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Autore: Shin83    04/08/2013    6 recensioni
[College!AU]
Tony è un nerd atipico, conta i giorni che lo separano dal MIT e si ubriaca alle feste.
Steve è il capitano della squadra di basket, fidanzata perfetta, vita perfetta. All'apparenza.
Che succede quando questi due mondi collidono?
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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I wanna wrap my hands around your neck
You're an asshole but I love you
 

 

 
Steve si era inventato un matrimonio dell’ultimo minuto per poter evitare di partire per la Florida con il resto della squadra e della confraternita.
A quegli Spring Break ci era ormai abituato: alcool, qualche droga, ragazze in bikini ovunque e a qualsiasi ora del giorno e della notte. Non era mai stato il suo genere di vacanza ideale, finiva sempre per rimanere quello più sobrio di tutti, un’alba sì e l’altra pure gli toccava portarsi in spalla Bucky ubriaco fradicio e,  quando gli andava peggio, finiva in qualche rissa provocata dall’amico per aver prestato troppe attenzioni  alla ragazza di turno sbagliata.
Dunque, quell’anno, con Tony e la sua proposta allettante, non ci pensò due volte a bidonare gli altri ed evitarsi l’ennesima pausa in balia dei deliri del resto del gruppo.
 

***

 
Quando Steve comunicò la sua defezione dalla vacanza, lui e Bucky erano in confraternita, stavano ultimando i dettagli del viaggio, bevendo birra e mangiando arachidi.
“Ma questa tua cugina, proprio durante lo Spring Break doveva sposarsi?” Bofonchiò Bucky.
“E’ stata una decisione dell’ultimo minuto,  il futuro marito è stato chiamato in Iraq e hanno deciso di sposarsi prima della partenza. E poi sai che non mi va di lasciare da sola mia mamma in queste occasioni.” Rispose, mentendo spudoratamente, Steve.
 
La madre di Steve era infermiera all’ospedale Lenox Hill di Manhattan, anche se lei ed il figlio non avevano mai lasciato la loro casa di Brooklyn. Il padre, invece, era morto quando lui era molto piccolo, in una missione nella ex Yugoslavia durante la Guerra dei Balcani.
Quella del ragazzo non era una famiglia ricchissima ma grazie ai risarcimenti di guerra, lo stipendio dignitoso della madre e le sue doti nel basket era riuscito ad iscriversi ad un’ottima università e proseguire gli studi tranquillamente. Il suo duro lavoro, alla fine, l’avrebbe portato a Yale e a provare a realizzare i suoi sogni.
 
In famiglia, i militari erano parecchi ed anche lui, per un periodo, aveva sfiorato l’idea di arruolarsi per pesare il meno possibile sulle finanze di casa. Ma sua madre era stata categorica nel negargli questa possibilità, voleva che si dedicasse solamente allo studio e, soprattutto, non voleva correre il rischio di perdere anche il figlio, dopo essere rimasta vedova.
 
“Dannazione, ti perderai proprio lo Spring Break da Senior, un vero peccato, Capitano.” Continuò Bucky.
“Me ne farò una ragione.” Rispose Steve, continuando la scenetta dell’essere dispiaciuto.
“Quest’anno abbiamo trovato un posto veramente figo a Miami Beach. Ha la fama di avere le migliori ragazze del paese, non c’è neanche bisogno di chiedergliela, te la danno solo con uno sguardo.” Disse l’altro, tutto trionfante.
Steve, a quell’affermazione, per poco non si strozzò con la birra che stava sorseggiando.
 “Dimentichi Peggy.” Disse quindi il ragazzo, evitando accuratamente di guardare l’amico direttamente in faccia, trovando improvvisamente interessante l’etichetta della bottiglia che aveva tra le mani.
Bucky gli si avvicinò, stringendogli il collo con un braccio, in quello che voleva essere un gesto di complicità,  e gli rispose con un ghigno: “Mica devi dire tutto a Peggy,  Capitano. Tanto fra un paio di anni vi sposerete e ti metterà le manette ai polsi, divertiti finché sei in tempo. Pensa che avevamo scommesso che saresti stato il primo in classifica per scopate. Un vero peccato che ci stai dando buca.”
Steve scostò il braccio dell’amico dal suo collo e si limitò a rispondere leggermente imbarazzato: “Non dire stronzate, Bucky.”
“Ogni tanto ti capita di guardarti allo specchio? Lo vedi che faccia e che fisico hai? Già fai girare tutte le fighe frigide popolano il campus, immaginati quanti bikini avresti vaporizzato a Miami.”
“Sublimato.” Lo corresse Steve.
“Che hai detto?” Chiese l’amico, alzando un sopracciglio.
“Sublimazione. Il passaggio di stato da solido a gassoso si chiama sublimazione. La vaporizzazione è il passaggio di stato da liquido a gassoso. Quindi, a meno che a Miami Beach non indossino costumi fatti di birra…”
“Sarebbe una cosa figa. Ma il punto in questione è: da quando parli con questo gergo scientifico?” Chiese Bucky, assumendo uno sguardo vagamente inquisitorio.
Steve si rese conto che forse aveva tirato fuori un argomento un po’ troppo fuori dai soliti binari con l’amico, quindi si affrettò ad alzarsi e a giustificarsi: “Dai, testone, sono cose che si fanno alle scuole medie.”
Poi lo salutò senza tante cerimonie, lasciandolo con ancora in viso una chiara espressione interrogativa.
 

