vedere e controllare quello che voleva. Vincent, dopo
aver visto cosa vi fosse e cosa passasse nella mente del figlio, senza
rimuovere la mano da dov’era, guardò dritto negli occhi Thomas e gli disse:
«Credo che vi ritroverete dei vampiri in famiglia, e forse non solo come
parenti». Poi aggiunse, rivolto al figlio: «Sta’ attento a come ti comporterai
d’ora in poi, Zephyr. Se fosse lei a lasciare te, ne soffriresti per l’eternità, ricordatelo».
In quel momento Angela, che si era
diretta in cucina mentre tutti erano presi dall’ascoltare la conversazione tra
Vincent e Thomas, fece capolino da dietro la porta, cambiando totalmente
l’argomento della discussione: «La cena è pronta. Aura, Zephyr, andate a
lavarvi le mani».
«Non siamo dei mocciosi!» esclamarono i
due, guardando irritati la zia, che rise per la loro reazione.
«La vostra risposta, però, dice
l’esatto contrario…» rispose lei, tornando in cucina prima che i nipoti si
lamentassero di nuovo.
Durante la cena, Rossana era
stranamente sovrappensiero: qualcosa doveva affollarle la mente. Sia Aura che
Zephyr se ne accorsero nello stesso momento, ma avrebbero chiesto spiegazioni
dopo.
«Aurora come sta?» chiese Angela a
Vincent, un po’ per fargli aprire bocca e un po’ per avere notizie della
sorella.
«Sta bene» rispose Vincent telegrafico.
«Questo è quello che dici ogni volta»
rimbeccò Angela. «Non sarebbe il caso di farle mettere piede fuori un po’ da
quel “sotterraneo” in cui la tieni? Ormai non dovrebbe avere molti problemi a
tener sotto controllo la sete…».
Thomas guardò di sottecchi il vampiro
purosangue, temendo che Angela avesse parlato troppo, ma dovette ricredersi,
quando sentì Vincent rispondere in maniera garbata, nonostante desse
l’impressione di esser un po’ infastidito.
«Sì, forse uno di questi giorni
potrebbe uscire… Dopotutto vorrebbe trascorrere un po’ di tempo con Aura e
Zephyr» rispose Vincent.
Dopodiché Angela non chiese altro, onde
evitare di far irritare Vincent sul serio, visto che non era un tipo molto
loquace, soprattutto su argomenti che non erano di suo gradimento.
Il resto della serata si svolse
normalmente, anche se era insolito avere a tavola dei vampire hunters, due
vampiri e una dampyr. Poi, dopo cena, Vincent e Rossana sparirono
un attimo dalla circolazione senza che nessuno se ne accorgesse, tranne Zephyr
e Aura. Il Thanatos minore, infatti, fece per recarsi nella stanza in cui il
padre e la compagna si trovavano, ma venne fermato dalla sorella.
«Fermati,
Zephyr. Cos’hai intenzione di fare?» chiese Aura, guardando il fratello dritto
negli occhi identici ai suoi.
«Andare
e stare al fianco di Rossana, mi pare ovvio. Qualcosa mi dice che lei e nostro
padre stanno parlando della vita eterna.
Quindi, adesso, lasciami passare» rispose Zephyr, sostenendo il suo sguardo.
«No,
non posso». Aura scosse la testa. «È una cosa che riguarda Sana, non te. Per
caso, temi che nostro padre possa farle qualcosa?».
Zephyr
ebbe un lieve sussulto. Colpito nel segno.
I
due giovani Thanatos si guardarono dritti negli occhi, intenzionati a mantenere
le loro posizioni. Aura aggrottò un attimo la fronte, lasciando che Zephyr
rimanesse confuso da tale espressione.
«Cosa
c’è?» le chiese.
«Stavo
pensando…» iniziò lei.
«Cosa?
Spero che non sia uno dei tuoi soliti ragionamenti contorti». Zephyr incrociò
le braccia sul petto, in attesa.
