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Autore: ART RevolveR    06/08/2013    6 recensioni
[“Frank...” chiamò, la voce incerta a causa del leggero tremito che si era impadronito di lui “Frankie... Hai visto anche tu...?”
“Che cosa?” domandò candidamente il piccoletto, sfoderando uno dei suoi sorrisoni che avrebbero fatto sciogliere l’intero ghiacciaio del Monte Bianco in cinque nanosecondi.
“Quella... Quella cosa...” Di fronte alla sincera espressione interrogativa di Frank, aggiunse parole sconnesse per tentare di spiegarsi. “L’ombra... Lo specchio... Oddio...”
”Quello specchio?” chiese Frank tranquillo, indicando l’oggetto incriminato ed avvicinandosi di qualche passo per osservarlo con maggiore attenzione tramite i suoi grandi occhi di quel colore non ben definito tra il verde ed il nocciola. “Ma io non vedo niente. Guarda!”]
Paramour Mansion, California. I MCR sono tornati nella villa per incidere delle B-sides. Ma Gerard è inquieto. Vede cose che gli altri non vedono. Riflessi, ombre. Cosa succede? Sta impazzendo? Oppure... Possiamo difenderci da ciò che vediamo, per quanto spaventoso esso sia... Ma come affrontare qualcosca che non puoi vedere?
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I’ll never let them hurt you




CAPITOLO 1: “I can’t drown my demons: they know how to swim.”

“Perchè siamo dovuti tornare qui? Io non ci volevo venire!” piagnucolò Mikey non appena il taxi li scaricò brutalmente con armi e bagagli davanti al maniero.
”Come ve lo devo dire che non è colpa mia? Neanch’io sono particolarmente felice!” sbottò secco Gerard  “Ma lo sapete com’è fatto il nostro produttore! Lui sostiene che a seconda del luogo in cui si registrano delle tracce, la sonorità cambia leggermente. Visto che dobbiamo incidere delle B-sides, ci ha costretti a tornare nel luogo dove abbiamo registrato l’album! E’ fissato con ‘ste cose lui!”
”Daiiii, ragazzi! Guardate che ‘sto posto non è poi così male! Ci divertiremo!” esclamò entusiasta Frank, saltellando sul posto.
”Per me tu sei l’unico che si diverte in un posto del genere, Frank...” disse Ray scuotendo la testa con tanto di voluminosa chioma afro e appoggiando pesantemente una mano sulla spalla del piccolo chitarrista cercando di calmarlo un po’.

Bob si limitò ad osservare con sguardo tetro l’edificio che svettava imponente di fronte a loro: il Paramour Mansion, l’antica villa coloniale di Los Angeles, trasformata in studio di registrazione.

Il guardiano del maniero, un ometto di mezza età curvo e dall’aria stanca, si avvicinò a loro strascicando i piedi. “Oh, siete di nuovo voi...” mormorò con appena una punta di sorpresa nella voce gracchiante.
”Sì, ma ci fermiamo solo pochi giorni questa volta.” Gli comunicò Gerard serio.
”Molto bene. Molto bene. Vi mostro la strada per le vostre camere...
...o forse ormai la conoscete da soli.” Aggiunse l’uomo, leggermente divertito.
Ogni membro della band afferrò le proprie valigie e si avviarono tutti insieme verso l’ingresso della gigantesca villa.
”Non mi piace questo posto...” continuava a squittire Mikey guardandosi freneticamente intorno con aria atterrita, non appena furono entrati nel grande salone d’ingresso “Non mi piace per niente. Ha sempre avuto un’atmosfera strana.”
Gerard appoggiò un attimo le valigie sul pavimento per stringere il fratello minore in un abbraccio rassicurante.
”Lo so che questo posto ti porta alla mente brutti ricordi... “ mormorò piano, accarezzandogli dolcemente i capelli castani “Ma ormai è tutto passato. Dobbiamo stare qui solo per pochi giorni, cerca di resistere ti prego... Ci siamo tutti noi al tuo fianco a sostenerti, lo sai.”
Frank, che era già arrivato trotterellando in cima alla scalinata che si trovava in fondo al salone, si voltò un attimo ad osservare la scena, mentre un piccolo sorriso intenerito sbocciava sulle sue labbra piene. Aveva sempre trovato molto bello il rapporto speciale che legava i due fratelli Way.

