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Autore: CinziaPV    01/08/2013    2 recensioni
E' un Draco Malfoy accecato dall'odio quello che incontriamo fra le mura di Hogwarts, alcuni anni dopo la fine della seconda guerra magica. Voldemort è caduto, ma non tutti sono disposti a dimenticare.
Dalla storia:
Hermione realizzò di non avere più tempo.
Si trovava ad Hogwarts, il luogo dove tutto era cominciato e stava finendo. Avrebbe preferito che al suo fianco ci fossero Harry e Ginny, o magari Lavanda... invece si trovava vicino a persone con cui non aveva avuto alcun genere di rapporto nel corso degli anni precedenti.
Anche il suo abbigliamento era inadatto.
Indossava un semplice vestito di lana verde, che le arrivava appena fino al ginocchio e evidenziava le forme perfette di un corpo non più adolescente. E si sentiva vulnerabile con il polso ancora bloccato nella presa ferrea di Malfoy.
Si sentiva vulnerabile, perché lui la guardava come nessuno aveva mai fatto, e le impediva d'abbassare lo sguardo.
Eppure doveva farlo, abbassare gli occhi se voleva parlare, altrimenti sarebbe fuggita all'infinito. Così lo fece.
- Non sono più una strega - sussurrò, quasi in contemporanea al ghigno sfrontato di lui.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Hermione Granger, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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3

Segreti

 
 
 
 
 


 
”Nocturn Valley si presentava tetra, perfino con le lanterne accese a illuminare i contorni di strade fatiscenti.
Hermione avanzava guardinga cercando di rimanere calma, ma più il tempo passava, più il senso d’ansia e oppressione cresceva.
Il selciato le feriva i piedi, e l’aria fredda la faceva tremare con violenza, solo sapeva di non doversi fermare… per nessuna ragione al mondo.
Indossava ancora la fine camiciola di cotone della notte precedente, e si chiedeva che fine avesse fatto Malfoy.
Alcune botteghe erano aperte, e Hermione aveva bellamente pensato di rifugiarvisi, magari fingendo di voler acquistare qualche ingrediente. Peccato che non possedesse alcun galeone, e poi si era completamente dimenticata delle barriere magiche che impedivano a qualsiasi nato babbano di accedere.
Da qualche mese a quella parte, faticava a credere d’esser stata perfino una strega.           
Con una blanda coperta avvolta attorno al corpo, i piedi scalzi e i capelli scarmigliati, avanzava attraverso una nebbia opalescente.
Soltanto una volta si era girata per tornare sui suoi passi, ma aveva scoperto che la via percorsa poco prima era misteriosamente scomparsa.
Rivoli di sudore freddo le scendevano lungo il corpo mentre avanzava a tentoni, maledicendo la luna che quella notte aveva deciso per proprio conto di non mostrarsi, Hermione continuava ad avanzare.
Uno squittio la fece bloccare. Storse il naso, presumendo vi fossero dei ratti e si strinse contro la parete di una bettola, probabilmente rifugio per ubriaconi e maghi della peggiore risma.
L’odore di marciume le giunse alle narici, facendole rivoltare lo stomaco.
Attese qualche minuto, e quando fu certa di essere sola, riprese a camminare, cercando di non pensare al buio e alle ombre ivi celava.
In lontananza udiva il vociare sconclusionato di due donne. La voce di una prevaricava sull’altra, ma Hermione, anche volendo non sarebbe riuscita a carpirne le parole, era troppo spaventata e ogni diversivo era buono per non farle pensare il peggio.
Il respiro le accelerò quando di fronte a lei si erse una parete.
Istintivamente si portò una mano al petto e indietreggiò, nel medesimo istante in cui una voce sopraggiunse.
– Mezzosangue…
Hermione chiuse gli occhi senza riuscire a controllarsi. Sapeva che non doveva mostrare paura, per come sapeva che quello altro non era che un sogno, ma tutto intorno a lei sembrava vivido e reale: l’odore fetido delle fognature, la nebbia, il gracchiare dei corvi appena sopra il suo capo, il cigolare di porte dischiuse.
– Mezzosangue…
Quando si era addormentata? Perché non lo ricordava?
Sobbalzò all’indietro quando qualcosa le sfiorò la mano e fu costretta ad aprire gli occhi.
Non riusciva a intravedere alcuna cosa intorno a sé, e muoversi sarebbe stata una follia.
Brividi di freddo la scuotevano dall’interno, e le forze vennero a mancare quando un alito caldo le sfiorò la nuca.
– Mezzosangue…
Ancora quella voce.
 – Chi sei? – ardì chiedere, stringendo forte la coperta attorno al corpo, e cercando di aguzzare la vista, ma non riuscendo a vedere alcunché.
– Sai bene chi sono. – La voce si fece più vicina, fin troppo. Sentì una mano lasciva artigliarsi al suo fianco, e paralizzata ne seguì il percorso.
La sentì risalire lungo il suo costato, fra le scapole, la dove ancora spiccava il segno di un taglio, che dopo mesi le ricordava con prepotenza ciò che era avvenuto.
Al contatto sobbalzò. Il dolore, come la stretta decisa, l’alito che s’infrangeva contro il suo viso, erano reali. E lei non poteva non averne paura.
 – Pensi che tutto questo sia un sogno? – La voce divenne più graffiante. Dietro di sé, la parete ruvida del vicolo le feriva la schiena, ma andava bene perché il dolore la distoglieva da quelle mani e dal loro percorso. – Ti ho detto che saresti stata mia… – fece una pausa – e questa volta voglio farti capire quanto tutto questo sia reale.
 
