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Autore: Najla    05/08/2013    2 recensioni
Jade non ricordava di aver mai sentito così tanto silenzio in vita sua: non in quel posto almeno, non a quell’ora, non dopo una partita di Quidditch.
Era un silenzio teso, pieno di singhiozzi e sospiri, di parole lasciate a fior di labbra per paura di essere dette.
Era un silenzio pesante, che schiacciava fastidiosamente il petto e rendeva difficile respirare, non impossibile, solo più faticoso.
Era un silenzio che li lasciava tutti sull’orlo del baratro, a un soffio dalla caduta, a guardare il vuoto sotto di loro con lo stomaco improvvisamente ridotto ad un bicchierino da caffè, ma che comunque li teneva piantati con i piedi a terra.
Jade odiava il silenzio.
(tratto dal capitolo 10 )
Una storia che non è così semplice come potrebbe sembrare.
Un settimo anno ad Hogwarts che non potrebbe essere più incasinato.
Le basi di una battaglia che lascerà in ginocchio la Londra magica che tutti conosciamo.
Ma infondo, se si parla della nuova generazione, come potrebbe essere altrimenti?
(introduzione modificata )
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Roxanne Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Quattordicesimo Capitolo
C'era una volta, qualche errore fa..

Sperare che domani arrivi in fretta
e che svanisca ogni pensiero.
Lasciare che lo scorrere del tempo
renda tutto un po' più chiaro.
( Sono solo parole- Noemi )

27 Novembre XX

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Biblioteca, ore 14.12
Jade si sentiva vagamente osservata mentre, seduta in uno dei tavoli più isolati di tutta la biblioteca già di per sé deserta, come quasi ogni domenica pomeriggio, insieme ad una pila di libri a nasconderla dal mondo e il naso a pochi centimetri dalla pergamena, scriveva un tema di Pozioni che doveva essere il migliore mai scritto in tutta la sua carriera scolastica, visto quanto si stava impegnando per stenderlo soppesando e valutando ogni parola, ogni stramaledetto punto.
Non credeva fosse possibile trovare qualcosa di apprezzabile nella brutta, orrifica, svolta che aveva preso la sua vita da pochi giorni a quella parte, ma era costretta ad ammettere che la sua media scolastica ne avrebbe sicuramente tratto vantaggio.
Da cosa?
Ma dal suo progetto di isolarsi dal mondo e intraprendere la via della privazione per raggiungere l’ascesi e trovare un senso a tutte le disgrazie che l’avevano colpita di recente, ovviamente.
Progettino un filino ostico, ma Jade era ben decisa a realizzarlo prima delle vacanze di Natale, anche se qualcuno non era della sua stessa idea.
«Elijah, se continui a fissarmi, mi brucerai come minimo i capelli» commentò a mezza bocca rileggendo il breve paragrafo che aveva scritto nell’ultimo quarto d’ora: pura poesia su pergamena, un’opera degna di un alchimista.
Eli se ne stava in piedi di fronte a lei, le braccia incrociate al petto e il cipiglio spazientito di chi ne ha davvero abbastanza di un po’ tutto ma è troppo equilibrato per esplodere e distruggere qualcosa, magari la testa della propria migliore amica sul tavolo della biblioteca.
Giusto per fare un esempio.
«Ti cerco dal dopo partita » borbottò lui acido: si era preoccupato come un idiota e lei invece se ne stava a fare la muffa in biblioteca!
«Ah già.. » fece l’altra poco interessata, non degnandosi nemmeno di guardarlo in faccia, concentrata sul suo importantissimo tema, «Chi ha vinto? Charlie o Lorcan? ».
«Lorcan » rispose asciutto, prima di aggiungere in tono accusatorio, «Perché non eri a pranzo? ».
Lei sospirò pesantemente, stringendosi appena nelle spalle, «Non mi sono accorta del tempo che passava, tutto qui, poi era troppo tardi e.. ».
«Non hai fatto nemmeno colazione: mi hai detto che avresti mangiato qualcosa con Eva ma lei non ti ha vista ».
«Non mi sto lasciando morire di fame, Elijah » ribatté spazientita, «Ora, se non ti dispiace, io starei studiando ».
«No, tu stai cercando di sparire, è diverso » insinuò il ragazzo continuando a guardarla, «Devi mangiare ».
«Merlino, Eli! » esclamò facendo roteare gli occhi seccata, «Cosa sei diventato? L’inquisizione spagnola? Quando avrò fame mangerò, quando avrò voglia di stare in compagnia di qualcuno te lo farò sapere: ora devo studiare ».
Elijah l’avrebbe volentieri presa a sberle, giusto per provare l’efficacia di una terapia d’urto, ma cercò di ricordarsi che non era un bel momento, non era un bel periodo, che la sua amica aveva bisogno di sostegno morale e non di una persona che la facesse rinsavire a suon di schiaffoni e soprattutto cercò di scolpirsi a lettere cubitali tra i neuroni che, con James all’ospedale e l’Innominabile che era, per l’appunto, escluso per ovvie ragioni, a Jade rimanevano lui e, beh, lui.
A voler essere proprio onesti, anche Eva e Roxanne avrebbero potuto provare a farla ragionare, ma Eva era troppo buona per farle la giusta pressione e Rox aveva chiesto espressamente di rimanerne fuori perché altrimenti si sarebbe convinta che strangolare Ian e seppellirne il cadavere da qualche parte nel cuore della notte, fosse una buona e attuabilissima idea.
E quello che Roxanne Weasley dice, Roxanne Weasley fa.
Ora, se Jade fosse stata una normalissima ragazzina con il cuore spezzato per colpa di un bastardo, Elijah avrebbe fatto semplicemente due cose: primo, l’avrebbe consolata, secondo, sarebbe andato dal sopraccitato bastardo e lo avrebbe castrato, all’apice di quell’istinto protettivo che mostrava solo verso tre donne, Jade, Rowena e sua madre.
Peccato solo che la situazione fosse ben diversa.
Perché Jade non era mai stata una normalissima ragazzina.
Perché il problema non era che avesse o meno il cuore ridotto in tanti pezzetti con cui avrebbe potuto giocare come con un tangram.
Perché il bastardo non era un semplice bastardo ma Ian.
E soprattutto perché lui, nonostante tutto, non se la sentiva proprio di castrare Ian: presupponeva che la colpa fosse da imputarsi ad una sorta di innato cameratismo maschile, ma era sicuro che poi si sarebbe sentito in colpa.
«Non sono l’Inquisizione, credo solo che non sia una buona idea quella di fondersi con i libri della biblioteca » disse Eli sedendole di fronte con un sorrisetto ironico e anche se Jade non lo stava guardando in faccia lo sapeva che aveva messo su quel suo odioso ghigno sarcastico, «Puzzano e non se li fila nessuno: è davvero questa la fine che vuoi fare? ».
«Non è che ad ora la mia situazione sia poi tanto diversa, sai? » commentò con un filo di voce, come quando hai davanti una persona che non sopporti e non riesci a trattenere un insulto che se ne sta a fior di labbra, ti viene semplicemente fuori e sei costretto a sibilare per non farti sentire.
«Oddio.. ancora non puzzi » la contraddisse prontamente Eli con un’alzatina di spalle, riuscendo però a strappare a Jade un mezzo sorriso e a farle finalmente posare la piuma vicino al calamaio.
