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Autore: The_Storm    03/08/2013    6 recensioni
Noi pensiamo a New York come la Grande Mela e subito ci vengono in mente tutte le cose meravigliose che questa città ha. Ma c'è un lato oscuro di New York che pochi conoscono e Victoria Dowson è una di queste. Fa parte dell'FBI da quando ha finito il liceo e, anche se ha solo diciannove anni, si è guadagnata il rispetto di tutti lì.
Jason Carter è il capo della banda più temuta di tutta New York. È un assassino senza cuore che uccide chiunque ostacoli il suo cammino. È il classico bello e dannato. Cosa succederebbe se questi due mondi apparentemente così diversi venissero in contatto? Scopritelo leggendo.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- 298....299....300- conto ad alta voce le flessioni che faccio. Ovviamente, non ho mai smesso di allenarmi e ho riflettuto anche su quella strana sensazione  che ho avuto un paio di giorni fa alla fine della missione. Ho pensato a tutte le ipotesi possibili ed immaginabili e ho riflettuto a fondo su tutte, ma non sono venuta a capo di niente. Ho deciso di aspettare ancora un po', visto che gli elementi che ho a disposizione non sono sufficienti a rendere nessuna delle mie teorie concrete. Da quella prima missione, però, non c'è stata più nessuna segnalazione, escludendo qualche ladro occasionale, ma quello non ha importanza. Vado in bagno per farmi una doccia, visto che sono completamente sudata. Adoro la sensazione di freschezza che mi da l'acqua, specialmente quella bella fredda. È come se rinascessi ogni volta e l'acqua ghiacciata mi aiuta a ragionare più lucidamente. Esco dal box doccia e mi asciugo con cura il corpo. Sto per rivestirmi, quando sento la suoneria del mio cellulare. Mi avvolgo un'asciugamano abbastanza grande intorno al corpo ed esco dal bagno cercando il cellulare che trovo sul divano in salotto. Rispondo senza vedere chi sia
- si? Chi è?- chiedo. 
- Victoria, sono Jason. C'è stato un omicidio al luna park "Funnyland" sulle montagne russe. Vieni subito qui- la sua voce è agitata e rischia di farmi diventare sorda a causa del suo tono troppo alto. 
- dammi venti minuti e sono lì- non aspetto neanche la sua risposta che chiudo la chiamata. Salgo come una furia le scale e mi tolgo l'accappatoio, gettandolo da qualche parte della stanza. Prendo la prima cosa che mi capita in mano dall'armadio e la indosso senza curarmi minimamente di cosa sia. Prendo velocemente chiavi e cellulare e mi infilo la giacca mentre scendo le scale. Apro la porta e la sbatto violentemente dietro di me per richiuderla. Scendo al massimo della velocità le scale - non ho il tempo di aspettare l'ascensore- rischiando di cadere e rompermi l'orso del collo. Saluto velocemente il portinaio e corro in strada. Fortunatamente, sta passando un taxi e sembra vuoto, quindi metto il pollice e l'indice in bocca e faccio un fischio. Il taxi si ferma a un paio di centimetri da me. Salgo in fretta sbattendo la portiera e dico la strada all'autista, intimandogli di andare il più in fretta possibile. Arrivo al luna park in dieci minuti. Porgo trenta dollari all'autista e scendo in fretta dall'auto, urlandogli di tenersi il resto. All'entrata ci sono alcuni agenti che si occupano di tenere a bada la gente curiosa. Faccio vedere il distintivo a uno di loro e mi fanno passare. Se possibile, corro ancora più velocemente verso le montagne russe, dove trovo Jason, Hudson e Jack intenti ad analizzare il corpo. Saluto con un cenno della mano e chiedo spiegazioni. 
- c'è stato un omicidio su questa giostra. La vittima si chiamava Trevor Smith ed era uno studente del college. Era qui per una giornata di riposo insieme ai suoi amici Jessica Pierce, Luke Bell, Kayla White e Melody Parker che erano anche gli unici passeggeri sul vagone della vittima- mi spiega Jason. Annuisco pensierosa
- come è morto?- domando. 