 
 
 
Hermione aprì gli occhi spossata, quasi grata di trovarsi al “Paiolo magico”, nella stessa stanza con Malfoy.
Dalle persiane proveniva una lieve luce grigiastra, talmente opalescente da confondere le venature dell’alba con quelle della notte appena trascorsa.
Tremava, ancora scossa dall’incubo non aveva la forza di alzarsi, così rimase distesa sullo scomodo sofà color cremisi che l’aveva ospitata per le ore notturne, con gli occhi arrossati e il corpo dolorante.
– Giochi a fare la morta? – la voce di Malfoy era arrogante, perfino di primo mattino. Se ne stava ritto davanti a una delle finestre con la mano tesa verso una cortina e lo sguardo fisso su qualcosa che a lei in quell’istante era precluso.
Non la stava guardando e Hermione si chiese come avesse fatto a scoprire che fosse sveglia.
Con non poca fatica si mise seduta, lasciando che la coperta che durante la notte si era aggrovigliata attorno alle sue membra stanche, scivolasse per terra, a far anch’essa da tappezzeria al pavimento legnoso.
Malfoy continuava a darle le spalle.
I capelli di primo mattino apparivano indomiti e molto più chiari di com’era avvezza vederli. Mentre la pelle, che la sera prima aveva paragonato al marmo, adesso sembrava molto più simile all’alabastro.
Hermione accarezzò con lo sguardo la sua figura, chiedendosi se fosse stato sempre così attraente… oppure, la sua era una trasformazione avvenuta negli anni. Per quanto si sforzasse, non ne ricordava il corpo possente, le spalle larghe, la linea dritta dei fianchi, ma forse, non lo ricordava perché non vi aveva mai prestato particolare attenzione.
Negli anni precedenti si era preoccupata di fargli guerra e di accusarlo, non di badare al suo aspetto.
Arrossì a tal pensiero, e maledicendo la timidezza poco adatta ai suoi vent’anni, lasciò scivolare i piedi verso il pavimento e traballante si avvicinò anch’essa alla finestra.
Il problema non era il suo carattere, ma le vicissitudini che l’avevano portata quella notte a percorrere Nocturne Alley.
Si sentiva impacciata come una quattordicenne vicino a Draco Malfoy.
– Che cosa sta succedendo? – Chiese titubante, affiancandolo, ma non trovando il coraggio per sporgersi e guardare anch’ella dietro le cortine.
Draco non la guardò neanche. – Se ti dicessi che ci sono dei mangiamorte? – chiese gelido.
Hermione sbiancò, ma caparbia come sempre ignorò la morsa di paura che l’aveva attanagliata. – Non ti crederei, – disse instabile, passandosi distrattamente una mano fra i capelli vaporosi. – Non credo degli evasi girino in pieno giorno… – si bloccò quando Malfoy lasciò ricadere la cortina e lentamente si girò a fissarla.