«Cosa vuoi, Eli? » chiese con  un sospiro esasperato la bionda e l’altro si fermò a guardarla un istante.
Indossava una felpa troppo grande, forse di suo padre, che riusciva solo a farla sembrare ancora più fragile, i capelli erano raccolti malamente sopra la testa, in una crocchia davvero improbabile, e sembrava un po’ più pallida del solito, ma forse erano le occhiaie e la sua aria stanca a restituirgli quell’impressione.
Era brutto vedere Jade ridotta in quello stato, senza la sua energia, senza quell’energia che le permetteva di tener testa a tutta la scuola senza problemi: senza la proverbiale energia che metteva un freno a James Sirius Potter.. ed era tutto dire.
Forse poteva sguinzagliare davvero Roxanne e lasciare che uccidesse Ian.
«Voglio che tu prenda i tuoi libri, venga in dormitorio con me » cominciò tranquillo, «E voglio che tu ti sieda sul nostro divano in Sala Comune, facendomi compagnia mentre beviamo una cioccolata calda, credi di potercela fare? Per me?».
Jade sospirò pesantemente, chiudendo la boccetta d’inchiostro.
«Eli, non sono depressa, ho solo bisogno di rimanere da sola per un po’.. ».
«Il tuo da sola dura quasi da una settimana, Jay » le fece notare con tutto il suo tatto, «E noi siamo un po’ preoccupati, un po’ tanto, in effetti ».
La ragazza sorrise appena riponendo le pergamene nella sacca di tela prima di alzarsi in piedi e prendere un paio di libri tra le braccia, sapeva per esperienza che Eli non l’avrebbe lasciata in pace finché fosse rimasta lì e lei davvero non voleva affrontare ancora nessuno.
Gli bastavano gli sguardi di rimprovero di tutti, non voleva sommarci anche quelli dei suoi amici, non avrebbe retto il colpo.
«Non c’è niente che non vada, Eli, sul serio » lo rassicurò arrivandogli di fronte, con quel sorriso spento ancora sulle labbra, «Voglio solo stare da sola..».
«Non è importante che sia Ian, lo sai vero? » provò Elijah guardandola in viso, era così pallida, «Non sono dalla sua parte solo perché è lui, e non è nemmeno importante che tu non mi abbia detto niente.. solo.. sono sempre Eli, no? Con me puoi parlare quanto e come vuoi.. ».
Il sorriso sincero ma rassegnato che lei gli rivolse lo colpì come un pugno nello stomaco, insieme alla consapevolezza che in qualche modo, dopo tutto quello, Jade si sarebbe allontanata da loro, avrebbe cercato di sparire come faceva quando le veniva il malato pensiero di essere di troppo.
Quando la sentì baciargli la testa ebbe solo una gran voglia di urlare: non doveva finire così! Potevano risolvere tutto, potevano..
«Grazie, Eli, davvero » mormorò Jade prima di andarsene e lasciarlo lì da solo, in mezzo a tutta quell’irritante cultura.
Strinse i pugni desiderando di prendere a testate il muro o a cazzotti Ian, perfettamente consapevole che su di lui non avrebbe alzato un dito perché era abbastanza sicuro che non se la passasse bene.
Aveva persino provato a litigarci, con Ian, la sera in cui Gwenlapazza era scoppiata.
«Tu sei un cretino! » gli aveva ringhiato contro sbattendosi la porta alle spalle, incurante di Lys e Frank, già a letto.
«Lo so.. » gli aveva risposto atono Ian, seduto per terra, vicino alla porta del bagno.
«Porco Merlino.. Tu devi solo ringraziare che James sia bloccato a kilometri da qui! Sai che per lui Jade è come una sorella! Santo Empedocle, Ian!! Ti sei fatto la sorella di James!! ».
«Jay non è la sorella di James ».
«E tu l’hai.. l’hai.. Dio!! Non ho neanche una definizione per quello che hai fatto! » l’aveva ignorato mettendosi le mani tra i capelli per non stringergliele intorno al collo: ma perché gli amici deficienti li aveva tutti lui, eh? Cos’era? Un radar per i menomati mentali?!
Ian non gli aveva più risposto e a quel punto aveva provato a calmarsi, almeno un po’.
«Se non ti conoscessi davvero e non sapessi che stai soffrendo come un cane ti sparerei.. e io sono un purosangue, ok? Ho un rifiuto genetico per le armi da fuoco!! » aveva aggiunto mettendosi in piedi di fronte a lui: aveva preso a massaggiarsi il collo senza accorgersene, con un mal di testa di proporzioni cosmiche pronto a sfondargli la fronte come un ariete.
«Mi spieghi che diavolo ti è saltato in mente, Ian? Sono anni che mi fai la morale e poi…Jade? Tra tutte perché lei? » gli aveva chiesto esasperato e l’altro l’aveva guardato senza vederlo, completamente perso.
«Perché è Jay » aveva risposto con una semplicità che gridava “Ian” da tutti i pori e lì Eli aveva capito due o tre cose: primo, Ian era più simile a lui e a James di quanto potesse sembrare e aveva una vita sentimentale incasinata quanto la loro, secondo, lui, Elijah, avrebbe dovuto risolvere il problema Ian-Jade prima del ritorno alla vita di James e terzo, era convinto che, saputo quanto era successo, a Jamie sarebbe partito un embolo.
Espirò arrabbiato con se stesso e ringraziò, di nuovo, che, al momento, il piccolo infermo fosse circondato da medimaghi.

Ospedale San Mungo di Londra, camera di James S. Potter, ore 16.12
«Che cosa?! » l’acuto vagamente stridulo di James costrinse Lily a fare una smorfia infastidita mentre, in piedi a lato del letto con Teddy al suo fianco, aspettava che suo fratello la smettesse di sbraitare e dimenarsi come un ossesso con il solo risultato di sembrare una tartaruga che cerca di tornare con le zampe a terra dopo essere stata crudelmente girata sul carapace.
Tutt’al più che, conciato com’era, con mezzo busto ancora bloccato e l’unico vantaggio di muovere il braccio sinistro, il destro avrebbe avuto bisogno di un altro intervento, stava facendo una ben misera figura.
Lily inclinò appena la testa verso Ted, tenendo gli occhi puntati sul fratello: «Non glielo dovevo dire, vero? ».
«No, non glielo dovevi dire » sospirò il più grande nel momento in cui partirono tutti i sensori magici che controllavano i parametri vitali di James, producendo un fischio tanto forte che li costrinse a strizzare gli occhi per il fastidio.
Lily alzò gli occhi al cielo mentre un’infermiera entrava tutta trafelata nella camera con la bacchetta già sguainata, pronta ad intervenire e la piccola Potter si immaginò lo stress a cui doveva essere sottoposta quella poveretta: rischiare di far morire il figlio del grande Harry Potter! Santo Merlino!! Probabilmente, fosse successo, si sarebbe suicidata con una fiala di Belladonna per i sensi di colpa.
Teddy la bloccò sulla porta cercando con pazienza infinita di tranquillizzarla mentre Jam continuava a sbraitare minacce di morte contro Ian Clow e le ordinava di prendere carta e penna: «Io lo strangolo! Io lo.. Lils! Una strillettera! Esigo una.. Io lo uccido!».
«Jamie » lo richiamò autoritaria di fronte a quel caos di frasi senza senso logico, «Datti una calmata ».