***

Il Paramour Mansion non era una villa come tutte le altre. Giravano parecchie voci su di essa, tra cui quella più accreditata, che la riteneva stregata.
Ed effettivamente quando erano stati lì poco più di un anno prima per registrare il loro ultimo album, “The Black Parade”, erano successe parecchie cose inquietanti. Ciascun membro della band aveva notato qualcosa di strano.
Beh, tutti a parte Frank in realtà.
Lui sembrava essere l’unico a trovarsi a proprio agio in quell’ambiente tetro, anzi! Pareva addirittura che lo rendesse particolarmente allegro il trovarsi in quel luogo.
Ormai pensavano tutti che forse la diceria secondo la quale chi è nato il 31 di Ottobre, quella notte magica in cui il regno dei morti e quello dei vivi entrano in contatto temporaneamente, sia in qualche modo ‘protetto’ dagli spiriti e da tutto ciò che è soprannaturale. Non c’era davvero nessun’altra spiegazione logica del perchè quel piccoletto si trovasse così a proprio agio, tanto da essere quasi euforico, in un luogo che metteva tristezza ed inquietudine a qualunque altro essere umano.
Invece Gerard era decisamente agitato da quando aveva messo piede lì dentro. Si sentiva come se fosse costantemente seguito da qualcuno, gli sembrava di avvertire materialmente uno sguardo posato sulle proprie spalle ed ogni volta un lungo brivido freddo percorreva la sua schiena, come il tocco leggero di dita gelide che risalivano tutta la lunghezza della spina dorsale, vertebra dopo vertebra.
In particolare lo disturbava stare da solo, quindi cercava il più possibile di passare il tempo insieme ai suoi compagni, specialmente accanto a Frank: la sua allegria e spensieratezza lo tranquillizzavano leggermente.

Per questo cercava di stargli accanto il più possibile. Cosa che a Frank sembrava non dispiacere affatto.

 Il primo pomeriggio di registrazioni trascorse senza problemi.
In realtà, nonostante tutte le preoccupazioni di Gerard, non accadde proprio nulla di strano.
Ma il cantante non riusciva a farsi passare la costante inquietudine che si era impadronita di lui da quando erano entrati nella villa.
Anzi, il fatto stesso che non fosse accaduto assolutamente nulla di strano era di per sè... ‘strano’!
Trovare strano il fatto che non ci fosse nulla di strano...
Aaaaah... Di questo passo sarebbe diventato paranoico, se lo sentiva.
E infatti, nonostante stesse scorrendo tutto tranquillamente, Gerard non riusciva a liberarsi in alcun modo dell’inquietudine che aveva preso possesso del suo animo.
Scrutò con sospetto il maestoso quadro posto sopra il camino nel tinello. Il dipinto rappresentava un angelo, vestito di leggiadri abiti dalle tinte chiare, le ampie ali appena spalancate, pronto a spiccare il volo verso i cieli. Lo sfondo era completamente invaso da nuvole, che sembravano quasi vorticare ed avvolgersi intorno all’angelo ed i cui toni andavano da tinte aranciate nella luce del tramonto fino a toni rossastri ed infine decisamente cupi verso la parte bassa del quadro. Ed era proprio qui che stava la parte inquietante.
Gerard si ricordava bene di quando avevano scoperto cosa si celava nel dipinto, proprio ai piedi dell’angelo, quando erano stati in quel maniero l’anno precedente e Frank aveva accidentalmente fatto cadere il vaso che lo nascondeva.
Una volta sgridato il piccolo chitarrista iperattivo per la sua imbranataggine, Gerard si era avvicinato al camino per raccogliere i cocci di ceramica. E quando aveva sollevato lo sguardo verso la mensola su cui era originariamente appoggiato il vaso ed aveva scrutato il quadro sovrastante, l’aveva visto.

Avvolto tra le ombre, quasi dello stesso colore delle rocce, tanto da confondersi con esse, c’era un demone con i lunghi artigli scuri tesi ad insidiare i candidi piedi nudi dell’angelo.
Gerard si ricordava di aver provato un fortissimo senso di inquietudine a quella visione, come una qualche specie di dolore intorno alla bocca dello stomaco, molto simile alla morsa della paura. Era una cosa che non riusciva a spiegarsi razionalmente, ma quell’immagine gli suscitava nella mente sensazioni estremamente sgradevoli. Eppure era solamente un dipinto! Come se lui stesso non avesse disegnato cose ben più inquietanti in vita sua.
Nonostante ciò quel particolare quadro lo infastidiva a tal punto che l’avevano coperto con un telo, in modo da non doverlo più vedere ogni fottuta volta che passavano dal salotto col camino. E così era rimasto durante tutto il tempo della loro precedente permanenza nella Paramour Mansion.
E fu solamente in quel momento, osservando nuovamente il dipinto a distanza di quasi un anno, che Gerard capì.
Capì perchè quel quadro l’avesse sempre inquietato così tanto: era una sorta di monito.
Comprese che per quanto possiamo cercare di scrollarci di dosso i nostri demoni, per quanto possiamo combatterli o tentare di annegarli nelle tenebre da dove provengono, alcuni di questi troveranno sempre un modo per tornare a galla ed insidiare nuovamente i nostri piedi, scalzi ed indifesi nella nostra sensazione di apparente libertà.