***

 
“Non posso ancora crederci che starò qui una settimana da solo con Tony, senza dovermi preoccupare di uscire dalla sua stanza di soppiatto.”
Steve si era recato da Peggy la sera prima della sua partenza, per fare quattro chiacchiere ed aiutarla con la valigia. E stava reggendo la sua biancheria intima quando esternò questo suo entusiasmo.
Quella sera sarebbero partiti quasi tutti, la ragazza avrebbe passato, con un paio di amiche, la settimana di pausa in una SPA a Virginia Beach, a tre ore da Washington.
“Passami quel vestito, Steve.” Chiese gentilmente, prendendo l’intimo dalle mani di quello ed indicando con un gesto della testa un abitino color panna che era attaccato con la gruccia sull’anta dell’armadio. Il ragazzo fece quello che gli chiese e prese il vestito, porgendoglielo subito dopo.
“Sì, ma state attenti lo stesso.” Aggiunse dunque Peggy.
Steve non prestò attenzione alle parole dell’amica, da quando aveva detto a Bucky che non sarebbe partito con la compagnia, era entrato ufficialmente in uno stato di semi-incoscienza, praticamente un dodicenne alla prima cotta.
“Resterà giusto qualche matricola, cosa vuoi che sia.”
“D’accordo, ma non fate troppo i deficienti comunque.”
Steve le si avvicinò, appoggiandole le mani sulle spalle.
“Pegs, sta tranquilla, non succederà nulla.”
“Lo so, Steve. Ma ho una brutta sensazione. E poi ho notato che Bucky è sul piede di guerra.”
“Ma va. E’ solo incazzato perché gli ho dato buca per Miami, sai che detesta che gli si dica di no in queste cose.”
“Sarà…”
“Non c’è motivo di preoccuparsi. La tua è solo stanchezza, vedrai che dopo questa settimana di relax sarai come nuova e anche quest’ansia ti sarà passata.”
“Sicuramente è come dici tu. Ci starei troppo male se succedesse qualcosa. Ormai mi sono abituata ad avere quel brutto muso di Stark tra i piedi, soprattutto alle partite.”
Steve sorrise e la strinse a sé abbracciandola.
“Ehi, stiamo per vincere il campionato. Come farei senza i miei due portafortuna?” Le disse, lasciandole un bacio tra i capelli.
La ragazza non rispose, limitandosi a ricambiare l’abbraccio dell’amico.
Dopo circa un minuto, quella sciolse la stretta e tornò a sistemare il suo bagaglio, finendo poco dopo.
“Divertiti e riposati, Pegs.” La salutò Steve con un bacio sulla fronte.
“Divertiti anche tu, stupido. E non fate troppe zozzerie, voi due.” Rise di gusto Peggy, sapendo di fare imbarazzare l’amico, le cui guance si colorarono immediatamente di scarlatto.
 