– Mi chiedo cosa possano volere da te, – disse ignorando le sue parole.
Hermione boccheggiò. – Che cosa vuoi dire? – La sottile piega accusatoria che aveva preso la conversazione, la infastidiva non poco.
– Dico quello che è mezzosangue… – strinse le mani in una piega rigida.  – Ti stanno cercando, ci sarà un motivo – disse allusivo. – Di punto in bianco arrivi a Hogwarts e scopriamo che non sei più una strega… il mondo magico è in subbuglio… chi vuoi prendere in giro?
Hermione fu grata che fosse ancora l’alba e che la poca luce presente nella stanza, impedisse a Malfoy di vedere appieno la sua espressione, perché questo le consentiva di guardarlo senza indecisione, e di non vedere il grigio dei suoi occhi, troppo spesso rassomigliante al mare in tempesta, che al ghiaccio perenne.
– Non so di cosa stai parlando… – negò continuando a rimanere immobile.
L’ex serpeverde ghignò, facendosi pericolosamente vicino. Sollevò la mano e impunemente le sfiorò i capelli. – Questo è da vedere, – soffiò senza smettere di guardarla. – Ma sappi che non sono magnanimo e che nonostante le voci accomodanti che circolano sul mio conto, non sono cambiato. Sono un Malfoy, un ex mangiamorte e prendo ciò che voglio senza dare niente in cambio.
Hermione fu attraversata da un brivido gelido, ma non si spostò, neanche quando avvertì la mano risalire lungo il suo fianco e adagiarsi alla sua spalla, nello stesso punto in cui quell’altro l’aveva toccata.  Neanche quando la sua presa divenne crudele.  
– La notte scorsa ti ho salvata, – continuò Malfoy – ma non l’ho fatto per te, solo per me stesso – specificò.
Hermione cercò di scrollarsi dalla presa inutilmente.– Non ti ho chiesto di farlo...
Malfoy la guardò gelido, acuendo la presa sul suo esile corpo e strappandole un gemito di dolore. – Per colpa tua ho rivisto Lucius – disse furente – e voglio che mi spieghi questo – sibilò. Poi, senza lascarle il tempo di capire a cosa alludesse, la trascinò rudemente verso l’unico specchio presente nella stanza: un manufatto con piedistallo intarsiato in oro – Che cosa significa questo? – ripeté
 Solo quando lo specchio riflettette la sua immagine, Hermione capì. Aprì la bocca per parlare, ma non ne fuoriuscì alcun suono.
Malfoy era rimasto dietro di lei e continuava a sostenerla per le spalle, con una presa tutt’altro che gentile.
Hermione sollevò la mano e andò a sfiorare il labbro tumefatto. Rabbrividì al contatto col sangue rappreso. Poi la sua mano si mosse ancora, ma non arrivò mai a sfiorare i lividi presenti alla base della gola.
 
“Questa volta voglio farti capire quanto tutto questo sia reale.” 
 
