I’ll never let them hurt you
CAPITOLO 1: “I can’t drown
my demons: they know
how to swim.”
”Come ve lo devo dire che non è colpa mia?
Neanch’io sono particolarmente
felice!” sbottò secco Gerard
“Ma lo
sapete com’è fatto il nostro produttore! Lui
sostiene che a seconda del luogo
in cui si registrano delle tracce, la sonorità cambia
leggermente. Visto che
dobbiamo incidere delle B-sides, ci ha costretti a tornare nel luogo
dove
abbiamo registrato l’album! E’ fissato con
‘ste cose lui!”
”Daiiii, ragazzi! Guardate che ‘sto posto non
è poi così male! Ci divertiremo!”
esclamò entusiasta Frank, saltellando sul posto.
”Per me tu sei l’unico che si diverte in un posto
del genere, Frank...” disse
Ray scuotendo la testa con tanto di voluminosa chioma afro e
appoggiando
pesantemente una mano sulla spalla del piccolo chitarrista cercando di
calmarlo
un po’.
Bob si limitò ad osservare con sguardo tetro l’edificio che svettava imponente di fronte a loro: il Paramour Mansion, l’antica villa coloniale di Los Angeles, trasformata in studio di registrazione.
Il guardiano del maniero,
un ometto di mezza età curvo e dall’aria
stanca, si avvicinò a loro strascicando i piedi.
“Oh, siete di nuovo voi...”
mormorò con appena una punta di sorpresa nella voce
gracchiante.
”Sì, ma ci fermiamo solo pochi giorni questa
volta.” Gli comunicò Gerard serio.
”Molto bene. Molto bene. Vi mostro la strada per le vostre
camere...
...o forse ormai la conoscete da soli.” Aggiunse
l’uomo, leggermente divertito.
Ogni membro della band afferrò le proprie valigie e si
avviarono tutti insieme
verso l’ingresso della gigantesca villa.
”Non mi piace questo posto...” continuava a
squittire Mikey guardandosi freneticamente
intorno con aria atterrita, non appena furono entrati nel grande salone
d’ingresso “Non mi piace per niente. Ha sempre
avuto un’atmosfera strana.”
Gerard appoggiò un attimo le valigie sul pavimento per
stringere il fratello
minore in un abbraccio rassicurante.
”Lo so che questo posto ti porta alla mente brutti ricordi...
“ mormorò piano,
accarezzandogli dolcemente i capelli castani “Ma ormai
è tutto passato.
Dobbiamo stare qui solo per pochi giorni, cerca di resistere ti
prego... Ci
siamo tutti noi al tuo fianco a sostenerti, lo sai.”
Frank, che era già arrivato trotterellando in cima alla
scalinata che si
trovava in fondo al salone, si voltò un attimo ad osservare
la scena, mentre un
piccolo sorriso intenerito sbocciava sulle sue labbra piene. Aveva
sempre
trovato molto bello il rapporto speciale che legava i due fratelli Way.
***
Il Paramour Mansion non
era una villa come tutte le altre. Giravano parecchie
voci su di essa, tra cui quella più accreditata, che la
riteneva stregata.
Ed effettivamente quando erano stati lì poco più
di un anno prima per
registrare il loro ultimo album, “The Black
Parade”, erano successe parecchie
cose inquietanti. Ciascun membro della band aveva notato qualcosa di
strano.
Beh, tutti a parte Frank in realtà.
Lui sembrava essere l’unico a trovarsi a proprio agio in
quell’ambiente tetro,
anzi! Pareva addirittura che lo rendesse particolarmente allegro il
trovarsi in
quel luogo.
Ormai pensavano tutti che forse la diceria secondo la quale chi
è nato il 31 di
Ottobre, quella notte magica in cui il regno dei morti e quello dei
vivi
entrano in contatto temporaneamente, sia in qualche modo
‘protetto’ dagli
spiriti e da tutto ciò che è soprannaturale. Non
c’era davvero nessun’altra
spiegazione logica del perchè quel piccoletto si trovasse
così a proprio agio,
tanto da essere quasi euforico, in un luogo che metteva tristezza ed
inquietudine a qualunque altro essere umano.
Invece Gerard era decisamente agitato da quando aveva messo piede
lì dentro. Si
sentiva come se fosse costantemente seguito da qualcuno, gli sembrava
di
avvertire materialmente uno sguardo posato sulle proprie spalle ed ogni
volta
un lungo brivido freddo percorreva la sua schiena, come il tocco
leggero di
dita gelide che risalivano tutta la lunghezza della spina dorsale,
vertebra
dopo vertebra.