- gli è stata tagliata la testa, ma non si sa come- dice Jack facendo una faccia disgustata e non posso fare a meno di imitarlo. In quel momento, un agente di polizia si avvicina al nostro gruppo richiamando l'attenzione di Hudson
- capo, guardi cosa abbiamo trovato nella borsa di Jessica Pierce- dice l'uomo mostrando un coltello insanguinato. Hudson spalanca gli occhi, incredulo e non è l'unico, ovviamente, anche Jason e Jack sono stupiti almeno quanto lui. Io, invece, non sono convinta che quella sia l'arma del delitto. 
- fantastico! L'assassina è Jessica Pierce, il caso è chiuso. Arrestatela!- ordina quell'imbecille. La ragazza sgrana gli occhi. Lei è anche più stupita di noi. No, non può essere stata lei, è impossibile. 
- non vuoi neanche controllare se il sangue appartiene alla vittima?- chiedo 
- e a cosa servirebbe? Lei ha un coltello insanguinato nella borsa, che altra prova vuoi?- chiede retorico
- non voglio una prova, ma un movente. La vittima era il fidanzato di Jessica, no? Allora che razza di motivo avrebbe per toglierlo di mezzo?- domando. Lui muove la mano a mezz'aria, come se stesse cacciando delle mosche fastidiose
- probabilmente voleva lasciarlo e non sapeva come fare, oppure lo aveva scoperto a letto con un'altra o una cosa del genere- dice. Spalanco gli occhi alle sue parole. 
- ma ti rendi conto delle cazzate che stai sparando con quel cesso che ti ritrovi al posto della bocca?- quasi urlo incazzata. Quando mi arrabbio, divento più fine del solito, lo avete notato? Jason mi afferra per un braccio, forse per paura che possa picchiarlo o per calmarmi. 
- ehi, modera il linguaggio, signorina. Ricordati che sono un tuo superiore- dice duro quell'essere ripugnante. Faccio un respiro profondo e provo a calmarmi
- ascolta, dammi solo mezz'ora e, se non riuscirò a portarti il vero colpevole, potrai arrestare e condannare Jessica, ok?- propongo. Lui sembra pensarci un po' su, ma poi annuisce sbuffando. Sorrido e inizio ad esplorare la giostra. Arrivo fino alla galleria senza trovare niente che possa aiutarmi. Accendo la torcia che mi ha dato uno degli agenti - visto che nella galleria è tutto buio- e inizio a perlustrarla. Cammino per un po', poi, arrivata a circa metà percorso, la torcia illumina qualcosa ai miei piedi. Mi abbasso e lo raccolgo. Sul mio viso compare un sorriso soddisfatto. Ho capito tutto. Metto in fretta quello che ho trovato in un sacchetto trasparente che mi ha dato la scientifica e torno in fretta da dove sono partita. Chiedo un paio di cose a Melody e poi mi rivolgo a quel pallone gonfiato
- Hei, Hudson, sono riuscita a capire chi è il vero colpevole- annuncio con un sorrisetto stampato in faccia. Tutti sgranano gli occhi. 
- bene, allora vuoi illuminarci, Sherlock?- domanda retorico il bastardo. 
- innanzitutto, la colpevole non può essere Jessica perché il coltello che è stato ritrovato è troppo piccolo. È evidente che il vero assassino voleva incastrare lei. In realtà, la vera colpevole è Kayla White- dico seria. Hudson scoppia a ridere
- è impossibile! Lei era seduta in prima fila, come diavolo avrebbe fatto?- dice
- è possibilissimo, invece. Basta solo sfruttare la velocità della giostra e usare un filo metallico e un anello di acciaio- dico e vedo Kayla che inizia a sudare freddo. Ottimo. 
- posso anche dimostrarlo. Hudson, siediti al posto della vittima, mentre altri agenti dovranno occupare gli altri posti tranne quello della colpevole, che occuperò io- tutti fanno quello che ho detto e io mi siedo nel primo vagone, il posto occupato da Kayla. 
- prima di abbassare la sbarra, metto questa borsa dietro la schiena- dico mettendo la pochette che mi ha prestato Melody dietro la schiena
- poi abbasso la sbarra e....voilà, sono fuori- dico scivolando sotto la sbarra di metallo. 
- a questo punto, prendo il gancio che avevo preparato precedentemente. Poi, tenendomi con le gambe alla sbarra di acciaio, mi piego in avanti e metto questa corda a cui è legato il gancio intorno al collo della vittima. Ovviamente, nel tunnel è tutto buio, quindi nessuno può accorgersi di niente- continuo dimostrando quello che ho detto con i fatti. 