***

 
Dopo aver lasciato la stanza dell’amica, Steve si precipitò in camera sua per farsi una doccia prima di raggiungere Tony, che lo stava aspettando da lui.
Ormai il suo unico pensiero era la settimana che lo aspettava: non sapeva se organizzare qualche uscita, se lasciar fare al caso o propendere  per non abbandonare affatto una delle loro stanze e dedicarsi completamente ed esclusivamente l’uno all’altro.
Si sentiva addosso un’adrenalina pazzesca e gli sembrava di essere come un quindicenne alla sua prima gita fuori casa, aveva lo stesso entusiasmo di un ragazzino.
Si era messo i jeans preferiti da Tony, quelli blu scuri che gli calzavano come un guanto e gli fasciavano il sedere alla perfezione e che lo facevano impazzire; una maglietta celeste che gli faceva risaltare pettorali ed occhi, ed una camicia a trama scozzese sempre col blu come colore predominante, lasciata aperta. Ci aveva messo un po’ a scegliere cosa indossare, anche se sapeva che una volta da Tony, i vestiti addosso gli sarebbero durati poco.
 
Quando bussò alla porta, Tony gli aprì che aveva solo un asciugamano attorno alla vita ed i capelli bagnati.
“Ehi.” Lo salutò.
Steve lo guardò, dalla testa ai piedi, mordendosi un labbro. Si tolse la camicia facendola cadere a terra proprio davanti alla porta, spinse delicatamente il suo ragazzo sul letto, facendo sparire l’asciugamano e, come previsto, i vestiti gli rimasero addosso giusto il tempo di attraversare il dormitorio da un’ala all’altra.
 
Il weekend lo passarono non mettendo piede fuori la stanza di Tony:  facevano l’amore finché non erano stremati, dormivano fino a tardi, facevano di nuovo l’amore e poi di nuovo sotto la doccia e poi capitava anche che mangiassero qualcosa, rigorosamente cibo consegnato a domicilio.
Ma,  più importante, era il fatto che fossero felici e stessero bene, come non era mai capitato loro prima.
Quella settimana era il coronamento di una manciata di mesi che avevano passato a nascondersi e ad ignorarsi nel caso in cui si fossero incrociati per i viali del campus. Quei giorni erano la  ventata di aria fresca che aspettavano da tanto e che avrebbero respirato di nuovo chissà quando.
 
