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Autore: KiarettaScrittrice92    03/08/2013    1 recensioni
Questa è stata la mia prima fanfiction in assoluto e ho deciso di pubblicarla, ovviamente correggendola e rendendola più leggibile e apprezzabile...
La mia storia comincia con Shinichi di nuovo adulto. Ai gli ha dato l'antidoto e ha raccontato a Ran il segreto di Conan Edogawa. Shinichi è riuscito a far arrestre i pezzi grossi dell'organizzazione con molte difficoltà, ma scopre con enorme dispiacere che deve lasciare Beika e tutti i suoi amici perchè suo padre ha bisogno del suo aiuto a Sendai! Due giorni dopo la sua partenza quelli dell'organizzazione evadono dalla prigione, quella stessa sera succederà ciò che meno vi aspettate...
La nostra storia inizia due anni dopo la partenza di Shinichi per Sendai sopra un treno che va a Beika...Tenetevi forte alle sedie perchè questa volta il detective liceale non riuscirà da solo a vincere la battaglia...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga dei ricordi'
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Ran ritorna!

Aprì gli occhi, ritrovandosi di nuovo in ospedale. Cercò di alzarsi, ma una fitta al petto lo bloccò e ricadde sul cuscino con un gemito, rimanendo con lo sguardo annebbiato per qualche secondo. A quanto pareva questa volta la ferita era molto più dolorosa di quella al fianco e ad ogni movimento gli dava l’impressione di mozzargli il respiro.
«Vedi di stare un po’ fermo! - fece una voce vicino alla finestra della piccola sala, facendolo voltare da quella parte e aspettando che tutto tornasse a fuoco, vedendo poi Heiji che riprese a parlare con aria tranquilla - Con quella ferita credo che sarà difficile alzarsi senza riaprirla, dovrai aspettare che il dottore ti dica che puoi muoverti!» aveva le mani in tasca e sembrava avere un’aria molto più seria del solito, come se si fosse preoccupato particolarmente, probabilmente era lì da parecchio tempo.
«Cos’è successo?» chiese un po’ confuso.
«Sei in ospedale da due giorni, ieri sera ti hanno operato, il proiettile ti ha preso in pieno un polmone e se non ti operavano subito probabilmente saresti morto…» rispose Heiji, sempre con aria seria.
«Come sono uscito di lì? Ricordo solo che Vermouth mi ha sparato addosso, poi non ricordo più nulla.» disse Shinichi con un filo di voce.
«Certo, eri svenuto, è normale che non ti ricordi nulla. Comunque è stato di nuovo Kaito a salvarti: non so perfettamente cosa sia successo là dentro, lui non l’ha voluto raccontare, ma stavolta ci stava per rimettere la pelle anche lui, è arrivato qui ieri mattina ferito e con te sulle spalle.»
«Capisco… E Ran? Sta bene?»
Heiji guardò per qualche secondo l’amico poi abbassò lo sguardo senza parlare. Ora sembrava ancora più serio di prima e Shinichi pensò subito al peggio: qualcosa dentro di lui iniziò a opprimerlo, sentiva che avrebbe potuto cessare di respirare da un momento all’altro. Con voce tremante ripose la domanda in modo diverso.
«Hattori, - disse - dov’è Ran?»
Il ragazzo aprì la bocca per parlare, ma poi la richiuse immediatamente. Shinichi non capì se quella riluttanza nel parlare era perché non sapeva cosa dire o perché non voleva proprio dire cosa era accaduto, ma lo irritò talmente tanto che non riuscì più a trattenere la rabbia.
«Hattori, dimmi dov’è Ran!» urlò Shinichi, un urlo che gli mozzò il fiato per via della ferita che gli diede una fitta allucinante al petto, lasciandolo di nuovo intontito per qualche secondo.
«Ok ok, calmati… te lo dirò!» disse l’amico preoccupato, non voleva che Shinichi si sforzasse più di tanto, inoltre era preoccupato della reazione che avrebbe avuto l’amico a ciò che gli avrebbe detto.
«Ran è… dall’altra parte del corridoio... La botta in testa è stata forte... - si fermò un attimo poi, dopo un lungo sospiro, riprese - è entrata in coma…»
Shinichi rimase immobile. In un attimo sembrò che tutto il mondo gli fosse crollato addosso: sentì salire il panico, ma come al solito nemmeno una lacrima solcò il suo viso. Heiji notò l’espressione di sgomento nei suoi occhi azzurri e cercò di rassicurarlo.
