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Autore: Birra fredda    05/08/2013    2 recensioni
La vita normale non è per tutti. Con vita normale intendo un qualcosa tipo: genitori rompiscatole, non permissivi, che credono i figli adolescenti dai santerelli del sabato sera, scuola odiata, professori visti come satana, compagni di classe con cui combinare solo guai, tanti trip in testa, escogitare modi per andare alla festa del secolo senza dire nulla ai genitori o mettere da parte dei soldi per il nuovo tour degli U2.
Ma io mi chiamo Nicole Haner mica per nulla, eh. E sono la figlia di Brian Elwin Haner Jr., meglio conosciuto come Synyster Gates, chitarrista degli Avenged Sevenfold, mica per nulla.
La mia vita non è normale, e proprio non so come potrebbe esserlo.
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'You will always be my heart.'
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“Hai preso tutto?”
“Sei sicura di non aver dimenticato la giacca nera?”
“E l’ombretto rosso?”
“Hai preso il libro di matematica?”
Sospiro, senza riuscire a trattenere un sorriso che mi squarcia la guancia sinistra. Quando i miei fratelli ci si mettono sanno essere peggio di tre madri messe insieme.
“State tranquilli, ho preso tutto” dico loro. “E se avessi dimenticato qualcosa, me lo porterete voi.”
Papà posa improvvisamente una mano sulla mia spalla. “Possiamo andare?” mi chiede.
“Un attimo” biascico.
Rientro in casa, correndo come una furia. Salgo le scale a due a due fino a che non mi ritrovo nella mia stanza. L’osservo, soffermandomi sui particolari che mi sono sempre piaciuti ma che non ho mai imparato ad apprezzare veramente.
Il mio sguardo scivola sulla scrivania spaziosa, sulla libreria che ora è spoglia ma ha sempre contenuto tutto ciò che volevo metterci. I miei occhi si soffermano sul letto da una piazza e mezza, lo stesso letto che mi ha tenuta stretta a sé nella settimana dopo che papà è andato via di casa.
Gli concedo un sorriso di ringraziamento, consapevole di star sorridendo a un mobile e consapevole che se qualcuno mi vedesse mi farebbe rinchiudere in un manicomio (altro che psicologo!).
Guardo per un attimo il lampadario a forma di dirigibile che tanto mi era piaciuto a sette anni e che, dopo nove anni, adoro ancora. Esamino il parquet del pavimento, ben sapendo che nessuno più mi rimprovererà per chissà quanto altro tempo dicendomi di non sporcarlo con le mie zozze scarpe.
In seguito volgo lo sguardo alle pareti. Non ho avuto il coraggio di togliere il lavoro di tanti anni da lì. I poster e le foto spiccano subito all’occhio in una specie di mosaico che comprende quasi ogni angolo di muro. Per quanto adori i volti dei Guns n’ Roses, dei Nirvana, dei Pantera, dei Queen e via dicendo, mi soffermo a guardare le immagini dei vecchi Avenged Sevenfold. Quelli con The Rev ancora vivo.
Sembrano più reali, più calati nella parte, più affiatati, più felici, più… loro. Sembrano più tutto, ecco. Sono sicura che se Jimmy ‘The Rev’ fosse ancora vivo le cose non sarebbero così complesse.
Infine il mio sguardo si posa sulla foto che più mi piace, un ingrandimento attaccato sopra il mio letto, l’unica foto che adesso toglierò con delicatezza dal muro e mi porterò dietro. Ci siamo noi ritratti, tutti noi.
Lo sfondo è bianco, se non erro i Sevenfold erano andati in uno studio fotografico per fare un nuovo book di foto e, non si sa come, ci è uscita anche questo splendore di fotografia.