«No! » rispose l’altro sfidandola con lo sguardo e Lily si inalberò esattamente come la madre quando doveva strigliare uno dei due figli, con i capelli che si gonfiavano leggermente e le braccia serrate al petto.
«James! O ti calmi o dico all’infermiera di tenerti a digiuno di dolci, chiaro?! » lo minacciò tenendo lo stesso sguardo di sfida del fratello.
Ted, ancora fermo sulla porta dopo esser riuscito nell’impresa titanica di calmare quel donnone di infermiera che voleva a tutti i costi controllare James, guardò i due fratelli e si chiese come zia Ginny e zio Harry fossero riusciti a sopravvivere con tre elementi del genere in casa, perché alla fine i tre piccoli Potter sembravano fatti con lo stampino. Poi si rese conto che anche lui era cresciuto insieme a loro e si sentì un po’ in colpa all’idea di aver contribuito al marasma generale.
Avrebbe regalato una pianta a zia Gin per scusarsi.
James, nel frattempo, aveva assottigliato lo sguardo, come a saggiare la veridicità delle parole dell’altra e alla fine aveva sbuffato calmandosi un po’: fumava ancora dal naso e dalle orecchie ma almeno non rischiava più di cadere dal letto muovendosi.
«Spiegami, esattamente, cosa è successo » le ordinò a quel punto facendole segno con la testa di sedersi sul letto e Lily obbedì con un sorrisetto vittorioso, prendendo posto vicino alle gambe steccate del fratello.
«Jamie, sembri una vecchia comare, lo sai vero? » ridacchiò Ted sedendosi sulla seggiola vicino ai due.
«Oh ma sta’ zitto. Sono bloccato qui e ho bisogno di sapere come va avanti il mondo in mia assenza » rispose piccato.
Lily stava per parlare quando dalla porta sbucò la testa spettinata di Albus.
«Si può sapere cosa sta succedendo? L’infermiera sembrava.. » fece per dire ma James lo bloccò con un gesto secco della mano.
«Dopo. Ora abbiamo cose più importanti di cui discutere » tagliò corto tornando a guardare Lily, regalandole tutta la sua attenzione e ignorando bellamente il nuovo arrivato.
Al sospirò prendendo l’altra sedia per accomodarsi vicino a Ted.
«Allora » cominciò Lily sistemandosi meglio sul materasso, le mani che fremevano dall’insana voglia di gesticolare, «Era l’ora di cena, giusto Al? Insomma, la Shelley, di punto in bianco, ha dato di matto, così dal niente.. anche se poi sono andata ad informarmi da Wisteria Grey, la sorella di Periwinkle, che sta a Tassorosso, e mi ha detto che Gwen è esplosa perché era un po’ che le cose andavano male, no? E lui deve averle risposto male.. insomma, ha cominciato a urlargli contro che era un pezzo di merda.. ».
«Lily.. » la riprese Ted ma la ragazza fece finta di niente: Lily e James avevano un talento tutto particolare quando si trattava di ignorare qualcuno o qualcosa.
«..che era uno schifoso.. che l’aveva presa in giro, che.. insomma si è messa ad insultarlo e ti giuro, James, ti giuro, pensavo che le sarebbe esplosa la testa da quanto era rossa in viso! Sputacchiava persino da quanto urlava! Vero, Al?».
«Oddio, non credo che.. » fece per dire lui ma la ragazzina non si prese nemmeno la briga di lasciarlo finire.
«Comunque » riprese gesticolando vivacemente, «Ad un certo punto è entrata Jade e.. Santo Merlino, James, una scena.. In pratica l’ha accusata di essere andata con Ian! Ti giuro, James, ci sono rimasta male anche io quando le ha urlato contro che era una puttana! ».
«Lily! » riprovò Teddy ma Lils fece di nuovo la gnorri e lui e Al si scambiarono uno sguardo di muta rassegnazione.
«È stata una cosa così squallida! Voglio dire, sai chi è quella che se la fa con il tuo ragazzo? La prendi da parte e la cruci, non fai la figura della sclerotica di fronte a tutta la scuola! È stata proprio una cosa orrenda da vedere.. Jade poi è sbiancata ed è sparita.. povera, non so cosa ci sia stato tra lei e Ian ma non deve essere stata solo una sveltina.. ».
«Quel coglione » ringhiò James, «Aspetta che mi capiti a tiro di bacchetta e gli faccio pentire di essere un mago.. Ma Jade? Come sta? Cosa è successo dopo che se n’è andata?».
«Se mi lasciassi finire » borbottò Lily prima di scuotere i capelli rossi  e sporgersi appena in avanti, «TI giuro che non credevo ai miei occhi, Jamie! Neanche alle mie orecchie! Non ho mai stimato Katherine Wetmore come in quel momento..».
«E cosa centra ora la Wetmore?».
«In pratica, dopo che Jade se n’è andata, Gwen non ha comunque smesso di urlare e.. Santa Morgana che figura di merda..».
«Lily!! ».
«..ti dirò, non sono riuscita a capire perché l’abbia fatto, ma è stata una grande! In pratica lei e Nott erano vicino al tavolo di Serpeverde quando Jade è scappata e la Wetmore ha lasciato Nott ed è andata tranquilla verso Ian e Gwen, all’inizio non c’avevo fatto nemmeno caso ma poi..».
«Lils, sei lenta » la bloccò Al prendendo in mano le redini del racconto, «In poche parole la Wetmore ha silenziato Gwen con un incantesimo e le ha detto di fronte a tutti di smetterla di comportarsi come una bambina..».
«..che stava facendo la figura della pazza..» aggiunse svelta Lily.
«..che era ridicola..».
«…che se Ian aveva preferito un’altra ragazza a lei la colpa era solo sua..».
«..che Ian aveva fatto bene a tradirla perché era insopportabile..».
«…e che se lui aveva preferito Jade, era evidentemente perché lei non era isterica..».
«..poi se n’è andata dicendole che non voleva più sentire la sua voce per il resto della serata, perché lei e il resto del mondo meritavano di mangiare in pace senza tutti i suoi problemi a disturbarli » concluse Al mentre Lily annuiva concorde.
«Tu non sai quanta stima nutro nei confronti di quella ragazza..» disse con aria sognante e James si limitò a fare una smorfia tra l’incredulo e lo sconvolto.
«Va bene ma.. Jade come sta? ».

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Guferia, ore 16.12
Roxanne squadrò il becco giallo della piccola civetta nana che le stava appollaiata sul braccio con sguardo innocente.
Prova a beccarmi e ti cucino, pensò sperando che la piccola palla di piume riuscisse a leggerle nel pensiero e si astenesse dal fare movimenti bruschi mentre le legava alla zampa una busta, tutta schizzata d’inchiostro e su cui si leggeva a malapena il nome di sua madre.
L’animaletto non si mosse di un centimetro durante tutta l’operazione e Rox gliene fu veramente grata: odiava i gufi, le civette, i piccioni e tutti gli animali da posta possibili.
Come tante cose nella sua vita, la ragazza non sapeva nemmeno da dove nascesse una tale avversione per quegli esserini piumati, ma sua madre, per sottolineare quanto quest’odio fosse radicato in lei, le raccontava da sempre che la prima volta che un gufo le si era avvicinato, lei aveva tentato di sopprimerlo tirandogli in testa il manico della sua scopa giocattolo. Per dividere lei e il gufo, che dopo quella mazzata voleva solo staccarle gli occhi, erano dovuti intervenire George e Angelina, gli stessi genitori talmente responsabili che ogni tanto ancora si chiedevano chi avrebbe vinto lo scontro se avessero lasciato la figlioletta di tre anni tra le grinfie del pennuto.
