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Autore: Ranessa    04/10/2004    6 recensioni
Due amici di vecchia data. Una panchina, il primo incontro dopo quindici anni e il primo incontro in quel parco dove le loro vite sarebbero state cambiate per sempre... E loro ancora non lo sapevano...
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lucius Malfoy, Rodolphus Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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[ Tears ]


E' la sera del giorno
Io sto seduto e guardo i bambini giocare
Vedo visi che sorridono
Ma non a me
Io sto seduto e guardo
Mentre le lacrime scorrono
La mia ricchezza non può comprare tutto
Voglio ascoltare i bambini cantare
Tutto ciò che sento è il suono
Della pioggia che cade sulla terra
Io sto seduto e guardo
Mentre le lacrime scorrono....

“As tears go by”, Rolling Stones


E' in ritardo.
È sempre stato in ritardo.
Un tempo odiavo quando faceva così, quando ti lasciava ore ed ore ad aspettare intorpidito su una stupida panchina bagnata con il vento nelle ossa e poi si degnava di arrivare, con quel sorriso storto che gli incurvava le labbra e la sigaretta in mano, sospesa a mezz'aria; ti alitava qualche rapida parola alla nicotina in faccia, parola che non era mai di scusa, e poi rideva, con quella risata così strana che è sempre stata solo sua e che nessuno è mai riuscito a definire.
Però non gli ho mai detto niente.
Ad ogni modo oggi non avrei nulla di cui lamentarmi, lo aspetto volentieri, l'attesa mi permette di pensare. A me, a lui, a noi, al passato e al futuro, a tutte quelle piccole cose che da giovani si danno sempre per scontate e che poi ci ritroviamo quasi inevitabilmente a sognare e rimpiangere ogni notte, maledicendoci segretamente per tutte le pene che noi stessi ci siamo inflitti... Penso a come sarà rivederlo dopo tutto questo tempo, se arriverà sorridendo e mi chiederà una sigaretta, come faceva sempre anche se sapeva benissimo che io non fumavo, oppure se sarà pazzo e si rifiuterà anche solo di riconoscermi. Però questo incontro l'ha voluto anche lui, noi due, soli, qui, al parco. Perchè lo so che il mio maniero è sorvegliato dagli uomini di Silente e con l'Oscuro nella stanza affianco non ce l'avremmo mai fatta.
Intanto inganno l'attesa guardando i bambini che giocano a rincorrersi sotto la pioggia come le foglie d'autunno, ascolto il vento che fa a gara con gli uccellini, voce possente e solfeggi melodiosi, e il rumore delle gocce che si infrangono a terra, mentre con la coda dell'occhio scorgo anche gli ultimi raggi del sole che tramontano lentamente dietro alla collina...
Ormai è la sera del giorno.
E lui è in ritardo.

L'ultima, la prima, volta che ci siamo incontrati qui avevamo solo diciassette anni. Eravamo ancora ragazzini spaventati dal mondo anche se non eravamo disposti ad ammetterlo e volevamo solo dimostrare agli altri che anche noi potevamo costruire qualcosa di grande. Così ci siamo incontrati qui per parlare anche allora. Sedevamo su questa stessa panchina e c'erano sempre i bambini e quella volta, mentre lo aspettavo, ascoltavo cantare loro, perchè il rumore del vento non c'era e quello della pioggia nemmeno.
Perchè la pioggia non arriva prima del temporale.

