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Autore: Giuls_breath    02/08/2013    2 recensioni
Ally è una studentessa di 20 anni e da piccola sognava di diventare una cantante, ma il suo "compagno di giochi" la prendeva sempre in giro. I due non andavano per niente d'accordo, anzi ogni volta che Ally lo vedeva era un incubo. Le loro strade poi si sono separate.. e loro sono cresciuti.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Taylor Lautner
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14. Fire’s
 

Tre anni dopo…

 

Suono ancora la chitarra, suono e canto. Finalmente sono riuscita a realizzare il mio sogno: sono una cantante. Ho litigato violentemente con i miei genitori per questo, ma onestamente non m’importa granché; loro hanno sempre pensato a ciò che era meglio per loro, per il loro nome e mai al mio bene e così una sera di due anni fa ho preso il coraggio e ho parlato, ma non come avevo fatto fino a quel momento, ovvero sia debolmente, avevo usato un tono fermo, convinto della mia scelta, loro speravano di vedermi vacillare, di vedermi rispondere alla loro domanda con un ‘non so, non c’ho ancora pensato’, ma non è successo fortunatamente e questo li ha fatti arrabbiare moltissimo.
Hanno detto che mi avrebbero cacciata di casa, rinnegata addirittura se non avessi cambiato idea su questa ‘sciocchezza’, come la definivano loro, ma neanche di fronte a questo mi sono fermata o li ho guardati spaventata, lo avevo sempre saputo di non essere la loro preferita, di essere la figlia che non volevano avere. Sapevo che preferivano – e continuano a preferire - mia sorella a me perché lei è un burattino nelle loro mani, fa tutto quello che loro vogliono, tutto pur di vederli felici e orgogliosi di lei. Io non avrei mai permesso loro di trattarmi così, mai.
A parte questa mia fuga da casa e l’aver realizzato il mio sogno… non ci sono stati altri significativi cambiamenti. Finisco di suonare, poso delicatamente la chitarra per terra ed esco dalla sala registrazioni. Ah, dimenticavo ho un nuovo nome, un nome d’arte: Fire’s. Ho tinto i capelli, ora sono ramati non più biondo chiaro.
“Ciao Fire Lady!” mi saluta Jackson, un giovane che ho conosciuto quando ho chiesto di poter fare l’audizione come nuova voce.
“Ciao Jack!” lo saluto agitando la mano.
“Vai già via?”
“Sì, ho iniziato alle 6 del mattino, sai, dopo tre ore ci si stanca. Vado a bere un caffè e torno.”
“Fai presto, ti devo parlare.”
Annuisco senza rispondergli. Ho capito, sarà sicuramente urgente e per ora non voglio rovinarmi questi 10 minuti di pausa per nessuna ragione al mondo.
“Ciao Paolo.” entro nel Rock Cafè.
“Oh, ciao stella!” mi saluta il proprietario “Si sentiva la tua mancanza stamattina.”
Sorrido. “Ho preferito lavorare un po’ di più prima e poi venire qui a riposare un po’.”
“Un doppio caffè e un cornetto, vero?”
“No, stamattina solo il doppio caffè.” gli dico. “Ah, hai qualche giornale? Vorrei leggere un pochino.”
“Sì, sono sulla panca lì in fondo.”
“Grazie.” dico.
Mi avvicino e prendo il primo giornale che mi capita tra le mani, sulla copertina c’è una bella ragazza bruna, leggo che si chiama Marie A (??) e sotto c’è una frase “Con Taylor ora sono felice.” Deglutisco e quella frase mi colpisce come un pugno allo stomaco e poi al cuore: vado a pagina 39 e… capisco che parla di Taylor, è così cambiato, ancora.
E’ un uomo adesso. Ha i capelli ancora più folti dell’ultima volta, gli sta crescendo la barba, le loro mani sono unite, le dita intrecciate. Ho un nodo alla gola, fa male. Fa male soprattutto perché io non ho mai avuto una vera occasione con lui nonostante ci fossimo baciati due volte.
“Stella, i caffè sono pronti.” mi riporta alla realtà Paolo, mi asciugo gli occhi umidi.
“Grazie.” dico. Bevo il primo caffè e poi chiedo: “Paolo, ti dispiace, se porto con me questo giornale?”
“No, fai pure.” Bevo il secondo caffè. “Sai chi è lei?”
“Ah, sì. E’ la co-protagonista di un film d’azione. Lo stanno girando in questi giorni a tre o quattro isolati da qui. L’altro giorno è venuto un bel giovane tatuato qui e mi ha detto del film perciò lo so.”
“Ha detto come si chiamava?”
“No, ma mi ha detto il titolo del film.. mh, ‘Tracers’ se non erro.”
“Tracers.” ripeto. “Grazie. Quant’è?”
“Niente.”
“Ma come niente?”
“Niente, dai vai a cantare, stella!”
“Ma..”
“Vai.” mi spinge scherzosamente.
Sorrido imbarazzata, lo ringrazio ed esco.
Di fronte c’è il complesso ‘‘Sing a Song’s’’, ma non vado lì.
So che sto facendo un’altra sciocchezza, ma in questo momento non potrei cantare né suonare. La gola mi sembra stretta in un nodo e le dita paralizzate.
Chi mi troverò di fronte oggi?
Quanto sarà cambiato dall’ultima volta, da quel pomeriggio d’inverno?
 
