Salt meets Wound 1x05
Regulus si
guardava intorno, perplesso: “Dove accidenti si era cacciata
Charis?” Intravide Narcissa e Katherine sedute su uno dei
divanetti davanti al
camino, stavano chiacchierando di chissà cosa.
- Ragazze,
avete visto Charis? –
La mora lo
scrutò con un sopracciglio elegantemente inarcato: - Credevo
fosse con te, non la vedo da questo pomeriggio. –
- Hai provato a
vedere in biblioteca? – interloquì Narcissa.
- È
il primo posto in cui ho controllato, ma lì c’era
solo Severus, e
anche lui dice di non averla vista. –
Katherine e
Narcissa si scambiarono un’occhiata vagamente preoccupata:
non era da lei sparire senza dire dove fosse diretta.
-
Sarà sicuramente qui intorno. Dividiamoci e la troveremo nel
giro di
cinque minuti. – propose la Banks, spingendo via la borsa con
i libri e
alzandosi in piedi.
- Regulus, tu
cercala in giardino e nei sotterranei; io prendo i bagni
e le aule; Katherine, a te tocca la Guferia e le torri. –
ordinò Narcissa,
sfoggiando il tono imperativo che sembrava essere proprio dei Black.
Mentre annuiva,
Katherine si chiese distrattamente se ci nascessero con
quell’inclinazione spontanea al comando o se fosse solo
frutto della rigida
educazione che veniva loro impartita fin dai primi anni di vita. Si
divisero e
cominciarono a cercarla: il primo che l’avesse trovata
avrebbe immediatamente
provveduto ad avvertire gli altri due.
*****
Dorcas
era appena uscita dalla biblioteca; aveva finito di lavorare ad un tema
di Pozioni
particolarmente difficile e ancora adesso, mentre camminava, si
mordicchiava le
labbra cercando di decidersi a chiedere o meno aiuto a Lily. Era
davanti al
bagno dei ragazzi quando una mano dal colorito alabastrino le
afferrò il polso
e la trascinò dentro. Si lasciò sfuggire un
gemito di protesta, che venne
prontamente soffocato da un paio di labbra morbide, gelide e
assolutamente
familiari.
Evan. Certo, doveva aspettarsi che prima o poi si sarebbe rifatto vivo,
in fin
dei conti erano due giorni che non si prendeva il disturbo di farsi
sentire.
- Buonasera anche a te, Rosier. – commentò
sarcastica, quando il ragazzo
allentò la presa e le permise di separarsi da lui.
Evan inarcò un sopracciglio, in quella che aveva imparato a
identificare come
la sua espressione divertita, e le rivolse un sorriso sghembo.
- Sei in vena di convenevoli stasera? – replicò,
facendo leva con le braccia e
sedendosi sul bordo della finestra; gli occhi blu la scrutavano da capo
a
piedi, soffermandosi appena una manciata di secondi in più
del dovuto in
corrispondenza delle gambe lasciate scoperte dalla gonna della divisa.
Suo malgrado, Dorcas si ritrovò ad arrossire leggermente.
Dannazione, lei era
una Grifondoro, non avrebbe dovuto essere immune ai geni Serpeverde?
- Sei carina quando arrossisci, Meadowes. –
Allungò
una mano verso di lei e prese a giocherellare distrattamente con un
riccio
biondo.
Dorcas aveva scoperto che quel piccolo gesto sembrava avere un effetto
rilassante su Rosier, come se fosse una sorta di anti stress.
- Mi piacerebbe poter dire lo stesso, ma non ho mai avuto occasione di
verificarlo. – replicò, fissandolo con aria carica
di aspettativa.
Evan buttò la testa indietro, ridendo divertito.
- Non credo accadrà mai. – ammise, mentre Dorcas
annuiva come a confermare la
sua affermazione.
Già, in fin dei conti non era neanche sicura che lui potesse
arrossire.
Certo, fino a poco tempo fa non credeva neanche che fosse possibile
sentirlo
ridere, eppure era proprio quello che stava facendo in quel momento.
Evan la confondeva, e non ne aveva mai fatto mistero; in sette anni di
scuola
poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui lo aveva visto
esternare
una qualsiasi emozione, sembrava fatto di ghiaccio.
In effetti il paragone era calzante. Evan Rosier avrebbe
tranquillamente potuto
essere scambiato per una scultura di ghiaccio: la carnagione chiara, i
capelli
color dell’oro, gli occhi blu e quell’aria gelida.