All’estremo sinistro c’è Johnny, ai tempi della cresta da gallo, seduto a terra a gambe incrociate con Jimmy a cinque anni in braccio, che salutano la fotocamera con le mani. Accanto a loro c’è Alicia a sei anni che, come i due, saluta la telecamera con la mano, con l’altra che tiene la mano di zio Matt, in piedi dietro di lei. Zio Matt, a sua volta, avvolge in vita zia Val con un braccio e la tiene vicina a sé. Zia ha in braccio Nathan a due anni, che sorride scoprendo le fossette nelle guance. Accanto a zia c’è mia madre, mano nella mano con papà. Entrambi sorridono gioviali. Ai loro piedi ci siamo io e Connor a quattro anni, ambedue inginocchiati che ridiamo gioiosi, scoprendo i dentini da latte alla fotocamera. Seduto accanto a noi c’è Zacky, che bacia Cherie a cinque anni su una guancia. Dietro di loro c’è Gena che sorride a centocinquantamila denti, che sta piagata in avanti e ha una mano sul viso di Zacky, come ad accarezzarglielo.
C’è un particolare che adoro. Tra le mie mani c’è una foto in una cornice 20x25, quelle di medie dimensioni con qualche stupido disegnino sui bordi. La fotografia ritrae Jimmy ‘The Rev’ che, proprio come noialtri, sembra sorridere alla fotocamera.
Gli Avenged Sevenfold hanno sempre questa foto incorniciata di James quando si riuniscono in gruppo. Di solito sta in sala prove, poggiata sul tavolino sempre strapieno di roba, ma quando sono in tour se la portano e ovunque loro vadano, la foto non manca. Durante i concerti la mettono su uno sgabello in legno vicino la batteria, ogni tanto qualcuno le rivolge uno sguardo colmo di nostalgia, un sorriso o un’occhiata radiosa.
Prima che scattassimo la foto tutti insieme, mi ha raccontato mamma che sono andata prendere la cornice con la fotografia di James e sono andata da papà dicendogli che anche il Rev doveva essere presente. Papà quasi c’è rimasto secco, dalla sorpresa, poi ha annuito dicendomi di mostrarla per bene alla fotocamera.
In tutto questo c’è una sola persona che non guarda verso la macchina fotografica. Persino Zacky, impegnato a baciare la figlia, ha gli occhi rivolti verso l’obbiettivo. Mio padre no, mio padre ha la mano intrecciata a quella di mamma, il sorriso stampato sul volto appena chino verso il basso e lo sguardo puntato su di me.
Mi guarda come se non stesse facendo una foto, ma come se non vedesse altri che me. Come un padre premuroso che non ha occhi per altri se non per sua figlia. Come se la visione di me con la foto del suo migliore amico tra le mani non potesse renderlo più orgoglioso.
Non ne ho avuto conferma, ma credo che papà in quel momento stesse immaginando di vedere proprio il suo migliore amico in carne e ossa seduto a terra, a gambe incrociate, tra me e il mio gemello. Magari con un sorriso enorme in viso, di quelli che tutto il viso pareva allargarsi di gioia, e le braccia a cingere me e Connor.
Amo follemente quest’immagine e, tutte le fottute notti, le rivolgo uno sguardo prima di crollare tra le braccia di Morfeo. Mi fa sentire amata, vedere tutte queste persone a cui voglio bene che sorridono non desiderando nulla di meglio di ciò che hanno.
“Nic” mi chiama papà dal pianterreno, facendomi riscuotere improvvisamente dai miei pensieri, “sei pronta? Zack ha messo l’acqua per la pasta.”
“Sì, scendo tra un attimo” gli urlo per risposta.
Vado a staccare l’ingrandimento della foto, arrotolo il tutto facendo attenzione a non rovinalo e scendo le scale di fretta.
Mio padre e i miei fratelli sono sulla porta, chiacchierando.
Credo che zia Val, oggi, sia riuscita a convincere mamma ad andare fuori Huntington Beach a fare un po’ di shopping, dunque le donne non sono in casa. E meglio così.
“Andiamo?” mi fa papà, giocherellando con le chiavi della macchina.
“Sì, ma… potresti aspettarmi in macchina un secondo?”
Gli porgo la foto che mi sono portata dalla mia stanza e gli dico: “e potresti tenermi questa? Devo attaccarla in camera...”