Cammino a fianco a lui, le cose non sono andate come speravo: lui continua a trattarmi come una sorella - o meglio come una delle sue migliori amiche. Si confida ancora per le sue cotte, per i suoi imbarazzi e io soffro. Lui non mi guarda come speravo facesse. Quando gli parlo dei nostri baci lui diventa insofferente e poi scappa dalla stanza o, se non siamo a casa, si allontana e mi lascia da sola. Da allora non gli ho più parlato dei baci, né delle mie speranze su una possibile evoluzione nel nostro rapporto. Niente.
Carica la seconda valigia in macchina e poi mi guarda, abbasso lo sguardo. Stavolta so che non lo rivedrò tanto presto e non so dove sia diretto, perché e come farò senza di lui, ma devo lasciarlo andare.
“Allora, ci siamo!” dice.
“Sì…” dico solo a testa bassa.
“Lo avevo creduto anch’io.”
Alzo la testa.
“Credevo potesse esserci un futuro per me e per te, sai, come fidanzati.”
Non dico niente.
“Ma sai, non sono mai riuscito a dirti quelle parole.”
So a quali si riferisce.
“Perché non le senti.” concludo io per lui.
Annuisce. “Io ti voglio bene. Credevo di provare qualcosa in più dell’affetto, ma non è così e credo non lo sarà mai.” quelle parole mi distruggono.
Lo guardo tremante, sto facendo di tutto per non scoppiare a piangere come un’ossessa e non so con quale forza ma ci riesco.
 
Riapro gli occhi per ritrovarmi di fronte una signora anziana che gentilmente mi chiede se mi sento bene, le sorrido e le rispondo che stavo solo ricordando e che certi ricordi fanno sempre male.
Attraverso la strada, poi un’altra ancora e un’altra ancora. Attraverso una stradina laterale e sono lì, il cuore ricomincia a battere furiosamente. Lo vedrò? Mi riconoscerà?
Da quando ci siamo visti ho perso altri dieci chili, il mio viso ora è un po’ più allungato e meno pieno, i capelli sono rossicci e non più biondo chiaro, vesto in modo diverso, più femminile e meno da maschiaccio. No, non mi riconoscerà.
Ci sono le transenne e un bestione di colore mi dice che non posso passare perché stanno girando un film, non specifica chi ci sia né per quale film ci siano le transenne, ma io non mi faccio fermare da quel no detto con tanta impazienza e aggressività: mi allontano e percorro un viottolo laterale, le transenne corrono lungo tutto il perimetro, poco più in là si vedono delle sedie con delle scritte, non si vede molto.
C’è un muretto in mattoni, lo guardo… è identico a quello in Michigan…
 