Non che le cose fossero poi migliorate con il passare del tempo, ovviamente se Roxanne decideva che una cosa non le piaceva, non c’era verso di farle cambiare idea, ed era stata veramente una fortuna che Camomilla, la piccola civetta che lei e suo fratello usavano quando erano a Hogwarts, fosse l’animale più buono e innocuo del pianeta, perché altrimenti la Weasley non avrebbe mai mandato una lettera ai suoi genitori.
Brava Milla, pensò allegramente mentre l’animaletto se ne andava svolazzando nella gelida aria di Novembre: faceva quasi tenerezza quella pallina con le ali che spariva in lontananza.
Certo, faceva tenerezza se ci si dimenticava degli artigli, del becco assassino, delle ali e del fatto che era una civetta..
«Weasley?» una voce familiare la costrinse a distogliere lo sguardo dal cielo plumbeo che sovrastava la guferia.
«E tu cosa ci fai qui?» chiese con sguardo indagatore mentre Lorcan allentava la sciarpa avvolta intorno al collo e stringeva le spalle sotto il mantello nero, con estrema noncuranza.
«Ciao anche a te, comunque » continuò Roxanne come un mezzo rimprovero mentre lo vedeva avvicinarsi tranquillo ai gufi più grossi, quelli con lo sguardo giallo e assassino da cui lei si teneva ad una ragionevole distanza.
«Ciao Roxanne » rispose distrattamente l’altro facendo un fischio ad uno di quei cosi: un gufo reale con gli occhi arancioni che si artigliò al suo braccio andando subito alla ricerca di coccole.
Lorcan aveva decisamente più feeling con gli animali di lei, era così da quando erano bambini e a lei aveva sempre dato un fastidio tremendo.
«Scrivi a tua madre? » chiese curiosa vedendolo legare una busta alla zampa dell’animale prima di accarezzargli la testa e lasciarlo volare fuori all’aria aperta.
«Da quando ti interessi tanto della mia vita? » chiese il biondino con un ghigno sarcastico, voltandosi finalmente a guardarla, con quella faccia da schiaffi che Roxanne avrebbe volentieri spedito a schiantarsi contro la neve fuori dalla guferia.
«Cafone » masticò senza rendersi conto di essere diventata rossa come un peperone, «Era tanto per chiedere ma tranquillo! Non succederà più!» lo rassicurò prima di fare dietrofront e uscire di lì sbattendo i piedi per terra, come una bambina.
Non sapeva bene perché, ma quando era con quell’essere tirava fuori il peggio di sé.
Era.. era.. bah!
Non fece in tempo a scendere sei gradini che si sentì afferrare per un polso e per la sorpresa quasi non scivolò giù per il resto delle scale di pietra, che, ghiacciate, costituivano una sorta di trappola mortale per la sua rabbia maldestra.
Il primo istinto fu ovviamente quello di liberarsi da quella stretta molesta con uno strattone ma si trattene: il movimento brusco avrebbe potuto farla rotolare giù e non voleva dare motivo a quel cretino di ridere di lei, non che allo Scamander servisse un vero pretesto per farlo, ovviamente.
«Mollami » scandì imperativa fulminandolo con un’occhiataccia, e pensare che si era svegliata tutta contenta, quella mattina. Era andata a vedersi una bella partita di Quidditch, quell’anno c’erano proprio delle squadre interessanti, aveva mangiato con Eva, Frank e Lys, aveva riso come una stupida quando Lys si era quasi strozzato con un ossicino del pollo, e poi aveva giocato a scacchi con Rose, ancora in crisi perché Vanille sembrava aver preso la residenza in un altro mondo, Scorpius era in infermeria con l’influenza, e Albus era andato con Lily a trovare il malato.
James in crisi di noia era una piaga non indifferente, e che zia Gin avesse supplicato la McGranitt per fargli fare un po’ di compagnia dai fratelli così da lasciarlo a qualcun altro per qualche ora, era più che comprensibile.
Adempiuti i suoi doveri di cugina, Rox aveva deciso di scrivere alla sua mamma per assicurarle che stava andando meglio a scuola e tutto il resto ed era andata in guferia con indosso le vecchie converse rosse e la felpa grigia in cui stava dentro almeno tre volte, quella che aveva rubato a suo fratello prima di partire: era talmente spensierata quando era uscita dalla torre di Grifondoro che non si era nemmeno legata i capelli come al solito, li aveva lasciati sciolti.
Metà del castello non l’aveva nemmeno riconosciuta, con il mantello addosso.
«Roxanne, stavo scherzando » cercò di rabbonirla con quel suo sorrisino un filino accondiscendente, «Stavo mandando un gufo a mio padre, domani parte per il Nepal ».
«Nepal? E cosa ci va a fare in Nepal? » chiese stupita, quasi dimenticandosi della mano che le stringeva il polso.
Sapeva che il padre dei gemelli Scamander aveva visto quasi tutto il mondo, le aveva raccontato delle storie incredibili sui suoi viaggi, ma sua madre le aveva anche detto che da quando loro avevano cominciato la scuola, non aveva più preso in mano la valigia, per non lasciare la moglie da sola a casa. Non che Luna avesse mai avuto problemi con la solitudine, ovviamente, ma Rolf era sempre stato molto protettivo nei suoi confronti e non si era permesso di anteporle il suo lavoro.
«A quanto pare il Ministero ha avviato un progetto per lo studio di alcune comunità magiche nepalesi e visto che mio padre ha diverse conoscenze da quelle parti, gli hanno chiesto se può accompagnare la prima spedizione » rispose con un sospiro e Roxanne notò subito quanto poco sembrasse convinto della faccenda, «Sono gruppi molto chiusi e diffidenti, non accettano volentieri gli stranieri e si vorrebbero evitare incidenti diplomatici con il Ministero nepalese ».
«Pensavo che tuo padre non accettasse più lavori del genere » commentò la ragazza e il viso di Lorcan si aprì in una smorfia.
«È quello che pensavo anch’io, ma a quanto pare sentiva la mancanza di vivere per qualche mese nel bel mezzo del nulla.. non che io ne capisca l’attrattiva, ma Lys era entusiasta almeno quanto lui, quindi immagino ci sia una ragione a questa idiozia..» borbottò sarcastico e Roxanne aggrottò la fronte pensierosa.
«Perché sei così preoccupato? Tuo padre sa quello che fa, no? ».
«E chi dice che io sia preoccupato.. » obiettò il Corvonero e Roxanne fece spallucce.
«Intuito, immagino » rispose tranquilla.
«E da quando tu intuisci qualcosa? » ghignò ironico il ragazzo e la ragazza meditò di stordirlo e andarsene: possibile che riuscisse sempre ad essere così dannatamente insopportabile anche quando riuscivano a fare un discorso civile?
Poi la gente si chiedeva perché fosse una persona tanto violenta, era quel tipo a istigarla!
Lorcan dovette leggerle in faccia quanto stava pensando perché si affrettò a ritrattare.