 All’improvviso si ritrovò priva di forze, e si sarebbe accasciata sul pavimento se Draco non l’avesse sostenuta.  – Deve essere stato Lucius, – disse flebile – quando mi ha colpita…
 
 


 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 



 
La foresta proibita non era il luogo appropriato per un’incursione, soprattutto quando l’elemento in questione, era giovane, inaffidabile e inesperto.
Le cose si facevano ancora più complicate quando gli elementi erano due.
– Noi grifondoro siamo coraggiosi, – seduta su un tronco dall’apparenza innocua, Atena Joanne Rowling analizzava i rimasugli di quella che doveva essere stata un’enorme lucertola color amaranto.
– Stupidi vorrai dire, – berciò il serpeverde andando a toglierle dalle mani la forcina con la quale stava vivisezionando il rettile.
Un alloccodifisiandro dal piumaggio nero, con piccole chiazze argentee, volteggiò a pochi centimetri da loro, ma presi com’erano dalla discussione, i due sembrarono non accorgersene. 
La ragazza poteva avere sì e no quattordici anni, una folta capigliatura castana trattenuta ai lati da forcine, occhi marrone che  potevano sembrare di una gradazione più chiara a seconda della luce,  e un indole ribelle non indifferente.
– Restituiscimi la forcina, – ordinò tendendo la mano.
Il ragazzo ghignò insofferente. – Non se ne parla. – Incrociò le braccia al petto e poi con la solita strafottenza continuò a parlare. – Adesso te ne stai buona e aspettiamo che quell’essere faccia la sua comparsa.
– Quell’essere ha un nome, – si lagnò la ragazza gonfiando le guancie.
– Sì, lo so bene… Ozis.
Atena scosse il capo con disappunto. – Oxzis – puntualizzò – e può risolvere il nostro problema.
– Sempre che ci degni di attenzione, – aggiunse il ragazzo.
– Esatto.
– Com’è fatto?
– Non lo so. – Per la prima volta Atena Joanne Rowling arrossì, e non era cosa che accadeva sovente, abile com’era a mascherare la timidezza sotto strati di compostezza, vestiti succinti, loquacità e senso del dovere.
Il serpeverde ghignò. – Non lo sai…
– Èquello che ho detto.
– Ho sentito, solo mi chiedevo come sia possibile?
– Il libro che ho letto non parlava di dimensioni, né mostrava immagini. So che è piccolo, nero, e con gli occhi dorati – sussurrò colpevole.  
– E mi hai convinto a seguirti con questi presupposti? – si lamentò.
– Convinto non direi: sei tu che mi hai seguito. – Alzò l’indice per fare un altro appunto. – E poi ti ricordo che siamo finiti in questa situazione grazie ai tuoi imbrogli.  
– Sono stato obbligato dalle circostanze – si difese.
– Sarebbero? – La ragazza inarcò le sopracciglia in attesa di risposte.
– Essere bloccato qui con te, non ti sembra un motivo sufficiente “mezzosangue”?
 
“Mezzosangue.”
Da generazioni non si faceva che parlare d’altro, del sangue. Lei stessa era stata invischiata in una guerra assurda con il solo scopo di dimostrare che i “maghi purosangue” erano migliori dei “nati babbani.”
 
“Mezzosangue.”
 
