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Autore: Ilune Willowleaf    14/02/2008    8 recensioni
Lina, la Panna; Gourry, la Crema. Alla fine di Next, quando il gruppo si scioglie, rimangono solo loro due, un cabaret di paste, e i loro sentimenti da chiarire. Dedicato a Fre-chan, e a tutte le amiche e gli amici dello Slayers Again Site, per un dolcissimo San Valentino!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PANNA E CREMA
PANNA E CREMA
Una fic LinaxGourry di Ilune, dedicata a Fren-chan! Buon San Valentino a tutti!!! Fidanzati felici, fidanzati separati dalla triste causa degli esami, single in cerca di affetto, a tutti tutti!
Prima Martina, e Zanglus. Poi Xelloss, non che mi sia dispiaciuto vederlo andare via, la sua presenza rende Lina troppo nervosa e pericolosa. Ora, anche Zelgadiss e Amelia avevano preso la strada per Saillune. Probabilmente Zelgadiss l’avrà mollata a metà strada per correre dietro a qualche indizio per la sua cura.
Certo che c’ha le fette di salame sugli occhi…
Non che io possa dirmi di meglio di Amelia, dato che conosco Lina da più tempo di quanto lei non conosca Zelgadiss, eppure, solo ora ho avuto il coraggio di affrontare la questione di petto. Forse, anche Amelia riuscirebbe a chiarirsi con Zelgadiss, se viaggiassero soli soletti per un po’.
Beh, io Lina non l’ho ancora affrontata.
Stasera.
Lina è così reticente quando si tratta di noi due, e di noi due di fronte ai nostri amici in particolare, che finora non avevo proprio avuto il coraggio di affrontare la questione.
Li salutammo con la mano finché non scomparvero oltre la curva.
-Beh? Che facciamo adesso?- chiesi.
-Intendi, oltre a uscire da Zoana prima che mi venga la saturazione da sovraesposizione di Zoalmelegustar?- mi rispose Lina, con una piccola smorfia rivolta a uno degli onnipresenti simboli di Zoana, il Grande Golem Zoalmelegustar.
-Umh, si, più o meno…-
-Che ne dici di andare a caccia di banditi?- fece lei giuliva.
-Lina…-
Più che colui che protegge Lina dai cattivi, mi ritrovo ad essere colui che protegge il mondo da Lina. Ma ci si fa il callo, dopo un dragonslave o due.
-Dai, solo un pochino…- mi implorò, con quegli occhioni stellati da fanciulla (ruffiana) -Ti ricordo che non abbiamo più un centesimo, quindi se stasera vuoi cenare, almeno fammi la cortesia di, non dico batterli, ma almeno aiutarmi a trasportare il bottino!-
Sospirai. Tanto non potevo averla vinta, quando decideva di andare a caccia di banditi.
-Va bene, verrò con te… ma solo per evitare che dei poveri banditi, oltre che derubati, vengano anche carbonizzati!-
-Ehi, non è vero!-
Uno dei soliti battibecchi. Siamo fatti così, se lei non mi chiama “cervello di medusa” almeno una volta al giorno, salvo casi di estremo pericolo, comincio a preoccuparmi.
Ci avventurammo per la strada, coperta dopo poco da una fitta foresta, habitat naturale delle prede preferite di Lina.
Se vi state chiedendo se ho battuto la testa per parlare così, no, non l’ho battuta, non più del solito, per lo meno. Lo ammetto, di magia non ci capisco un’acca. Ma, per il resto, sono un mercenario mica male, il mondo lo conosco… forse anche meglio di Lina, per certe cose.
Ma non diteglielo. Sapete, no?, com’è orgogliosa…
La foresta l’attraversammo relativamente in fretta, considerata la quantità di oro che Lina aveva “gentilmente preso a prestito” da una sfortunata banda che ci avrebbe pensato due volte, d’ora in poi, prima di importunare “innocenti e graziose fanciulle” (anche se “piatte ladre maghe assassine” era la definizione che i ladri avrebbero trovato più corretta!).
Il paese successivo era sempre nel regno di Zoana, ed era in festa per il matrimonio della principessa Martina, però c’erano meno mascheroni di Zoalmelegustar, e ormai la sera stava calando: era consigliabile trovare un paio di stanze in un posticino carino e prenotare un tavolo.
