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Autore: Honodetsu    31/07/2013    2 recensioni
"...Non seppe come, ma quel momento di leggerezza, di tranquillità, sembrò dissolversi in un attimo. L'assurda idea che potesse essere finita si sgretolò al vento.
L'agitazione e la preoccupazione per l'italiano furono ingogliate da un qualcosa di più profondo, di più intenso. E mai avrebbe immaginato che si potesse provare una cosa del genere e che, un essere umano, potesse sopportare un simile dolore..."
E' con piacere che vi presento questa mia seconda fanfiction su Hetalia; dove amori, passioni, gioia e lacrime non mancheranno di certo.
...Se siete interessati, leggete...
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Francia/Francis Bonnefoy, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Si era quasi ripreso dal suo periodo nero, era quasi riuscito a trovare una via di scampo, ed ora ci si metteva di mezzo quella stramba ragazza.

Gilbert sbuffò rumorosamente, camminando su e giù per l'appartamento.

Già, quasi riperso. Anche perché appena rivedeva quella Eliza, quella bionda, sì, perché per quanto ne dicesse lei; era bionda, si sentiva risucchiare nuovamente dalle sue insicurezze.

Si fermò al centro della stanza, con i pugni stretti e le sopracciglia aggrottate per l'impotenza: perché non riusciva a controllarsi quando c'era quella dannata ungherese?

Gli salì un dubbio.

Aspetta, era inglese od ungherese...?

Quella domanda che, lì per lì, gli parve di vitale importanza si trasformò immediatamente in puro fastidio ed in pura irrilevanza, fino a far giungere una risposta che, fino a quel momento, gli rimbombava nel cervello silenziosa:

-”Ah! Ma chi se ne frega!”-urlò quasi, con un'irritazione crescente.

Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche.

Quella ragazza lo agitava, punto. Poi al diavolo di che nazione fosse. Lo agitava e tanto bastava a farlo sentire debole ed inadeguato.

Tutti sentimenti che, per uno come lui, erano del tutto nuovi.

Strinse i denti, confuso e frustrato.

E, come si sa, il nuovo fa sempre paura.

 

Cos'è? Non ti fai più sentire? Ti sei forse offesa? Oppure hai semplicemente rinunciato?”

Non riusciva a smettere di leggere e rileggere quel messaggio.

Già, mi sono arresa...?

Non lo sapeva nemmeno lei. Strinse il cellulare tra le mani.

Che brutta situazione...

Non riusciva a ragionare con calma, si sentiva in trappola, come se, ormai, la sua vita fosse stata decisa molto tempo prima della sua nascita.

Strinse i denti.

Perché doveva essere lei ad occuparsi di un padre non suo?

Perché doveva essere lei quella riconoscente se, dopo tutto, era sempre stata trattata come una schiava? Si ritrovò a sorridere amara.

Già, infondo lei era solo la “figlia della domestica” come, d'altronde, tutte le altre colleghe della madre defunta, usavano chiamarla.

Aveva sempre odiato Londra, ma nonostante questo non vi si era mai allontanata. E lo aveva fatto solo ed unicamente per il padre di Arthur, per quell'uomo che le aveva donato tutto.

Ma che le aveva anche impedito, allo stesso tempo, di avere una sua vita.

Eliza sospirò, cominciando a credere che quel trattamento gentile da parte sua sia stato per compensare altro. Sbuffò, già, forse per compensare la mancanza del figlio.

Dopo tutto Arthur non aveva mai dimostrato molto interesse per il padre.

Già, ora se ne rendeva conto, lei era la sostituta, lei era la “seconda scelta”. Gli occhi le si socchiusero.

Ciò, stranamente non la sconvolse come, giustamente, avrebbe dovuto. Ma probabilmente, lo aveva sempre saputo, dopo tutto.

Sorrise ironicamente.

Già, lo aveva sempre saputo. Anche quando le accarezzava dolcemente il capo da bimba, anche quando le faceva i complimenti per quanto fosse stata brava ad arrampicarsi sul ramo più alto: sempre.

Sempre.

Era solo pietà la sua, solo il bisogno prerrompente di sostituire un figlio che lui aveva già definito “perso”.

Allora qual'era il suo compito, in tutta quella storia? Qual'era la sua parte? Cominciava a rifiutarsi di credere di dover fare la figlia devota al posto di Arthur.

Era grata a quell'uomo, le dispiaceva quello che stava passando.