«Scusa,
ma tu, essendo un vampiro, non dovresti riuscire a sentire quello che viene
detto senza essere fisicamente dentro la stanza?» esordì Aura.
Zephyr
mise una mano nei capelli, che infine scese sulla faccia, dove si fermò.
«Vorrei ricordarti che non sono un cane. Comunque, la risposta sarebbe sì,
anche se ora come ora non ci riesco: nostro padre starà esercitando qualche
potere all’interno della stanza. Contenta?».
«Ah,
adesso capisco perché eri così preoccupato. Comunque». Aura lo guardò negli
occhi di nuovo. «non ti farò passare lo stesso» sorrise.
A
quel punto Zephyr sbatté una mano sulla parete alle spalle di Aura, facendola
indietreggiare e bloccandola tra lui e il muro; i suoi occhi divennero di un
rosso acceso, tipico segno della fame o dell’ira.
«Solo
perché è una tua amica, questo non ti autorizza a metterti tra lei e il suo
compagno, ovvero il sottoscritto» disse lui.
Aura
sollevò le braccia e posò le mani sul torace del fratello, esercitando forza in
un vano tentativo d’allontanarlo.
«Potrai
dire quello che vuoi, ma non mi farò da parte, sappilo» gli rispose seria e
senza un briciolo di quella paura che all’inizio aveva quando lui le si
avvicinava troppo.
«Bene,
ho capito». Sulle labbra di Zephyr comparve un sorriso compiaciuto. «Vorrà dire
che, quando nostro padre avrà finito di parlare con Rossana, gli dirò di te e
Zero. Chissà come potrebbe reagire…».
Aura
sgranò gli occhi e per poco non si lasciò prendere dal panico; strinse i denti
e cercò di non apparire turbata. «Digli quello che ti pare. Menti pure, se
vuoi, tanto non ho nulla da nascondere o di cui dovrei preoccuparmi».
La
porta della stanza in cui si trovavano Vincent e Rossana si aprì, rivelando
prima la ragazza e poi il vampiro purosangue. Zephyr si voltò e lasciò andare
subito la sorella, fiondandosi da Rossana.
«Di
cos’avete pa…» fece per dire Zephyr.
Vincent,
rapido, si mise fra lui e Rossana, e mise una mano sulla fronte del figlio,
facendolo addormentare seduta stante lì dov’era; lo prese in braccio e, dopo
aver dato una rapida occhiata alla figlia, si voltò verso Rossana e le disse:
«Decidi tu, se parlargliene o no. È una
tua scelta, dopotutto».
Quell’ultima
frase segnò la fine della serata: l’incosciente Zephyr venne caricato nell’auto
di Thomas, che poi se ne andò assieme ai figli; Vincent salutò Angela e Simon e
indugiò un attimo prima di salutare la figlia, mettendole una mano sulla testa.
Angela
fece per dire qualcosa, ma Vincent rispose prim’ancora che emettesse un singolo
suono: «Sì, ho intenzione di ripartire subito, in modo da sfruttare il buio a
disposizione. Per la mia prossima visita farò in modo di portare anche Aurora».
Angela
annuì e, assieme ad Aura, rimase a guardare la figura di Vincent che spariva
nel buio della notte. I lampioni erano un optional, nella via dove abitavano
Angela e Simon.
«Forse
dovrebbero mettere due o tre lampioni qui… L’intera strada è completamente
avvolta dall’oscurità» disse Aura alla zia, che fece spallucce.
«Se
vi fossero dei lampioni, l’intera zona non sarebbe abitata da vampire hunters,
a quest’ora: l’assenza di luce attira i Level E, facilitandoci il lavoro».
«Ah,
capisco…».
«E
ora che Vincent si è fatto vedere, seppur per qualche ora, i Level E saranno
fuggiti al Polo Nord… come minimo. Vieni, torniamo dentro. Non ha senso restare
qua fuori…».