Antipasti, tris di primi, bis di secondi, formaggi, frutta e dolce… il solito menù, solita scena dei soliti ristoranti. “Mi porti questo, questo, questo e questo, tripla porzione”, “Mi porti tutto, da qui a qui”. Io e Lina nella solita lotta all’ultima forchettata.
Le porzioni erano particolarmente abbondanti, quindi una volta arrivati al dolce, eravamo relativamente sazi, e attaccammo le due coppe di dessert più per golosità che altro.
Lina affondò il cucchiaino tutto lavorato nella coppa di semifreddo di mandorle, oltrepassando lo strato di panna, e sollevando una piccola torre di semifreddo coperta da uno sbuffo di panna.
-Questo - proclamò serissima -è il migliore semifreddo che ho mai assaggiato!- dopo il primo boccone.
Sorrisi, mentre prendevo in mano la mia coppa di tiramisù.
Aveva uno sbuffo di panna sul naso.
Era così carina, sembrava una bambina, in quel momento, con quell’espressione concentrata nel gustare il semifreddo.
Eppure, lo so bene, non è una bambina. Non lo era nemmeno quando la incontrai per la prima volta, e si che la scambiai davvero per una bambina, lì per lì. Anche se ci misi poco ad accorgermi che era una ragazza piccola e minuta, e non una bambina smarrita. Però è divertente prenderla in giro, almeno fino a un certo punto. “Ti sei smarrita, piccolina? Dov’è il tuo papà? E la tua mamma?” Capii solo molto tempo dopo, che allora l’angelo della morte mi aveva sfiorato con le sue ali.
Devo essere diventato familiare, all’angelo della morte. Mi viene a trovare ogni volta che faccio una battuta sulle forme di Lina, per far pari con le sue sulle mie presunte assenti capacità cerebrali.
In fondo, io sono stupido tanto quanto lei è una bambina!
E io non sono stupido.
Quindi lei non è una bambina. È una giovane donna a volte aggressiva, a volte timida… anche se la sua timidezza spesso si manifesta in “delicate carezzine” come quel pungo che mi ha rifilato l’altro giorno, su quella colonna!
Ma credo - spero - sia stato solo perché si è ritrovata tra le mie braccia, di fronte a tutti i nostri amici.
Perché no, non ci credo che non ricorda nulla.
A volte, i nostri sguardi si incrociano. E, per un istante, un fuggevole momento, so che lei sa.
E in quel fugace istante, il suo sguardo cambia, diventa più dolce, sognante quasi. Istanti rari, e preziosi.
Stavo divagando pensando a queste cose, fissando il suo volto sporco di panna.
-Uh? Che c’è? Ho qualcosa sulla faccia?- mi chiese, bofonchiando, perché aveva il cucchiaino in bocca.
Eravamo in un separè, divisi dal resto della sala da un paravento di legno ad altezza testa. Non c’erano i nostri amici. Qualche occasione!
Mi allungai verso li lei, baciandole la punta del naso, e portandole via la panna con cui se l’era sporcato.
-Ora non più. -
Di fronte ad Amelia e Zelgadiss non l’avrei mai fatto. Cioè, sono troppo giovane per morire.
Ma proprio perché eravamo andati così vicini alla morte… peggio, ero andato così vicino a perderla per sempre, appena tre giorni prima, ero stranamente risoluto.
Prevedibilmente, arrossì, interdetta, troppo sorpresa per muoversi.
Poi mi allontanò con una manata. Wow. Mi ero aspettato il cazzotto, invece, mi scostò, con fermezza ma senza eccessiva violenza.
-Gourry! Cosa… non… cioè, che fai? Ci vedono tutti!-
-No: siamo ben nascosto dal separè. - ah, adoro avere ragione, quando discuto con Lina!
Dovette tacitamente ammettere che avevo ragione.
-E poi, avevi della panna, e te l’ho tolta. Se ti sparpagli il dessert su tutta la faccia, poi la gente pensa che sei una bambina!-
-Ah si, eh? La pagherai per questo!- sogghignò.
