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Autore: HeliaComeilvento    04/08/2013    7 recensioni
" Non ti sono indifferente."
" Non hai capito. " sorrido. "Per me non esisti. "
" No?" Mi chiede con quel sorriso sexy dipinto in faccia. Il mio cuore diventa un martello pneumatico.
"Quindi se faccio così..." La sua mano si insinua tra i miei capelli e la nostra distanza si annulla. " non senti nulla?"
"No." Mi trema la voce.
" No?Neanche se faccio così?" La mano libera scende sulla coscia destra.
Dovrei prenderlo a schiaffi e invece me ne sto immobile a fissare quei suoi occhi blu.
" E se ti bacio qui?" Le sue labbra premono sul mio collo.
Respiro a fatica.
Lascia lievi baci sul collo, sulle spalle, all'altezza del seno.
" Niente." Dico a denti stretti.
E chiunque si accorgerebbe che sto mentendo.
Si stacca da me, lasciandomi con il respiro spezzato e lo sento ridere.
" Ma guardati, Azzurra, stai tremando e il tuo cuore corre più veloce di un treno."
" Il tuo invece dov'è?" Chiedo, aspra e insolente.
Lo vedo assumere prima un'aria stranamente seria e poco dopo, il solito sorriso canzonatorio.
" Cercalo, se lo trovi te lo regalo."
Si avvicina un'altra volta.
"Non ti innamorare di me, Azzurra."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ma non ci sono interruttori, l'amore non si spegne. L'amore non si calma, non beve camomilla, non decide di dormire, di comprarsi un'aspirina. 
L'amore il mal di testa se lo tiene.

Tiziana Laudani.



"Stai scherzando?" 
" No, affatto." Dico.
"Quindi uno sconosciuto dormirà a casa tua?"
"Alex non è uno sconosciuto." 
" E che mi dici di Andrea?" Mi guarda con un lampo di malizia negli occhi.
Andrea non ha esattamente una buona fama; potrebbe portare donne a casa mia, distruggere oggetti di valore o addirittura organizzare feste a mia insaputa.
Non l'ho mai visto, se devo essere sincera, ne lo conosco. 
Eppure non mi convince, nonostante tutto.
Alex tutto sommato mi ha sempre parlato bene di lui,sostenendo soltanto che è un tantino bastardo ultimamente,ma in fin dei conti è suo fratello, che altro potrebbe dire? Vorrei poterlo conoscere, prima di lasciarlo dormire a casa mia, ma Alex ci rimarrebbe male.
Sistemo il vestito celeste che ho messo per andare al pub e mi rassicuro.
In realtà vorrei restare a casa, non ho proprio voglia di uscire, ma Clarisse ci tiene così tanto che non posso più dire di no.
"Infondo che mai potrebbe succedere?" Le dico, pensando ad Andrea.
" Fossi in te, almeno per la prima notte, dormirei a casa, con loro."
"Si, forse è meglio."
" Per giunta siamo nel mese di Luglio!" La guardo stranita. 
Che diavolo significa che siamo nel mese di Luglio?
" E allora?"
" Ti rendi conto? Dormiranno senza maglietta! " Le do' una gomitata.
"Ahio! Dicevo solo che magari..."
" Clarisse!" 
" Magari uno dei due, durante la notte, sta per morire di sete e allora si alza con soltanto i boxer, accaldato e spettinato. Cammina lento e sensuale verso la cucina, dove guarda caso, ci sei tu. Stai mangiando una buonissima tazza di latte e cereali, con soltanto un completino di intimo rosso e i capelli legati in una coda sexy. Lui si avvicina, tu ti avvicini e...il resto puoi immaginarlo."
" Ma sei scema?!" La guardo sconvolta e lei mi sorride.
Clarisse è una vera sconsiderata.
E' bella ed estroversa.
" Dovresti divertiti, Azzurra."
" Mi diverto, infatti."
"Con i ragazzi, dico."
" Mi diverto anche con loro."
" Uscire per un mese con un ragazzo e mandarlo a quel paese, non è divertirsi." 
" Sono tutti così scontati." Mi ravvivo i capelli portandoli dietro la schiena e mi metto il rossetto.
Spero un giorno di incontrare la persona giusta.
Sono convinta che da soli non ci si salva mai. 