«…
a prendere le palle col culo dal freddo» concluse poco finemente Aura, facendo
scappare una risata alla zia, che chiuse a chiave la porta di casa.
Il
resto delle vacanze trascorse come avrebbe dovuto essere fin dall’inizio,
nonostante Zephyr continuasse a viverla male lo stesso, visto che, per quanto
potesse essere il compagno di Rossana, doveva scontare i suoi trecento anni di
servizio presso i Crowe. E con “Crowe” non era stato inteso solo Rossana, bensì
anche gli altri due esseri senza cuore che di nome facevano Thomas e Alexander,
i quali sommergevano Zephyr d’ogni genere di compito, dal più meschino a quello
più crudele, in modo da tenerlo lontano il più a lungo possibile da Rossana.
A
casa di Angela e Simon, invece, come colpo di grazia per Aura, che non aveva
ancora finito di uscire dall’effetto sorpresa dovuto all’aver incontrato per la
prima volta il padre e per la notizia riguardante il fratello e l’amica, venne
fatta arrivare una persona che mai e poi mai si sarebbe aspettata di vedere
proprio lì, a casa di sua zia.
Quella
mattina, il penultimo giorno di vacanza, Aura si recò in salotto com’era solita
fare, e vi trovò, oltre a suo zio intento a controllare la canna del fucile da
caccia, anche un’altra persona a lei nota.
«Z-Zero?»
riuscì a formulare, dopo aver superato l’impatto della sorpresa inaspettata.
Zero
si voltò verso di lei e si limitò a fare solo quello; Simon, che aveva dato una
rapida occhiata prima all’uno poi all’altra, disse alla nipote: «Ha fatto tutto
tua zia. Non ti rifare con me né con Kiryu-kun e chiedi a lei».
Aura
rimase un attimo impalata dov’era, poi si diresse come una furia al piano di
sopra, nello studio, trovandovi Angela intenta a scrutare con molta attenzione
e serietà un documento proveniente dalla Vampire Hunters Association, anche se
si vedeva che sotto i baffi se la stava ridendo.
Aura
si appoggiò con le spalle allo stipite della porta e con le braccia conserte,
iniziando a battere ritmicamente il pavimento col piede destro.
«Piaciuta
la mia sorpresa di Pasqua?» chiese Angela allegra.
Ad
Aura iniziò a ballare un sopracciglio. «Mi è piaciuta talmente tanto che potrei
metterti le mani alla gola dalla gioia!».
Angela
interruppe ciò che stava facendo fino a poco prima e guardò la nipote in
faccia, costatando che aveva un’espressione a lei familiare. «Hai la stessa
ghigna di tuo padre, ora».
«È
la seconda volta che me lo dici, lo sai, vero? Comunque non m’interessa»
replicò fredda Aura. «Spiegami cosa ci fa qui Zero. Ora».
«Il
“per favore” non si usa più?» la buttò sull’ironico Angela.
«Ora
come ora, è morto».
«Bene,
te lo dirò, se questo ti farà passare il momento di glacialità con tanto di
morte facciale. Devi sapere che domani sia io che Simon saremo impegnati,
quindi non potremo accompagnarti alla Cross Academy, a meno che tu non decida –
cosa impossibile a prescindere – di alzarti molto presto. Pertanto, ecco il
perché ho fatto venire qui l’unica persona, eccetto Rossana, che poteva
sostituire me e tuo zio. Soddisfatta della spiegazione?».
Aura
non trovò nulla da dire, ma aprì bocca lo stesso: «Quindi… Questo vuol dire che
lui stasera dormirà qui?».
Angela
unì le mani e un angolo della sua bocca curvò all’insù, facendo apparire più un
ghigno malefico che un sorrisetto ironico. «Proprio così» rispose compiaciuta.