Lesta come un fulmine, il suo cucchiaino affondò nel MIO tiramisù, rapendone una considerevole porzione, che sparì nelle misteriose voragini del suo stomaco. Sul serio, non mi sono mai spiegato dove mettesse tutto il cibo che ingurgita. Forse è la magia che le fa smaltire tutto.
-Ehi! Questo non è leale!-
Tanto per pareggiare i conti, fu il suo semifreddo, ora, a subire incursione nemica. Per la cronaca, era delizioso.
Finimmo col dividerci i dolci, nella lotta all’ultima posata per conservare il proprio e attaccare quello dell’altro.
Rimaneva nella mia coppa un po’ di crema. Lina la acchiappò con abile mossa.
-Ehi, non vale! Ti sei mangiata quasi tutto il mio dolce, mentre io ho assaggiato appena il tuo!- protestai, più per una questione di principio che altro. Con quel che Lina aveva sottratto ai banditi, potevamo ordinare tutta la teglia, ti tiramisù!
-Alle donne e ai bambini non si nega mai nulla!- protestò, tentando di puntare alla mia cavalleria.
-Tutto sta a vedere se ti collochi nella prima o nella seconda categoria!- le lasciai prendere il rimasuglio di crema. Ma solo perché arrivai all’ultimo boccone di semifreddo. Quello con la panna e tutta la granella di meringhine. Solo quando l’ebbi ingoiato, mi resi conto che Lina doveva esserci rimasta male. Non è abituata a non avere l’ultima parola, o l’ultimo boccone, a tavola.
Mi mise il muso per un po’, ma eravamo ormai troppo pieni per ordinare altri due dolci e proseguire il match. Per lo meno, io.
Dopo aver oziato un po’ a tavola, e notavo che ogni volta che cercavo il suo sguardo lei arrossiva e trovava interessantissimo il soffitto, o la tavola, o le sue unghie, lei annunciò che era stanca per la lunga camminata, e che andava a dormire presto.
Io rimasi ancora un pochino lì. Mi si avvicinò il cameriere/padrone della locanda.
-L’appuntamento è stato un buco nell’acqua, amico? Dai, ti offro un bicchierino, in questi casi è meglio berci su!- mi disse, mettendo sul tavolo una bottiglia e due bicchieri.
Si versò una generosa dose di un liquore scuro, e fece altrettanto con me.
Ringrazia con un cenno del capo.
-No, non era un vero e proprio appuntamento. Lina e io… viaggiamo assieme da molto tempo. Era solo una cena assieme. -
-Davvero? Ah, adesso quadra. In effetti, eravate un po’ troppo movimentati, per essere una romantica coppietta. Se n’è andata offesa, eh? Io fossi in te le correrei dietro a chiederle scusa. È davvero troppo carina per lasciarsela scappare!-
Ma quanto era impiccione! Oltretutto… il pensare che qualcun altro, oltre a me, vedesse in Lina una giovane donna, e non una bambina con gli occhi grandi, mi dava una sensazione… strana. Gelosia? Si, probabile. Anzi, certo. Come quella volta che aveva finto di sposarsi con quel damerino, per aiutarlo contro una strega… com’era bella… lì mi resi veramente conto che Lina non era una bambina, ma una bellissima ragazza.
Mi alzai. -Grazie per la bevuta. - feci. Un grazie, mi ha insegnato mio nonno, apre spesso più porte di una mancia.
Il liquore era un amaro di erbe. Era buono, ma dopo un dolce come il semifreddo o il tiramisù, sembrava ancora più amaro. Avevo la bocca troppo amara.
Mi venne di colpo l’idea migliore che avessi avuto da diverse settimane a quella parte.
-Mi dica - feci sorridente -C’è mica una pasticceria aperta a quest’ora, in zona?-
Il tipo rise, e mi scribacchiò su un pezzo di carta che aveva visto tempi migliori una cartina.
Ho affrontato draghi, demoni, mostri, paesani infuriati dopo i dragonslave di Lina, dark lords, principi giustizieri con l’aspetto di banditi di montagna, e lo sa il cielo cos’altro mi attenderà in futuro. Insomma, il peggio del peggio.