Sì, avrebbe di sicuro fatto
la sua bella figura in un giardino di ghiaccio.
- A cosa pensi? – chiese, scrutandola con aria accigliata.
- Nulla d’importante. –
- Riguarda me? – insistè.
Dorcas annuì lievemente.
- Allora voglio saperlo. – decretò, scendendo dal
davanzale e avvicinandolesi.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
Ecco cosa mancava alla sua descrizione di Rosier: il suo despotismo.
- Non puoi obbligarmi a dirtelo se non ne ho voglia. –
- Andiamo, Meadowes, non fare la bambina, dimmi a cosa pensavi.
–
Gli lanciò un’occhiataccia; e così
faceva la bambina, e lui, che si impuntava
con delle pretese assurde, cos’ era allora?
- Non sono affari tuoi, Rosier. – decretò,
seccata, e fece per uscire dal
bagno.
Evan la afferrò nuovamente, stavolta trattenendola con
fermezza.
- Dove vai? –
- Vuoi sapere troppe cose. – gli fece notare, prima di
aggiungere, - Ora,
lasciami andare. –
Evan aggrottò la fronte, infastidito, ma fece come gli aveva
detto. Non si
sarebbe mai abbassato a chiederle di rimanere.
Soddisfatta, aprì la porta del bagno e fece per uscire, ma
poi, in un impeto di
infantilità, si volto a dirgli – Comunque, sto
andando a trovare Gideon e
Fabian. –
Detto ciò uscì, richiudendosi la porta alle
spalle; con la coda dell’occhio
osservò la reazione del ragazzo. Era una sua impressione o
c’era una certa
rigidità nel modo in cui Rosier serrava la mandibola?
Ormai
rimasto solo, Evan battè il pugno contro la porta del
cubicolo più vicino.
Dannazione, quando faceva così non la sopportava proprio.
In nome di Salazar, era mai possibile che i suoi ormoni avessero dei
gusti
tanto discutibili in fatto di ragazze? Hogwarts era piena di
studentesse che
sarebbero state ben felici di passare anche una manciata di minuti in
sua
compagnia e lui finiva con il sentirsi attratto dalla ragazza
più testarda e
insopportabile che avesse mai avuto la sventura d’ incontrare?
- Sto andando a trovare Gideon e Fabian. –
borbottò, in una buffa parodia.
Bene, per quanto lo riguardava, poteva tranquillamente rimanerci per il
resto
della vita con quei due. Rifiutato per un paio di Traditori del loro
sangue,
per di più Filobabbani: era una cosa inconcepibile.
Sbuffando, si passò una mano tra i capelli dorati,
scompigliandoli leggermente,
allentò il nodo della cravatta e si avviò verso i
sotterranei.
Stupida Meadowes, pensò, mentre saliva a passo di carica la
scalinata che
portava al dormitorio maschile. Chi diavolo pensava di essere per
sentirsi in
diritto di trattarlo con quell’accondiscendenza?
Si lasciò cadere sul letto a baldacchino, attirando
l’attenzione di Rabastan e Barty,
che stavano discutendo di chissà cosa.
- Brutta giornata? – azzardò Rabastan, voltandosi
verso di lui e scrutando il
volto imbronciato dell’amico.
- Pessima. –
- Di molte parole come al solito. – commentò il
cugino, uscendo dal bagno in
una nuvola di vapore.
- Non ti ci mettere anche tu, Rico. – ringhiò
Evan, lanciandogli
un’occhiataccia.
- Brrr, sto tremando di paura. – rise il moro, sgranchiendosi
la schiena in un
guizzare di muscoli e lasciandosi cadere affianco a lui.
- Alzati dal mio letto, sei fradicio. – protestò,
cercando di spintonarlo via,
ma senza riuscire ad ottenere grandi progressi.
-
Bella scoperta, sono appena uscito dalla doccia. –
replicò ironico, mettendosi
però a sedere e scrutandolo con attenzione.
- Allora, cosa ha combinato la Meadowes per farti incazzare?
– chiese,
trattenendo a fatica un sorriso davanti alla sua espressione stupita.
- La sopravvaluti, non è in grado di farmi incazzare
– replicò, deciso a negare
fino in fondo la realtà dei fatti.
Rico inarcò un sopracciglio, sbuffando incredulo.
- Ceeerto, come no, allora? –
- HapreferitoiPrewettame. - bofonchiò, il più
velocemente possibile.
