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Autore: TheStoryteller    05/08/2013    4 recensioni
Dieci anni dopo il suo arrivo a Volterra con l'intento di salvare Edward, Bella ha perso ogni memoria del proprio passato e, vampira, è divenuta parte della Guardia dei Volturi. Offuscata da una coltre di menzogne si appresta ad usare i suoi talenti per regalare ai suoi Signori la vittoria di una guerra della quale non conosce davvero le trame, che la condurrà verso i propri ricordi e alla scoperta di una verità antica che sconvolgerà l'intera Corte di Volterra.
"Fuoco ardente che divampa e divora le membra duttili.
Si ciba di sospiri spenti.
Porta con sé ricordi di dolori e gioie, di risa e pianti.
Due occhi amorevoli mi osservano e poi scompaiono nei meandri del sonno eterno.
Chi sei?
La domanda si dissolve nel buio tormentato di una notte senza ritorno"
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Demetri, Edward Cullen, Isabella Swan, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Scusate il ritardo, ma questioni personali hanno richiesto la mia attenzione altrove. 
I prossimi aggiornamenti dovrebbero essere più costanti.
Questo quarto capitolo è tutto al maschile, troverete un Edward un po' cambiato, provato dal tempo che ha dovuto affrontare senza Bella.
A prestissimo,
Thestoryteller
 
N.d.a. Dovrei aver risolto i problemi di grafica. Scusate!! :)
 
 
 
Volterra, 16 maggio 2016
Demetri
 
 
Alla velocità massima consentita dalla mia Alfa Spider imboccai con una brusca sterzata il bivio che conduceva a Volterra. Lo stridio dei pneumatici sull’asfalto, chiaro segno che stavo già procedendo al limite, non mi impedì di premere l’acceleratore fino al massimo. Affrontai la serie di tornanti in cui si snodava la strada ad un’andatura folle.   
Bella…
Farla mia per tutta la notte non era stato che un piccolo lenitivo alle mie angosce.
I suoi respiri, le sue carezze, i suoi baci non erano riusciti nel profondo a cancellare il terribile senso di inarrestabilità delle ore.
Restava così poco tempo...
Avevo bisogno di distogliere la mente, porre tutta la mia attenzione su qualcosa di diverso da quell’assillante serie di pensieri. Sorpassi un autoarticolato nel pieno di una curva a gomito, guadagnandomi il dissenso tanto del camionista, quando dell’uomo alla guida di una berlina dai colori pastello proveniente dall’altro senso di marcia.
Quei mal di testa…
Strinsi le mani tanto saldamente da far scricchiolare il manubrio e continuai la mia corsa verso il castello, lasciandomi alle spalle soltanto il rombo del motore e una lunga scia di polvere.
 