Abbiamo tutti bisogno di qualcuno che si preoccupi per noi quando abbiamo la febbre e quando vorremmo urlare e piangere. 
Qualcuno che ci dica che siamo essenziali.
"Andiamo a distruggere il mondo! " Mi urla, divertita. 
Beh,se il mondo si distruggesse in un locale...
sorrido.
 
 
 
 
Il pub è rumoroso e pieno di luci colorate che si proiettano sul soffitto, sulle pareti e sui pavimenti.
Ci impiego cinque minuti per capire che la musica alta è dovuta principalmente al fatto che c'è una festa.
Grandioso, penso.
Guardo Clarisse che invece sembra eccitata e piena di cattive intenzioni.
"Lo sapevi?" Le chiedo, perplessa.
" Non avresti accettato. "
" Perché non avrei dovuto?"
" Perché sei noiosa." 
Noiosa? 
"Sul serio?"
Non ho mai riflettuto su quanto possa esserlo veramente.
La mia è una lotta continua tra l'amore e l'indifferenza; c'è una parte di me, che è cambiata, si è stravolta completamente, prendendo il peggio.
La morte di mio padre, le delusioni di troppe storie naufragate, il nuovo amore di mia madre e la sua scarsa presenza in famiglia, mi ha resa forte e indipendente,
roccia indistruttibile, mi ha resa terribilmente diffidente e fredda.
Spesse volte, sono arrogante e razionale.
Ci provo, almeno.
Ma c'è comunque una parte di me, quella che purtroppo viene fuori sempre più spesso, che mi rende la solita bambina con un cuore grande.
La bambina innamorata delle favole, che crede pazientemente all'amore, che guarda le stelle e adora i fiori, ed è forse la parte più fragile di me.
Quella che non avrebbe mai superato la morte di mio padre o il menefreghismo di mia madre.
Mi guardo intorno e mi viene in mente Alex.
Chissà quale parte di me, ha accettato di ospitare lui e il fratello, a casa mia.
E chissà quale, invece, ha paura delle conseguenze.
Mio padre sarebbe orgoglioso di me.
Sono certa che se fosse ancora in vita, mi sarei messa a parlare con lui per una notte intera, parlandogli principalmente delle mie paure per il futuro.
A volte penso di non riuscire ad amare come si deve.
Non sono mai stata brava ad amare. 
Amo a modo mio, parlo a modo mio, sorrido a modo mio.
Quando ero piccola avevo sette pesci rossi, mio padre li comprò perché io sembravo amare gli animali, perché piacevano anche a lui, perché non lo so, a forza di cose i
pesci sono animali che almeno una volta nella vita devi poter guardare, in un acquario. 
Ogni mattina mi svegliavo presto per dargli da mangiare, aiutavo mio padre a cambiare l'acqua e mi arrabbiavo se per caso qualcuno osava chiamarli semplicemente 
pesci. Avevo dato un nome ad ognuno di loro e solo Dio sa come facevo a riconoscerli;
ero piccola e mi sentivo la loro padroncina anche se sapevo che un pesce rosso non può avere padroni e che prima o poi li avrei persi, vittime del tempo e della vecchiaia. 
Mi mettevo a guardarli per delle ore e mi chiedevo seriamente perché li avessero cacciati via da casa loro, perché non potessero correre lontano da quell'acquario 
per raggiungere il mare.
Il primo giorno che li avevo visti, se ne stavano in negozio.
Stiamo parlando di pesci, certo. 
Eppure da piccola per me erano anime vaganti che abitavano il mare, che erano stati allontanati da casa loro, che dentro avevano i ricordi di acque gelide e fondali 
marini. 
Mi chiedevo perché non potessero parlare per raccontarmi tutto e per chiedermi di portarli a casa. 
Mi sarebbero mancati ma io pretendevo che uno di loro mi facesse capire che quella non era casa sua. 
Poi, un giorno mio padre mi disse che forse quei pesciolini erano addirittura nati in un acquario e non avevano mai visto il mare, pesci di acqua dolce o nati in cattività. 
Non la conoscevano neanche, casa loro. 
Alla fine, tutto quello che ho capito è che se ne sono andati senza mai trovarla davvero e che forse, a lungo andare, avevano dato per vera, la casa che gli avevamo 
regalato. Come mio padre, forse.