- Ev, non ho capito una parola, cerca di usare una lingua comprensibile
al
genere umano. –
- Ho detto che ha preferito i Prewett a me. –
replicò esasperato.
- Uh, questo si che è grave, che affronto imperdonabile.
– lo prese in giro
Rico.
- Non sei di alcun aiuto, lo sai vero? –
- Lo so, ma in compenso mi sto divertendo molto. –
affermò, sotto gli sguardi
divertiti di Rabastan e Barty.
- Toglietemelo di torno o giuro che lo Schianto. –
borbottò Evan, alzandosi dal
letto e dirigendosi in bagno. Una bella doccia era quello che ci voleva.
Forse così sarebbe finalmente riuscito a togliersi di dosso
il nervosismo.
*****
Ci vollero
più di venti minuti prima che Katherine riuscisse a trovare
Charis. La bionda Serpeverde era seduta su uno dei gradini della
Guferia,
incurante del fatto che fossero le sette passate e che il vento di una
sera di
fine ottobre non fosse proprio un toccasana per la salute, gli occhi
verdi
erano lucidi e arrossati: segno che aveva pianto. Le si
avvicinò lentamente,
accarezzandole un braccio con delicatezza.
- Ah, sei tu.
– mormorò Charis, dopo un breve sussulto.
- Ti abbiamo
cercato per tutta la scuola, cos’è successo?
– le chiese,
sedendole accanto e asciugandole una lacrima che le solcava le guance
pallide.
- Non mi va di
parlarne. –
Katherine
annuì, leggendo in quegli occhi tutto ciò che
l’amica non si
sentiva abbastanza forte da confessarle: - D’accordo, se non
vuoi dirmelo non
fa niente, ma sappi che io ci sono. Capito, Chari, qualsiasi cosa sia,
io ci
sono. –
La bionda
annuì, lasciandosi abbracciare e alzandosi in piedi.
- È
tardi, dobbiamo andare a cena, e vi ho fatto preoccupare più
di
quanto fosse necessario. –
La Selwyn si
ricompose, tornando a indossare la consueta maschera
d’impenetrabilità.
C’era qualcosa però, Katherine se n’era
accorta perfettamente, di diverso in
lei. Era un dolore autentico, profondo, qualcosa che da sole era
impossibile da
affrontare e imparare a conviverci. Charis aveva lo stesso sguardo
spento che
lei aveva avuto quando Tyler era stato aggredito, lo stesso che le
tornava ogni
volta in cui si affrontava l’argomento famiglia.
Percorsero la
strada che le separava dalla Sala Grande in religioso
silenzio, incontrando lì fuori Narcissa e Regulus.
L’erede
dei Black si avvicinò immediatamente alla ragazza,
scrutandola
negli occhi.
- Si
può sapere dove ti eri cacciata? Mi hai fatto preoccupare.
–
esclamò, rendendosi conto solo in quel momento di
ciò che si era lasciato sfuggire.
Charis
recuperò un barlume del suo solito sarcasmo e gli rivolse un
sorrisetto malizioso: - Non dirmi che l’algido Regulus Black
ha appena ammesso
di preoccuparsi per qualcuno che non sia se stesso. –
Regulus le
rivolse un’occhiataccia: - D’accordo, lo ammetto,
ma che non
si sappia in giro. –
Le tre ragazze
scoppiarono a ridere, continuando a farlo finchè non
furono entrate nella Sala Grande. Vennero accolte da un silenzio di
tomba, poi
cominciò il mormorio: soffuso, proveniente da tutti i
tavoli, e diretto
inequivocabilmente verso uno di loro quattro.
L’unico
tavolo che non parlava era quello di Serpeverde, dove Rico ed
Evan erano riusciti a imporre la loro autorità, ma anche da
lì c’era chi
lanciava occhiate inequivocabili.
- Con chi ce
l’hanno? – domandò Narcissa, la voce
leggermente incerta.
Che la stronza del foglietto avesse deciso di far sapere della sua
relazione
clandestina a tutta la scuola?
Katherine
cercò di capire verso chi fossero puntate le centinaia di
paia d’occhi: - Credo ce l’abbiano con Charis.
–
La Selwyn
sussultò leggermente. Non era possibile che la cosa fosse
stata scoperta, lei stessa lo aveva saputo solo quel pomeriggio e non
l’aveva
detto a nessuno.