Il lunedì decisero che sarebbe stato meglio rompere la loro auto-reclusione ed approfittare del silenzio del campus per uscire e fare finalmente una passeggiata assieme.
Nonostante fosse mattinata inoltrata, decisero di andare a fare colazione da Starbucks.
Essendo il campus deserto, c’era solo una barista, la signora Audrey, un’adorabile donna un po’ avanti con l’età. Appena li vide entrare, il suo volto si illuminò.
“Buongiorno ragazzi, come mai siete qui? Niente Spring Break per voi?”
Non chiese neanche cosa volessero ordinare, iniziò a preparare i loro caffè al caramello.
“Troppa confusione.” Rispose timidamente Steve.
“Avete da preparare qualche altro esame insieme?” Chiese candidamente la donna. Aveva preso a cuore alcuni studenti, tra questi c’erano proprio loro due. Si ricordava perfettamente di quando erano stati per la prima volta alla caffetteria assieme, qualche mese prima.
“Sì, Signora Wilson.” Fu la celere risposta di Tony.
Appena la donna diede loro le spalle per controllare le loro tazze, Steve lanciò uno sguardo di ringraziamento al suo ragazzo, che gli rispose con un occhiolino.
“Ecco i vostri caffè. Il solito anche per le brioches?”
“Certamente.” Confermò Tony.
“Per me un cookie, grazie.” Chiese gentilmente Steve.
La donna quindi preparò il vassoio con le loro colazioni ed i ragazzi andarono a sedersi.
“Cookie gigante? Avrai mica carenza d’affetto? E poi come farai a smaltirlo?” Scherzò Tony.
“Sai, il mio ragazzo mi trascura…” Rispose a tono l’altro, mentre quello gli lanciava un’occhiataccia e ribatteva: “Per smaltirlo, vuoi darmi una mano tu?” Si stava avvicinando pericolosamente per baciarlo, ma si limitò a prendergli una mano sotto il tavolino.
“Ma poi il tuo ragazzo non sarà geloso?” Tony decise di stare al gioco.
Steve gli fece l’occhiolino e rispose: “E mica dobbiamo dirglielo!”
Se la presero con molta calma ed una volta fuori dal locale, Steve afferrò per mano Tony e disse: “Vieni con me.”
“Dove andiamo?” Chiese quello incuriosito.
“In un posto dove mi sento a casa.” Fu la risposta ermetica di Steve.
Camminarono silenziosamente, mano per la mano, per un paio di isolati, l’aria iniziava a scaldarsi e dagli alberi spuntavano le nuove foglioline.
Il silenzio che regnava era irreale, ed entrambi volevano godersi quel momento di pace assoluta.
Arrivarono dunque in biblioteca, posto che li aveva ospitati più volte per i loro incontri casuali, dove finivano, sempre casualmente, per sedersi a studiare uno di fronte all’altro.
“Che ci facciamo qui?”
“Non c’è un motivo particolare, voglio farti vedere una delle cose a cui tengo di più dopo te.”
Steve lo trascinò dentro, verso quella sezione di storia dell’arte che amava tanto.
La biblioteca era, ovviamente, deserta; potevano dunque muoversi e parlare senza dover stare troppo attenti a disturbare qualcuno.
Steve si avvicinò sicuro verso uno scaffale in particolare e prese due libri: uno aveva l’aspetto parecchio malandato, l’altro invece era uno di quei volumi dalla misura non standard, un catalogo.
Nel frattempo Tony si era seduto ad uno dei tavoli, in attesa di quello che Steve aveva da raccontargli.
“Ecco, questo è Le Vite di Giorgio Vasari,” Indicando il tomo più vecchio. ”E questa è una raccolta di foto scattate a Firenze.”
Tony prese il libro del Vasari ed iniziò a sfogliarlo. “Ma qui dove sono le figure?” Chiese un po’ costernato, per lui era automatico che un libro che parlasse di arte fosse un libro completamente illustrato.
“Certo che ci sono, ecco, guarda.” Gli rispose Steve, mostrandogli le xilografie a corredo del testo. “Questo è praticamente il primo manuale di storia dell’arte mai scritto.” E da qui partì una dissertazione sul Vasari e sulla sua opera. L’enfasi che metteva Steve quando parlava di arte era una cosa che colpiva molto Tony e questo faceva molto piacere al ragazzo, era praticamente l’unico che stava ad ascoltare con interesse quello che aveva da dire sulla sua passione più grande.
Dopo il breve sunto de Le Vite, passò all’altro tomo.
“Guarda che meraviglia Piazza della Signoria, Tony.” Disse Steve con un entusiasmo degno di un bimbo che mostrava ai suoi amichetti il suo giocattolo nuovo.
“Un giorno ti porterò a Firenze, Steve. Te lo prometto.”
Steve alzò lo sguardo dal catalogo, visibilmente stupefatto dalle parole del suo ragazzo.
“Sarebbe il sogno della mia vita visitare quella città, se poi ci fossi anche tu…”
“Tony Stark mantiene le sue promesse.”
Steve gli sorrise. “Ti prendo in parola.”
 