- infine, fisso il gancio alle rotaie e la velocità e la potenza del treno faranno il resto. Quando ci siamo strette la mano, ho notato che aveva alcuni calli sulle mani, quindi ne deduco che lei abbia fatto ginnastica ritmica, giusto?- domando e Melody me lo conferma. 
- ottimo, quindi non deve essere stato difficile tenersi in equilibrio, no?- domando retorica. 
- ti sbagli, non sono stata io e poi, non hai nemmeno una prova- urla istericamente la ragazza. Alzo un sopracciglio
- e chi ti ha detto che non ho prove? Dimmi un po', Melody, è vero che Kyla aveva una collana sta mattina?- chiedo e lei annuisce
- ma io non vedo niente al suo collo, dove è andata a finire?- chiedo. Frugo nelle mie tasche ed estraggo il sacchetto trasparente che ho usato prima per raccogliere quello che ho trovato nella galleria
- è questa qui, vero? Su, confessa- domando ancora. Lei si accascia a terra e inizia a piangere portandosi le mani al viso
- lui...lui non mi amava più. Mi...mi aveva lasciata- inizia a raccontare scossa dai singhiozzi 
- ma di cosa stai parlando, Kayla?- domanda confusa Melody 
- io e Trevor eravamo fidanzati prima di conoscere voi. eravamo molto felici e ci amavamo molto. Ma poi, lui mi lasciò per te, Jessica. Disse che per me ormai non provava più niente e che aveva perso la testa per te. All'inizio, ho provato a fare finta di niente e a ricominciare, ma è stato tutto inutile. Non ce la facevo più a vedervi così felici insieme, così ho deciso di ucciderlo qui, nel luogo del nostro primo appuntamento e con la collana che mi aveva regalato- confessa alla fine tra le lacrime. 
- portatela via, ragazzi- dice duramente Hudson. Saluto tutti e mi incammino verso l'uscita del parco. Il mio lavoro, ormai, è finito e qui sono inutile. Alzo lo sguardo al cielo e vedo che sta per piovere, quindi aumento la velocità, sperando di trovare un taxi libero o almeno di non arrivare a casa fradicia. 
- ehi, Vic, aspetta- mi chiama qualcuno. Mi volto e vedo Jason correre verso di me. Mi fermo e lo aspetto. 
- vuoi un passaggio?- dice in risposta al mio sguardo interrogativo. Beh, in effetti, me ne servirebbe proprio, a meno che non voglia prendere una broncopolmonite acuta. 
- si, grazie- dico. Ci avviamo verso il parcheggio e lui si mette il suo casco, per poi passarne un'altro a me. Sale sulla Ducati e mi invita a fare lo stesso. Mi faccio teatralmente il segno della croce e lui ridacchia
- esagerata. Non ti fidi di me?- chiede facendo il broncio. 
- sinceramente? No, neanche un po'- rispondo, ma non riesco a trattenere un sorriso divertito.
- perfetto, sali- mi ordina. Scuoto la testa e faccio come dice. Lui sposta le mie mani sul suo stomaco
- tieniti forte- dice prima di accendere il motore e partire sgommando. In tutta risposta, mi stringo di più a lui, nascondendo la faccia dietro la sua schiena perché sono sicura che, se vedessi tutti i quasi-incidenti che di sicuro farà, morirei d'infarto. 
Dopo circa dieci minuti, la moto si ferma e io sciolgo quello pseudo-abbraccio, scendendo dalla moto e togliendomi il casco
- grazie del passaggio, anche se credo fosse un tentato omicidio-suicidio- dico porgendogli il casco. Lui scoppia in una fragorosa risata e prende il casco dalle mie mani, scendendo dalla moto per metterlo nel sellino. 
- di niente, Vic- dice. In questo preciso momento, una goccia d'acqua mi arriva sul naso, subito seguita dalle altre. Il tempo di correre nel palazzo e arrivare al mio appartamento che fuori scoppia il diluvio universale. 