In particolare lo disturbava stare da solo, quindi cercava il
più possibile di
passare il tempo insieme ai suoi compagni, specialmente accanto a
Frank: la sua
allegria e spensieratezza lo tranquillizzavano leggermente.
Per questo cercava di stargli accanto il più possibile. Cosa che a Frank sembrava non dispiacere affatto.
In realtà, nonostante tutte le preoccupazioni di Gerard, non
accadde proprio
nulla di strano.
Ma il cantante non riusciva a farsi passare la costante inquietudine
che si era
impadronita di lui da quando erano entrati nella villa.
Anzi, il fatto stesso che non fosse accaduto assolutamente nulla di
strano era
di per sè... ‘strano’!
Trovare strano il fatto che non ci fosse nulla di strano...
Aaaaah... Di questo passo sarebbe diventato paranoico, se lo
sentiva.
E infatti, nonostante stesse scorrendo tutto tranquillamente, Gerard
non riusciva
a liberarsi in alcun modo dell’inquietudine che aveva preso
possesso del suo
animo.
Scrutò con sospetto il maestoso quadro posto sopra il camino
nel tinello. Il
dipinto rappresentava un angelo, vestito di leggiadri abiti dalle tinte
chiare,
le ampie ali appena spalancate, pronto a spiccare il volo verso i
cieli. Lo sfondo
era completamente invaso da nuvole, che sembravano quasi vorticare ed
avvolgersi intorno all’angelo ed i cui toni andavano da tinte
aranciate nella
luce del tramonto fino a toni rossastri ed infine decisamente cupi
verso la
parte bassa del quadro. Ed era proprio qui che stava la parte
inquietante.
Gerard si ricordava bene di quando avevano scoperto cosa si celava nel
dipinto,
proprio ai piedi dell’angelo, quando erano stati in quel
maniero l’anno
precedente e Frank aveva accidentalmente fatto cadere il vaso che lo
nascondeva.
Una volta sgridato il piccolo chitarrista iperattivo per la sua
imbranataggine,
Gerard si era avvicinato al camino per raccogliere i cocci di ceramica.
E
quando aveva sollevato lo sguardo verso la mensola su cui era
originariamente
appoggiato il vaso ed aveva scrutato il quadro sovrastante,
l’aveva visto.
Avvolto tra le ombre,
quasi dello stesso colore delle rocce,
tanto da confondersi con esse, c’era un demone con i lunghi
artigli scuri tesi
ad insidiare i candidi piedi nudi dell’angelo.
Gerard si ricordava di aver provato un fortissimo senso di
inquietudine a quella visione, come una qualche specie di dolore
intorno alla
bocca dello stomaco, molto simile alla morsa della paura. Era una cosa
che non
riusciva a spiegarsi razionalmente, ma quell’immagine gli
suscitava nella mente
sensazioni estremamente sgradevoli. Eppure era solamente un dipinto!
Come se
lui stesso non avesse disegnato cose ben più inquietanti in
vita sua.
Nonostante ciò quel particolare quadro lo infastidiva a tal
punto che l’avevano
coperto con un telo, in modo da non doverlo più vedere ogni
fottuta volta che
passavano dal salotto col camino. E così era rimasto durante
tutto il tempo
della loro precedente permanenza nella Paramour Mansion.
E fu solamente in quel momento, osservando nuovamente il dipinto a
distanza di
quasi un anno, che Gerard capì.
Capì perchè quel quadro l’avesse sempre
inquietato così
tanto: era una sorta di monito.
Comprese che per quanto possiamo cercare di scrollarci di
dosso i nostri demoni, per quanto possiamo combatterli o tentare di
annegarli
nelle tenebre da dove provengono, alcuni di questi troveranno sempre un
modo
per tornare a galla ed insidiare nuovamente i nostri piedi, scalzi ed
indifesi
nella nostra sensazione di apparente libertà.
Alcuni demoni sanno
fottutamente nuotare.
E liberarsene è praticamente impossibile.
***
La sera a cena ci fu un
momento di confusione perchè nessuno
si era ricordato di avvisare la cuoca del fatto che Gerard e Frank
fossero
vegetariani, di conseguenza lei aveva preparato un’ottima
cena...
...solo che era presente carne praticamente ovunque ad
esclusione del dolce.
