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Autore: Thebrightsideofthemoon    04/08/2013    1 recensioni
Un fluffosissimo crossover in cui i Klaine sono i protagonisti del film UP! della Pixar; ispirata dalla trama di quel capolavoro, mi sono permessa di far conoscere Kurt e Blaine da bambini, seguendo le modalità e i tempi del film, ma con alcuni importanti accorgimenti e le dovute apposite modifiche. Che dire, enjoy it!
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Kurt si svegliò nel bel mezzo della notte, madido di sudore. Con il tempo – e con il verificarsi sempre più frequente degli incubi serali – aveva abituato se stesso al silenzio, onde evitare il proliferare delle preoccupazioni paterne. Burt Hummel, infatti, aveva quasi del tutto perso l’abitudine del sonno nei due anni immediatamente successivi alla morte della moglie. Kurt ricordava perfettamente la sua spossatezza, le sue occhiaie livide, la sua irascibilità: e, in cuor suo, sapeva di esserne la causa principale. Il padre, infatti, aveva proiettato la sua intera esistenza su di lui, elevandolo ad unica ragione della propria esistenza. Il bambino ne era onorato, ma al contempo spaventato: voleva bene a suo padre, nel senso più viscerale dell’espressione, ma non voleva assolutamente diventare la ragione delle sue preoccupazioni, così come delle sue notti insonni. Era per questo che aveva fatto in modo che le sue ronde notturne si diradassero con il passare degli anni, nonostante la matassa degli incubi non si fosse ancora dipanata. Ed era per lo stesso motivo che aveva addestrato se stesso a soffocare le urla spaventate che ne scaturivano, dissimulandole nei respiri affannosi, e che aveva imparato ad azionare lavatrice ed asciugatrice, nel caso in cui le lenzuola si fossero imprevedibilmente bagnate.

Ed era quella una di quelle sere orribili. Kurt aveva sognato la mamma, che correva verso di lui per abbracciarlo; e proprio quando i loro corpi stavano per trovarsi, dopo tanto tempo, nel terreno si era aperta un’improvvisa voragine e lei ci era caduta dentro, a peso morto. E quando il piccolo si era avvicinato per sincerarsi delle sue condizioni e per chiamare a voce spiegata il suo nome, aveva trovato, sul bordo della spaccatura apertasi nel pavimento, alcune ciocche bionde dei suoi capelli setosi, e il foulard con cui, negli ultimi anni, era solita nasconderli. Il mostro l’aveva portata via, di nuovo.

Si sedette in mezzo al letto, inspirando a pieni polmoni.
All’improvviso un fruscio di chiome arboree, poi il rumore di alcuni sassolini che picchiavano contro il vetro della sua finestra, rimbalzando indietro ogni volta.
Eccolo, pensò: il mostro era venuto a prendere anche lui.

Kurt nascose metà del suo volto sotto le lenzuola, lasciando scoperti gli occhi pieni di terrore. Si domandò se l’ombra che si proiettava sul pavimento fiocamente illuminato e che saettava veloce fosse soltanto una proiezione della propria mente, oppure se si trattasse davvero.. di un diavolo nano?

Sgranò gli occhi, mentre al sassolino successivo si accompagnava un sussurro appena distinguibile.

“Kurt?”
Perfetto, sa anche il mio nome, – aveva pensato -  è venuto per me.

“Kurt, sei sveglio?”

Non sembrava per nulla minaccioso, constatò. Era più una voce.. infantile.

“Kurt, sono Blaine!”

Kurt sbuffò, sgusciando in tutta velocità dal proprio lettino: quel ragazzino era una vera piaga sociale. Se si considerava anche il fatto che veniva considerato il sociopatico di turno ed era evitato come la peste per via di quel suo inspiegabile entusiasmo da fanboy impazzito, poteva affermare con sicurezza di aver fatto il peggiore acquisto in campo di relazioni interpersonali nella storia dell’umanità.

“Blaine, ma cosa?”

Non riuscì a finire la frase, zittito dalla vista delle funamboliche acrobazie in cui era impegnato l’altro, occupato in tutto e per tutto nel tentativo di mantenere l’equilibrio sul ramo della sequoia antistante casa Hummel. Kurt fece appena in tempo a recuperarlo per un braccio, prima che venisse irreversibilmente attratto dalla forza di gravità verso il suolo.

“Ti ringrazio, scemo. Hai salvato i miei arti inferiori”

L’altro sbuffò, rassegnandosi definitivamente al soprannome che gli era stato affibbiato, nolente o volente che fosse.

“Che ci fai qui?” – chiese piuttosto, assalito dalla curiosità.

Blaine si schiarì la voce. “Per farti vedere questo

Tirò fuori un album fotografico dalla felpa larga in cui si era infagottato per far fronte alla brezza vespertina: quindi si sedette sul pavimento e invitò Kurt con un gesto della mano a fare lo stesso, iniziando a sfogliare lentamente le pagine, leggermente ingiallite e cariche di ritagli di giornale che sgusciavano da ogni angolo possibile. Kurt era rapito dai suoi gesti: era come se stesse maneggiando un tesoro dal valore inestimabile e comprensibile a pochi. E aveva scelto proprio lui per presenziare a tale avvenimento, ne era profondamente lusingato.

