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Autore: bieberfiancee    31/07/2013    10 recensioni
'Stratford 2011,
2.17 AM,
john's supermarket,
reparto dei dolci'
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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23 aprile2013
 
 
‘Brook hai sentito del nuovo ragazzo?’ mi chiese Taylor passandomi una patatina fritta.
‘veramente no,che dicono?’ chiesi meravigliata.
Stavamo camminando  per i corridoi della Berrytown High School durante l’intervallo.
‘dicono sia un cantante,che abbia provato a sfondare in tutti i  modi ma non ci sia riuscito.. è pieno di tatuaggi!’ commentò esaltata,aveva una passione per i tatuaggi.
‘ah,allora’ risi. ‘è già arrivato? ‘
‘si,ha la nostra stessa età,abitava qui qualche anno fa,in un altro quartiere però ‘
‘non ne ho mai sentito parlare..’ dissi con non curanza.
Mi fermai davanti al mio armadietto per prendere il libro di storia quando sentì quello di fianco al mio aprirsi,cercai di spiare il ragazzo che si era impossessato di quel armadietto da sempre deserto. Incrociammo lo sguardo ed entrai dentro i suoi occhi.
Merda.
 
12 dicembre2011
 
‘merda’ gemetti tirando leggermente indietro il collo. Provai a premere ancora una volta il piede contro l’acceleratore ma niente,la macchina si era definitivamente bloccata in un piccolo vialetto dimenticato da dio. Presi il cellulare dalla tasca e,uscendo dalla macchina,chiamai mia madre.
’pronto?’

‘mamma,si è bloccata ancora una volta la macchina,puoi venire a prendermi?’
‘tesoro adesso non posso,sono con una cliente ‘
‘e adesso come faccio?’ urlai per la rabbia.
‘hai quasi diciotto anni Brooklyn,devi imparare a badare a te stessa ‘
Riagganciò.
Odiavo quando usava quella scusa,sapevo benissimo di non essere voluta nella mia famiglia,di essere soltanto un peso,perché doveva continuare a dire il contrario e a fingere? Mia madre aveva solo sedici anni quando nacqui,la relazione con mio padre durò circa tre mesi poi lui scappò in Irlanda con una ragazza del suo corso di filosofia. Lei a causa mia dovette abbandonare gli studi,trovare subito un lavoro e arrangiarsi da sola perché i miei nonni non ne volevano sapere di una figlia minorenne incinta. Imparai a cavarmela da sola fin da subito e sopportai tutti gli uomini,il fumo,la droga e le amiche oche in casa mia promettendo che non avrei mai e poi mai trattato cosi mia figlia. Stratford non è una grande città,anzi,è un piccolo paesino nell’Ontario in Canada nel quale tutti si conoscono. Di conseguenza tutti sanno di mia mamma e della sua povera figlia problematica. Anche se,io non mi definisco cosi,io sono diversa da lei,io nella mia vita non mi comporterò come si è comportata lei…
Certo,adesso ha un lavoro,frequenta bravissimi uomini e non fa più uso di sostanza idiote ma per me lei sarà sempre la ragazzina di sedici anni che provò a lasciarmi in ospedale dopo la mia nascita. Dimenticare queste cose? No.
Buttai il telefono sul sedile e cominciai a premere sul clacson sperando che qualcuno potesse aiutarmi. Dato che nessuno sembrava accorgersi di me e il freddo mi rinchiusi in macchina con l’aria condizionata al massimo e mi addormentai pensando a come sarebbe stata la mia vita se fossi nata solo cinque anni dopo.
 