Mio padre se n'era andato via.
E se non avesse mai avuto il tempo per vivere la sua vita? Di trovare davvero casa sua?
Comunque, alla fine, mi ero convinta che quattro pezzi di vetro avevano impedito a quei pesci, di guardare altrove. 
Avrei voluto cacciarli, urlare loro che c'era altro, che c'era il mare, che c'era un lago, che c'erano altri mille pesci, che il sole splendeva e loro non l'avevano mai visto. 
Ma ero piccola e loro erano solo pesci. 
Forse è per questo che mi dicevano che non gli volevo bene abbastanza. 
Non sapevo amare. 
In quinta elementare la mia prima migliore amica mi disse che non le dimostravo abbastanza. 
Ero un tipo solitario e allora la trascuravo, troppa musica, poche parole, pochi giochi di compagnia. 
Eppure quando piangeva ero vicino a lei e litigavo per lei e stavo male per lei. 
Non mi importava se ero troppo autoritaria o se avevo un carattere capace da cambiare da forte a fragile, lei aveva paura e io ero la sua coperta, lei piangeva e io le facevo da spugna. 
Mi chiedeva aiuto e io mollavo il cielo e correvo da lei. 
Ma non le volevo bene abbastanza, non mi piacevano i vestitini colorati e odiavo parlare di pubblicità e scarpette nuove. 
Non ero il tipo di bambina a cui piaceva molto parlare e parlare, però sapevo ascoltare. 
Ascoltare qualcuno per me era la più grande dimostrazione di affetto. 
Le volevo bene e lo dicevo imbarazzata, lo dicevo a volte, col cuore che martellava, con i miei mezzi sorrisi e le mie mezze insicurezze. 
Eppure, non le bastava. 
Anche a distanza di anni, quando mi ha chiesto aiuto, arrabbiata e delusa, sono corsa da lei e le ho detto " Io ti aiuto ma dopo vaffanculo. "
L'ho aiutata davvero. 
Eravamo piccole e io non ero brava ad amare ma mi ha chiesto aiuto e mi aveva delusa, e l'ho aiutata. 
Poi sono cresciuta. 
Ho cominciato a capire che certe cose io me le devo guadagnare. 
Che a volte sono fredda, che sono particolarmente distante, che sembro sempre altrove, che quello che vedo io, non è mai quello che vedono gli altri. 
E ho amato lo stesso, a modo mio. 
Ho amato i miei genitori e mio padre, anche se mi ha lasciata qui da sola. 
Ho amato la mia vera migliore amica, Clarisse.  
Ho amato tutte le stelle e ogni tanto immagino che ci siano tanti pesciolini rossi, che finalmente sono tornati a casa loro. 
Ho amato un cane, due, forse anche tre. 
Li ho amati ed erano piccoli, come me. 
Mi hanno insegnato che si è fedeli una sola volta nella vita, una volta che dura per sempre. 
Poi se ne sono andati, anche loro. 
Ho amato i disegni, la scuola, persino il freddo e le piogge di metà Gennaio. 
Di sicuro non sarò un tipo razionale e di sicuro provo sempre ad esserlo.
Io guardo il cielo e ci vedo pesci rossi,e non chiamo mai niente per nome.
L'amore è poesia, il silenzio è favola. 
Di sicuro ho dato tanto e ho tanto da dare. 
A modo mio, certo. 
Amo male ma amo tanto.
"Sul serio. Adesso andiamo a divertirci tesoro e smettila di pensare!"La vedo che si allontana e poi sparisce nella folla.
Mi guardo intorno.
La maggior parte dei ragazzi balla, urla e si diverte, altri si scambiano quasi le viscere, baciandosi in ogni angolo della stanza.
Che romantico!
Mi allontano dalla folla, per dirigermi in un divano rosso, dietro una grande tenda bianca e blu.
Le luci si abbassano ancora una volta e la canzone degli one republic si fa spazio nella mia testa.
"Finalmente una canzone decente." Dico a me stessa.
Adesso parlo anche da sola, fantastico.
"Ti piace?" Sussulto e mi volto.
Un ragazzo è poggiato allo stipide di una porta, non riesco a vederlo bene ma noto che si avvicina e il mio cuore perde un battito.
Il Dj annuncia un brindisi e la musica si abbassa.