Alcuni demoni sanno fottutamente nuotare.
E liberarsene è praticamente impossibile.

 

***

 

La sera a cena ci fu un momento di confusione perchè nessuno si era ricordato di avvisare la cuoca del fatto che Gerard e Frank fossero vegetariani, di conseguenza lei aveva preparato un’ottima cena...
...solo che era presente carne praticamente ovunque ad esclusione del dolce.
In tutto ciò anche Frank, con le sue mille restrizioni alla dieta a causa della gastrite cronica, non poteva praticamente toccare cibo.
Ray, Mikey e Bob, invece, non avendo problema alcuno si stavano abbuffando di prelibatezze.
Anche se, nel caso di Mikey, dire ‘abbuffando’ è un po’ un controsenso: il ragazzo piluccava a malapena, poichè da quando avevano messo piede nella casa gli si era chiuso lo stomaco per via del nervosismo e dello stress emotivo. Non che fosse uno che solitamente mangiava molto, comunque.
Visto che erano entrambi affamatissimi, e guardare i compagni rimpinzarsi non attenuava di certo i brontolii degli stomaci praticamente vuoti, Gerard e Frank decisero di andare in cucina a prepararsi un panino o comunque a cercare qualcosa che potessero mangiare senza andare contro le proprie restrizioni morali o di salute.
Quando giunsero in cucina, la cuoca si era già dileguata, quindi la trovarono deserta. Quella mattina il guardiano gli aveva spiegato che tendenzialmente il personale di servizio, ad esclusione di lui stesso, tendeva a lasciare la villa prima del calare del sole per poi rimettersi al lavoro la mattina presto del giorno successivo, alle prime luci dell’alba. “Sapete, la gente del luogo è parecchio superstiziosa...” aveva puntualizzato l’uomo.
Gerard rabbrividì al ricordo di quelle parole, ma decise di evitare di pensarci e scrollò le spalle, dirigendosi poi verso il grande frigorifero a caccia di qualcosa di commestibile.
Frank zompettava al suo fianco come un cagnolino sotto anfetamine.
In frigorifero trovarono del formaggio e dei pomodori freschi, mentre dalla dispensa recuperarono del pane ed una scatola di biscotti al cioccolato. Okay non sarebbe stata la cena più dieteticamente bilanciata del mondo ma poteva starci.

 “Frankie.” Lo chiamò, con voce tranquilla, allontanando la sedia dal grosso tavolo in legno massiccio al centro della cucina, per potersi alzare in piedi.
”Frankie. É ora di mettere via e raggiungere gli altri giù!”
”Okay!” rispose entusiasticamente il chitarrista, sfoggiando un largo sorriso pieno di briciole di biscotto.
Gerard scosse la testa, sorridendo tra sè: a volte quel ragazzo non sembrava proprio un adulto, gli avresti dato al massimo dieci anni.
Raccolse il piatto che aveva utilizzato per cenare ed andò a posarlo nell’acquaio, sopra il tagliere di legno consumato che aveva utilizzato per tagliare il pane.
Frank rubò un ultimo biscotto al cioccolato dalla scatola, poi lo imitò, mettendo nel lavello le proprie stoviglie.
Quando lo raggiunse, il cantate era già alla porta della cucina. Gliela tenne cortesemente aperta.
”Prego, prima le signore!”
”Dannato Way, questa me la paghi!” rispose Frank ridendo. Varcò comunque la porta per primo, voltandosi a mostrargli il medio con la doppia L tatuata ed un largo sogghigno di sfida a stirargli le labbra.
”Ahahah, con molto piacere, Iero!” ridacchiò di gusto Gerard, seguendolo nel corridoio che portava verso l’atrio.
“Non vedo l’ora!” rispose Frank con un pizzico di malizia a fine frase, trotterellando tranquillo sul lungo tappeto porpora, pochi passi avanti a lui.
Gerard pensò che invidiava la spensieratezza e la vitalità del suo chitarrista. Era sempre così solare da quasi emanare fisicamente luce intorno. E non si sarebbe mai detto che fosse un appassionato sfegatato di film horror, a vederlo costantemente così allegro.
Gettò un’occhiata di sfuggita al grande specchio che campeggiava a metà dell’ampio corridoio.