Lo vedo arrivare ancor prima che lui sia in grado di scorgere me seduto sotto al salice.
Si avvicina lentamente, con un passo che potrebbe essere quello di un vecchio avvizzito o di un bimbo ancora troppo incerto. Si fa strada in mezzo ai bambini, sembra quasi intimorito e quando li supera loro si girano, lo guardano incuriositi, lo indicano ghignanti. Arriva e si siede. Sul lato opposto al mio, il più lontano possibile. Non mi guarda neanche, tiene la testa bassa, il volto coperto dai capelli neri, più stopposi di quanto ricordassi, ma ancora lunghi fino alla mandibola.
So perchè fa così e vorrei così tanto poterlo aiutare, ma è più forte di me e lo fisso, esattamente come io stesso odierei se fossi al suo posto.
Ho aspettato questo momento per quindici anni ed ora lui è qui, vicino a me ed io lo fisso e ciò che vedo mi stupisce e spaventa, perchè nella mia testa ho sempre mantenuto prepotentemente il ricordo di lui poco più che ventenne senza voler immaginare mai nulla di diverso. Un ricordo di quando i suoi occhi sorridevano sempre anche se Narcissa non voleva che tenesse in braccio Draco perchè sosteneva che aveva le mani sporche di nicotina e che sarebbe stato capace di lasciarlo cadere come fosse stato il suo accendino d'argento vecchio stile, quello con la lingua di serpente che era il suo preferito e che nonostante ciò riusciva sempre a dimenticare nei posti più improbabili.
Oggi invece i vestiti babbani gli stanno larghi, a lui che era sempre stato troppo magro e paurosamente rassomigliante a un ragno dalle gambe lunghe. Il maglione nero a collo alto è ricoperto di polvere come le tele dei quadri che in casa sua sono sempre stati vuoti e dimenticati. I jeans sono sbiaditi e strappati in più punti, non secondo quella orrenda e sufficientemente stupida mania che hanno i babbani di andare in giro come barboni, ma ancor più di ciò che suppongo farebbe “tendenza” in questo sudicio mondo. Le scarpe da tennis dovrebbero essere bianche, ma non è così, le mani nervose si tormentano le unghie e poi i capelli e poi di nuovo le unghie e poi le ginocchia; sembra quasi che non riesca a tenerle ferme...
Nemmeno la fede nuziale, quella di oro bianco a cui aveva dovuto far cambiare la misura tre volte, gli hanno lasciato quei bastardi...
“Ciao, Rodolphus” e sono così schifosamente felice di non doverlo guardare in faccia.

Ciao, Rodolphus”
“Ehi Lucius, mai troppo allegro eh? Infondo hai solo diciassette anni e un'intera vita davanti...”
“Non serve a niente avere un'intera vita davanti se devo passarla ad aspettare te seduto in uno stupido parco...”
“Siamo di cattivo umore oggi, amico mio?” Si siede accanto a me con noncuranza, sorridendo esasperante come sempre e tirando fuori un pacchetto stropicciato di sigarette dalla tasca dei jeans. Non sono mai riuscito a capire cosa ci trovi in quei dannatissimi vestiti babbani.
“No, Rodolphus, è solo che sei in ritardo, e non siamo qui per parlare del tempo...”
“Questo lo so perfettamente, Lucius. Siamo qui per parlare del nostro avvenente futuro quindi non vedo perchè dovresti avere quella faccia da funerale.”
“E io non vedo perchè devi sempre prendere le cose così alla leggera. È una cosa seria, Rodolphus, non si tratta dell'ultima faccia nuova sulle figurine delle Cioccorane, si tratta della faccia che potrebbe cambiare per sempre le nostre vite...”
“In meglio...”
“Non puoi essere sempre così fiducioso.”
“E tu non puoi essere sempre così scettico.”
“Hai intenzione di ribattere come un bambinetto viziato per tutto il tempo?”
“Ma Lucius... Io sono assolutamente un bambinetto viziato...”
Mi guarda allargando gli occhi come sanno fare solo i gatti, ricordandomi che è più intelligente e astuto di quanto non dia a vedere.
“Vorrei solo che ti interessassi di più alla cosa, Rodolphus.”
“Io sono più che interessato, amico mio, altrimenti non sarei qui, ti pare? Comincia pure il tuo monologo, sono tutto orecchi.” Strizza l'occhio e finalmente si decide ad accendere la sigaretta che stringeva fra le dita, un'altra delle sue incomprensibili manie, quella di non poterne fumare una se prima non ci gioca come farebbe un bambino con una di quelle stupide bacchette finte che vanno tanto a ruba oggi tra le bancarelle di Diagon Alley... Prendo fiato e comincio a parlare, avrei voluto sospirare ma lui di sicuro non avrebbe capito, o più probabilmente avrebbe finto di non capire.
“E' venuto al maniero ieri sera, per parlare con mio padre...”
“Vuol dire che tu lo hai visto?!”
“Sbaglio o doveva essere un monologo?” E' inutile. E' più forte di lui. “Comunque sì... io l'ho visto...”
“E com'è? Scommetto che assomiglia a un vecchio rospo troppo cresciuto come quell'idiota di Frank Paciock...”
“Rodolphus...”
“Balbetta anche? Già me lo vedo alla festa di Halloween che irrompe in Sala Grande gridando – Potere ai Purosangue!! – con la stessa voce rachitica del Cappello Parlante...”
“Rodolphus...”
“Prenderà per il collo uno di quegli idioti di Griffondoro e gli infilerà la testa nel succo di zucca...”
Rodolphus!”
“Sì, scusa, dicevi...?”
Dicevo che sì, l'ho visto e non assomiglia affatto a Frank Paciock. Lui è come...” Mi fermo esitante, cercando di trovare le parole adatte per descrivere ciò che ho visto in Lui la prima volta che l'ho avuto di fronte, così vicino da poterlo quasi toccare... ma non ci riesco.
“Bè, non saprei come definirlo, ma non è il suo aspetto la cosa importante.”
Ha stretto la mano a mio padre e si è semplicemente limitato a squadrarmi per pochi secondi prima di rifugiarsi per tutta la sera nello studio al piano terra... quello che dà sul giardino del retro... sotto la mia finestra...
“Ha parlato a lungo con mio padre, di un'infinità di cose.”
“E c'eri anche tu?”
Mi guarda con un sopracciglio alzato, l'ho detto che in lui c'è molto più di ciò che mostra alla gente...
“No... però ho sentito tutto”
Le sopracciglia alzate ora sono due.
Quasi tutto...”
E' insopportabile quando ghigna così.
“E cosa aveva da dire questo...” Fa un vago gesto con la mano che stringe la sigaretta e che la porta alla bocca ogni pochi secondi. Anche per questo non c'è niente da fare. Rodolphus ha fretta. Ha perennemente fretta, non riesce a far qualcosa con calma e tranquillità, nemmeno fumare una stupida sigaretta.
“Tom Riddle, ma ha lasciato intendere che non apprezza essere chiamato con il suo vero nome. Preferisce semplicemente Signore...”
“Riddle eh? Non è un cognome da mago...”
“Dannazione Rodolphus, vuoi farmi finire una frase?!”
Mi guarda con la finta aria ferita di un cucciolo bastonato e butta la sigaretta a terra prendendone contemporaneamente un'altra con la mano libera.
I bambini sono ancora vicino alle altalene.
Hanno smesso di cantare.
“Gli ha parlato delle sue idee, e di quello che ha intenzione di cambiare se noi siamo disposti a sostenerlo.”
“Sostenerlo in che modo?”
“In qualunque modo sia possibile, suppongo.”
“In qualunque modo sia possibile, eh?” Lo ripete con aria pensierosa, quasi assente, ma so che ora è davvero attento e interessato e che prima stava solamente giocando e... stranamente la cosa non mi consola affatto, anzi...
Rodolphus sa essere tremendo se vuole.