Dopo qualche ora mi svegliai,erano le due e dieci di notte e mia madre non era neanche venuta a cercarmi. Bene.
Mi misi composta sul sedile e riprovai a far andare la macchina ma il tentativo fu inutile. Decisi di aprire la portiera e di uscire alla ricerca del supermercato aperto più vicino.
Camminai per qualche minuto poi mi fermai davanti ad una stazione della benzina alla quale era associato il piccolo supermercato di John. Un uomo molto umile,conosciuto da tutti in paese. Entrai e mi diressi verso gli scaffali pieni di schifezze e cioccolata. Presi in mano una scatola di cereali e involontariamente feci una smorfia disgustata.
‘non ti piacciono eh?’ mi girai di scatto e trovai davanti un ragazzo non molto alto,con i capelli color grano alzati in una piccola cresta,occhi mandorla e labbra a cuoricino. Indossava dei jeans grigi portati bassi,delle vans azzurre e un maglione dello stesso colore. Mi sorrise.
‘ehm.. no infatti ‘ dissi abbassando lo sguardo. Data la mia situazione familiare e la piccola cittadina cercavo di essere sempre il più normale possibile. Soprattutto con i ragazzi,non che avessi avuto molto esperienze. Pochi sapevano davvero di mia mamma o di me ed era un bene.
‘io preferisco il cibo salato comunque ‘ confessò annuendo e trattenendo una risata. Sorrisi a mia volta,era buffo e dolce.
‘mmh viva il mc quindi?’
‘esattamente,vedo che capisci ‘
‘a chi non piace giusto? ‘
‘appunto! A chi?! ‘ chiese meravigliato.
‘a me ‘ risposi.
‘a te? ‘ chiese stupito,ingrandendo gli occhi ed avvicinando il viso al mio.
‘giuro,non l’ho mai mangiato e non mi interessa farlo ‘incrociai le braccia al petto.
‘non sai che ti perdi,facciamo cosi-cominciò- un giorno ti porto a mangiarlo ‘ propose.
‘e dimmi,perché dovrei accettare un invito del genere da parte di uno sconosciuto? ‘ mi morsi il labbro inferiore aspettando una sua risposta. Non volevo risultare arrogante.
‘perché non vuoi rendere triste un bambino ‘ fece il broncio e si allontanò da me colpendo involontariamente la schiena contro lo scaffale parallelo e facendo cadere alcune barrette energetiche.
Diventò immediatamente rosso e si mise a raccoglierle. Risi,non di lui ma della situazione e decisi di aiutarlo. Mi chinai e lo guardai negli occhi ‘va bene ‘.
Sorrise. Sorrisi.
‘ti prometto che un giorno verrò con te a mangiare quelle schifezze e faremo i ciccioni insieme ‘.
Rise prendendomi dalle mani le barrette e riponendole sullo scaffale.
Non sapevo perché lo stessi facendo. Sicuramente non avrei più visto quel ragazzo,sicuramente non era di Stratford. In quel momento la suoneria del mio cellulare pose fine ai miei pensieri.
Guardai lo schermo ‘mamma ‘
Feci segno al ragazzo di darmi un secondo e risposi. ‘che vuoi? ‘
‘ma dove diavolo sei? ‘ dovetti allontanare il cellulare dall’orecchio per la voce troppo alta.
‘perché ti importa? ‘ risposi sicura.
‘vieni subito Brook,altrimenti..’
‘altrimenti cosa?! ‘ sbottai
‘tu vieni e basta!! ‘
Riagganciai il cellulare arrabbiata e mi diressi verso l’uscita. La mia casa non era troppo lontana da quel supermercato e avrei potuto raggiungerla a piedi.
Uscì dal negozio e mi incamminai tenendomi stretta la vita per il freddo. Poi una voce echeggiò nel silenzio. ‘ almeno come ti chiami?! ‘ mi girai e lo vedi davanti al negozio.
Gemetti tirando un calcio ad un piccolo sassolino sotto i miei piedi,dopo lo raggiunsi correndo.
‘scusami,ma ho avuto dei problemi,mi chiamo –respirai- Brooklyn’
Mi guardò confuso,poi mi sorrise prendendomi le mani.
‘spero di rivederti allora Brooklyn,me lo hai promesso’.
Corsi via.
  
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