“Ally, scommettiamo che riesco a scavalcare prima di te.” mi dice Taylor sorridendomi e mostrando quei denti bianchissimi che avevo sempre invidiato.
“Ci sto!” esclamo.
Saliamo aggrappandoci ai mattoni, riusciamo a scavalcare insieme e poi in quel momento Taylor pur di non farmi passare per prima, mi tira i capelli e sto quasi per perdere l’equilibrio, quando mi aggrappo ad un ramo lì vicino. Taylor prosegue e poco dopo lo seguo, nel mentre stiamo per scendere, scivola e cade con il sedere per terra. Scoppia a piangere.
 
Era cattivo con me.
Pongo un piede su un mattone e la mano più in alto, segue l’altro piede e l’altra mano, mi arrampico e mi siedo sulla cima del muretto. E’ altuccio, ma non ho problemi di vertigini. Vorrei vederlo.
In quel momento vedo una scheggia correre in bici, poi qualcuno con un megafono urla ‘STOP’ e la bici rallenta. Quando ripassa a piedi il giovane, lo riconosco. Mi guarda e in quel momento indica verso di me. Qualcuno urla ‘che ci fai qui? chi sei? niente giornalisti qui?’ cerco di girarmi, ma perde l’equilibrio e cado.
Batto la faccia contro l’asfalto e mugolo per il dolore, mi alzo stordita e sicuramente contusa. Delle persone corrono attorno a me, ma non si chinano per chiedere se sto bene, anzi.
“Dove hai messo la macchina fotografica?”
“Quali foto hai scattato?”
“NON MENTIRE.” urla uno.
Li guardo sconvolta e spaventata.
“Io non sono una giornalista.”
“Allora che ci facevi lì?”
“Ehm, credevo giocasse mio fratello!” una scusa migliore no?
“Credi che siamo stupidi?!?!?!”
“N – no.” dico.
“Oddio, non fatela tanto lunga.” dice qualcuno che non riconosco. Ha la pelle leggermente ambrata – forse abbronzata – gli occhi verdi e i capelli castani.
“Non ha scattato foto, si è anche fatta male, lasciatela stare!”
La cerchia soffocante attorno a me lentamente si scioglie, sono ancora con i palmi per terra e la faccia stravolta.
“Scusali, sono tutti un po’ tesi.”
“Non ne dubito.” dico alzandomi barcollante.
“Ma tu… sei ferita.” non è una domanda.
Mi tocco le narici e i polpastrelli sono rossastri. Sospiro. “Non è grave. Vado a casa e mi medico.” mi volto e in quel momento lui continua: “No, no, no. Aspetta, non puoi andartene così. Vieni, ti medico io e poi vai dove vuoi.” conclude sorridendomi.
“Non è necessario.” dico.
Mi si avvicina e volta verso l’alto i palmi delle mani e sono tutte escoriate.
“Ti devo medicare, vieni.” mi prende per un polso e mi trascina sotto una sorta di capanno. “Siediti.” mi dice.
C’è una panca in plastica e così mi siedo. Respiro profondamente.
E se adesso entra? E se si affaccia per chiedere cosa è successo e dov’è la ‘guardona’? Oddio…
“Eccomi qui.” dice. Si siede accanto a me, prende dell’ovatta e poi dell’acqua ossigenata e la posa alla base del naso, salto quasi. “AHIA!” dico quasi urlando. Preme un po’ più delicatamente, ma continua a bruciare, accidenti!
“Immagino sia stupido chiederti cosa ci facevi lassù, vero?”
Abbasso lo sguardo.
“Volevo vedere un amico.” sussurro.
Perché gliel’ho detto?
“Davvero?” ecco non mi crede, beh forse è meglio. “Chi è?”
Taylor.
Taylor.
Taylor.
Taylor.
Sarà meglio non dirgli chi cercavo, chi volevo vedere da vicino disperatamente.
“Okay, non ne vuoi parlare. Ho capito.” dice “Dammi le mani.”