Le giornate proseguirono tranquillamente, tra passeggiate, caffè da Starbucks, risate, sesso, partite a Trivial Pursuit e battibecchi su quali film scegliere da vedere.
Il mercoledì mattina si svegliarono che era mezzogiorno inoltrato; avevano passato la serata precedente al bowling e il dopo si era prolungato fino a quasi l’alba, in camera di Steve.
“Buongiorno.” Steve disse non appena Tony diede segno di essere sveglio, sbadigliando platealmente.
“Mpf.” Fu la risposta loquace del ragazzo.
“Stamattina direi che è un po’ troppo tardi per andare a fare colazione.”
“Perché che ore sono?” Chiese ancora visibilmente assonnato Tony.
“Mezzogiorno e un quarto.”
“Direi che stanotte ci siamo dati da fare, eh.” Sogghignò l’altro, attaccandosi alla bocca del suo ragazzo.
Steve andò alla ricerca della lingua di Tony come se fosse la prima volta, come se non si vedessero da una vita.
“Ti amo, Tony.” Disse di punto in bianco il ragazzo. Steve aveva la necessità di dirglielo ogni qual volta si sentiva, non era uno di quei ragazzi pesanti che lo ripeteva mille volte al giorno, ma sapendo cosa volesse dire perdere qualcuno di importante nella propria vita, riteneva importante ribadirlo.
“Anch’io ti amo.” Quella fu la vera sorpresa: Tony, nonostante fossero passati alcuni mesi, ancora non era riuscito ad esternarlo a parole. Glielo dimostrava tutti i giorni aspettandolo con pazienza, facendo finta di nulla quando erano in pubblico, ascoltandolo, rendendolo felice con piccoli gesti.
La reazione di Steve non si fece aspettare, i suoi occhi si illuminarono di gioia e lo strinse forte a sé, quasi soffocandolo.
“Ehi, ehi. Così mi stritoli.” Rise Tony.
“Sono felice.” Gli disse quello, accarezzandogli i capelli.
Rimasero ancora qualche minuto a farsi le coccole, quando Steve si alzò dal letto all’improvviso.
“Che ti prende?” Si lamentò Tony, anche se la visione del suo ragazzo nudo che trafficava coi cassetti della scrivania non gli dispiaceva.
“Mi è venuta un’idea.”
“Ti sei ricordato di avere qualche kink particolare? Mi hai nascosto le manette per tutto questo tempo?”
“Voglio farti un ritratto.”
“Vuoi disegnarmi come una delle tue ragazze francesi?”
Scoppiarono a ridere di gusto a quella battuta. “Dillo che sotto sotto sei pazzo di Titanic.” Lo prese in giro Steve.
“Ti sembro il tipo?” Chiese Tony fingendosi accigliato.
“Oh sì. Tony Stark fa il duro, ma poi piagnucola quando Jack Dawson si trasforma in un ghiacciolo.”
“Ma non dire stronzate!”
“Ah, quindi gli occhi lucidi l’altra sera me li sono sognati?”
“E’ stata colpa di uno sbadiglio troppo prolungato, è colpa tua che mi fai vedere questi filmacci da ragazzina in premestruo.”
“Dalla a bere a qualcun altro, Stark, sei un piagnucolone.” Rise di gusto Steve.
“Senti tu, non dovevi farmi un ritratto?” Sbuffò Tony, incrociando le braccia al petto.
Steve si era già accomodato sulla sedia, ancora nudo, sistemandosi proprio di fronte al letto, con un blocco ed un carboncino, ed aveva già iniziato a tratteggiare una bozza del suo ragazzo.
“Ecco a voi Tony Stark, il maestro della negazione.”
“Non è vero.”
“Ecco, appunto.”
La mano di Steve si muoveva veloce ed esperta sul blocco bianco, non era la prima volta che ritraeva Tony, ma era la prima volta che lo faceva con lui davanti a sé, anzi era la prima volta in assoluto che faceva un ritratto in presenza del soggetto. Di solito lo disegnava quando era da solo, lasciando che i suoi pensieri ed i suoi sentimenti dessero l’input alla matita. Qualche volta gli era capitato di delineare la madre, ma i suoi unici disegni dal vero, fino a quel momento, erano stati dei paesaggi.
Continuò a prendere in giro Tony perché mantenesse la sua posizione seduto in mezzo al letto, con le braccia sul petto nudo e il lenzuolo che gli copriva appena le gambe. E poi adorava stuzzicarlo in quel modo, in quei momenti rivelava quel lato di sé un po’ infantile per cui Steve impazziva, ed era uno dei motivi per cui lo amava.
“Tadà, ecco Tony Stark.” Girò il blocco, alzandosi dalla sua postazione ed andandosi a sedere di nuovo accanto a lui sul letto.
“Hai già fatto?”
Steve fece spallucce: “Ho la mano allenata.”
“Però, è proprio un figo questo Tony.” Disse, tutto baldanzoso.
“E’ come lo vedo io, stupendo e anche un po’ scemo.”
Tony quindi gli sfilò il blocco dalle mani allungandosi verso il comodino accanto al letto per appoggiarcelo su, dopodiché fecero l’amore, di nuovo.
 