Ma perché lei doveva soffrire così tanto per un uomo che, magari l'aveva anche amata, ma che l'aveva fatto solo per sé stesso? Per non sentirsi abbandonato?

Improvvisamente si rese conto che non sarebbe tornata a Londra. Improvvisamente si rese conto che il suo più grande desiderio era quello di rimanersene lì dov'era e di crearsi una vita.

Dopo tutto era ancora giovane.

Sorrise tra sé, sapendo che, comunque, per un qualche destino infame lei non sarebbe mai stata del tutto felice.

Per avere una vita felice bisogna nascere ricchi, bisogna nascere con un qualcuno che ti ama davvero...

Ma lei non aveva avuto niente di tutto questo. Chissà se mai avrebbe trovato un uomo, un giorno, che l'avrebbe amata davvero?

Sospirò tristemente.

Un'immagine attraversò la sua mente, arrossì.

Che stupida!

Si schiaffeggiò imbarazzata.

Dovrei smetterla di sognare ad occhi aperti!

Ma, dopo tutto, quel sogno poteva anche diventare realtà. Solo che lei ancora non poteva saperlo.

 

Quello che si ritrovò davanti lo spiazzò, lo fece sentire nettamente inferiore.

Un metro e ottanta di puri muscoli.

Lo fissò senza dire una parola per poi passare a dare una rapida occhiata ad i suoi: così piccoli ed insignificanti rispetto a quella montagna che aveva d'inanzi.

Sospirò impercettibile. Eppure, lui, non era messo tanto male in quanto a fisico.

Occhi chiarissimi, di un celeste intenso.

Non di certo come i suoi, di quel colore insolito, così volgare.

Capelli chiari, di un biondo che più biondo non si poteva, di una di quelle tonalità che ricordavano la splendidezza del sole e delle spiagge calde.

Di certo non come i suoi, così biondi da sembrare bianchi, opachi. Come odiava i suoi capelli, come odiava i suoi occhi rispetto a quelli del fratello.

Lo vide accennargli un sorriso timido, con scarso successo, come se le altre persone all'interno del pub gli creassero un leggero disagio.

Gilbert scosse il capo, non riuscendo ad impedirsi di sorridere intenerito. Gli fece segno di aspettarlo fuori, e così il biondo fece.

Antonio e Francis si volsero in quel momento verso il prussiano. Lo spagnolo visibilmente sconvolto ed il francese entusiasmato.

-”...”-Gilbert li guardò spaventato.

-”Ma quello era Ludwig?!”-chiese, allarmato il moro ma subito Francis lo sorpassò.

-”Sì è fatto un bel ragazzone, eh?”-fece civettuolo, portandosi una mano sulle labbra e ridacchiando malizioso. L'albino lo guardò con disgusto.

-”Tieni le tue manacce da maniaco lontane dal mio fratellino, chiaro?”-fece puntandogli un dito contro mentre si toglieva il grembiule dalla vita ed usciva da dietro il bancone. Francis ghignò, perso in chissà quali pensieri poco pudici.

-”Aspetta, Gil!”-si accigliò preoccupatissimo l'iberico, mettendo da parte l'amico accanto a lui. Gilbert si voltò-”Che ne hai fatto del piccolo e timido Lud? Quel ragazzetto piccolo e biondino che ti stava sempre in torno?! Ma non mi avevi detto che era cambiato così tanto!”-

Il prussiano alzò un sopracciglio.

-”E allora?”-alzò le spalle, arrossendo, un po' piccato-”Che c'è piace per fino a te, Tonio?”-lo disse un poco deluso-”Credevo che tu fossi diverso da quel maniaco!”-

Ed intanto, il “maniaco”, continuava a sghignazzare tra sé. Rimasero entrambi a guardarlo pacati. Non c'erano parole per la sua idiozia, preferirono tornare ai loro discorsi senza dirgli nulla.

Antonio scosse una mano, come per scacciare quelle parole.

-”Ma che dici?”-fece annoiato per poi preoccuparsi maggior mente-”Hai idea di cosa succederà ora?”-fece mordendosi un labbro.

Gilbert lo guardò confuso ed innervosito, alzò le spalle e le sopracciglia, scuotendo la testa.

-”Che cosa?”-fece esasperato. Antonio gli afferrò i baveri della maglia da dietro il bancone.

-”Ma sei scemo o cosa?”-fece-”Quell'omone alto due metri e tutto muscoli, alias tuo fratello, è il fidanzato di Feliciano, il fratello di Romano!”-

Il prussiano lo guardò senza riuscire a seguirlo più di tanto.