Lui sorride appena e annuisce ad ambedue le domande. Non appena gira l’angolo per dirigersi all’auto, abbraccio i miei fratelli. Non credo che gli abbracci debbano essere così… irruenti e impetuosi. Sono praticamente saltata addosso ai due e ora li sto stringendo così forte che Connor mugugna che non respira.
“Mi mancherete” sussurro.
“Ma, Nicole, noi ci vedremo ancora ogni giorno... soprattutto quando torneremo a scuola” mi dice Jim, sciogliendo l’abbraccio.
“Lo so” ribatto, “ma non sarà lo stesso. Non vivremo più sotto lo stesso tetto e non condivideremo più ogni momento della giornata... e... mi mancheranno le risate alle tre di notte o le urla di papà che ci dice di fare piano la mattina per non svegliare mamma… mi mancherà suonare insieme, giocare a monopoli o fare la battaglia con i cuscini, mi mancherà vedere i film horror e dormire tutti insieme per la paura...” sorrido appena, “mi mancherà venire da voi prima di uscire e rompervi le scatole non sapendo come vestirmi e truccarmi, mi mancherà arrangiare i pranzi quando mamma non c’è e combinare un disastro ogni volta…”
Connor sospira tristemente. “Il sabato e la domenica io e Jim saremo da voi, mentre tu sarai qui il lunedì e il martedì. Insomma, poi conta che quando papà sarà in tournèe saremo tutti qui e quando tornerà passeremo parecchi giorni da lui e Zack” mi dice, sorridendo appena come per rincuorarmi. “Vivremo parzialmente tutti insieme.”
Mi scappa un sorrisetto. Siamo una famiglia che vive parzialmente sotto lo stesso tetto. Che bella prospettiva.
Mi catapulto di nuovo su di loro, stringendoli a me con meno forza di prima. Loro si avvinghiano al mio corpo con le braccia, facendoci sentire uniti come, forse, mai prima.
Dobbiamo essere forti, no? E l’unione fa la forza.
“Ora… ora vado” mormoro, sull’orlo delle lacrime, dopo aver compiuto uno sforzo che mi è parso immenso per staccarmi da loro.
Loro annuiscono, commossi quasi quanto me. “Vedrai che starai bene” mi dice Jim, sforzandosi di sorridermi incoraggiante ma riuscendo solo in una piccola smorfia.
Mi allontano da casa e ogni passo mi pare un vuoto allo stomaco. Mi sento come se pezzi di me si staccassero e rotolassero sull’erbetta, sull’acciottolato di pietre. Un pezzo di me resterà per sempre ancorato a questa casa, alla mia vita qui dentro, alle mie emozioni chiuse tra queste quattro mura.
Sarà anche una casa costruita con menzogne come fondamenta, ma quest’idea non rattopperà certo le mie ferite facendomi tornare come nuova.
Prima di salire in macchina ritiro indietro le lacrime.
“Tesoro, lo so che è difficile ma…” mi dice papà, prendendomi una mano, “ma è l’unico modo per farti stare meglio.”
Annuisco.
Lo so, papà. Lo so che vuoi solo il mio bene e non faresti mai, mai, qualcosa che possa essere dannoso per me. Lo so che non vorresti portarmi via dal posto in cui ho trascorso ogni giorno della mia vita, dal posto che mi ha vista evolvere, gattonare, camminare, correre, piangere, prendere a pugni il muro, ridere.
Lo so che tu saprai rattoppare le mie ferite meglio di mamma.












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Ennesimo capitolo di passaggio che non mi piace molto D:
Comunque... ma nessuno mi recensisce più? :( daidaidai fatemi sapere cosa ne pensate di tutta questa storia assurda! Potete anche dirmi che vi fa schifo come sto facendo procedere le cose eh xD

Come vedete non sono ancora riuscita a caricare uno straccio di fotografia LOL ...non è che qualcuno mi aiuterebbe? ahah (si sente immensamente impedita)


Grazie a tutti quelli che non hanno ancora abbandonato la mia Long :3
Echelon_Sun
  
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