“Ciao, Rodolphus.”
Lo ripeto anche se so che mi ha sentito e semplicemente non vuole rispondermi.
O forse non può?
Questo pensiero mi terrorizza...
Mi muovo a disagio sulla panchina, ho bisogno di fare qualcosa così stringo le mani intorno al bavero del cappotto anche se il vento ha smesso di fischiare da un po'. Accavallo le gambe, scaccio una mosca, ritorno nella posizione iniziale e poi le accavallo di nuovo... ma dall'altra parte.
Il silenzio è imbarazzate, Rodolphus però non sembra farci caso, osserva i bambini che continuano a giocare nonostante loro non lo guardino più da tempo ormai.
Il silenzio è imbarazzante. Non so cosa dire, non so cosa si aspetti da me. Non so nemmeno cosa mi aspetto io da me e questo silenzio sembra durare in eterno.
Sbircio di lato con la coda dell'occhio. Questo incontro, tutto, tutto mi sembra così miseramente studiato... e ancora non ci siamo detti niente... Mi schiarisco la voce e prendo coraggio anche se sono insicuro: lui non è Rodolphus, le unghie non sono rosicchiate ma solo troppo lunghe e sporche, il pacchetto di sigarette non sbuca dalla tasca davanti e i suoi capelli non sono troppo disordinati... sono e basta.
“Io... io non so cosa dire... cosa fare, se... se tu non mi aiuti, Rodolphus...”
Allora lui si gira a guardarmi, così lentamente che ci metto un po' per accorgermene e dice la cosa più sconvolgente che abbia mai sentito dire in vita mia, con una voce che non è, non può essere, la sua.
“Prigioniero n° 5738.”
“Cosa?...”
“... se tu non mi aiuti, prigioniero n° 5738.”