«Kudo, io…»
«Lasciami solo Hattori, ti scongiuro!» lo interruppe lui con aria talmente seria e fredda da far venire i brividi al ragazzo di Osaka che, dopo un sospiro, uscì dalla stanza, rassegnato, chiudendosi la porta alle spalle.
Quando finalmente Shinichi fu da solo, tirò infuriato un pugno sul suo stesso materasso, con il braccio libero dal tubo della flebo, sentendolo vibrare sotto di lui. Non era possibile, Ran non poteva essere in coma, non ora, non quando stava ricominciando ad innamorarsi di lei, non quando era di nuovo riuscito a ricordare qualcosa dei momenti che avevano passato assieme, non quando si stava innamorando nuovamente della sua semplicità, della sua dolcezza, della sua grinta. Ran doveva resistere, doveva combattere, doveva vincere questa battaglia in cui l’avversario sembrava più forte di lei: proprio come la finale del torneo di karate, che ora il ragazzo ricordava perfettamente.


Era il tramonto, Shinichi stava guardando il cielo in fiamme, quando una voce alle sue spalle lo prese alla sprovvista.
«Come va... grande detective?» nel sentire quella voce, il ragazzo si rigirò nel letto, in modo da vedere in faccia il suo interlocutore, anche se, ormai, avrebbe riconosciuto quella voce ad occhi chiusi, con quel tono spavaldo e un po’ sfacciato.
«Tutto apposto. - rispose - E tu?» aggiunse guardando la spalla del ragazzo, era coperta dalla camicia bianca, ma si vedeva benissimo lo spessore della fasciatura su di essa.
«Mi è quasi già passata.» rispose lui.
Shinichi sapeva che stava mentendo: se la fasciatura era ancora così spessa da notarsi sotto la camicia, voleva dire che la ferita non era ancora guarita del tutto, proprio come la sua.
Il giovane detective, però, rimase in silenzio per qualche minuto, non sapendo cosa dire. Pensava solo che quel ragazzo di fronte a lui, che sarebbe dovuto essere il suo rivale, gli aveva salvato la vita per la seconda volta e non riusciva a fare a meno di essergli riconoscente.
«Grazie Kaito…» disse con un filo di voce, che però l’altro percepì subito.
«Figurati! A cosa servono gli amici se non ad aiutarti?» fece, strappandogli un sorriso, un sorriso sentito, ma anche un po’ triste.
«Ma rischiare la vita non è solo un aiuto… Forse… - gli occhi dei due ragazzi, che erano quasi dello stesso colore, s’incrociarono - Forse ti devo un favore… D’ora in avanti non sarò più rivale di Kaito Kuroba, ma solo di Kid, ti prometto che inseguirò solo il ladro bianco, ma quando si tratterà di avere davanti te saremo solo amici, ok?»
Kaito fece un sorrisetto compiaciuto, uno di quelli che dedicava solo a lui quando stava per sfuggirgli per l’ennesima volta.
«Vacci piano con le parole, piccolo detective! Ti sei dimenticato chi sono io?» e con uno schiocco di dita, diventò per un attimo Kid e poi sparì in una nuvola di fumo.
Il detective sorrise divertito, pensando che il ragazzo aveva ragione, non doveva dimenticare che se avrebbe catturato Kid, avrebbe mandato il suo stesso amico in prigione, ma ciò non lo sconvolse per niente. Anzi, sapeva che con quel gesto Kaito, gli aveva proprio chiesto di continuare a mantenere quel rapporto di rivalità che li legava così tanto. Giurò a se stesso, ma soprattutto a lui, che un giorno l’avrebbe preso, dopodiché si addormentò profondamente.


Passarono tre giorni dall’incontro con Kaito. Shinichi riceveva molte visite e quando fu in grado di alzarsi finalmente da letto, non sapendo cosa fare, andava in giro per l’ospedale facendo amicizia con altri pazienti. La ferita, comunque, poteva ancora riaprirsi e inoltre doveva passare un sacco di ore in riabilitazione, perciò il dottore gli aveva ordinato tassativamente di stare ancora un paio di giorni in ospedale, anche se lui sarebbe voluto uscire di lì molto prima.