In tutto ciò anche Frank, con le sue mille restrizioni alla
dieta a causa della gastrite cronica, non poteva praticamente toccare
cibo.
Ray, Mikey e Bob, invece, non avendo problema alcuno si stavano
abbuffando di
prelibatezze.
Anche se, nel caso di Mikey, dire ‘abbuffando’
è un po’ un controsenso: il
ragazzo piluccava a malapena, poichè da quando avevano messo
piede nella casa
gli si era chiuso lo stomaco per via del nervosismo e dello stress
emotivo. Non
che fosse uno che solitamente mangiava molto, comunque.
Visto che erano entrambi affamatissimi, e guardare i
compagni rimpinzarsi non attenuava di certo i brontolii degli stomaci
praticamente vuoti, Gerard e Frank decisero di andare in cucina a
prepararsi un
panino o comunque a cercare qualcosa che potessero mangiare senza
andare contro
le proprie restrizioni morali o di salute.
Quando giunsero in cucina, la cuoca si era già dileguata,
quindi la trovarono
deserta. Quella mattina il guardiano gli aveva spiegato che
tendenzialmente il
personale di servizio, ad esclusione di lui stesso, tendeva a lasciare
la villa
prima del calare del sole per poi rimettersi al lavoro la mattina
presto del
giorno successivo, alle prime luci dell’alba.
“Sapete, la gente del luogo è
parecchio superstiziosa...” aveva puntualizzato
l’uomo.
Gerard rabbrividì al ricordo di quelle parole, ma decise di
evitare di pensarci
e scrollò le spalle, dirigendosi poi verso il grande
frigorifero a caccia di
qualcosa di commestibile.
Frank zompettava al suo fianco come un cagnolino sotto anfetamine.
In frigorifero trovarono del formaggio e dei pomodori
freschi, mentre dalla dispensa recuperarono del pane ed una scatola di
biscotti
al cioccolato. Okay non sarebbe stata la cena più
dieteticamente bilanciata del
mondo ma poteva starci.
”Frankie. É ora di mettere via e raggiungere gli
altri giù!”
”Okay!” rispose entusiasticamente il chitarrista,
sfoggiando un largo sorriso
pieno di briciole di biscotto.
Gerard scosse la testa, sorridendo tra sè: a volte quel
ragazzo non sembrava
proprio un adulto, gli avresti dato al massimo dieci anni.
Raccolse il piatto che aveva utilizzato per cenare ed andò a
posarlo
nell’acquaio, sopra il tagliere di legno consumato che aveva
utilizzato per
tagliare il pane.
Frank rubò un ultimo biscotto al cioccolato dalla scatola,
poi lo imitò,
mettendo nel lavello le proprie stoviglie.
Quando lo raggiunse, il cantate era già alla porta della
cucina. Gliela tenne
cortesemente aperta.
”Prego, prima le signore!”
”Dannato Way, questa me la paghi!” rispose Frank
ridendo. Varcò comunque la
porta per primo, voltandosi a mostrargli il medio con la doppia L
tatuata ed un
largo sogghigno di sfida a stirargli le labbra.
”Ahahah, con molto piacere, Iero!”
ridacchiò di gusto Gerard, seguendolo nel
corridoio che portava verso l’atrio.
“Non vedo l’ora!” rispose Frank con un
pizzico di malizia a
fine frase, trotterellando tranquillo sul lungo tappeto porpora, pochi
passi
avanti a lui.
Gerard pensò che invidiava la spensieratezza e la
vitalità
del suo chitarrista. Era sempre così solare da quasi emanare
fisicamente luce
intorno. E non si sarebbe mai detto che fosse un appassionato sfegatato
di film
horror, a vederlo costantemente così allegro.
Gettò un’occhiata di sfuggita al grande specchio
che
campeggiava a metà dell’ampio corridoio.
Un’ombra!
C’era una fottuta ombra nello specchio!
Sarà stata anche solo una frazione di secondo, ma Gerard era
sicurissimo di
averla vista passare.
“Frank...” chiamò, la voce incerta a
causa del leggero
tremito che si era impadronito di lui “Frankie... Hai visto
anche tu...?”
“Che cosa?” domandò candidamente il
piccoletto, sfoderando
uno dei suoi sorrisoni che avrebbero fatto sciogliere
l’intero ghiacciaio del
Monte Bianco in cinque nanosecondi.
“Quella... Quella cosa...”