Intanto
Simon aveva finito di armeggiare con la canna del fucile, si era alzato e aveva
fatto cenno a Zero di seguirlo, conducendolo in uno stanzino che si trovava tra
la cucina e la porta che portava al seminterrato. Lì, Simon lasciò il fucile e
diede mostra del suo vasto arsenale da caccia, perlopiù composto da fucili,
pugnali di svariate forme e lunghezza e tante scatole contenenti pallottole di
diverse dimensioni e materiali. A completare l’arredamento dello stanzino ci
pensavano alcune teste di cinghiale imbalsamate e delle tavolette di legno su
cui vi erano state incollate le zanne dei suddetti, la cui posizione faceva
apparire le tavolette come delle opere d’arte. Era il piccolo mondo di Simon,
completamente opposto a quello della moglie, che comprendeva esclusivamente
libri, scartoffie e penne, tanto da sembrare una cancelleria.
Simon
posò una mano sulla spalla di Zero, costatando che era alto quasi quanto lui, e
gli disse: «Se creerai problemi a mia nipote, sappi che potresti fare la stessa
fine dei cinghiali che vedi. Questo è solo un discorso in generale e applicabile
a chiunque, quindi non sentirti accusato di nulla».
«Me
ne ricorderò» rispose Zero, con gli occhi fissi sulla minacciosa testa di
cinghiale di fronte a lui.
I
due tornarono in salotto, trovandovi Aura, seduta sulla poltrona dove era
solita stare Angela, con un’espressione che di felice aveva poco o nulla.
Inoltre batteva il piede destro sul pavimento, segno di nervosismo.
«Hai
parlato con tua zia?» le chiese Simon, rimasto davanti all’entrata del salotto.
«Sì».
«Ma
sei ancora arrabbiata» s’intromise Zero, stupendola.
Aura
sollevò la testa e smise di battere il piede sul pavimento. «Ma dai? Pensavo
che non si vedesse!». Riprese a muovere il piede. «Comunque non posso far altro
che adattarmi a quest’ulteriore novità e… Basta. Cercherò di adattarmi, punto».
«Bene»
fece capolino dal corridoio Angela. «se la situazione è così, allora si cena».
«Come
mai così presto?» chiese Simon, voltatosi verso di lei.
«Stasera
devo finire un lavoro che ho tra le mani, quindi, sperando di finirlo prima,
sarò occupata per tutta la sera».
Aura
si alzò di scatto. «Allora vedi di darti una mossa, così questa giornata
finisce prima». Fece per andarsene ma si fermò per dire un’ultima cosa. «Me ne
vado in camera. Chiamatemi quando è pronto».
Aura
salì le scale e se ne andò; Angela scosse la testa e si diresse in cucina,
mentre Simon iniziò automaticamente ad apparecchiare la tavola. L’unico rimasto
impalato dov’era senza fare nulla era Zero.
«Se
non sai cosa fare» gli disse Simon, fermandosi un attimo. «vai a chiedere ad
Angela se vuole una mano. Altrimenti, se sai scuoiare le lepri, potresti fare
quello. Sai, stamani ne ho prese tre e devo sbrigarmi a sistemarle, se voglio
tirarci fuori un po’ di carne».
Zero
non rispose e andò immediatamente da Angela, come se la prospettiva dell’aiutare
Simon nello scuoiare le lepri fosse qualcosa da serial killer. In cucina trovò
Angela davanti ai fornelli con quasi tutte le ante dei mobili aperte e
concentrata su quello che stava facendo, ma, quando si accorse di lui, si voltò
e gli sorrise. Stava tramando di certo qualcosa: Zero ne era sicuro.
«Non
sai cosa fare, vero?» lo anticipò la donna.
«Come
facevi a saperlo?».
«Perché,
per caso, si vedeva dall’espressione da cucciolo smarrito che avevi?». Alla
vista dell’espressione che fece Zero, Angela aggiunse: «Guarda che stavo
scherzando! Comunque, se proprio vuoi fare qualcosa, invece di poltrire per un
po’, sai cosa potresti fare?».
«Cosa?».
