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Autore: nothanks    02/08/2013    1 recensioni
- Solo tre passi, promesso. - disse, senza smettere di sorridere.
- Pensi davvero che tre passi possano farci avvicinare così tanto? - chiesi, non riuscendo a trattenermi dal sorridere anch'io.
Incoraggiato, fece tre piccoli passi verso di me, in modo che i suoi occhi fossero più in alto dei miei e i nostri cuori uno appoggiato all'altro.
- Allora? - ammiccò.
Gli misi le mani intorno al collo e lo baciai e finalmente sentii quella sensazione che avevo inconsciamente cercato per anni e che non avevo mai trovato, senza accorgermi che l'avevo già provata ogni volta che lui mi aveva abbracciata.
- Finalmente. - rise.
*Ispirata ad una storia vera*
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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IV

Il rapporto tra me e Marco era cambiato, nelle ultime settimane; nulla di grave, ovviamente, ma ci eravamo allontanati in un modo che non avremmo mai lontanamente immaginato: ci salutavamo e parlavamo ogni giorno, ma di abbracci e discorsi a cuore aperto se ne vedevano pochi, se non nessuno.
Arrivò il giorno del suo compleanno e, a scuola, mi venne incontro.
- Irene!
- Ciao, Marco, auguri di buon compleanno! - gli diedi due baci sulle guance - Come stai?
- Bene, grazie, e tu?
- Lo stesso.
- Allora, oggi ci vediamo per la tradizionale serata-compleanno?
- Solamente se siamo solo noi due...non sarebbe lo stesso.
- Ovvio, chi pensavi potesse mai venire?
- Non lo so... - feci, con aria ironica e mettendo due dita sotto il mento, fingendo di pensarci su - Forse Federica? - e gli diedi un leggero pugno sulla spalla, ridendo, anche se ero più che seria, in quel momento.
Inizialmente, fece finta di essersi fatto male: si piegò su se stesso e cominciò a lamentarsi teatralmente e mantenendosi la spalla, dopodiché si riprese con un veloce movimento e, quasi mettendosi sull'attenti, alzò la mano destra in aria - Il solito? - chiese.
- Il solito. - risposi, dopo averci pensato su per un secondo, e gli diedi il cinque, sorridendo.

Cercai di fare più compiti possibile, per non ritrovarmi, il giorno dopo, a studiare tutto il giorno: sarebbe stata pur sempre domenica! Ma, arrivate le sei, chiusi tutti i libri e mi preparai.
- Sei stata puntuale?! - mi accolse alla porta.
- Problemi, per caso? - gli chiesi ironicamente ed entrai senza che mi desse il permesso - Salve, Michela! - dissi a gran voce, voltandomi prima verso la cucina e poi verso il piano di sopra.
- No, mia madre non è in casa, è da mia zia, stanotte.
- Oh. - abbassai lo sguardo, ma poi lo alzai velocemente e, con occhi spalancati e con un'espressione spaventata, gli dissi seria: - Faccio io i popcorns o manderai a fuoco la casa. Tu vorrai anche morire il giorno del tuo compleanno ma io non ho intenzione di seguirti, sappilo.
Mi guardò per una frazione di secondo e poi si avvicinò per abbracciarmi. Lo strinsi forte anch'io e chiusi gli occhi, sentendomi come se fossi finalmente tornata a casa dopo un lungo periodo in cui ero stata via.
- Mi sei mancata.
- Anche tu.
- Non lo fare mai più.
Aprii gli occhi e aggrottai le sopracciglia - Fare cosa?
Si staccò da me, mantenendo le mani sulle mie spalle, e mi rispose: - Sentirti condizionata dagli altri e allontanarti da me...
- Anche tu hai fatto la tua parte...
Mi riabbracciò e questo bastò come risposta.
Questa volta, fui io a sciogliermi dalla sua stretta e gli porsi una busta con un pacchettino al suo interno, sorridendo e dicendo: - Dài, apri il tuo regalo e metti il film, io vado a fare i popcorns.

- Quella non è casa mia... - cominciai io, sovrastando la voce di Harry.
- ...non proprio. - terminò lui, per poi girarsi e dirmi, trattenendo a stento una risata: - Mi dici come fai a piangere ogni volta che vedi questo film?
- È più forte di me! - risi brevemente e mi asciugai le lacrime con l'ennesimo fazzoletto fradicio - Dài, è l'ultimo popcorn! - e glielo lanciai in bocca.
- Beh? Ordiniamo una pizza e ci facciamo una partitina a burraco?
- Ci s... - venni bloccata dal suono del campanello - Avevi detto che eravamo soli. - lo accusai, mentre lui mi guardava con un sopracciglio alzato e un'espressione stupita.
- Ed infatti io non ho invitato nessuno, anzi... - si alzò e si avvicinò alla porta.
- Spero per te che sia tua madre. - spensi la tv e incrociai le braccia vicino al petto.
All'improvviso, grida, risate e tanti passi sostituirono la pace che si era creata in casa; mi girai verso Marco, cercando di scovarlo fra i tanti volti, invano, e, quindi, decisi di avvicinarmi a quella marmaglia che l'aveva inghiottito.
Federica staccò le braccia dal suo collo e mise fine al loro bacio, urlando poi: - Sorpresa!
Tutti si unirono in coro e Marco si voltò verso di me, guardandomi come per chiedermi scusa con lo sguardo. Io presi una bandierina che qualcuno aveva già fatto cadere per terra e la sventolai senza entusiasmo, dicendo, con voce piatta: - Sorpresa.