Mi sento un po' in colpa perché, se non mi avesse accompagnata, sarebbe riuscito ad evitare l'acquazzone e a tornare in tempo a casa
- senti, se vuoi, puoi rimanere qui finché non smette di piovere- propongo. Lui mi guarda un po' sorpreso
- sicura che non disturbo?- chiede titubante. Scuoto la testa
- no, non preoccuparti. Un po' di compagnia non ha mai ucciso nessuno- lo rassicuro sorridendo. Lui ricambia il sorriso
- ve bene allora, resto- dice. Ci sediamo sul divano e iniziamo a chiacchierare un po'. Scopro di avere molte cose in comune con lui. Per esempio, entrambi adoriamo la cucina italiana e il nostro piatto preferito sono le lasagne. Mi racconta anche che ha affidato July ad una sua lontana zia perché è convinto di non poter prendersene cura abbastanza. In effetti, la nostra è una vita solitaria. Mio padre è riuscito ad accudirmi solo perché ho scelto di diventare come lui e mi ha sempre portata con se. 
Ormai sono quasi le sette e mezza e devo iniziare a preparare la cena, ma fuori non ha ancora smesso di piovere
- senti, io sto iniziando ad avere fame. Ti va di rimanere qui a cena?- propongo. Dopo un po' di proteste, annuisce e decidiamo di ordinare una pizza e di guardare un film. Mentre chiamo la pizzeria, gli dico di iniziare a scegliere il film. 
Circa mezz'ora dopo, siamo stravaccati sul divano con un cartone di pizza ciascuno. 
Sono già le dieci e sta ancora piovendo a dirotto. Non credevo che avrei mai proposto a qualcuno una cosa del genere, ma devo farlo
- Jason, ti va di restare per la notte?- dico abbassando lo sguardo, imbarazzata
- no, sarebbe troppo. Mi hai già ospitato abbastanza. Non voglio disturbarti oltre- dice convinto
- nessun disturbo, credimi- cerco di convincerlo, ma lui scuote la testa. 
- ma sarebbe un suicidio tornare a casa con questo acquazzone, le strade scivolose e il buio, specialmente per come guidi tu- continuo. Lui alza un sopracciglio
- perché, come guido?- chiede
- come uno che ha voglia di morire- rispondo acida
- cos'è? Ti preoccupi per me?- chiede con un sorriso strafottente. Alzo gli occhi al cielo
- bello sognare, eh? È solo che non voglio morti sulla coscienza- spiego. Alla fine cede, ma c'è un piccolo problema: io non ho stanze per gli ospiti. 
- bene, allora io dormo sul divano e tu in camera mia- dico 
- cosa? Non se ne parla, ci dormirò io sul divano- ribatte deciso
- scordatelo, sono io la padrona di casa e ti obbligo ad andare nella mia stanza- dico con un tono che non ammette repliche
- ma...- sta per ribattere, ma una mia occhiataccia lo ferma. Vado in bagno per lavarmi e ne esco un quarto d'ora dopo con la mia maglietta bianca e la tuta nera. Mentre lui va a lavarsi, inizio a preparare il divano mettendoci un cuscino e prendendo un plaid dall'armadio in camera mia. Appena finisco di sistemare il divano, Jason esce dal bagno con indosso solo i boxer. Non avevo niente da dargli e si è dovuto arrangiare. Devo ammettere che ha un fisico scolpito, ma non troppo muscoloso e neanche il viso è male: occhi di un caldo cioccolato, capelli biondi sempre sistemati con un po' di gel e labbra carnose. Si, è un figo della Madonna. Arrossisco per i miei pensieri e abbasso lo sguardo. Gli auguro una buona notte e lui fa lo stesso prima di salire di sopra. Mi infilo sotto il plaid e cerco di prendere sonno nonostante questo fottuto coso mi stia rompendo già la schiena. Maledetta me e il mio animo gentile
ANGOLO AUTRICE
Allooora, inizio col dirvi che questo è uno dei miei capitoli preferiti fino ad ora *___*. Qui vediamo finalmente Vic in azione, ma vorrei dirvi che mi ha aiutato una mia amica a scrivere il delitto. A proposito, se qualcosa non è chiaro, ditemelo senza paura e io cercherò di spiegarvi tutto ;). Detto ciò, vi lascio perché ho in mente un paio di cose per il nuovo capitolo e non vorrei dimenticarle. Grazie infinite a chi recensisce/segue questa storia e grazie anche alle lettrici "silenziose". Ora vado, me la lasciate una recensione? *fa la faccia da cucciolo* ciaooooo :)

  
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