Eppure, adesso esitavo dinnanzi a quella porta di legno.
Alla fine, trovai il coraggio di bussare.
Attesi per alcuni, interminabili istanti, prima di osare abbassare la maniglia.
Era chiusa a chiave.
Era chiusa, e Lina non rispondeva.
Mi sentii un cretino, con quel vassoietto di paste in mano.
Probabilmente già dormiva.
Me ne tornai in camera, sospirando.
Accidenti, Lina, come deve fare uno per compiacerti?
Abbassai la maniglia della mia stanza. L’avevo scordata aperta, quando avevo depositatola mia roba. Tanto non c’era nulla di interessante, a parte pigiama, spazzolino da denti e spazzola per capelli. I soldi li tiene Lina, a parte qualche spicciolo che tengo in tasca, e la Spada di Luce, se non me la porto anche a letto, poco ci manca!
Umh, a dire il vero, me l’ero portata a letto, legandola con uno spago al mio collo, all’inizio,quando Lina vi mirava…
Dicevo, aprii la porta, e chi ci trovai dentro?
Lina sobbalzò al rumore della porta che si apriva, si voltò verso di scatto verso di me.
-Che ci fai qui?- le chiesi, genuinamente stupito.
Lei incrociò le braccia.
-Ero venuta per scusarmi per prima, ma visto che tu te ne sei andato a spasso…-
-Scusarti per cosa?- feci, fintamente dimentico.
Continuava a tenere le braccia incrociate sul petto, ma abbassò lo sguardo verso il pavimento. Era imbarazzata. Non era abituata a chiedere scusa.
-Per lo spintone. Quando mi hai…- si indicò il naso -Non sono stata carina…-
AIUTOAIUTOAIUTO!!!
Il mondo sta per finire!
Lina Inverse che mi chiede scusa!!!
Rimasi basito per alcuni istanti.
-Dettoquestoiotornoincameramia!- disse precipitosamente. La fermai, posandole il cabaret sulla testa.
-E mi lasci tutto solo a mangiare tutte queste paste? Le avevo prese per tutti e due, da solo non so se riuscirei a finirle…-
Mi guardò, sospirando.
-Oh, Gourry…-
Tante persone mi chiamano per nome. Ma come lo dice lei… quando lo dice così…
Le deposi in mano il pacchetto, armeggiando con il lume a olio per fare luce.
In pochi istanti, una calda luce dorata riempì la stanza. Lina aveva chiuso la porta, e si era seduta sul letto, scartando il pacchetto.
Poggiai la lampada sul comodino, dietro di lei. La luce le creava attorno un alone d’oro, che rendeva i suoi capelli simili a una fiamma color rame.
Notai solo in quel momento che aveva lasciato in camera, oltre al suo mantello e agli spallacci, i guanti, la fascia che le comprime il seno (poi non si lamenti se dicono che è piatta!), e gli stivali. La maglia aveva i bottoni del colletto slacciati, e lasciava vedere un bel tratto di collo e un po’ di scollatura.
Forse, si stava per mettere in pigiama, quando aveva deciso di venire a chiedermi scusa.
Mi aveva aspettato. Meno male, sennò non avrei trovato neanche le briciole!
Prese un cilindro di cialda coperta di cioccolato, pieno di panna montata, aspirando avidamente la panna, prima di sgranocchiare la cialda.
-Che buono!-
Sorrisi, a quell’entusiasmo infantile. Si, erano davvero buone.
Erano paste mignon. Una, un boccone. Due, se te la gustavi a morsettini.
Il bigné al cioccolato mi sporcò la bocca, e Lina rise, pulendomi col dito l’angolo della bocca.
-Così siamo pari per la panna di prima. - mi disse, succhiandosi il dito.
Le sorrisi. Qualche cestino di frutta e qualche bigné assortito sparirono in quei momenti di silenzio.
-Lina…- -Gourry…-
Ci guardammo per un istante, scoppiando poi a ridere.
-Prima tu. - mi disse, agguantando una coppetta di cioccolato a forma di tazzina, colma di crema al caffé. Si, mi ero sbizzarrito nel prendere le paste più strane.