Di fronte alla sincera espressione interrogativa di Frank, aggiunse
parole
sconnesse per tentare di spiegarsi.
“L’ombra... Lo specchio... Oddio...”
”Quello specchio?” chiese Frank tranquillo,
indicando l’oggetto incriminato ed
avvicinandosi di qualche passo per osservarlo con maggiore attenzione
tramite i
suoi grandi occhi di quel colore non ben definito tra il verde ed il
nocciola.
“Ma io non vedo niente. Guarda!” aggiunse,
afferrando Gerard
per un braccio e trascinandolo, riluttante, proprio davanti al grande
specchio,
al proprio fianco.
Il cantante si spostò immediatamente dietro la sua schiena
minuta, tenendogli le mani sulle spalle, timoroso di guardare nella
superficie
riflettente.
“Io vedo soltanto un grande specchio, vedi?” lo
additò
nuovamente il piccolo chitarrista.
Gerard trovò il coraggio di sbirciare oltre i ciuffi di
capelli corti del suo
compagno, per vedersi semplicemente restituire uno sguardo verde colmo
di
paura.
“Non c’è nulla a parte i nostri
riflessi. E questo specchio
è grande abbastanza per noi due.” Concluse Frank
con un piccolo sorriso soddisfatto
per la citazione, voltando il viso per guardare il più
grande.
Gerard distolse lo sguardo spaventato dallo specchio per tuffarlo
negli occhi del
ragazzo davanti a sè. Sembrava
così tranquillo. Lo guardava dal basso con le sue grandi
iridi nocciola ed il
suo sguardo sorrideva incoraggiante, come a dirgli che non
c’era nulla da
temere.
Il piercing a lato del labbro inferiore scintillava nella
scarsa luce delle lampade poste ad intervalli regolari nel corridoio.
Era così invitante.
Per un momento Gerard provò un fortissimo impulso di
chinarsi in avanti, in modo da poter colmare la distanza ridotta tra i
loro visi.
Sarebbe bastato pochissimo, davvero, giusto una manciata di centimetri.
La
posizione in cui si trovavano, il modo in cui Frank lo guardava...
Sembrava che
stesse aspettando solo quello.
‘No, non è possibile.’ Si disse,
scacciando a fatica il
pensiero e soffocando tristemente l’impulso.
‘Questa casa mi sta davvero
facendo uscire di senno.’
Non era come quando erano sul palco ubriachi o strafatti nel
backstage. Adesso era diverso. Non
avrebbe
avuto nessuna scusante per giustificare la sua azione. E in ogni caso
teneva
troppo al proprio legame con Frank per rischiare di rovinare tutto
quanto.
”Hai ragione, Frankie.” Mormorò, senza
distogliere gli occhi dai suoi. “Non so
cosa cavolo mi sia preso.”
Per un attimo gli sembrò di veder balenare un fugace lampo
di delusione sul
viso del più piccolo, ma non fidandosi più di
quanto vedeva ultimamente, poichè
non sembrava essere attendibile, pensò di esserselo
semplicemente immaginato.
”Grazie, piccoletto.” Disse, scompigliandogli i
capelli, già normalmente
disordinati e scatenando una risatina acuta di Frank. “Ora
andiamo a
raggiungere gli altri. Scommetto che si staranno chiedendo dove siamo
finiti e
Mikey verrà a lamentarsi che siamo in ritardo, mentre Ray
vorrà interrogarci
per capire se gli abbiamo svuotato tutta la dispensa...”
”Okay.” Rispose Frank, stranamente con meno
entusiasmo del normale. Poi
aggiunse “Gee...”
”Dimmi.”
”Non lo diciamo a Ray che abbiamo trovato la sua scorta
segreta di biscotti al
cioccolato, vero?”
”Naaaah... Tanto se ne accorgerà da solo prima o
poi!”
“Bene!” esultò il chitarrista con
ritrovata vitalità “Biscotti
gratis!”
Gerard scosse la testa ridendo e lo seguì verso la sala dove
avrebbero raggiunto i compagni.
***
”Hhhhhhhh!!!”
Gerard si svegliò di soprassalto, ritrovandosi seduto nel
proprio letto ad
ansimare affannato, il sudore freddo che colava dalla fronte lungo le
gote fino
ad aggregarsi in piccole gocce sul suo mento.
Un incubo.
Era tanto che non ne faceva uno.
Non era un buon segno.
Percorse con lo sguardo tutta la camera in cui si trovava.