Un’ombra!
C’era una fottuta ombra nello specchio!
Sarà stata anche solo una frazione di secondo, ma Gerard era sicurissimo di averla vista passare.
“Frank...” chiamò, la voce incerta a causa del leggero tremito che si era impadronito di lui “Frankie... Hai visto anche tu...?”
“Che cosa?” domandò candidamente il piccoletto, sfoderando uno dei suoi sorrisoni che avrebbero fatto sciogliere l’intero ghiacciaio del Monte Bianco in cinque nanosecondi.
“Quella... Quella cosa...”
Di fronte alla sincera espressione interrogativa di Frank, aggiunse parole sconnesse per tentare di spiegarsi.
“L’ombra... Lo specchio... Oddio...”
”Quello specchio?” chiese Frank tranquillo, indicando l’oggetto incriminato ed avvicinandosi di qualche passo per osservarlo con maggiore attenzione tramite i suoi grandi occhi di quel colore non ben definito tra il verde ed il nocciola.
“Ma io non vedo niente. Guarda!” aggiunse, afferrando Gerard per un braccio e trascinandolo, riluttante, proprio davanti al grande specchio, al proprio fianco.
Il cantante si spostò immediatamente dietro la sua schiena minuta, tenendogli le mani sulle spalle, timoroso di guardare nella superficie riflettente.
“Io vedo soltanto un grande specchio, vedi?” lo additò nuovamente il piccolo chitarrista.
Gerard trovò il coraggio di sbirciare oltre i ciuffi di capelli corti del suo compagno, per vedersi semplicemente restituire uno sguardo verde colmo di paura.
“Non c’è nulla a parte i nostri riflessi. E questo specchio è grande abbastanza per noi due.” Concluse Frank con un piccolo sorriso soddisfatto per la citazione, voltando il viso per guardare il più grande.
Gerard distolse lo sguardo spaventato dallo specchio per tuffarlo  negli occhi del ragazzo davanti a sè. Sembrava così tranquillo. Lo guardava dal basso con le sue grandi iridi nocciola ed il suo sguardo sorrideva incoraggiante, come a dirgli che non c’era nulla da temere.
Il piercing a lato del labbro inferiore scintillava nella scarsa luce delle lampade poste ad intervalli regolari nel corridoio.
Era così invitante.
Per un momento Gerard provò un fortissimo impulso di chinarsi in avanti, in modo da poter colmare la distanza ridotta tra i loro visi. Sarebbe bastato pochissimo, davvero, giusto una manciata di centimetri. La posizione in cui si trovavano, il modo in cui Frank lo guardava... Sembrava che stesse aspettando solo quello.
‘No, non è possibile.’ Si disse, scacciando a fatica il pensiero e soffocando tristemente l’impulso. ‘Questa casa mi sta davvero facendo uscire di senno.’
Non era come quando erano sul palco ubriachi o strafatti nel backstage. Adesso era diverso. Non avrebbe avuto nessuna scusante per giustificare la sua azione. E in ogni caso teneva troppo al proprio legame con Frank per rischiare di rovinare tutto quanto.
”Hai ragione, Frankie.” Mormorò, senza distogliere gli occhi dai suoi. “Non so cosa cavolo mi sia preso.”
Per un attimo gli sembrò di veder balenare un fugace lampo di delusione sul viso del più piccolo, ma non fidandosi più di quanto vedeva ultimamente, poichè non sembrava essere attendibile, pensò di esserselo semplicemente immaginato.
”Grazie, piccoletto.” Disse, scompigliandogli i capelli, già normalmente disordinati e scatenando una risatina acuta di Frank. “Ora andiamo a raggiungere gli altri. Scommetto che si staranno chiedendo dove siamo finiti e Mikey verrà a lamentarsi che siamo in ritardo, mentre Ray vorrà interrogarci per capire se gli abbiamo svuotato tutta la dispensa...”
”Okay.” Rispose Frank, stranamente con meno entusiasmo del normale. Poi aggiunse “Gee...”
”Dimmi.”
”Non lo diciamo a Ray che abbiamo trovato la sua scorta segreta di biscotti al cioccolato, vero?”
”Naaaah... Tanto se ne accorgerà da solo prima o poi!”
“Bene!” esultò il chitarrista con ritrovata vitalità “Biscotti gratis!”
Gerard scosse la testa ridendo e lo seguì verso la sala dove avrebbero raggiunto i compagni.