-Ecco io… volevo chiederti perché fai così.-
-Così come?-
-Che fai finta di nulla. Non ci credo che tu non ricordi, quello che è successo dopo che tu non eri più tu, contro Phibrizio. –
Non mi ero neanche accorto che le avevo preso una mano nella mia. Sentii le sue dita intrecciarsi alle mie.
-Non è che non ricordo… è che…- arrossì, fino a diventare quasi del colore della sua tunica. Mi chiedo quante siano le persone che sono mai riuscite a farla arrossire così. Mi piace pensare di essere l’unico.
-È che mi vergogno. - disse con un filo di voce -La mia fama… sai, di maga senza paura, coraggiosa, indipendente… E poi ho sempre trovato le coppiette pomiciose per strada davvero imbarazzanti da guardare, e-
-Dì piuttosto che ti vergogni da matti di fronte ad Amelia e a Zelgadiss. - le dissi, alzandole il volto con due dita. Eravamo vicini, il vassoio semivuoto spinto da una parte. Un miracolo che non abbia imbrattato le coperte di creme pasticcere.
-Ma quando siamo da soli, ti vergogni lo stesso?- le chiesi, sfiorandole le guance. Erano bollenti. -Oppure, posso abbracciarti, senza temere una mascella rotta?-
-Sciocco!- mi spinse con l’indice sulla fronte, allontanandomi un po’. Confesso che fui un po’ deluso dal suo comportamento.
Salvo poi, in quella luce bassa e dorata della lampada, vederla avvicinarsi di più, e abbracciarmi.
-Sciocco. Se siamo da soli va anche bene…-
La strinsi a me.
Non capisci l’importanza delle persone che hai accanto finché non le perdi. E io sono stato tanto fortunato da averla riavuta indietro, dopo che qualcosa di troppo alieno e troppo grande per la mia povera mente di spadaccino me l’aveva portata via.
Per questo, mi ero ripromesso di non lasciare più che le occasioni mi sfuggissero via dalle dita.
Se Lina voleva tenere nascosto ai nostri amici quello che, ormai era chiaro, c’era tra noi, liberissima, l’avrei accontentata.
Ma in quel momento, eravamo solo noi due.
La sentivo bollente tra le mie braccia, calda come una fiamma, come la luce della lanterna dietro di lei.
E morbida.
Se solo smettesse di fasciarsi il seno!
Certo, non sarà mai ai livelli di Amelia, ma crede che io sia tanto superficiale da guardare solo il suo corpo? È davvero un misero uomo, colui che s’innamora della sua bella solo perché, appunto, con un bel davanzale.
Questo suoi capelli di fiamma, ad esempio, attirano e affascinano molto più degli… “occhi” che molti uomini fissano (non nel suo caso).
Li stavo baciando quei capelli di fiamma, con quel profumo tutto loro, quando mi trovai, al posto dei capelli, ben altro sotto le labbra.
Le labbra di Lina.
Evidentemente, aveva deciso che, almeno in privato, poteva lasciarsi andare.
Non c’è bisogno che vi descriva nei dettagli quei baci, vero? Anche perché, se Lina scoprisse cosa vi sto dicendo, probabilmente mi farebbe percorrere la Penisola dei Demoni di corsa, schivando i suoi DragonSlave. Mai fare arrabbiare una donna.
Insomma, eravamo lì che ci baciavamo, e se da una parte avrei voluto andare anche oltre, dall’altra mi rendevo perfettamente conto che Lina non è una che si posa spingere a certe cose senza che sia lei, a fremere per farlo.
La sentii muoversi per mettersi un po’ più comoda, perché era allungata in una posizione davvero impossibile, e credo che avesse anche il mio ginocchio piantato da qualche parte in un posto scomodo, quando la sentii staccarsi da me, e imprecare, perché aveva messo una mano sul vassoio di paste, ritirandola tutta sporca di una miscela di panna, cioccolata, crema e briciole di sfoglia.
Se la guardò interdetta, indecisa se pulirsi con qualcosa o leccare direttamente via il tutto.
La prevenni io, baciandole via, stavolta dal palmo, un corposo ricciolo di panna. Arrossì, ma non si ritrasse.