La prima volta che Oliver Wenerth l’aveva appellata in tal modo, non aveva compreso. Poi, erano stati i suoi amici a spiegarle il significato di tale epiteto.
Adesso quel nome usato per denigrarla, le scivolava addosso come acqua.  Forse era l’abitudine, oppure la quotidianità di cui Oliver faceva parte.
– Devo ricordarti il motivo che ti ha condotto a questo punto?
– Rispetto delle regole – disse risoluto.
Si trovavano nella foresta proibita da circa un paio d’ore. Il giovane sembrava perfettamente a suo agio mentre discorreva con la sua rivale. Si abbassò puntellandosi sui talloni, e con un ramoscello andò a scavare nel terreno.
– Regole? Non credo tu sappia cosa siano. – La ragazza di fronte a lui, continuava a parlare animatamente. Quattro mesi prima non avrebbe mai immaginato di poter condividere tutto quel tempo con Oliver Wenerth.
Non lo stava rivalutando, né lo trovava simpatico, solo cercava di tollerarlo.
Uno scricchiolio li zittì entrambi.
Atena lasciò la sua postazione per avvicinarsi al serpeverde. Quattro mesi prima, lui avrebbe iniziato a gridare di esser stato contaminato da una “mudblood. “
Del resto, quella era una parentesi destinata a concludersi, pensò tristemente Atena. Risolto il problema, ognuno sarebbe tornato alla sua vita. – Hai sentito? – indagò.
Oliver non rispose, si limitò a guardarsi attorno circospetto.
– Qualcuno si sta avvicinando,  – riprese a parlare la ragazza mostrando più coraggio di quello che in realtà possedeva. – Nel malaugurato caso sia la preside, credo sia opportuno inventarsi qualcosa – farfugliò agitata.
Al serpeverde venne da ridere, perché finalmente la vedeva senza maschere, ed era rassicurante. In sua presenza si era sempre mostrata forte e sicura di sé, mai spaventata… e sapere che invece l’era, li metteva  alla pari.
 
– E dovrà essere qualcosa di molto credibile, – proruppe una terza voce.
 
Oliver e Atena indietreggiarono colti di sorpresa. La ragazza lanciò un urlo, subito attutito dalla mano del serpeverde.
Quattro mesi prima non l'avrebbe toccata, non senza pulirsi la mano con un fazzoletto inamidato. 
Hermione Jane Granger, si avvicinò ai due con le mani ai fianchi.
Si trovava nella torre quando osservando dabbasso, aveva notato le due figure allontanarsi, due ragazzini per l'esattezza: una grifondoro e un serpeverde. Un’accoppiata alquanto insolita, considerato  che divergenze fra “serpeverde purosangue” e “mezzosangue”  continuavano a essere all’ordine del giorno a Hogwarts.
La grifondoro aveva conosciuto i due appena qualche giorno addietro, durante una lezione di trasfigurazione cui era presenziava.
Guardarli, le aveva procurato una stretta al cuore non indifferente.
Loro riassumevano anni d’inimicizie, pregiudizi e ben due guerre magiche. Due fazioni messe a confronto, una delle quali rappresentata da lei.
– Tu devi essere Atena – mormorò rivolgendosi alla ragazza.
 Non ottenne risposta, solo un cenno affermativo col capo.  Il ragazzo invece la anticipò.
– Oiver Wenerth – disse altezzoso.  
Hermione li osservò solo per qualche secondo.  – Bene, la vostra gita finisce qui.  Avrete tempo per spiegarmi cosa stavate combinando una volta usciti. 
– Una ricerca – rispose Atena poco credibile.
Oliver non ebbe il tempo di formulare alcuna scusante, si limitò a sgranare gli occhi perché evidentemente qualcosa aveva attirato la sua attenzione, ma prima ancora che potesse proferire parola, qualcun altro lo fece al suo posto.
– Uscire da qui? Non credo.  Non tutti almeno.


 
 
 
 
 
 
 

***





 
 
 
 
 
 