“E quali cambiamenti ha in mente il Signore?”
Lo dice con il suo inconfondibile tono ironico, quello che la maggior parte della gente trova fuori luogo in fin troppe situazioni.
“Vuole ristabilire tutti i nostri privilegi perduti, la superiorità del nostro sangue puro, ridimensionando Mezzosangue, figli di babbani e simili. Vuole che l'alta società magica torni a risplendere così come faceva un tempo...”
“Un bel po' di tempo fa, Lucius...”
Esattamente
“E tu ci credi?” Non mi piace la piega che il discorso sta prendendo... la piega che Rodolphus gli sta facendo prendere...
“Cosa intendi dire?” La mia voce suona più stonata di quanto non avrei voluto.
“Andiamo amico mio, non c'è bisogno di scaldarsi così per una semplice domanda.” Il suo tono conciliante o falsamente tale mi irrita ancor di più. “Intendevo solamente dire se credi che valga davvero la pena di seguire così alla cieca un perfetto sconosciuto...”
“Non è uno sconosciuto!!” Non so perchè ma queste parole hanno acceso una scintilla di rabbia in me “Lui... Lui è...” Come diavolo faccio a spiegarglielo?! “Tu non capisci Rodolphus, non puoi capire... Quando me lo sono trovato lì di fronte, che mi guardava è stato così... così... Sembrava che mi leggesse dentro, capisci? Che gli bastasse soltanto starmi vicino per sapere ogni cosa di me... Emana un tale potere, Rodolphus, una sicurezza così sconfinata che...” Le parole mi muoiono sulle labbra piano piano, senza alcuna possibilità di recuperarle. Guardo sconsolato Rodolphus, cerco l'aiuto che mi serve nei suoi occhi...
“Anche mio fratello ci ha parlato, sai?”
Eccolo... il temporale.

“Cosa... cosa vuol dire?”
“Come sta Narcissa?” Lo chiede troppo in fretta, distogliendo nuovamente lo sguardo dal mio volto; lo dice come se fossimo amici di vecchia data che non si vedono da tempo e che hanno in comune ormai soltanto le banalità del tipo “E allora dimmi, come sta tua moglie?”
“Bene, lei sta... bene.”
“E Draco? Suppongo sia cresciuto da quando...” incespica sulle parole, le mani ancora non si sono fermate “Quando l'ho visto l'ultima volta...” Ho capito, siamo amici di vecchia data che non si vedono da tempo e che hanno in comune ormai soltanto le banalità del tipo “E allora dimmi, quanto è cresciuto tuo figlio?” e quasi mi stupisco che ancora si ricordi il suo nome.
Questo pensiero mi disgusta.
“Sì, è cresciuto, mi assomiglia molto fisicamente, è al quinto anno adesso, cercatore di Serpeverde e prefetto, Narcissa è stata molto contenta quando è arrivata la lettera ed è corsa subito a farlo sapere a più gente possibile, sai com'è fatta...”
Anche queste parole mi disgustano.
Parlo troppo velocemente, ancor più di lui che ora torna a guardarmi, le pupille così dilatate, quasi non si scorge altro che quel nero infinito, pare abbia risucchiato nella sua oscurità anche gli straordinari riflessi violetti che un tempo la luce riusciva a strappare a quelle iridi così fuori dal comune. Chissà che luce c'è adesso nei miei di occhi... di sicuro le mie labbra sono stirate in uno di quegli orrendi sorrisi fittizi, quelli a metà tra compassione e falsa comprensione, come quando quella volta da piccolo Draco aveva la febbre così alta che abbiamo dovuto portarlo di corsa al San Mungo e i medimaghi mi guardavano mentre Narcissa piangeva...
Rodolphus non ha mai sopportato di essere guardato così da nessuno.
“Sono felice di saperlo...” e la sua voce è soltanto un sussurro rauco, soltanto un vago ricordo del passato...
Anche le mie mani hanno cominciato a muoversi nervose. Vorrei così tanto non essere qui con lui e questo mi fa sentire ancora più in colpa. Per contrasto lui sembra invece più calmo. Si è lasciato andare contro lo schienale della panchina e a braccia conserte osserva i bambini.
È la sera del giorno e loro continuano a giocare...
“Hai...” la sua voce però lo tradisce “Hai già visto Bellatrix” non gli avevo mai sentito pronunciare il suo nome così “per caso?”
“No, non l'ho ancora vista, ma penso che questa sera alla... riunione...”
Non mi ero mai sentito così a disagio con lui prima d'ora... in effetti non mi ero proprio mai sentito a disagio con lui. So che non è colpa mia, o forse sì?... Ma guardo come è diventato lui e vedo come dovrei essere anch'io. E sono così stramaledettamente felice che non sia così, guardo lui e sono così stramaledettamente felice delle mie comode scarpe lucide nere, dei capelli pettinati lasciati lunghi sulle spalle, del cappotto tanto caldo che quasi mi sento soffocare e delle mie mani... Anch'io sono riuscito a fermarle.
È una cosa così abominevole?
Tutto questo è un torto davvero così grande?
Sì.
Lo è.
E mi faccio schifo da solo.
“Ah, già... La riunione... Forse dovremmo... andare, è tardi... Sono sempre... in ritardo, vero?”
Non ci prova neanche, ad abbozzare un falso sorriso.
“Rodolphus...”
“No, è meglio se Lui non... ci vede arrivare insieme... Vai prima... tu...”
Mi stupisco che si preoccupi di questo.
Come se Lui già non sapesse...
Così non mi alzo.
“Rodolphus...”
“Lucius...”