«Non è che sono preoccupato, però non è più abituato a viaggi così faticosi e non è nemmeno così giovane.. poi non mi piace l’idea di lasciare mamma da sola a casa per quattro mesi.. Quella donna ha bisogno di essere controllata ».
«Tua madre non è una bambina » gli fece notare con un mezzo sorriso perché, in effetti, Luna sembrava decisamente una persona da tenere d’occhio per evitare che facesse qualche catastrofica pazzia.
«Io ci vivo insieme.. ti assicuro che non è nemmeno tanto adulta ».
Roxanne ridacchiò della sua faccia estremamente seria e per qualche motivo si ritrovò a condividere il suo pensiero.
«Mio padre ancora si diverte a far esplodere le cose per fare uno scherzo a mia madre, come vedi non sei l’unico ad avere almeno un genitore che non dimostra i suoi anni » cercò di consolarlo..
Un attimo, lei stava consolando Lorcan Scamander?
«Almeno sappiamo perché vanno tanto d’accordo, no?» commentò prima di sbuffare grattandosi la testa, «Che poi io non lo capisco! Voglio dire, di tutti i periodi dell’anno, proprio questo? Non poteva partire dopo Natale? Che poi ha avuto anche il coraggio di chiedermi se volevo raggiungerlo in Nepal.. io, in Nepal.. per me fa troppo freddo a Londra, che cavolo vuoi che faccia in Nepal! E per fortuna che ho fermato Lys! Fosse per lui avremmo già una passaporta prenotata per Kathmandu! E non parliamo di mia madre.. ».
Mentre Lorcan si dava ai suoi sproloqui inveendo contro tutta la sua famiglia e Roxanne lo guardava a metà tra il perplesso e il rassegnato, aveva ricominciato a nevicare e tanti piccoli fiocchi bianchi si stavano posando su di loro senza che il Corvonero se ne rendesse minimamente conto.
Peccato solo che la Grifondoro non avesse la minima intenzione di prendersi una polmonite o qualcosa del genere.
«Ehm.. Lorcan?» provò ad attirare la sua attenzione sventolandogli una mano davanti alla faccia e il ragazzo si zittì guardandola interrogativo, «Nevica » disse indicando il cielo sopra di loro, «E io non mi voglio ammalare, quindi, visto che non mi vuoi lasciare, possiamo almeno spostarci dentro al castello? ».
E chiunque avrebbe capito che quello era un modo gentile per farsi liberare il polso, ancora stretto tra le dita dello Scamander, chiunque ci sarebbe arrivato e Roxanne era abbastanza sicura che anche lui se ne fosse reso conto.
Maledizione, era finito a Corvonero perché era sveglio, no?
«Sì, hai ragione, scusa » disse sinceramente dispiaciuto e Roxanne annuì certa della sua prossima libertà.
Di sicuro non si aspettava di sentirsi trascinare giù per le scale a passo di marcia.
«Mi spieghi che stai facendo?» gli chiese vagamente irritata, non gli piaceva sentirsi trascinare da qualche parte, non era mica un cagnolino, lei!
«Ti porto al coperto, no? L’hai detto anche tu che nevica..» le rispose lui come se fosse ovvio e Roxie desiderò tanto avere la forza necessario per liberarsi da quella stretta da sola, non che fosse una ragazzina, ovviamente, aveva picchiato più di qualche ragazzo, nella sua vita, a cominciare dai suoi cugini, ma per qualche motivo la stretta di Lorcan sembrava la cosa più forte contro cui si fosse scontrata fino a quel momento.
«Va bene ma mollami!» protestò cercando di puntare i piedi per costringerlo a fermarsi, mossa del tutto inutile, le sembrava di stare aggrappata ad un treno in corsa.
«Non credo lo farò » ghignò sincero l’altro e la ragazza alzò gli occhi al cielo vicina all’esasperazione.
«Non era una domanda, cretino! Era un ordine! Mollami! » sbraitò ed era talmente presa dal maledirlo nelle poche lingue che conosceva che quando lui inchiodò per voltarsi e guardarla, lei gli andò a sbattere addosso, tanto vicina da essere costretta ad alzare la testa per guardarlo negli occhi.
Merlino che voglia non aveva di prenderlo a schiaffi quel faccino supponente..
«Sai potrei anche decidere di lasciarti, sarebbe più facile, ma.. » e Roxanne era sicura di aver pronto un pugno che sarebbe partito da solo, «No, non credo succederà tanto presto ».
La ragazza lo guardò interdetta per una manciata di secondi prima di sentirsi di nuovo strattonare. Per qualche strano motivo, evidentemente quella era la giornata delle intuizioni geniali, era sicura che quel non credo succederà tanto presto non si riferisse solo al fatto che la stava trattando come un cucciolo da compagnia da scorrazzare dove più gli andava a genio, ma a qualcosa di più generale e non sapeva se interpretarlo come una promessa o come una minaccia.
Guardò un attimo le dita chiare del ragazzo che le camminava davanti strette saldamente intorno al suo polso decisamente più scuro e sbuffò: non era riuscita a liberarsi di lui in tutta una vita, come aveva anche solo potuto illudersi di riuscire a farlo in due minuti?
«Lorcan..».
«Dimmi, Roxanne ».
«Mollami subito!».

Hogsmade, una panchina da qualche parte, ore 17.16
Aveva ripreso a nevicare quasi un’ora prima, eppure non le interessava minimamente. Seduta da qualche parte, in mezzo a tutto quel bianco, si sentiva quasi al sicuro, a casa, ed era giunta alla conclusione che non ci fosse niente di più rassicurante di quella magra sensazione.
Se non altro non c’era nessuno che la guardava male quando camminava nei corridoi, o sparlava di lei convinto che fosse tanto stupida da avere le orecchie otturate per magia, oppure la insultava gratuitamente.
E lei avrebbe tanto voluto voltarsi guardarli dritti negli occhi e chiedere a ognuno di loro chi cazzo si credessero per pensare di poter giudicare la sua vita.
Era strano rendersi conto di quanto l’opinione pubblica fosse volubile e impicciona, realizzare quanto il mondo sentisse lo spasmodico bisogno di vomitare cattiveria su qualcuno, che fosse lei o qualcun altro non aveva importanza. Superbamente aveva sempre pensato che non si sarebbe mai trovata al centro delle frecciatine malvagie dei suoi compagni di scuola, soprattutto si era convinta che non avrebbe mai dato motivo a nessuno di metterla in quella posizione dolorosa e difficile da lasciare.
Non avrebbe augurato la sua vita a nessuno, in quel momento, ma era certa che qualcuno riuscisse ad invidiargliela comunque: brava a scuola, nella squadra Quidditch dal secondo anno, Caposcuola, una discreta duellante, consulente privata di James Potter e Elijah Faraday, amica del resto del mondo..
Si era impegnata così tanto per non farsi odiare da nessuno, non le piaceva essere guardata storto per chissà quale motivo, e ora..
Porca Morgana! Lei non era una puttana!
Alzò il viso verso il cielo gonfio di neve e chiuse gli occhi, ormai non sentiva più né il viso né il collo, le sembrava di avere anche un principio di ipotermia ai piedi ma non ci voleva pensare: l’idea di rimanere lì e diventare una statua di ghiaccio le piaceva troppo per rinunciarci.