-
Bè, che avete da guardare? – esclamò,
sfoggiando il suo solito tono
freddo e indisponente.
-
Sarà ora che impari ad abbassare la cresta, dopotutto non
sei poi
così pura come pensano tutti… o forse
sì? Non credo che qualcuno qui possa
averne la certezza. – replicò una Corvonero del
quinto anno, facendo
ridacchiare un paio di sue amiche.
- Se proprio
devi costringerci a sentire quella tua insopportabile voce
gracchiante, Carrow, farai bene a parlare chiaro. –
ribattè Katherine. Non ci
voleva un genio per capire che doveva riguardare la cosa che tanto
turbava
Charis e di cui non aveva voluto parlarle.
-
D’accordo, Banks, parlerò chiaro. A quanto si
dice, la tua amichetta
non è una Selwyn, è stata adottata. –
Alecto
ghignò soddisfatta, godendosi l’attenzione
generale e ancor più
lo sguardo perso di Charis.
- Nella tua
inutile vita ne hai dette molte di stronzate, Carrow, ma
questa le batte tutte. – replicò tagliente
Narcissa, fissando la Corvonero con
disprezzo.
- Oh, ma ne ho
le prove: ecco qua. – ribattè, sventolando una
copia di
quella che era la lettera che il San Mungo aveva inviato; il fatto che
fosse un
test di paternità era palese, così come il
risultato: il DNA di Charis non
corrispondeva né a quello di suo padre né a
quello di sua madre.
- Come
l’hai avuta? – ringhiò Regulus,
strappandogliela dalle mani e
accartocciandola con violenza.
- È
stata recapitata a tutti i tavoli, proprio come la storia della
McDonald. – replicò per lei una ragazza dai
capelli e gli occhi neri, l’espressione
desolata nello sguardo.
Regulus la
riconobbe come Elizabeth Greengrass, la sorella quindicenne
di Eris.
Si
voltò verso Charis, per spiarne la reazione, ma
l’unica cosa che
potè vedere fu la porta della Sala Grande che si richiudeva
con uno schianto.
Uscì fuori, dirigendosi verso il giardino e trovando la
ragazza seduta a terra,
il volto tra le mani per nascondere il fatto che stesse piangendo. Le
sedette
accanto, cingendole le spalle con un braccio e attirandola a
sé.
- Da quanto lo
sapevi? –
- Da questo
pomeriggio, è per quello che non mi sono fatta vedere.
–
mormorò, la voce rotta dai singhiozzi.
- Avresti
dovuto dirmelo, avrei capito. –
Charis gli
rivolse un’occhiata penetrante: - Avresti capito, o meglio,
ora hai capito? –
Regulus
annuì: - Ho capito perché in questi giorni eri
così tesa,
nevrotica quasi, stavi aspettando questi risultati. Solo che avrei
voluto
esserci, aiutarti. Certo, ci sarò anche ora, ma non
è la stessa cosa: stiamo
insieme, no? Dovrei poter decidere se starti accanto e aiutarti in ogni
momento, non per ultimo. –
La ragazza lo
guardò da sotto il velo di lacrime, abbozzando un timido
sorriso: - Quindi stiamo insieme? –
Le prese la
mano, depositandole un lieve bacio sul dorso, poi intrecciò
le dita alle sue: - Dopo tutta la fatica che ho fatto per farmi
considerare da
te, Charis? In nome di Salazar, certo che stiamo insieme! –
Si sorrisero,
annullando la poca distanza che li separava e baciandosi
dolcemente.
Loro due
stavano insieme, avrebbero affrontato la questione della vera
identità della sua famiglia senza separarsi. Aveva il suo
appoggio, quella era
l’unica cosa veramente importante.
Spazio autrice:
Ecco qual
è il segreto della nostra Charis: in realtà
è stata adottata!
Allora, avete apprezzato la reazione del nostro bel Reg? Forse
è un tantino OOC
o un po’ forzata considerando il fatto che i Black non sono
proprio degli
esperti nell’esternare i sentimenti, ma ho pensato che dato
il momento fosse
necessaria un po’ di dolcezza. Spero che questo capitolo vi
sia piaciuto, come
sempre vi invito a lasciare un vostro parere e ringrazio chi: segue,
preferisce, ricorda, recensisce o semplicemente fa parte della schiera
dei
lettori silenziosi. Un grazie di cuore a tutti voi. Al prossimo
capitolo.
Baci baci,
Fiamma Erin
Gaunt