***
 
Entrai nel palazzo tramite un passaggio sotterraneo, dal quale si aveva accesso dalle fondamenta di una casa abbandonata posta sul retro del palazzo municipale. Marcus mi aspettava nei sotterranei, nella zona più remota dell’immenso sottobosco di sale e passaggi che costituiva le fondamenta di Volterra.
Nell’ottocento quell’area era stata il fulcro della vita di corte, ma adesso versava in un totale stato di degrado. Sfondo di una delle vicende più terribili che avevano segnato la storia della guardia dei Volturi e il dominio di Aro, era stata lasciata a marcire, ricoperta di polvere e muffa.
Quando imboccai il corridoio che conduceva alla piccola anticamera, un tempo sala di lettura privata di Marcus, smisi di respirare, liberandomi dell’inutile pena di inalare il pungente odore di fetido che sembrava prorompere da ogni pietra. Procedetti nel buio completo, orientandomi soltanto con l’aiuto dei ricordi. Chiudendo le palpebre, potevo ancora vedere la cura e lo sfarzo con cui erano arredati quegli ambienti, carichi di tappeti dai colori vivaci e quadri ricercati dalle pesanti cornici dorate. C’erano fiori ovunque e decine di candele profumate che sapevano far dimenticare di trovarsi in un sotterraneo anziché in ariosa villa in campagna.
Didyme avrebbe saputo rendere piacevole anche una prigione…
Superato il corridoio e varcata la soglia dell’ultima porta un rivolo d’aria densa di polvere allontanò ogni sentore di dolcezza abbinato alle mie memorie e mi ricondusse al lugubre scenario del presente.
Strizzai gli occhi, già abituati alla completa oscurità, per fare una ricognizione della stanza.
Un’unica fiaccola illuminava la piccola sala dall’aspetto spoglio. Del bel mobilio di un tempo non era rimasto che un tavolo e qualche sedia coperta da teli bianchi, ingrigiti dalla polvere. I pesanti scaffali, ricolmi di libri antichissimi, trascrizioni a mano dei più arcaici teoremi filosofici, erano ancora là, esposti all’umidità e pronti al disfacimento insieme a tutto ciò che li circondava.
“Credo che non riuscirò mai a visitare questo luogo senza provare un profondo senso di colpa”
La voce di Marcus proveniva dall’angolo più buio della sala. Sostava in piedi, davanti ad una parete vuota, ma che un tempo aveva accolto un bellissimo ritratto della donna che amava.
“Che fine ha fatto?”
“Bruciato” spiegò in un sussurro tanto flebile da indurre il dubbio che provenisse dall’oltretomba. “Come tutto ciò che le apparteneva”
“Mi dispiace” ammisi e mi sforzai di ricordare, senza tuttavia riuscirci, l’espressione sempre gentile di Didyme. Due secoli sapevano essere davvero troppi, anche per la mente di un vampiro…
Per un momento mi domandai se anche per Marcus fosse lo stesso, se il volgere del tempo aveva eroso anche la sua memoria, insieme alla gioia di vivere, fino a rendere il ricordo di lei solo un’ombra sfocata, priva di particolari, irraggiungibile.
“È stato tanto tempo fa…” commentò, come se la questione avesse perso di ogni importanza.
Fui profondamente grato del fatto che Marcus stesse ancora guardando il vuoto innanzi a sé e non avesse potuto scorgere nei miei occhi la profonda pena che provavo nei suoi confronti. Letale, sagace e profondamente rispettoso della vita umana era stato il migliore maestro che potessi avere… Non meritava la mia commiserazione.
“Ho ricevuto il tuo biglietto” disse, facendosi avanti e lasciandosi alle spalle il terreno di guerra che era stato il suo passato. Il suo sguardo era impassibile, come sempre, ma in fondo ai suoi occhi sembrava essersi annidata una nuova e indelebile ombra. “Perché volevi parlarmi?”
“I mal di testa di Bella si sono fatti più frequenti”
“Ha dato segno di ricordare qualcosa?”
“Non ancora”
Aggrottò le sopracciglia, in ricordo di quella che era stata la sua mimica da umano. Assunse un’aria inquieta. “La questione sta diventando preoccupante…”
Mi tornò alla mente la reazione con cui aveva accolto la notizia della mia relazione con Bella. Il sollievo di vedermi finalmente legato a qualcuno era velato da una punta di profonda delusione. Non si aspettava che il ricordo del grande amore che l’aveva legata ad Edward Cullen fosse davvero stato rimosso dalla terribile opera di manipolazione compiuta sulla sua mente.
Gli anni di agonia, rinchiusa nelle segrete del palazzo, costantemente soggetta agli attacchi mentali congiunti di Alec e Jane erano valsi a privarla di ogni memoria. Il suo dono l’aveva naturalmente resa resistente a qualsiasi intrusione mentale e soltanto il denutrimento e l’assenza totale di stimoli erano riusciti ad indebolirla tanto da sgretolare le sue difese.