Quando si accendono le luci, riesco, per prima cosa, a vedere i suoi occhi.
Blu.
Rimango incantata da quel colore così intenso.
Blu come il mare, come il cielo.
" Allora? " Mi sussurra e lo percepisco più vicino che mai. "ti piace questa canzone?"
" Si." Dico, risoluta.
Il suo viso è decisamente perfetto.
Ha un'aria trasandata ma è palesemente curato.
Capelli neri, scarmigliati, occhi grandi e un sorriso accecante.
No, sul serio, è accecante.
" Anche a me." Dice e mi si siede accanto. "E sai cos'altro mi piace?" Mi soffia sul collo.
" Cosa?" Dico, con il respiro mozzato.
"Tu." Mi volto per guardarlo e mi alzo.
Decido di assumere un aria indifferente e indietreggio.
" E' così che le rimorchi le ragazze? "
"Può darsi." Mi mordo il labbro inferiore e faccio un respiro profondo.
"Hai paura?"
" Di te?"
" E di chi altro, sennò?"
"Dovrei?" Si avvicina.
Il suo sguardo è così sexy che impiego tutte le mie forze per non saltargli addosso.
Ma che diavolo mi prende?!
"Forse." Indietreggio ancora, fino a quando vado a finire contro al muro.
" Solitamente sono le ragazze che mi si appiccicano addosso." Dice, strafottente.
Ma chi diavolo si crede di essere?
"Non è questo il caso, mi sembra." Il suo corpo si avvicina al mio e mi ritrovo schiacciata dal suo peso.
Le sue labbra ad un centimetro dalle mie e i suoi pettorali contro il mio seno.
Dovrei calmarmi e picchiarlo, ma c'è qualcosa, in lui, che non mi permette di reagire.
Mi bacia la fronte e scende sulla guancia fino ad arrivare al collo.
I suoi baci scottano e mi sembra quasi di morire.
"A me..." lascia un lieve bacio sulla mandibola. "sembra... invece" questa volta scende sul collo e comincia la lenta tortura "che tu non ti stia, opponendo." altro bacio.
Infatti.
Che diavolo mi è preso? E' uno sconosciuto.
Bello, certo, ma sempre sconosciuto.
Lo spingo via e mi raddrizzo.
"Non ci provare mai più, razza di idiota!"
"Non mi era sembrato che ti dispiacesse. Anzi, ti vedevo abbastanza presa." Ammicca.
La sua bellezza è disarmante,indossa un paio di jeans chiari e la camicia bianca, aperta fino al quarto bottone, lascia intravedere i muscoli.
Se non fosse così irritante, giurerei di aver visto un angelo.
Lo guardo astiosa.
Nonostante tutto ci ha provato con me e si è rivolto con quel tono sprezzante. 
Mi avvicino seria e coincisa e gli do un ceffone.
Lui si porta una mano sulla parte dolorante, leggermente arrossata e sorride.
" Sei già pazza di me."
Mi allontano, ignorando completamente la sua affermazione, con il cuore che corre più veloce del vento e con una strana sensazione addosso.
Mi è piaciuto?
Mi ha sconvolta.


Spazio d'autore.
Buonsaaaalve!
Volevo ringraziare prima di tutto chi ha letto e chi ha recensito.
GRAZIE INFINITE.
Mi rendete felice, come non mai.
Continuate a recensire e fatemi sapere se vi piace, cosa cambiereste, cosa non vi è chiaro.
Partiamo da Azzurra?
Lei è un lotta continua tra bene e male.
Bianco e nero.
C'è una parte in lei, candida e semplice, ed è forse la vera Azzurra.
Quella priva di dolore e paure.
La morte del padre l'ha cambiata e la madre, così menefreghista, la rende più razionale e indipendente.
Adesso Azzurra è seria, spaventata e razionale.
Crede all'amore ma pensa di non meritarlo, forse.
Qualcuno riuscirà a cambiarla? Tornerà l'Azzurra di sempre.
E perché Alex e Andrea la preoccupano così tanto?
Chi è questo Andrea? E perché ha questa fama da bastardo menefreghista?
E questo incontro così improvviso con questo sconosciuto, quando inciderà nella vita di Azzurra?
Recensite.
A preeeeeesto!
  
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