Mi tornò in mente come mia nonna faceva la panna montata, per i dolci, e sorrisi al pensiero.
-Che c’è da ridacchiare?- mi fece lei, già pronta ad offendersi.
-Nulla. Stavo pensando a come viene fatta la panna montata. –
Delle ultime due paste, Lina aveva agguantato l’ultimo dei tre cannoli pieni di panna, e se l’era portato alle labbra.
-E come?-
-Si prende la panna, ci si mette lo zucchero a velo, e si sbatte finché si monta. – l’altra pasta la salvai in corner io: crema. –A pensarci bene, sei come la panna montata. –
-Eh?-
È divertente, per una volta, vedere Lina perplessa per qualcosa che ho detto io!
-Certo. Vedi, la panna è liquida, e dolciastra, e può diventare acida. Però, se ci metti un po’ di zucchero e tanta pazienza, diventa soffice e morbida!-
Eravamo di nuovo vicini. Vicinissimi.
E della panna le era caduta sul collo, tra le clavicole, come un invitante fiore appuntato lì.
Solo un’ora prima non l’avrei fatto. Ma, forse, in quel momento ero particolarmente incline al suicidio.
Fattostà che la abbracciai, e le baciai il collo, lì dove c’era la panna, continuando poi a scendere giù.
Già mi preparavo a incassare chissà quale colpo dolorosamente mortale.
Invece, la sentii prima irrigidirsi, poi rilassarsi tra le mie braccia. Non opponeva resistenza, e sentivo il suo respiro sui miei capelli. Mi aveva abbracciato la testa.
Forse… e dico forse…?
Ma quando arrivai a sfiorarle i seni, la sentii di nuovo irrigidirsi, e respingermi. Gentilmente, però
-Tu invece fai come la crema… che va consumata in fretta, vero?- mi chiese, rossa.
Spero solo non si chieda mai come, dove, quando e perché ho acquisito esperienza anche in altri campi oltre all’uso della spada. Non vorrei che si facesse l’idea che amo andare con la donne facili.
Ok, c’è stato un periodo… ma avevo sedici anni, soldi in tasca ed ero circondato da ragazze affascinate dal “cavaliere-biondo-con-modi-gentili”. Comunque, quello è un capitolo chiuso della mia vita.
Ora nella mia vita c’è solo questo candelotto di dinamite rossa, ripieno di panna montata.
-Ti chiedo scusa, honey. Solo quando tu sarai pronta. - le dissi, col mio miglior sorriso.
Però, lei si allontanò un poco da me, chiudendosi la maglia, così, an passan.
-Scusa, è che ancora io non…-
-Tranquilla. Andiamo coi tuoi ritmi. - le accarezzai i capelli.
La vidi sorridere, e, oh, non credo che nessun uomo oltre a me (e forse suo padre, ma non conta) abbia mai visto quel suo sorriso dolce e riconoscente.
-A volte mi chiedo come mai una panna acida come me stia con una crema gialla e dolce come te. -
-Oh, ma a volte la crema impazzisce,e allora per rimetterla a posto, ci vuole un goccio di limone!-
Questo mi guadagnò una cucinata in faccia. Piano, però.
-Allora sarei un limone?-
-Solo qualche volta!-
Ridemmo, assieme, come abbiamo fatto tante volte assieme, prima, durante o dopo un bisticcio.
-Allora… io vado in camera mia… a dormire. – mi annunciò, alzandosi.
-Buona notte. – le augurai.
La vidi arrivare fino alla porta, ogni passo più esitante. Io non mi ero mosso dal letto. Non volevo correrle dietro. Poteva interpretare ciò come una spinta a qualcosa per cui non si sentiva pronta.
Aveva la mano pulita sulla maniglia. E la mano ancora sporca dei rimasugli del vassoio di paste vicino alla bocca.
Leccò via un po’ di crema, che era finita sulle punte delle dita, e rimase lì, per un attimo, ferma.
Poi, si voltò, e tornò di corsa da me, abbracciandomi e baciandomi molto, molto appassionatamente
E poi, scusate, ma questi sono fatti privati ^_^
Parlando di paste, sapete come si fa la crema chantilli? Mescolando crema e panna montata…
  
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