La fortuna aveva voluto che durante quegli anni fossi assegnato altrove, capitano di una spedizione nel territorio scandinavo a caccia di un clan di potenziali trasgressori. Seppi che era sopravvissuta soltanto al mio ritorno, quando Aro mi diede il compito di istruirla al combattimento e, in generale, alla nostra condizione.  Quando la rividi era talmente debilitata e incapace di sopportare il duro addestramento necessario per entrare a far parte della guardia che, per la prima volta dopo decenni di ubbidienza, mi rifiutai di portare a termine i comandi che mi erano stati impartiti, pregando di essere impiegato in un altro incarico. La mia richiesta fu respinta e l’insubordinazione magistralmente punita…
“Hai informato Aro?” domandò Marcus, riportandomi al presente. “Sta organizzando una campagna in Canada. Se intende far partecipare anche Bella, è importante metterlo al corrente delle sue condizioni. Quei mal di testa potrebbero metterla in pericolo”
“È ciò che ho fatto, ma ha dato segno di non prendere seriamente la questione”
La frustrazione che avevo provato quando, dopo aver tradito la promessa di silenzio fatta a Bella, mi ero visto rivolgere un sorriso abietto e chiedere quale fosse il problema, si infiammò nuovamente dentro di me, iniziando a strepitare come un fuoco lento e pericoloso.
Aro aveva intenzione di inviare in Canada un gruppo ristretto di guardie, istruite a procedere secondo una strategia fondata sulle capacità di protezione di Bella. L’aumento di frequenza delle sue emicranie costituiva un grande pericolo per la sicurezza di tutti quanti, senza contare che avrebbe messo a rischio il buon esito dell’intera operazione.  
Marcus era sinceramente costernato. “Non ha alcun senso” valutò. “Le condizioni di Bella potrebbero determinare il fallimento della spedizione, nonché la perdita di importanti elementi della squadra… La sua partecipazione, infondo, non è utile più di altre volte in cui ne è stato fatto a meno. Perché rischiare?”
Lo guardai negli occhi e con tutta la calma di cui ero capace gli rivelai il particolare che per spirito di negazione gli avevo taciuto fino a quel momento. “Il Clan del Nord verso cui, da mesi, stiamo catalizzando la nostra attenzione è composta da una rete di famiglie accumunate dalla recente tendenza di aderire ad un nuovo stile di vita. Sono integrati con gli umani e si nutrono di sangue animale. Immagino sia superfluo chiarire a quale particolare famiglia fanno riferimento…”
Dalla sorpresa che scorsi nei suoi occhi mi resi conto che Marcus ne era totalmente all’oscuro. “Di cosa sono accusati?”
“Ufficialmente? Di cospirare contro Volterra, fraternizzare con gli umani, rivelare l’esistenza della nostra natura, generare razze miste. L’elenco è piuttosto vario…”
“Avrei dovuto aspettarmelo” si rimproverò. “Aro ha sempre avuto un’ossessione per la famiglia di Carlisle. La loro unione è sempre stata peculiare. La terribile lotta che hanno dovuto affrontare per reprimere la loro natura predatoria ha consentito loro di sviluppare una coscienza molto simile a quella umana, nonché stringere rapporti di natura più stabile rispetto a quelli tra i normali vampiri. Aro li ha sempre visti come una minaccia…” spiegò con pazienza. “Cosa sa Bella di tutto questo?”
“Ho tentato di tenerla all’oscuro quanto possibile, ma Jane le ha accennato qualcosa…”
“Quella malefica ragazzina”
“Non ho voluto indagare troppo. Puoi certamente comprenderne il motivo…”
L’immagine stravolta di un vampiro dai capelli ramati trattenuto a terra dalle terribili torture di Jane intanto che il corpo privo di vita dell’umana che amava gli veniva strappato dalle braccia e dalla vista attraversò i miei pensieri e, quasi sicuramente, anche quelli di Marcus. “La determinazione di Aro nel far partecipare Bella alla spedizione non può essere casuale. Vuole recapitare un messaggio ai Cullen”.
“Senza dubbio” convenni. “C’è, tuttavia, qualcosa che mi sfugge. Far scontrare Bella con vampiri che praticano una dieta alternativa, considerato anche lo stato preoccupante delle sue emicranie, potrebbe indurla a riacquistare la memoria. È una realtà che ha già conosciuto e potrebbe stimolare la sua mente… Che senso potrebbe avere? Finirebbe per tradire la causa di Volterra e il vantaggio che Aro crede di avere sui Cullen sarebbe perduto…”
Marcus annuì, condividendo quella conclusione. “A meno che…”
Fu solo un attimo, ma ebbi l’impressione di vedere nel suo sguardo una smorfia di terrore, presto sfumata in una posa di concentrazione.
“Cosa?” domandai, intimandolo di terminare la frase.
Marcus si trincerò in un lungo silenzio meditativo. “Ho bisogno di riflettere e di ottenere qualche informazione”.
 