Rimasi seduta al divano da sola per almeno un quarto d'ora, mentre gli altri ballavano, ridevano e scherzavano, fino a quando Marco non urlò: - TUTTI FUORI!
Il salotto si zittì e qualcuno spense addirittura la musica, dopo qualche secondo. Mi alzai di scatto e vidi la gente uscire ed avere tutti i tipi di espressioni possibili a questo mondo: imbarazzo, noia, delusione, rabbia e persino divertimento e sollievo.
- Tu no! - mi indicò con un indice, senza smettere di essere infuriato e facendomi spalancare occhi e bocca - Tu, invece. - si voltò verso Federica - Te l'avevo detto, che avevo impegni con Irene, ti avevo detto che non potevo e, soprattutto, non volevo far nulla, ti ho detto che tra noi era finita e tu cosa fai?! Vieni qui e mi metti sottosopra la casa portando i tuoi amici?! E sottolineo "tuoi"! Sei pazza o sorda? Perché io non l'ho ancora capito.
- Marco... - cercai di tranquillizzarlo, dopo essermi ripresa dalla notizia; non mi aveva detto che non stavano più insieme, forse perché gli avevo detto che volevo che fossimo soli, quella sera, e aveva deciso si non nominarla nemmeno, Federica.
- No, Irene, lo deve capire!
- Sì, ma lo può capire anche senza che glielo urli in faccia!
- Cosa fai, ora? La difendi? Io l'ho lasciata per te, perché non riuscivo a passare un po' di tempo con la mia migliore amica! Per te!
- E tu non me l'hai neanche detto!
- Non volevo parlare di lei, stasera! Era la nostra sera! La nostra!
- Non gridare con me!
Si calmò e, dopo poco meno di mezzo minuto, si voltò verso Federica, prima che lei potesse intervenire - Esci, ora.
- Ma...
- Fuori.
- L'hai fatta piangere, Marco. Ti rendi conto? - gli domandai, dopo che sentii il tonfo che la porta aveva creato, chiudendosi.
- Lei me l'ha fatto fare per settimane.
Lo abbracciai e lo lasciai piangere, tra i miei capelli.
- Ha rovinato tutto.
- Non l'ha fatto di proposito, non voleva perderti... Ci teneva, a te.
- Come fai a dire così dopo tutto ciò che ti ha fatto e detto? - si staccò.
- Mi sta antipatica, ma non posso negare questo. - gli sorrisi e lo presi sottobraccio, portandolo in cucina - Allora? Puliamo?
- No no! - mi prese come se fossi un sacco di non più di un chilo, corse e mi scaraventò sul divano, facendomi sdraiare a pancia in su.
- Pigro.
- Noiosa.
- Ah sì?! - mi alzai e cominciai a dargli i pugni sugli addominali scolpiti.
- Sai che non mi faccio male. - mi fermai e lui alzò la maglia, fiero di sé.
- Ma io posso ferirti dentro. - gli risposi, con una punta di sarcasmo e abbassandogli la maglia.
- Questo è anche vero. - constatò.
- Dico sul serio, puliamo? Tra un po' devo andar via e, se non prendi la palla al balzo, potresti ritrovarti a pulire casa tutto solo soletto. - e gli feci una linguaggia.
- Agli ordini! Ma...
- Non mi piacciono i tuoi "ma".
- Ma - riprese, più forte - tu dovrai restare di più.
- E tu dovrai chiamare i miei per avvisarli che la loro figlioletta tornerà più tardi. - avere la risposta pronta era una delle mie più grandi qualità e lo è tutt'ora.
- Ci ho ripensato.
- Non ci posso credere! - gli diedi uno schiaffo sul braccio, nascondendo il fatto che io ero l'unica tra i due ad essersi fatta realmente male.
- Scherzo, dammi il telefono.

- Dài, solo 5 minuti!
- Non posso, Marco...
- Solo un'altra partita.
- Quindi non sono più solo 5 minuti!
Prese il suo telefono e guardò l'orario - Sono le 23 e 39: a e 40 vai via, promesso. Solo un minuto.
Guardai il mio telefono, per controllare - Veramente, a me, fanno e 38...
- Allora 2 minuti!
- No no, vada per un minuto! - risi e mi alzai - Davvero, Marco, devo andar via. Sono in motore e i miei genitori avrebbero un infarto, se tornassi solo un minuto più tardi. Sarà per un'altra volta... Magari al mio compleanno! - gli feci l'occhiolino.
- Fino ad allora?! No, molto prima!
- Okay, ma ora lascia andare il mio braccio e va' a prendermi la giaccia. - presi la mia roba e mi diressi, ridendo ancora un po', verso la porta, aspettandolo - Portandomi lentamente la giaccia, non mi farai restare più a lungo con te! - urlai per farmi sentire, finché non arrivò, un po' triste.
- Ecco. - e mi porse la giacca.
- Su, domani mattina ci vediamo a messa. Non è mai morto nessuno per poche ore senza la sua migliore amica.
Sorrise e mi diede due baci sulle guance - Grazie per il regalo...e avvisami, quando arrivi a casa.
- Certo. Grazie per la serata. - sorrisi, mi misi il casco e uscii da casa sua.
L'ordine era stato ristabilito e ora potevamo tornare ad essere finalmente quello che eravamo sempre stati. Almeno quello era quello che credevamo e che speravamo.

 

 

   
 
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