Lei non era una facile, lo sapeva chiunque la conoscesse abbastanza bene da non chiamarla solo la Fyfield o la Caposcuola Grifondoro e lo avrebbe capito chiunque con un briciolo di cervello.
Aveva quanti anni? Diciassette? Bene..
In diciassette anni di vita aveva avuto solo un paio di ragazzi e uno di loro era stato James, quindi nella sua testa non contava: erano piccoli e si volevano solo un gran bene, lo attestava il fatto che ora si consideravano fratello e sorella.
Aveva baciato quattro ragazzi diversi, James lo si poteva anche cancellare dalla lista, era stato un bacetto che era più un esperimento che altro, con Kyle invece andava ricordato che era decisamente ubriaca e si stava vendicando di Ian, quindi anche lui contava poco, dal suo punto di vista, il che riduceva la lista a due.
Ed era andata a letto con uno solo di loro.
Una volta sola, per altro.
Forse non era Roxanne, a cui gli uomini servivano solo come punching-ball, e non era Evangeline che aveva avuto la fortuna di innamorarsi del ragazzo giusto, nel momento giusto, ma non era una puttana.
Certo non era una santa, ma era così sbagliato pretendere che la gente si facesse un po’ più gli affari propri e un po’ meno i suoi?!
Inspirò una boccata d’aria gelida.
Aveva bisogno di qualcuno che le dicesse che andare a scuola faceva schifo, che i ragazzi prima di vedere come funziona davvero il mondo sono estremamente perfidi, anche se non è che più avanti la situazione migliori, aveva bisogno di qualcuno che le dicesse che sarebbe passata.
Sostanzialmente aveva bisogno di Ellie, sua sorella, quella che le sistemava i casini. Solo che lei si trovava a Londra, al Ministero, a lavorare come psicomaga per il dipartimento Auror e lei non se l’era sentita di disturbarla.
Infondo non era come se stesse cercando di morire sotto la neve che cadeva su Hogsmade, no, non era decisamente così..
Si sentiva un po’ una bambina di tre anni persa in un parco divertimenti che vede tanta gente più alta di lei spingerla e farla cadere senza neanche guardarla, e vuole la mamma che la aiuti e comincia a chiamarla piangendo anche se sa che nessuno la sente. La differenza stava nel fatto che lei non aveva tre anni, non stava piangendo e non voleva sua madre, voleva Ellie.
Assorta com’era nel suo bisogno di affetto non si accorse dei passi che le si avvicinavano tranquilli schiacciando la neve appena caduta.
«La piccola Fyfield qui quando dovrebbe essere al castello?» ghignò qualcuno davanti a lei, «Ora sì che ti riconosco ».
Jade abbassò appena gli occhi e davvero, avrebbe voluto sorridere vedendo il viso allegro di Caleb McDuff e i suoi capelli rossi schiacciati sotto un baschetto grigio e sdrucito, ma non ce la fece.
Lo guardò un attimo sentendo il nodo che aveva in gola farsi sempre più pressante senza capirne esattamente il motivo.
O forse un perché c’era, ma era talmente frammentato che non sarebbe riuscita a riassumerlo, sapeva solo che le sembrava di aver perso tutto, di essere da sola e di non sapere da che parte girarsi per uscirne.
E sapeva che aveva una gran voglia di piangere.
«Ehi, che c’è?» le chiese Caleb inginocchiandosi davanti a lei, mettendole una mano sul ginocchio per attirare la sua attenzione, la stoffa dei jeans scuri era ghiacciata e si chiese con una certa preoccupazione da quanto tempo fosse lì fuori.
«Jade? Ti senti bene?» e l’unica cosa che la ragazza riuscì a fare fu piegarsi in avanti e appoggiare la fronte sulle ginocchia. I capelli scivolarono ai lati del viso, i riccioli smorti, umidi di neve, e lei si permise di scoppiare a piangere.

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dormitorio maschile Grifonforo, ore 17.20
Frank, seduto a gambe incrociate sul suo letto, si grattò pensieroso il mento osservando la sua ragazza che sbuffava irritata, in piedi al centro della stanza.
Si era innamorato di lei la prima volta che l’aveva vista, quella bambina con le trecce lunghissime e gli occhi azzurri grandi e curiosi gli era stata subito simpatica, senza neanche averci parlato. Era una nata babbana, non sapeva come muoversi nel loro mondo, non capiva la maggior parte delle cose che le stavano intorno, però era troppo orgogliosa per chiedere a qualcuno di aiutarla, quindi continuava a girare nel castello spaesata ma con grande dignità. Frank aveva deciso di darle semplicemente una mano.
Insomma, loro due erano i classici amici che poi diventavano qualcosa di più, erano un cliché vivente, ma a Frank non dispiaceva per niente.
Amava quella ragazza con gli occhi da cerbiatto e lo spirito di un leone più di ogni altra cosa e non pensava che fosse sdolcinato ammetterlo a se stesso, era solo la verità.
E la amava ancor di più mentre la guardava risolvere i problemi del loro microcosmo.
«Io non posso credere che tu abbia fatto una cosa del genere » disse Eva guardando Ian, seduto per terra, le gambe stese a terra e gli occhi pesti, reduce di una sbornia colossale.
Quasi gli dispiaceva per lui.
«L’abbiamo fatto in due..» rettificò l’accusato con un sospiro e la ragazza alzò gli occhi al cielo.
«Infatti siete due cretini! » esclamò, ed Eva non insultava mai nessuno, «Ma ci sei tu davanti a me, non lei, quindi mi concentro su di te. Sapevo che c’era qualcosa che non andava, lo sapevo! TI ammazzerei! Vi ammazzerei tutti e due! ».
«Sul serio, Ian » si intromise Elijah in piedi vicino ad Eva, «Ti conosco meglio di chiunque altro qua dentro, no? So tutto di te come so tutto di James e tu queste cose non le fai.. non usi le altre persone, non illudi le ragazze, non.. Santo Merlino, sei il bravo ragazzo, sei quello con la relazione stabile.. ».
«Era quello con la relazione stabile » puntualizzò Roxanne giocherellando con il cuscino di James, «Ora è quello con la merda fin sopra la testa ».
«Rox, non aiuti » commentò Eva lanciandole un’occhiataccia.
La Weasley fece spallucce.
Ian era stanco, così stanco da non essere sicuro di avere due gambe capaci di reggerlo e portarlo a stendersi sul letto alle sue spalle, luogo dove avrebbe cercato di suicidarsi affondando il viso nel cuscino perché davvero non ne poteva più.
Non ne poteva più di Gwen, di Jade, di Eli, di Eva, delle sue scelte sbagliate.. Non ne poteva più nemmeno di se stesso!
Così la sera prima aveva provato a risolvere la faccenda rubando alcolici dalle cucine, perché qualcuno gli aveva detto che si beve per dimenticare, ma in cambio aveva ottenuto una mattinata con la testa nel water con Elijah che gli teneva la fronte, un’emicrania di proporzioni bibliche e una crisi depressiva da adolescente disadattato, cosa che non gli era mai capitata nemmeno quando un adolescente disadattato poteva davvero convincersi di esserlo.