-”E allora?!”-

-”E allora?!”-ripeté l'altro esasperato.

Ma cosa vuoi da me...?

-”E allora Romano mi romperà le scatole come pochi con sta storia!”-il prussiano lo guardò terrorizzato.

Cosa vuoi dalla mia vita...?

-”Era già terrorizzato per il fatto che il suo piccolo fratellino fosse con un uomo, non hai idea di quante storie ha fatto!”-disse, scuotendolo.

Aiuto, questo è fuori!!

-”Adesso diventerà insopportabile, una volta che avrà visto il tuo “fratellino”!”-disse acido e continuando a scuoterlo. Gilbert se lo staccò di dosso. Antonio rimase ammutolito.

-”Senti, Tonio, mi spiace davvero tanto, anche se non ho ben chiara la situazione...”-camminò all'indietro fino all'uscita-”Davvero, mi dispiace, però ora devo andare... Ne parliamo dopo, ok?”-

Uscì di fretta dal pub, senza dargli tempo di rispondere.

Antonio rimase lì, in piedi, ancora ammutolito. Francis, che doveva essersi ripreso da poco dai suoi pensieri poco dignitosi, si avvicinò allo spagnolo con molta nonchalance.

-”Ehi, ma dove è andato...?”-

Antonio si portò le mani tra i capelli, ignorando completamente l'amico.

-”Sono rovinato.”-

 

Gilbert abbracciò il fratello con trasporto.

-”Ehi, ehi!”-ridacchiò felice di rivederlo-”Qual buon vento ti porta qui?”-

Ludwig, senza mai abbandonare la sua compostezza, cercò di far passare il rossore sulle guance e di rispondere all'abbraccio come meglio poteva.

-”Ma come, Antonio non ti aveva avvertito?”-

Gilbert sciolse l'abbraccio e lo guardò un attimo interrogativo. Per almeno qualche secondo rimasero a fissarsi negli occhi. Ludwig in attesa di una risposta e Gilbert con uno sguardo idiota sul volto. Dopo essere arrivati a dieci secondi buoni di silenzio, il minore dei fratelli, sbuffò.

-”Te lo sei scordato, vero?”-chiese sconsolato, portandosi una mano sugli occhi.

Gilbert, avvertendo nella sua voce quella nota dolente, scosse le mani e tirò su un sorrisetto difensivo.

-”Ehi, ehi, no, aspetta... Non me lo sono scordato, è solo che...”-si passò una mano sulla nuca-”Solo che ho bisogno un po' di tempo per pensarci...”-

Ludwig lo guardò.

Ecco, era quello lo sguardo. Era quello lo sguardo che lo metteva in crisi, che lo faceva sentire così imperfetto. Così poco sé stesso.

All'improvviso la voglia di scherzare si dissolse con quello sguardo.

-”Riguardava qualcosa con il tuo ragazzo, giusto?”-chiese, imponendosi di non mostrarsi troppo serio-”Doveva incontrare Romano, suo fratello, no?”-

Ludwig sorrise amichevole, gli portò un braccio intorno alla spalla e lo scosse leggermente.

-”Sai, Gil, un po' mi sei mancato in questi anni.”-

Il prussiano lo squadrò da capo a piedi.

-”Che ti succede ora?”-fece un passo indietro, spostando il suo braccio dalla spalla-”Sei troppo amichevole.”-

Il minore sospirò, accennò uno strano sorriso. Gilbert, questa volta, non riuscì a comprendere lo sguardo del fratello, che guardava oltre, quasi stancamente. Lo vide prendere un grande sospiro.

-”Gil,”-fece con voce magnetica, tanto che l'albino si sentì risucchiato-”sai, non avrei mai creduto di arrivare a questo punto.”-si portò una mano sulla nuca. Chiuse gli occhi, sereno, poi li riaprì-”Dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo il male che ci hanno fatto, credevo che non mi sarei mai ripreso.”-gli occhi di Gilbert si abbassarono di colpo sul terreno. La neve di stava sciogliendo, la primavera era alle porte. Il prussiano sospirò, perchè ora il fratello gli stava facendo quel discorso?

-”Eppure, eccomi qui.”-fece, il biondo, allargando le braccia-”Vivo in Germania e sto con un bellissimo ragazzo che, tra l'altro, amo molto.”-

Gilbert si morse il labbro, sapendo benissimo dove voleva arrivare a parare. Le grandi spalle di Ludwig si posarono appena contro il muro del pub.