“...E lui dice che questo Riddle è soltanto uno dei tanti pazzi fanatici che saltano fuori ogni due o tre anni e poi spariscono fin troppo presto dalla circolazione...”
“Tuo fratello è un idiota, Rodolphus.” Non ho alcun tipo di problema ad ammetterlo, la cosa ormai è risaputa.
“Rabastan non mi è mai piaciuto, Lucius, ed è un idiota, ma ha sempre seguito la corrente che lo portava più vicino a raggiungere i suoi personalissimi scopi, quindi se dice quel che dice un motivo deve pur esserci, no? Riddle non sarebbe certo il primo a finire in camicia di forza al San Mungo perchè si crede il legittimo salvatore della razza pura...”
“Perchè devi sempre essere così Rodolphus?” Adesso comincio a scaldarmi sul serio. “Tom Riddle ha grandi idee, idee che possono fare grandi anche noi se solo lo vogliamo...” Rodolphus alza un sopracciglio, forse dubbioso, forse in segno di sfida, le cose non si capiscono mai chiaramente quando c'è di mezzo lui... “Dannazione Rodolphus! Cinque minuti fa hai detto che avrebbe cambiato le nostre vite in meglio!”
“E tu che non potevo sempre essere così fiducioso, sembra che tu non veda l'ora di buttarti fra le sue braccia solo perchè non assomiglia a Frank Paciock...” Questa volta tocca a me alzare un sopracciglio e lui si tira su di scatto dalla panchina, le guance rosse che creano un orrendo contrasto con la sua carnagione naturalmente pallida, la sigaretta che gli sfugge dalle dita.
“Non essere idiota anche tu, Lucius! Come diavolo pensi che abbia intenzione di apportare questi stramaledetti cambiamenti? Distribuendo caramelle e volantini per le strade?? Usa la testa, per l'amor del cielo!”
Ora anch'io sono in piedi.
Anche la mia pelle è chiara di natura.
“Io la uso la testa Rodolphus, quanto e più di te, mi preoccupo semplicemente per il nostro futuro!”
“Siamo giovani, ricchi, potenti, con nomi importanti, di cosa diavolo devi preoccuparti ora??”
“Esattamente di questo, dannazione! Proprio per questo voglio qualcosa di diverso per me, e lo voglio anche per te! Non ho intenzione di passare il resto della mia vita a scaldare una poltrona di pelle verde al Ministero come fa mio padre da trent'anni e come ha fatto suo padre prima di lui e il padre di suo padre prima ancora! Voglio fare qualcosa di grande e non voglio riuscirci solo perchè sono giovane, ricco, potente e con un nome importante, ma perchè sono io con le mie convinzioni e i miei ideali!!!”
Mi fermo, affaticato, ma non lo faccio per riprendere fiato, forse lo faccio perchè so che lui non ha mai condiviso le mie idee; non ha mai creduto nella superiorità del sangue e in tutto ciò in cui hanno sempre insegnato a credere a me. Non ha mai sostenuto nemmeno il contrario, semplicemente non se n'è mai interessato più di tanto o forse, probabilmente, non ha mai ritenuto opportuno parlarne con me...
“Credi che anch'io non voglia qualcosa di diverso per me?” Sembra che le parole gli escano a fatica dalla bocca, che gli raschino il palato. “Credi che anche Rabastan non volesse qualcosa di diverso prima di finire in uno di quegli uffici senz'aria e con le finestre finte che anche io disprezzo?? Credi che ti stia dicendo tutto questo perchè mi farebbe piacere vederti come Rookwood che non ha fatto in tempo a diplomarsi prima di essere sbattuto su una di quelle fottutissime scrivanie??”
“Non ho detto questo Rodolphus...”
“Ma ti comporti come se lo pensassi, dannazione! Non sono un bambino Lucius, credo solo che tutto questo sia prematuro! Andiamo, sii ragionevole, non sappiamo niente di quest'uomo, non sappiamo da dove viene, cosa ha fatto finora, cosa realmente vuole che facciamo per lui... Sicuro di non esserti perso una parte del discorso, Lucius? Perchè Rabastan ci ha parlato e da quanto mi ha detto non sembrava che la sua idea di “cambiamenti” portasse alla fondazione di un nuovo partito di privilegiati che si riunisce una volta al mese per discutere dei propri interessi sorseggiando whisky in uno dei salotti della buona società mentre le mogli giocano a pocker nella stanza affianco...”
Questa è la tua idea di “cambiamenti”, Rodolphus?”
“Hai capito benissimo cosa volevo dire! Si parlava di cose molto più... serie, con Rabastan...”
“Io non ho mai detto che avremmo dovuto seguirlo immediatamente...”
Uno dei suoi sopraccigli torna ad alzarsi.
Ha ragione.
L'avevo soltanto sottinteso.