«Sentite, abbiamo sbagliato, ok? Io ho sbagliato più di lei sicuramente » cominciò chiudendo gli occhi, vedere tutto offuscato era tremendamente fastidioso, «Sì sono un idiota, sì sono un coglione, sì meriterei di essere castrato.. » non si voltò nemmeno quando sentì Roxanne fare un verso di assenso, quella ragazza era entrata lì dentro con l’intenzione di tagliargli le palle per vendicare la sua amica e non doveva ancora aver abbandonato l’idea, «..e sì merito anche tutta questa cosa che avete messo su sullo stile del tribunale dell’Inquisizione.. » prese un profondo respiro, «Ma davvero, io non ce l’ho una soluzione a tutto questo, ok? Non ce l’ho! Non ce l’avevo prima e non ce l’ho nemmeno ora ed è inutile che stiate qui a urlarmi contro.. io non.. ».
Si zittì improvvisamente quando sentì una mano tirargli via i capelli dagli occhi. Alzò le palpebre lentamente trovandosi a pochi centimetri dal viso di Evangeline che, china su di lui, lo studiava attentamente con gli occhi azzurri ridotti a due fessure.
«Immagino che lei abbia avuto paura di rischiare, conoscendola si sarà convinta che era il male minore scegliere quando e come soffrire per essersi innamorata di te ma tu?» mormorò con un tono che non era accusatorio o arrabbiato, ma solo curioso, il tono di chi cerca di capire qualcosa e ragiona ad alta voce con se stesso, «Tu perché hai scelto Gwen? E non rispondere per amore, perché tradirla e avere la faccia tosta di far finta di niente non è amore, è vigliaccheria ».
Ian non rispose, non ne ebbe la forza ed era abbastanza sicuro che non ce ne fosse nemmeno bisogno. L’aveva capito anche lui che era successo tutto perché aveva avuto paura di rischiare con Jade, aveva temuto di perdere la sua amica senza rendersi conto che avrebbe fatto peggio.. non amava i cambiamenti, lui, e Jay.. lei poteva essere un uragano se solo avesse voluto ammettere che quell’estate non era stata solo il togliersi uno sfizio.
Jade non era uno sfizio, non lo era mai stata.
«Respira, adesso, e dormi, hai una faccia orribile » sospirò Eva rimettendosi dritta e per un istante Ian si chiese cosa fosse riuscita a leggere nei suoi occhi semplicemente guardandoli, «E stai tranquillo, una soluzione ti diamo noi una mano a trovarla.. ».
Frank sorrise senza nemmeno rendersene conto e si sporse appena verso Lys, sdraiato sul suo stesso letto con tutto l’intenzione di parlargli, lo Scamander lo bloccò alzando gli occhi al cielo.
«Lo so, Frank » commentò sbadigliando, «Quella è la tua ragazza ».
E Frankie sorrise ancora, forse più di prima.
Quanto era felice che quella fosse la sua ragazza..

Hogsmade, I Tre Manici di Scopa, ore 17.53
Il piacere di una burrobirra bollente, il fuoco nel camino a riscaldare l’ambiente familiare e spensierato di quel locale dove aveva riso con i suoi amici e un tavolo lasciato in un angolo, nascosto da un grande albero di Natale su cui brillavano centinaia di luci magiche di tutti i colori, blu, giallo, rosso, bianco..
Jade soffiò sopra il boccale e lo strinse forte tra le mani, le dita gonfie per l’improvviso calore dopo il freddo della neve all’esterno pizzicavano terribilmente contro il vetro smerigliato ma non aveva la minima intenzione di lamentarsi. Alla fine tutti i brividi che la scuotevano, nonostante il fuoco che le scoppiettava affianco e la coperta che le copriva le spalle, erano colpa sua e, come le aveva insegnato la sua mamma, non aveva senso pianger sulle conseguenze dei propri sbagli. Diceva che era un modo di prendersi le proprie responsabilità, soffrire in silenzio e ingoiare il rospo.
Se sua madre l’avesse vista in quel momento le avrebbe come minimo tirato uno scappellotto poi l’avrebbe spronata ad alzare il mento e andare avanti, come faceva ogni volta che lei o sua sorella provavano ad abbattersi per qualcosa. Erinna Greengrass era una donna instancabile, letteralmente, fiera e pragmatica fino all’esasperazione e abituata a puntare sempre e comunque alla realizzazione dei propri obbiettivi, per lei i problemi erano solo qualcosa a cui bisognava trovare una soluzione e non ammetteva mai la sconfitta.
Tutti possono fare tutto, basta volerlo.
Anche Jade la pensava così, in fondo era certa che se avesse davvero voluto non rischiare l’assideramento seduta su una panchina di Hogsmade l’avrebbe potuto fare, era convinta che se davvero non avesse voluto abbattersi per lo stato pietoso in cui versava la sua vita, avrebbe potuto farlo senza problemi.
Ma era depressa e non aveva la forza per imporsi di voler affrontare le sue disgrazie a muso duro.
Così si era lasciata raccattare da un vecchio compagno di scuola che conosceva distrattamente, alla fine, ma che le aveva sorriso gentilmente, che le aveva scritto usando una pergamena magica e che la distraeva dal chiodo fisso che erano diventati Ian, Gwen e il suo essere una sanguisuga sotto spoglie umane. Lo ammetteva tranquillamente anche con se stessa, quando quel pomeriggio di due settimane prima Caleb McDuff le aveva proposto di fare un giro insieme, lei l’aveva visto subito come un tenero e illusorio ripiego. Era simpatico Cal, in un certo senso le piaceva, la faceva ridere, anche se non era Ian.
Soffiò di nuovo sulla schiuma bianca della sua burrobirra e continuò a far vagare gli occhi sulle venature del legno scuro e consumato su cui teneva appoggiati i gomiti. Sentiva Caleb seduto davanti a lei, sentiva i suoi occhi chiari guardarla un po’ preoccupati e sentiva il suo respiro lento e regolare inframezzato dai sorsi di burrobirra che beveva di tanto in tanto.
Si sentiva una bambina beccata a fare qualcosa di estremamente riprovevole, come rompere un vaso della nonna o mangiarsi un vasetto di marmellata con le dita. Si vergognava delle sue occhiaie, della sua faccia da disperata, dei suoi capelli scompigliati..
Non era quello il modo di farsi vedere in giro.
«Mi vuoi spiegare che è successo?» lo sentì chiederle ad un certo punto, con una convinzione così scarsa da far intendere che non si aspettava davvero una risposta, infatti Jade non aprì bocca.
Lo sentì sospirare.
«Ascolta, lo so che non sono uno dei tuoi grandi amici o cose di questo genere» cominciò pacato, «Ma ho qualche anno in più di te e forse, se mi dici cosa è successo, possiamo provare a trovare una soluzione.. così evito di ritrovarti a fare la statua di ghiaccio, cosa ne pensi?».
Jade sorrise appena a quella nota ironica e si decise ad alzare gli occhi: che male poteva farle parlare con lui? Poteva essere un surrogato di Ellie, l’opinione esterna e più obiettiva di cui aveva bisogno.
«Ho fatto una cosa che non si dovrebbe fare» mormorò facendo vagare lo sguardo fuori dalla finestra, «E ora ho l’autostima a pezzi, mezza scuola che mi considera una zoccola e non voglio nemmeno sapere cosa pensino i miei amici.. il mio mondo è crollato e io vorrei sparire tra le macerie ma, ops!» concluse con un certo sarcasmo, «Il mio spirito di sopravvivenza non me lo lascia fare!».
«Mi sembri un po’ fatalista, sai?».
«Non sono fatalista, il mio è realismo ».