L’oscurità avvolgeva
ogni cosa, e i contorni dello scarso
e
semplice mobilio presente erano appena visibili grazie alla luce della
luna che
giungeva tenue attraverso la piccola finestra posta alle sue spalle.
Non capiva perchè, ma si sentiva circondato da
un’atmosfera decisamente
inquietante.
Gli sembrava che l’aria fosse divenuta una sostanza densa e
gelatinosa, il che
rendeva estremamente difficile respirare.
La gola secca gli bruciava ogni volta che l’aria vi passava
attraverso.
Decise di andare in bagno per bere e per sciacquarsi la
faccia.
Scostò piano le coperte, rabbrividendo al contatto dei piedi
scalzi con il
pavimento di marmo gelato. Cercò a tentoni nel buio le
proprie ciabatte,
tastando cauto il terreno con i piedi. Nulla.
Che strano. Eppure era sicurissimo di averle lasciate ai piedi del
letto.
Con un sospiro rassegnato decise di avviarsi scalzo, alzandosi dal
letto ed
aprendo con cautela la porta della stanza.
Regnava un silenzio innaturale in tutto il maniero: non si udiva alcun
suono,
tanto che il rumore che Gerard produceva respirando con la bocca,
rimbombava
assordante nelle sue orecchie.
E il buio.
Il buio lo avvolgeva pesante come una coperta di velluto. Ne sentiva
quasi il
peso fisico sulle spalle, come se fosse stato un cappotto invernale.
Percorse il corridoio fino in fondo, dove si trovava il bagno di quel
piano
della villa, camminando cauto in punta di piedi, timoroso di rompere
quello
strano silenzio.
Spinse la porta del bagno che si aprì producendo un lieve
cigolio, facendolo sobbalzare. Aveva ancora i tutti i nervi a fior di
pelle a
causa dell’incubo.
Che poi non rammentava nemmeno che cosa avesse sognato. I ricordi erano
spariti
completamente, ma le sensazioni sgradevoli gli erano rimaste addosso
come un
profumo persistente, vivide.
Girò rapidamente la manopola del rubinetto, lasciando che
l’acqua fredda
scorresse copiosa nel rubinetto. Ci ficcò immediatamente le
mani sotto a mò di
scodella e si gettò l’acqua gelata in faccia,
sperando di riuscire a lavare via
con essa l’ansia e la paura.
Sollevò piano
il viso bagnato per osservarsi nello specchio
e trasalì.
Quella cosa era alle sue spalle. Vicinissima. E lo stava
guardando
attraverso il riflesso.
Anche se non era sicuro che quei due punti luminosi al
centro della massa sfocata fossero occhi, avrebbe potuto giurare che lo
stesse
fissando.
”Chi... Chi sei...?” riuscì ad esalare
appena, mentre anche respirare sembrava
essersi fatto insostenibilmente difficile. L’essere non
rispose.
”P-p-pace.” Accennò alzando lentamente
una mano aperta, per dimostrare di non
essere ostile alla creatura, che continuò a limitarsi ad
osservarlo.
Deglutì rumorosamente, raccolse tutto il coraggio di cui
disponeva ed iniziò a
voltarsi. Lentamente. Lentamente.
Finchè con uno scatto fulmineo si voltò del tutto.
La cosa era sparita.
Gerard ansimava affannosamente e sentiva che se il proprio cuore avesse
accelerato ancora un po’ avrebbe finito per esplodergli
all’interno del petto.
Le gambe gli cedettero e si accasciò come un palloncino
sgonfio ai piedi del
lavandino.
Cosa cazzo era quella cosa? Perchè era sparita? Se
l’era solo sognata?
Era nel panico. Nel panico più totale.
Temeva che quell’essere sarebbe ricomparso da un momento
all’altro, pronto a
ghermirlo con le sue propaggini di fumo scuro, per trascinarlo con
sè nelle
tenebre. Per sempre.
Non se ne parlava di ritornare in camera sua a dormire da solo.
No. No. No. Assolutamente no.
Non se ne parlava proprio.
Sarebbe sicuramente morto di paura prima di poter vedere i primi
bagliori
dell’alba fare capolino attraverso la finestra.
Quando siamo terrorizzati da qualcosa la nostra mente fa black-out,
eccetto che
per un solo pensiero. C’è sempre una persona che
ci viene in mente. Qualcuno
che ci fa sentire al sicuro. Qualcuno a cui rivolgiamo i nostri
pensieri ogni
volta che ci troviamo in difficoltà. E’ una cosa
naturale. La nostra anima ci
si aggrappa istintivamente. E’ qualcosa di estremamente umano.