 
Oliver e Atena giunsero al castello all'imbrunire.
Erano arrivati di soppiatto, passando per il didietro della scuola e dimenticandosi della presenza del platano picchiatore.
Fu quando lo ebbero a un palmo dal naso, che si avvidero della sua presenza, troppo tardi perché potessero scansare le frustate dei suoi rami.
L'albero che in realtà doveva proteggere la scuola da eventuali ospiti indesiderati, stava svolgendo appieno il proprio lavoro.
La prima frustata, colpì il ragazzo alle gambe, spedendolo di parecchi metri più in la rispetto all'albero stesso.
Oliver si appiattì al suolo e per diversi minuti non si mosse; poi un pensiero lo scosse.  Lentamente alzò il capo per riuscire a capire dove fosse finita la mezzosangue.
La vide a pochi metri di distanza, riversa a terra, mentre i rami dell'albero cercavano di afferrarla per scaraventarla altrove.
Si appiattì al suolo e fece l'unica cosa possibile: raggiungerla. Poi, aiutato da una buona dose di fortuna, riuscì a trascinarla lontano dalla furia dei rami.
– Forza mezzosangue, non farmi di questi scherzi _ gridò il serpeverde quando furono al sicuro. La voce era fuoriuscita con una cadenza più alta del dovuto.
Un leggero livido violaceo, si stava formando all'altezza della tempia sinistra della grifondoro.
Istintivamente il ragazzo lo sfiorò.  – Mi hai sentito? Non costringermi a portarti di peso.
Se voleva essere una minaccia, appariva poco credibile, soprattutto perché Oliver la teneva salda per la vita. Il loro, rassomigliava più a un abbraccio che a un disperato tentativo di rianimazione, il primo in assoluto benché una parte dei due, ossia la ragazza non ne fosse consapevole, e l'altro non sapeva neanche che nome attribuirgli dato che, non aveva mai stretto alcuno, e nessuno aveva abbracciato lui. Forse sua madre lo aveva fatto, ma non ne aveva memoria, e adesso che lo stava facendo preso dall'impeto del momento, non se ne accorgeva, ed era un peccato.  Se lo avesse fatto, forse avrebbe avuto disgusto di se stesso, ma forse lo avrebbe trovato normale. 
Quel gesto cancellava anni d’insulti, risentimenti, odio malcelato.  – Mezzosangue – sussurrò, mentre con un braccio la cingeva per la vita e con l'altra mano, le sfiorava i capelli disfatti. Adesso che ci pensava i suoi capelli lo erano quasi sempre, forse con la magia negli ultimi anni era riuscita domarli.
Il platano picchiatore continuava ad agitarsi, ma i due studenti erano lontani e non poteva più colpirli. 
– Mezzosangue – se solo si fosse fermato per guardare lei o se stesso, ma non lo fece: si limitò a tenerla stretta.
Fu così che Minerva McGranitt li trovò, con le divise stropicciate  e i volti pallidi e intirizziti dal freddo. Atena era rinvenuta da poco, ma ancora malferma sulle proprie gambe si appoggiava al serpeverde, che comunque non si decideva a lasciarla andare.
– Si può sapere che cosa è successo? – gridò.
– Il platano picchiatore ci ha aggredito: ci siamo dimenticati della sua presenza  – spiegò Oliver affannato.
– Questo è ovvio Signor Wenerth, mi riferisco al fatto che non avete rispettato il coprifuoco notturno. Forse non l'avete capito, ma siete sotto la mia responsabilità –
inveì seria.  – Siete peggio di quel che ricordavo.


 
 
 
 
 
 
 
 
 

***



 
 
 
 
Hermione respirava con affanno. Le funi le laceravano i polsi e il freddo, non la aiutava.
Da quando si era inoltrata nella foresta proibita, non aveva smesso di tremare, ma non era il freddo la sua paura più grande.
 






 
Note autrice:
Il capitolo è concluso e spero non sia stato deludente.
Hermione non è più una strega, ma non è l’unico problema che deve affrontare. Che cosa starà accadendo veramente? Il sogno che ha fatto è veramente un sogno? Chi la perseguita veramente?
Abbiamo l’entrata in scena di Atena e avete conosciuto meglio Oliver. A me è piaciuto molto scrivere di loro, quindi aspetto di conoscere le vostre impressioni.
Confesso di esser molto titubante per questo Dramione, forse alla luce del fandom stesso che vanta storie bellissime, quindi mi farebbe davvero piacere conoscere le vostre impressioni.
 
Angolo curiosità:
L’alloccodifisiandro e l’ Oxzis non esistono nella saga di Harry Potter, ma sono di mia invenzione.
Grazie a chi ha inserito la storia fra le preferite, seguite e ricordate. Ma soprattutto grazie a chi ha recensito.
Un bacio
Tess
 
 
 
 
 
 
  
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