«Mi spieghi cosa hai fatto di tanto grave per meritarti il titolo di zoccola? Sai, non sembri quel tipo di ragazza.. ti ricordavo un po’ più giudiziosa in fatto di uomini..».
«Ed è così!» esclamò Jade guardandolo frustrata, «Solo che gli errori li fanno tutti e io.. non so nemmeno se considerarlo un errore solo che.. ad ora sono nella merda e non so cosa fare per uscirne».
«Esattamente, cosa hai combinato?» indagò Caleb assottigliando gli occhi chiari.
«Ho avuto una storia.. con uno dei miei amici solo che.. » si morse il labbro indecisa sul da farsi.
«..solo che..?» la incitò lui e lei lo guardò un istante capitolando, tanto valeva sputtanarsi fino alla fine, no?
Già che abbiamo fatto trenta..
«Solo che lui aveva la fidanzata. Il che » si affrettò ad aggiungere prima che lui potesse dire qualsiasi cosa, «Fa di me l’amante e forse un po’ la zoccola.. ma diciamocelo, la colpa non è stata solo mia, anche Ian c’ha messo del suo! Sicuramente non sono andata da lui e gli ho stampato un bacio in bocca! Ho una morale.. forse sarebbe meglio dire che ce l’avevo, ma comunque non l’avrei mai fatto!».
«Aspetta.. il problema è Ian Clow?».
«Sì.. o meglio.. il problema è che la sua ragazza abbia avuto una scenata isterica nel bel mezzo della Sala Grande e abbia detto davanti a tutti che la loro crisi è tutta colpa mia» sospirò Jade bevendo un sorso dal suo boccale, era così liberatorio parlare di tutto quello con qualcuno di estraneo ai fatti che sentiva i nervi sciogliersi pian piano.
«Ma questa cosa da quanto andava avanti? Tu e Ian, intendo..».
«È stata solo un’estate poi abbiamo deciso di farla finita.. io non volevo essere l’amante e lui non voleva tenere il piede in due scarpe. Gli ho chiesto di scegliere e lui ha scelto la fidanzata » la voce si affievolì appena, «Ci sono rimasta male, parecchio male.. non mi aspettavo che finisse così ed ero convinta che Ian non mi avrebbe mai ferita volontariamente. Comunque ho accettato la sua decisione e mi sono fatta da parte ma le cose non potevano essere come prima, siamo stati stupidi anche solo a pensarlo..».
«Ma tu sei ancora presa da lui? Sentimentalmente parlando..».
«No.. non come prima, almeno. Dopo tutto questo, non potrei..» biascicò Jade sconsolata, convincendosi che quello che aveva provato non era stato altro che delusione, risentimento, amarezza, tutto nato dal fatto che a farle male era stata una persona di cui si fidava.
Caleb non rispose subito, appoggiò la guancia su una mano e la guardò per un po’, studiandola in silenzio. Jade si sentì arrossire.
«Io credo che dovresti dare meno peso a quello che ti dice la gente nei corridoi e un po’ di più a quello che pensi tu di tutta questa faccenda» disse dopo un po’ raddrizzando la schiena, «Dal canto mio, per quel che ti conosco, non me la sento di giudicare così male quello che hai fatto.. certo, non è moralmente corretto e se fossi la fidanzata del tuo amico ti vorrei morta, ma la colpa non è esclusivamente tua e se fossi in lei, prima di prendermela con te, me la prenderei con Ian, è lui che l’ha tradita, non tu» prese un profondo respiro e sorrise, «E ti dirò un’altra cosa, non so chi sia questa fidanzata cornificata ma se lui si è lasciato scappare una ragazza come te è proprio un cretino e può valere qualche lacrima, certo, ma non merita una crisi depressiva, te lo assicuro».
Jade sorrise un po’ di più questa volta, e affondò il naso nella burrobirra ancora calda. Caleb non le aveva detto niente di cui non fosse già consapevole ma sentirlo dalla bocca di qualcun altro era comunque rassicurante.
Finì il suo boccale con un lungo sorso rendendosi conto che fuori ormai era buio e realizzò con uno sbuffo che presto sarebbe dovuta tornare al castello, a Ian e a tutta la sua incasinata vita. Ma il pensiero questa volta, invece di abbatterla, la infastidì e basta, come il beccone di una zanzara. Alla fine il problema sarebbe rimasto lì che lei l’avesse ignorato o meno, tanto valeva andare avanti a testa alta come le aveva insegnato la mamma.
Caleb la osservò un istante, il viso nascosto un poco dai capelli spettinati. Nonostante l’aspetto disastrato, Jade rimaneva molto bella, lei e quella luce di tenacia che le brillava negli occhi anche quando era pericolosamente vicina al crollo, come se fosse incapace di arrendersi davvero. Per questo l’aveva accolta in squadra anni prima, quando era solo una bambina, e per questo sentiva il suo lavoro, agganciarla per conto dell’Ordine e farsi passare informazioni dal castello, sempre meno come un peso e sempre più come un piacere.
Forse, alla fine, si sarebbe davvero innamorato di lei e per questo, quando lei lo ringraziò con un sorriso, ormai sulla porta del locale, l’unica cosa che fece Caleb fu dirle che l’avrebbe aspettata la settimana successiva, all’entrata del villaggio magico, e che sì, poteva tranquillamente considerarlo un appuntamento.










Note dell'autrice:
Buonasera a tutti!!! Ebbene sì, sono ancora viva e mi piacerebbe rimanere tale ancora per un po', quindi vi prego, non linciatemi!! So che sono stata latitante per parecchio tempo e mi dispiace.. tra la poca voglia, il non riuscire a far andare avanti questa storia e le poche recensioni devo dire che mi ero un po' arenata, ma ho promesso che questa storia avrebbe visto la fine e come direbbe Roxanne: quello che dico, poi lo faccio! Quindi eccomi ancora qui con un capitolo che se non altro è bello lungo e spero vi piaccia :)
Come sempre ringrazio chi segue, preferisce e ricorda la storia e soprattutto chi l'ha recensita e mi scriverà qualcosa anche su questo capitolo!!
Ricordo poi che la storia è ancora da definirsi completamente quindi, se c'è qualcosa che vi piacerebbe vedere, se ci sono personaggi di cui vorreste sapere di più o vorreste sapere più spesso DITEMELOOOOO!!! Sono sempre qui!! QUIIIIIIIIIIIIIIIII!!!
Ok, ora smetto di delirare...
Soprattutto mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di Jade e Ian. Vi confesserò che sono i personaggi, secondo me, più umani tra tutti quelli che ho presentato perché non aderiscono proprio ad uno stereotipo sociale, non sono statici, sono un insieme di contraddizioni assurde, il che li rende estremamente difficili da muovere nella storia, ma credo che proprio in questo stia la loro normalità. Insomma, nessuno agisce sempre bene, sempre male, sempre in maniera impulsiva, sempre contando fino a dieci prima di fare qualcosa.. Ma proprio per il loro essere così instabili sto meditando di non farli finire insieme, come invece era nel mio progetto iniziale, come si sarà capito. Credo siano tra i miei preferiti anche per questo e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate: sono veramente indecisa e ho bisogno di un parere esterno che solo voi che avete letto la storia potete darmi!
Bene, credo di aver finito :)

Tanti baci,
Najla



  
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