“Lucius...”
Non lo sopporterei se mi odiasse.
“Hai una sigaretta?”
Però questa volta non sorride.
“No, lo sai che non fumo.”
“Certo... certo.”
Tira fuori un accendino dalla tasca dei jeans e comincia a giocarci.
È quello con la lingua di serpente, quello d'argento che gli cadeva sempre e che perdeva ovunque.
È appena evaso da Azkaban senza la sua fede nuziale, ma ha ancora l'accendino.
Credo che fosse uno dei pochissimi regali che aveva ricevuto da Rabastan.
Ci gioca un po' e poi si alza e si allontana lentamente, figura sfocata dal velo grigio della pioggia.
Lo osservo camminare per qualche tempo con quell'andatura saltellante che lo rende riconoscibile ovunque e poi distolgo lo sguardo...
Ormai è la sera del giorno.
Io sto seduto e guardo i bambini giocare.
Vedo visi che sorridono.
Ma non a me.
Io sto seduto e guardo.
Mentre le lacrime scorrono.
La mia ricchezza non può comprare tutto.
Di certo non la mia felicità.
Voglio ascoltare i bambini cantare.
Tutto ciò che sento è il suono della pioggia che cade sulla terra.
Io sto seduto e guardo.
Mentre le lacrime scorrono....

“Certo, dimmi che non l'hai mai neanche pensato!”
“Hai paura Rodolphus?”
Lo chiedo così. A bruciapelo. Senza neanche pensarci.
Lo chiedo con una voce gentile quasi fin troppo stonata, ma lui mi fissa rabbioso comunque.
O forse lo fa proprio per questo...
Ecco, ci siamo.
Sta per succedere quel che temevo.
“E' questo quello che credi Lucius? Che abbia paura??” Le sue parole sembrano quasi un rantolo. “Va bene... va bene...” Tenta di reprimere la rabbia... con scarso successo. “Va bene...”
Non mi guarda più in faccia.
“Facciamo così... Io adesso me ne vado... E ne riparliamo un'altra volta, ok? Con Rabastan e.. con tuo padre e chiunque altro voglia...”
Respira affannosamente.
Io non ribatto neanche, sarebbe inutile.
Lui raccoglie il cappotto.
Eccolo, il temporale.
Infila un accendino nella tasca dei jeans.
È quello con la lingua di serpente, quello d'argento che gli cade sempre e che perde ovunque.
Eccolo, il temporale, adesso che stiamo in silenzio è finito.
Credo che sia uno dei pochissimi regali che abbia mai ricevuto da Rabastan.
Però ora comincia a piovere.
Mi rivolge un ultimo sguardo furioso e poi si alza e si allontana lentamente, figura sfocata dal velo grigio della pioggia.
Lo osservo camminare per qualche tempo con quell'andatura saltellante che lo rende riconoscibile ovunque e poi distolgo lo sguardo e mi risiedo...
Ormai è la sera del giorno.
Io sto seduto e guardo i bambini giocare.
Vedo visi che sorridono.
Ma non a me.
Io sto seduto e guardo.
Mentre le lacrime scorrono.
La mia ricchezza non può comprare tutto.
Di certo non la mia felicità.
Voglio ascoltare i bambini cantare.
Tutto ciò che sento è il suono della pioggia che cade sulla terra.
Io sto seduto e guardo.
Mentre le lacrime scorrono...

   
 
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