Anche a Gerard venne immediatamente in mente da chi andare, da chi
rifugiarsi.
Si mise a camminare velocemente per il corridoio, atterrito persino dal
leggero
scalpiccio che i suoi piedi scalzi producevano sul pavimento di marmo
liscio, il
cuore che batteva più veloce di una mitragliatrice,
picchiando sui suoi timpani
come se fossero stati due tamburi.
Quando le sue dita si chiusero attorno al freddo pomello di ottone
della porta
della sua camera
provò un leggero senso
di sollievo. Si lanciò intorno qualche occhiata
terrorizzata, prima di girare
lentamente la maniglia ed aprire piano la porta, giusto quel tanto che
bastava
perchè ci potesse passare attraverso. Sgusciò
velocemente dentro la stanza e
richiuse immediatamente la porta alle proprie spalle, appoggiandovisi
contro
con la schiena, sfinito. Solo allora riuscì ad abbandonarsi
ad un sottile
sospiro di sollievo, lasciando che l’aria fluisse agevolmente
fuori dalla
bocca, svuotando completamente i polmoni.
Lui stava dormendo tranquillamente.
Il suono del suo respiro regolare era molto
piacevole per le orecchie di Gerard, dopo tutto quel silenzio che
avvolgeva il
resto della casa.
Gli si avvicinò con cautela, lasciandosi sfuggire un sorriso
quando vide i suoi
lineamenti delicati illuminati dalla luce della luna. Già
solo il fatto di
vederlo aveva lo straordinario potere di calmare la sua anima.
Afferrò le coperte, scostandole per sdraiarsi adagio al suo
fianco, cercando di
non svegliarlo.
Si beò nel sentirsi avvolgere dal suo profumo e
nell’avvertire il calore del
suo piccolo corpo tiepido.
Sì. Lì sarebbe stato al sicuro. Non sarebbe mai
potuto accadergli nulla di male
quando era accanto a lui. Accanto a Frank.
Si appallottolò come un gatto, cercando di non occupare
troppo spazio nel
letto, pensato per una persona sola, e piano piano si arrese al
torpore,
scivolando in un sonno profondo e senza sogni.
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Buonasera, gente!
Questa volta vi presento una storia completamente diversa da quelle che
ho pubblicato fin'ora: sarà una storia decisamente
inquietante! °w°
Vi piacciono le storie di paura?
Spero che questa sia di vostro gradimento, allora. ^^
Lo spunto iniziale è stato un incubo che ho fatto a
dicembre... Lo ammetto: ho ancora un po' di inquietudine all'idea di
alzarmi per andare in bagno la notte...
Anche se scriverne, mi ha aiutato ad esorcizzare un po' la paura.
Comunque mi è successo pari pari ciò che ho fatto
accadere a Gerard nell'ultima parte del capitolo (solo che io non ho
nessun Frankie da cui andare a rifugiarmi... c.c)
Mi aveva terrorizzata tantissimo, perchè possiamo affrontare
ciò che vediamo, per quanto spaventoso possa
essere...
...ma come puoi affrontare qualcosa
che non sei in grado di vedere ad occhio nudo?
Potrebbe attaccarti da un momento all'atro.
E tu non puoi difenderti, perchè NON puoi vederla.
E, boh, da questa cosa ho deciso di svilupparci una storia intorno, e,
dopo averla mollata e ripresa più volte nel corso dei mesi,
eccola qui.
Non saranno molti capitoli. Tre o quattro, credo.
Attenti: molte cose non sono come sembrerebbero essere.
Cos'è la 'cosa' e cosa vuole? Esiste? O è
solamente Gerard a vederla, perchè in realtà
è la casa che lo sta facendo impazzire?
Più avanti scoprirete anche questo.
E sappiate che c'è anche chi ne sa qualcosa in
più, ma per ora non ha alcuna intenzione di rivelarlo.
Boh,
spero di avervi incuriositi almeno un minimo e di rivedervi nei
prossimi capitoli! ^^
Ringrazio tantissimo chi mi segue da tanto, nonostante la mia
incostanza, chi è capitato qui per caso e ha letto per pura
curiosità e anche chi legge silenzionsamente le mie storie
senza farsi vedere. Mi fate tutti bene, sappiatelo!
Keep
running!
xoxo
Lù