-”Ero arrivato a Berlino con la morte nel cuore. Portando con me la flebile speranza che ce la potessi fare, che persino io ce la potessi fare. Ma se anche, in me, ci era stato questo piccolo desiderio, quante possibilità potevo avere, realmente, di riuscirci? Di riuscire a riprendere in mano la mia vita, di riuscire, magari, a costruirmene una migliore.”-

Gilbert si portò una mano tra i capelli, scompigliandoli.

-”E per anni ho creduto che, se ce l'avessi fatta, avrei dovuto ringraziare solo me stesso. Ma mi sbagliavo. Perché con me c'era Feliciano”-diede uno sguardo veloce al fratello che, intanto, ascoltava in silenzio-”Quando lo incontrai ero una persona vuota, pensavo solo al lavoro e a nient'altro.”-il tedesco sorrise, impercettibile, nel ricordare l'arrivo dell'italiano nella sua vita.

-”Lui mi ha cambiato, Gil, incredibile, ma c'è riuscito. Per questo sento che, se dovessi ringraziare qualcuno per come è cambiata la mia vita, ringrazierei Feliciano.”-

Gilbert si morse un labbro, amareggiato.

-”Ti prego, Lud, non dopo tutto questo tempo che non ci vediamo, non puoi...”-fu interrotto.

-”Sono preoccupato per te, Gilbert.”-affermò, finalmente. Il maggiore lo guardò sorpreso, non si sarebbe mai aspettato tutta quella schiettezza.

Sorrise amaro.

-”Non devi esserlo.”-fece, abbassando lo sguardo, mostrandosi sereno. Il minore lo guardò con preoccupazione. Aveva le sopracciglia appena aggrottate, Gilbert lo notò, e, lì dove le sopracciglia cominciano, gli si era formata una ruga. Piccola e live. A vederla gli si strinse il cuore. Come gli era mancata quella ruga. Come gli era mancato suo fratello.

Ludwig sorrise, vedendo che il fratello, come sempre, non intendeva ragionare. Si staccò dal muro ed alzò le spalle.

-”Va bene, finiamola qui.”-disse, sospirando.

-”Ti ringrazio.”-fece l'altro, ghignando appena-”Dai, vieni con me, ti voglio far vedere il mio appartamento, te lo ricordi, no? Ecco, ho fatto delle modifiche ora è molto meglio.”-

Ludwing si lasciò trascinare dal maggiore. Nel vederlo così allegro e spensierato, gli parve di tornare a quel tempo buio e triste. A quel periodo in cui loro, soprattutto Gilbert, ridevano e scherzavano nonostante tutto, tutto, gli andasse male.

Lui non aveva mai avuto la forza di volontà del fratello maggiore, mai. Eppure era riuscito ad uscirne, invece, lui, ancora no.

Gli si strinse il cuore a vederlo ghignare in quel modo strafottente.

Ma cosa pensi?... pensò, mentre osservava il fratello …Pensi che se fai buon viso a cattivo gioco ti sentirai meglio? Che tutti quelli che sorridono sono felici?...

Lo vide scoppiare in una risata.

Ti sbagli...

Lo afferrò per una manica e lo portò all'interno del suo appartamento, mostrandolo con orgoglio.

Ti sbagli!

Lo portò in cucina e lo fece accomodare, poi si diresse verso il frigo per prendere qualcosa da bere. Ludwig lo guardò con amore e dolore. Doveva sentirsi così solo, così vuoto. Proprio come si era sentito lui anni prima. Aggrottò appena le sopracciglia, preoccupato, e, di nuovo, gli si andò a formare quella ruga.

Tutto quello che voglio per te, Gil, è che ti riesca a trovare una persona buona...

Il fratello maggiore gli sbatté sotto il naso una birra fresca.

Una persona che, un giorno, potrai ringraziare...

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Note

Ed ecco il 35esimo capitolo... :S Cavolo, solo ora mi rendo conto che sono parecchi, eh? Bhè, penso sia giunto il momento di ringraziare chi mi segue, chi mi lascia ogni tanto un commentino ed anche, semplicemente, a chi legge ed apprezza in silenzio.
Non sapete quanta gioia mi dà vedere che c'è gente che ama quello che scrivo!
Tanti baci ed ancora tanti grazie!
Al prossimo capitolo,

Honodetsu:D

  
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