Quel giorno Shinichi era sdraiato sul letto e il suo pensiero, come sempre quando non faceva niente, era rivolto alla stanza in fondo al corridoio, dove sapeva si trovava Ran. In quell’intera settimana non aveva avuto il coraggio di andarla a trovare nemmeno una volta. La vista di quel viso spento da ogni espressione gli avrebbe dato un dolore immenso, eppure sapeva che sarebbe dovuto andarci. 
Fu proprio in quel momento che prese il coraggio e, con movimenti lenti, per non riaprire la ferita, si alzò dal letto e andò deciso verso la sua destinazione. Uscì dalla sua stanza e percorse il corridoio, arrivato al fondo, però, si bloccò di nuovo. Aveva poggiato la mano sulla maniglia color argento, ma appena vide che stava tremando si fermò. Che cos’avrebbe fatto non appena l’avesse vista? 
Scosse la testa, era inutile rimuginarci sopra: qualsiasi cosa sarebbe successa, l’avrebbe affrontata, ma in quel momento Ran aveva bisogno del suo appoggio e lui sarebbe entrato in quella maledetta stanza.
Aprì la porta e per fortuna la scena non lo lasciò tanto sconvolto come si aspettava, anche se comunque lo rattristò parecchio. Sul letto candido giaceva Ran, priva di sensi, si avvicinò al capezzale e vide che, sotto la mascherina dell’ossigeno, il suo viso era ancora spaventato dall’ultima cosa che aveva visto all’ingresso di casa sua. 
Rimase lì per parecchi minuti, in assoluto silenzio, senza sapere che cosa fare poi, ad un tratto, preso da un moto di coraggio, si sedette sulla sedia verde di fianco al letto e iniziò a parlare.
«Ran… Non so se puoi sentirmi o no, ma ti scongiuro non mi abbandonare! Ho bisogno di te, senza te non vivo! Ti ho fatto sempre soffrire lo so... Per via della putoxina, della perdita di memoria, ma tu sei più forte di me! Sarò anche un bravo detective, ma per quanto riguarda queste cose non so proprio come comportarmi… Ti prego non mi lasciare! Ho paura di cadere in un abisso senza fondo, senza di te... Ho bisogno della tua sicurezza e del tuo sorriso per essere me stesso! Io voglio stare con te... per sempre... per la vita... Io… Io ti amo Ran!»
A quel punto la bocca della ragazza sotto la mascherina si trasformò, curvandosi in un sorriso e, poco dopo, nell’espressione di stupore di Shinichi si rifletterono gli occhi violetti della sua piccola Ran che con un po’ di fatica si aprirono pian piano.
«Shi-ni-chi…» disse con voce fievole la ragazza.
«Shhh - rispose lui mettendosi un dito sulla bocca - l’importante è che sei sveglia! Ora riposati.» dopodiché le diede un lieve bacio sulla fronte e se ne andò, con un sorriso, finalmente sincero e sereno.
Tornò nella sua stanzetta e si sdraiò sul letto molto più tranquillo di quando si era alzato. Rimase lì, a pensare che ormai i ricordi si stavano pian piano ricreando tutti. Forse, finalmente, le cose iniziavano a girare per il verso giusto. 
Non passò molto, forse una mezz’ora, non di più, quando ad un tratto qualcuno bussò alla porta aperta della camera. Shinichi si voltò e vide il suo miglior amico di Osaka sorridere ed entrare.
«Ehi Kudo, ti vedo più rilassato. Come va?»
«Tutto a posto! - rispose lui con un sorriso - Kazuha è da Ran?»
Il detective di Osaka rispose con un cenno di testa, ma rimase stupito di come parlare della ragazza non pesasse più all’amico.
«La aspetterà una bella sorpre…» neanche il tempo di finire la frase che la porta della stanza si spalancò.
«Heiji, Shinichi, si è svegliata, Ran è sveglia!» esclamò la ragazza.
I suoi occhi verdi sembravano dover buttare fuori lacrime di gioia da un momento all’altro.
«Cosa? - chiese stupito Heiji - Kudo tu…?»
«Sì, lo sapevo. - rispose lui sorridendo - Si è svegliata quando sono andato a trovarla.»

  
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