***

 
“Vado un secondo in camera a mettermi la tuta e torno.” Steve avvertì il suo ragazzo mentre rientravano dal loro pomeriggio di relax ad uno dei parchetti del campus.
Era giovedì sera, l’ultima notte che avrebbero passato prima del rientro di massa degli studenti, una manciata di ore e sarebbero tornati ad ignorarsi pubblicamente ed incontrarsi clandestinamente nelle loro stanze, i loro unici rifugi. Ma non voleva pensarci, Steve, voleva solo godersi quelle ultime ore di libertà in santa pace.
Arrivato in prossimità della sua stanza, si accorse che c’era qualcosa che non andava.
Trovò la porta socchiusa, ricordava benissimo di averla chiusa a chiave, quando lui e Tony erano usciti nel pomeriggio.
Si avvicinò dunque preoccupato, non poteva credere che un ladro fosse riuscito ad intrufolarsi nel dormitorio, con i sistemi di sicurezza di cui era dotato il campus.
Ma quello che trovò una volta varcato l’uscio era ben peggiore di un ipotetico furto.
C’era Bucky, in mezzo alla stanza, con un mucchietto di fogli in mano ed i suoi blocchi da disegno sparsi sul letto.
“Ah, ecco l’artista. Andato bene il matrimonio di tua cugina?” Chiese completamente atono il ragazzo.
Steve era pervaso dal terrore e non riuscì a proferire una sola parola, era rimasto impietrito alla vista di quella scena.
“Steve che cazzo significa tutta questa roba?”
L’amico guardò il disegno che stava tenendo in mano l’altro, era il ritratto di Tony a letto, nudo, fatto il giorno prima.
“Per caso a furia di limonare con quel perdente, ti si è consumata la lingua?”
“Bu-Bucky.” Riuscì solamente a dire Steve.
“Rogers, ringrazia il tuo Dio che sono tuo amico. Mi credevi tanto coglione? E’ da un pezzo che mi sono accorto che c’era qualcosa che non andava con te. Da quando hai iniziato a frequentare quel finocchio con la scusa delle lezioni di fisica. Ha iniziato a venire alle partite, tu che te la fili prima di tutti alle feste o al pub, qualcuno che ti ha visto vagare per l’altra ala del dormitorio oppure uscire dal polo scientifico con la zip calata… Vuoi che continuo, Steve?”
Il ragazzo fece no con la testa.
“Per stavolta faccio finta di niente, ma fai sparire questa merda e soprattutto guai a te e a quella checca se vi rivedete ancora. Sempre se non vuoi che finisca in ospedale. Non vogliamo finocchi in squadra e soprattutto non li vogliamo in confraternita. Cosa cazzo ti dice il cervello, Rogers?”
Bucky, quindi, gli si avvicinò per sbattergli in faccia i fogli che teneva in mano ed andarsene dalla stanza.
Steve era paralizzato in quella posizione, non riusciva più a muoversi anche se sentiva il viso andare in fiamme e gli occhi riempirsi di lacrime, ma si trattenne dal piangere procurandosi un dolore in gola che lo lacerava.
Aveva bisogno di Peggy, ma lei non sarebbe rientrata fino all’indomani.


 


Buonsalve!
Questa volta sono stata brava ed ho aggiornato in tempi non troppo biblici.

Vi scrivo dal mio rifugio in un posto segreto, non posso dirlo perché altrimenti Outlaw_, che ringrazio tantissimo per avermi betato anche questo capitolo, mi viene a cercare e mi fracassa il cranio.
Direte voi, a ben ragione. Sì, lo so, sono una stronza di primo livello, ma le cose stavano andando anche fin troppo bene, mancavano solo i topini e gli uccellini di Cenerentola e il quadro sarebbe stato perfetto.

Che succederà adesso? Steve parlerà con Tony? Farà come gli ha chiesto Bucky? Strozzerà l'amico per fare un favore a tutti? E chi lo sa (oddio, io una vaga idea ce l'ho).

Anche per stavolta, non prometto tempistica sull'aggiornamento, sempre per evitare che si abbatta qualche catastrofe su di me (non entro nei dettagli, ma le premesse ci sono perché possa accadere, quindi ssshhhh), in più ho promesso ad Outlaw_ una One Shot e dopo averla fatta bestemmiare nel cuore della notte, come minimo gliela devo.

Alla prossima :)
  
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