Volto i palmi e lui anche lì ci passa su l’acqua ossigenata, stringo di scatto le dita verso i palmi nel tentativo di sottrarmi a quel dolore, ma lui non lascia le mie mani.
Sospiro.
“Senti, non so perché tu sia venuta né chi ti ha spinto a fare questo, ma stai più attenta, se quelli ti rivedono nei dintorni e senza permesso… beh, potrebbero non essere così gentili o ospitali!”
“Beh, non è che lo siano stati prima!” esclamo.
Sorride e poi conviene su quanto detto.
“Fatto. Ah, faresti bene a tenerlo premuto quel batuffolo nel naso!” mi avverte.
“Okay, non c’è problema. Lo farò.” dico alzandomi.
“Vuoi che ti accompagni?” si offre alzandosi anche lui.
“No, devo andare a lavoro. Sto a pochi isolati da qui.” dico agitando la mano.
“Cos’è tutto questo trambusto?” chiede… Taylor entrando.
Mi volto di scatto e il giovane risponde: “Ho soccorso la signorina poco fa.”
“Se non ci fossi tu bisognerebbe inventarti!”
Indosso gli occhiali da sole e guardo il ragazzo davanti a me che mi guarda senza capirci molto in effetti.
“Taylor, l’accompagno all’uscita e poi vengo, okay?”
Non dice niente, forse scrolla le spalle ed esce.
Guardo furtivamente verso l’uscita ora libera e poi guardo nuovamente davanti a me e ritrovo un’espressione incuriosita e sospettosa a osservarmi.
“Vieni, ti accompagno.” dice.
Mi supera ed esce. Lo seguo. Non mi guardo intorno anche se potrei, ma qualcosa – non so cosa – me lo impedisce. La paura?
“Eccoci.” dice fermandosi accanto alla transenna e lasciandomi lo spazio per passare “Non so proprio perché tu sia capitata qui stamattina, ma… mi ha fatto piacere.” mi sorride.
Sorrido imbarazzata.
“Io sono Kyle.” dice.
“Io...” oddio e se poi glielo dice? “Fire’s.”
“Fire’s? Nome d’arte?”
“Una specie.”
“Intrigante.” commenta.
“L’ho scelto intenzionalmente.”
“Lo hai inventato per me?” chiede, mi ritrovo a sorridere e scuotere la testa per la sua domanda. “Mi dici il tuo vero nome?”
“Magari un’altra volta!” oddio che cavolo dico?
“Ci sarà una prossima volta?” chiede e vedo i suoi occhi… illuminarsi?
Non rispondo, l’ho detta grossa.
Alzo le spalle ed esco dal ‘perimetro’.
“Ciao.” dico voltando appena il busto e agitando la mano “E grazie!”
Vado via, sono certa che mi stia ancora guardando. Spero solo che non parli con Taylor di come mi abbia vista spaventata all’idea di essere vista da lui!
Appena sono certa che non può più vedermi inizio a correre ed entro di corsa nell’edificio di “Sing a Song’s” e ritorno nella mia sala registrazioni, chiudo la porta e mi accascio per terra con la testa contro la porta in acciaio.
Lo avevo visto da lontano e poi ho avuto l’occasione di vederlo a pochi passi da me e che ho fatto, mi sono girata dall’altra parte?
Sono scema.
Porto le mani sul viso nel vano tentativo di nascondermi, ma ormai è impossibile: Fire’s è entrata in azione…



_______________



Ciaooooo,
lo so ormai è passato un mese e un giorno da quando ho pubblicato l’ultimo capitolo,
chiedo scusa ma si sa d’estate non è che si abbia molto tempo per stare al pc – e quindi per scrivere!
Spero di essermi fatta perdonare e ditemi un po’ cosa ne pensate della nostra Fire’s.. let me know ;)
Giuls
 
  
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