 
Seattle, 16 maggio 2016
Edward
 
 
Lo sguardo affettuoso che mi riservò Carlisle appena fuori dal gate fu una prova che lungamente avevo temuto di affrontare, ma alla quale mi trovai preparato.
“Bentornato figliolo”
Già una volta avevo visto il suo viso animato da quell’espressione, quando tanti anni prima ero tornato a casa dopo un periodo trascorso a disconoscere i suoi insegnamenti, seguendo uno stile di vita più consono alla mia condizione e che non contemplasse alcuna privazione. Era trascorso molto tempo e, allora, esisteva ancora nel mio animo qualcosa da recuperare…
Le circostanze adesso erano ben differenti.
Alcun giustificabile istinto di protezione paterna o promessa di scuse avrebbe potuto cancellare il ricordo di quella notte di sette anni prima, del momento in cui l’uomo che, più di ogni altro, era detentore della mia fiducia mi aveva pugnalato alle spalle, giustificando il tradimento terribile di una sorella e amica.
Quanta falsità poteva annidarsi nella promessa di essere una famiglia.
Eravamo vampiri, anime dannate destinate alla vita eterna, non morti. Chiunque ci amasse era perito da decenni, troppi per consentirci di ricordare quale fosse un legame fraterno o parentale.
La nostra era solo finzione, una pessima commedia ideata per ingannare gli umani, pensata per ingannare la solitudine, garantirci reciproca protezione, perseguire una comunanza di interessi.   
“Non avresti dovuto disturbarti a venire” convenni, senza incedere ad alcun sentimentalismo. “Come già Alice avrà potuto prevedere, non sono tornato per restare”.
Carlisle non parve turbato dalla durezza delle mie parole. “Posso solo immaginare il motivo per il quale sei tornato… avremo modo di parlarne nei prossimi giorni. Per il momento permettimi che ti accompagni in città” si offrì, lasciandosi andare ad un sorriso che sembrava una richiesta di tregua.
Nel parcheggio dell’aeroporto ci attendeva una Mercedes dai vetri scuri. Posai la valigia vuota, portata soltanto ad onor di forma, nel bagagliaio e presi posto accanto a Carlisle nel sedile anteriore. “Alloggio al Plaza, ma immagino che tu già lo sappia”.
Carlisle non rispose alla provocazione. Mise in moto, uscì dal parcheggio e imboccò l’autostrada, diretto verso il centro di Seattle. “Negli ultimi anni le capacità precognitive di Alice ci hanno regalato le uniche notizie che avevamo di te o, almeno, la certezza che tu fossi ancora vivo. Puoi biasimarci per avervi fatto ricorso?”
“Sono più incline a credere che il tuo intento fosse di tenermi d’occhio, non è vero padre?” valutai, pronunciando quest’ultimo appellativo in una cadenza dispregiativa. “Così, all’occorrenza, avresti sempre potuto mandare Jasper ad impedirmi di fare sciocchezze”
“Dopo tutto ciò che hai visto negli ultimi anni, la vita che hai condotto, le cose che hai imparato, scoperto, assaporato, credi davvero che abbia commesso un errore a tentare di salvarti la vita?”. Lo sguardo era ancora rivolto alla strada, impassibile, ma dalla voce traspariva una punta ineludibile di speranza.
Sorrisi apertamente, provando pena per l’uomo che avevo vicino.
Il percorso che mi ero apprestato a compiere non era volto alla mia rinascita, ma alla mia distruzione. Avevo pellegrinato per il vecchio continente, riscoprendone la storia bellica e l’impronta che la presenza dei vampiri aveva giocato nell’evolversi degli eventi, avevo attraversato l’oriente per apprendere nuove forme di combattimento, una nuova filosofia di vita che mi fornisse la concentrazione necessaria a perseguire uno scopo apparentemente irrealizzabile: distruggere l’imperio dei Volturi.
Avevo conosciuto la tortura, la privazione, la guerra.
Avevo percorso tutti i livelli della meditazione, acquisito piena consapevolezza di ogni abilità fisica e mentale.
Mi ero sottoposto all’arte della seduzione, sperimentato ogni forma d’amore fisico, così da privarlo di ogni potere di condizionamento.  
Avevo stretto alleanze, posto le basi di amicizie profittevoli quanto pericolose.
Mi ero preparato alla vendetta ed a morire tentando di realizzarla.
“Se per un solo momento hai creduto di potermi salvare, sei stato un folle” commentai con scherno. “Il figlio che con tanta ipocrisia hai cresciuto è morto tanti anni fa in Italia”.
   
 
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