“Guarda” – esordì, indicando la pagina aperta davanti a lui. Incollata in maniera imprecisa su di essa vi era la foto di un gruppo di ragazzi festanti, vestiti nel medesimo abito di scena. Una competizione, forse. Il gruppo esultava, stringendosi attorno ad un ragazzo, probabilmente il loro leader, che alzava la coppa della vittoria. “Glee club” – precisò – “Competizioni di canto coreografato. Anche a livello nazionale.”

“Uhm” – bofonchiò Kurt, come preso da un dubbio.

“Che c’è?”

“Non trovi sia un po’.. da femmine, ecco.” – aveva terminato la frase con un’esitazione particolare: non era assolutamente sua intenzione ferirlo.
Lui lo era già stato troppe volte.


Stupido flash numero tre: “Porcellana! Porcellana! Gonnelle svolazzanti e pizzo di sottana! Porcellana! Porcellana!”

“Hummel, dove hai lasciato la bambola?”

“E il tutù, eh signorina?”

“Qual è il femminile di Kurt, secondo voi?”

Intanto lui era puro titanio. Non si piegava, né spezzava mai.



“Hai davvero di questi pregiudizi, scemo?” - lo guardò, accigliato.

“Mi stai davvero parlando di pregiudizi, tu che mi hai fibbiato questo stupido nomignolo senza nemmeno conoscermi e..”

Affibbiato” – lo corresse Blaine.

“E.. uhm, cosa? Affibbiato, sì, quello." - gli restituì uno sguardo di fuoco "E non sai nemmeno portare l’antracite con la giusta verve.”

“Ma cosa c’entra? L’antrachè? E poi, che verme?”

“Sei un caso perso”

Si stettero a guardare per una manciata di interminabili secondi, ognuno col suo faccino imbronciato che nascondeva l’espressione di chi era lì lì per ridere. E proruppero infatti in una risata, con la precisione di un orologio svizzero.

“Quindi, dicevi di questo Glee?”

“Voglio partecipare. Ho saputo che nel liceo Dalton di Westerville hanno un gruppo di canto coreografato davvero imbattibile.”

“E’ un liceo privato o sbaglio?”

“Sì, maschile.”

Se fossero stati più grandi sarebbe occorsa, forse, alla luce degli avvenimenti futuri e con una grande quantità di quello che si è soliti chiamare “senno di poi”, una pausa per metabolizzare una serie di sotto testi piuttosto evidenti.

“Pensavo fosse roba da femminucce”

“Non lo è, scemo” – girò la pagina. C’erano due pagine vuote, lasciate appositamente libere. Blaine ne carezzò la superficie con il dorso della mano,
sospirando. “Queste sono per dopo.” – aggiunse, sibillino.

“Cosa intendi?”

“La mia canzone” - mormorò, in estasi.

Kurt aggrottò la fronte, confuso. - “Quale canzone?”

“La mia. Ce l’ho qui, la sento” – dicendo questo si indicò un punto nella parte sinistra del proprio petto, quello in cui lui – ne era abbastanza convinto – riteneva avesse sede il cuore. “Devo solo scriverla”

“Posso darti una mano?” – si offrì l’altro, credendo di aver inteso che la traduzione in parole e musica di tutto ciò di cui il piccolo muscolo di Blaine traboccava fosse piuttosto elaborata; per una personcina di quelle dimensioni, poi!

Mi stai aiutando già, più di quanto immagini.



Spazio autrice:

Eeeeeeeeilà! Eccomi, al solito, con gli aggiornamenti dell'ultimo secondo: una prerogativa del mio profilo di fanwriter inaffidabile, l'esatto contrario di quello che sono nella realtà. Le vacanze sembrano conciliarmi la scrittura: tutto ciò è semplicemente fantastico, considerato che in condizioni normali non trovo il tempo di buttare giù due righe (due di numero, non così per dire). In tutto questo, mi sono accorta di una cosa incredibile: ieri è passato un anno dalla mia prima apparizione su efp! Il mio primo compleanno! (non che interessi a qualcuno ma QUALE GIOIA! Auguri a me! *w*). Voglio fare un mini-discorsino, almeno stavolta che, pur compiendo un solo anno, sono in grado di proferire parole dotate di un certo senso: questo è stato un anno piuttosto difficile per me, sia per via della scuola, sia per quanto riguarda l'accettazione di me stessa, del mio carattere e dell'assetto di una serie di situazioni, senza entrare nel dettaglio. Scrivere è stata una vera e propria terapia e, nonostante abbia avuto davvero pochissimo tempo da dedicare a questa mia passione inveterata, ogni volta leggere una recensione o il numero delle visite di ogni capitolo mi ha riempito di gioia fino a scoppiare. L'autostima che, in condizioni normali, potevo trovare sotto la suola delle scarpe, si risollevava momentaneamente, e mi faceva sentire importante, buona a qualcosa. E so perfettamente di essere una scrittrice a tempo perso, senza troppe pretese: eppure, semplicemente grazie. Grazie per avermi regalato quegli attimi di riflettore e di apprezzamento che nella vita fatico così tanto ad ottenere. Non sono ancora sicura di essere all'altezza di tutto questo, ma grazie.
Dopo questo papiro mi eclisso, al prossimo aggiornamento.
Ovvio che, qualora abbiate tempo e vogliate spenderne, ogni recensione è per me manna dal cielo. Siete nel mio cuore, anche se non vi conosco personalmente :)

Una Thebrightsideofthemoon "abbastanza commossa", per citare qualcuno di mia conoscenza.
   
 
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