Angela
si voltò nuovamente verso i fornelli, in modo tale che Zero non vedesse il
sorriso perfido che aveva in faccia. «Potresti andare a chiamare Aura per dirle
che la cena è pronta. Sai, è meglio dirglielo in anticipo, perché coi suoi
tempi ci mette un bel po’ prima di scendere».
Zero
sospirò e si mise una mano tra i capelli: aveva appena avuto la conferma che
Angela stesse tramando qualcosa. Non disse nulla e lasciò la cucina per recarsi
al piano di sopra. Una volta dinanzi alla porta della camera di Aura, bussò, ma
non ricevette risposta. Che si fosse addormentata? Aprì la porta e notò che la
stanza era vuota; chiuse e sentì una presenza alla sua destra: Aura, con
indosso solo l’accappatoio giallo canarino slavato, lo stava fissando.
«Che
cosa stai facendo?» gli chiese.
Zero
si allontanò dalla porta subito. «Tua zia mi ha chiesto di dirti che la cena è
pronta» le rispose in automatico.
Aura
sbuffò. «Tanto lo so che non ha ancora finito e che questo era un pretesto per
farci rimanere da soli. Le intenzioni di mia zia, quando si tratta di te, sono
anche fin troppe chiare». Aprì la porta della camera, da poco chiusa. «Dammi un
quarto d’ora, e scendo giù».
Aura
sparì dentro camera sua e Zero rimase lì dov’era, in attesa che lei uscisse. Se
fosse tornato al piano di sotto, avrebbe rischiato di dover dare una mano a
Simon con le lepri o, peggio, di subire pressioni
più o meno velate da parte di Angela. Lo sapeva che non avrebbe dovuto
accettare la proposta di Angela di venire lì come forma di pagamento per la sua
eccellente difesa durante il processo. Ma ormai il danno era fatto.
Quando
Aura fu pronta, vide che sembrava indossare un pigiama, ma era solo un effetto
creato dal grigio dei pantaloni e dal bianco della maglietta a maniche lunghe,
senza contare le ciabatte che aveva ai piedi.
«Non
c’era bisogno che tu mi aspettassi» gli disse, superandolo. «Però, capisco perché
l’hai fatto».
«Era
così evidente?» le chiese lui.
«Mhm,
diciamo il giusto».
Quando
i due si fecero vedere nella sala da pranzo, che era adiacente alla cucina,
Simon e Angela si trovavano già lì, e quest’ultima sorrise. Aura la guardò
seccata e scosse la testa, facendole perdere il sorriso.
«È
successo qualcosa?» chiese Angela.
«No,
zia, però dovresti smetterla coi tuoi tranelli».
Simon
si lasciò sfuggire una risata, e con la forchetta non riuscì ad infilzare
l’oliva verde, che fece un semi giro nel bordo del piatto.
«E
ora mangiamo» aggiunse Aura, impedendo alla zia di ribattere.
Finita
la cena, Aura, dopo aver dato una mano a sparecchiare, si dileguò in camera
sua, mandando in fumo i piani che Angela aveva meticolosamente preparato. A
quel punto non le restò che mostrare a Zero la camera dove avrebbe dormito e
dirgli a che ora sarebbero dovuti partire l’indomani.
E… state
con me!
Sono
in ritardo in una maniera assurda, lo so… :/ Non ho giustificazioni, a parte il
fatto che è estate, quindi spero che mi capirete! xD
Visto
che il capitolo si commenta da sé, ritardo escluso, ne approfitto per fare un
po’ di pubblicità a un piccolo fandom che conosco e che avrebbe bisogno di
nuova gente, lettori o scrittori che siano: Hakuouki. Se conoscete l’anime, fateci un salto, altrimenti correte
a vederlo, perché vi rifate sicuramente gli occhi! ;) (Leggasi anche: chi ha
problemi di vista, potrebbe notare un miglioramento improvviso della vista)
Detto
ciò, vi saluto e vi dico che il prossimo capitolo arriverà ad Agosto, anche se
non c’è una data specifica.
Ciao!
Yuna.