 

***


”Hhhhhhhh!!!”
Gerard si svegliò di soprassalto, ritrovandosi seduto nel proprio letto ad ansimare affannato, il sudore freddo che colava dalla fronte lungo le gote fino ad aggregarsi in piccole gocce sul suo mento.
Un incubo.
Era tanto che non ne faceva uno.
Non era un buon segno.
Percorse con lo sguardo tutta la camera in cui si trovava. L’oscurità avvolgeva ogni cosa, e i contorni dello scarso  e semplice mobilio presente erano appena visibili grazie alla luce della luna che giungeva tenue attraverso la piccola finestra posta alle sue spalle.
Non capiva perchè, ma si sentiva circondato da un’atmosfera decisamente inquietante.
Gli sembrava che l’aria fosse divenuta una sostanza densa e gelatinosa, il che rendeva estremamente difficile respirare.
La gola secca gli bruciava ogni volta che l’aria vi passava attraverso.
Decise di andare in bagno per bere e per sciacquarsi la faccia.
Scostò piano le coperte, rabbrividendo al contatto dei piedi scalzi con il pavimento di marmo gelato. Cercò a tentoni nel buio le proprie ciabatte, tastando cauto il terreno con i piedi. Nulla.
Che strano. Eppure era sicurissimo di averle lasciate ai piedi del letto.
Con un sospiro rassegnato decise di avviarsi scalzo, alzandosi dal letto ed aprendo con cautela la porta della stanza.
Regnava un silenzio innaturale in tutto il maniero: non si udiva alcun suono, tanto che il rumore che Gerard produceva respirando con la bocca, rimbombava assordante nelle sue orecchie.
E il buio.
Il buio lo avvolgeva pesante come una coperta di velluto. Ne sentiva quasi il peso fisico sulle spalle, come se fosse stato un cappotto invernale.
Percorse il corridoio fino in fondo, dove si trovava il bagno di quel piano della villa, camminando cauto in punta di piedi, timoroso di rompere quello strano silenzio.
Spinse la porta del bagno che si aprì producendo un lieve cigolio, facendolo sobbalzare. Aveva ancora i tutti i nervi a fior di pelle a causa dell’incubo.
Che poi non rammentava nemmeno che cosa avesse sognato. I ricordi erano spariti completamente, ma le sensazioni sgradevoli gli erano rimaste addosso come un profumo persistente, vivide.
Girò rapidamente la manopola del rubinetto, lasciando che l’acqua fredda scorresse copiosa nel rubinetto. Ci ficcò immediatamente le mani sotto a mò di scodella e si gettò l’acqua gelata in faccia, sperando di riuscire a lavare via con essa l’ansia e la paura.

Sollevò piano il viso bagnato per osservarsi nello specchio e trasalì. 
Quella cosa era alle sue spalle. Vicinissima. E lo stava guardando attraverso il riflesso. 
Anche se non era sicuro che quei due punti luminosi al centro della massa sfocata fossero occhi, avrebbe potuto giurare che lo stesse fissando.
”Chi... Chi sei...?” riuscì ad esalare appena, mentre anche respirare sembrava essersi fatto insostenibilmente difficile. L’essere non rispose.
”P-p-pace.” Accennò alzando lentamente una mano aperta, per dimostrare di non essere ostile alla creatura, che continuò a limitarsi ad osservarlo.
Deglutì rumorosamente, raccolse tutto il coraggio di cui disponeva ed iniziò a voltarsi. Lentamente. Lentamente.
Finchè con uno scatto fulmineo si voltò del tutto.

La cosa era sparita.
Gerard ansimava affannosamente e sentiva che se il proprio cuore avesse accelerato ancora un po’ avrebbe finito per esplodergli all’interno del petto.
Le gambe gli cedettero e si accasciò come un palloncino sgonfio ai piedi del lavandino.
Cosa cazzo era quella cosa? Perchè era sparita? Se l’era solo sognata?
Era nel panico. Nel panico più totale.
Temeva che quell’essere sarebbe ricomparso da un momento all’altro, pronto a ghermirlo con le sue propaggini di fumo scuro, per trascinarlo con sè nelle tenebre. Per sempre.
Non se ne parlava di ritornare in camera sua a dormire da solo.
No. No. No. Assolutamente no.
Non se ne parlava proprio.
Sarebbe sicuramente morto di paura prima di poter vedere i primi bagliori dell’alba fare capolino attraverso la finestra.
Quando siamo terrorizzati da qualcosa la nostra mente fa black-out, eccetto che per un solo pensiero. C’è sempre una persona che ci viene in mente. Qualcuno che ci fa sentire al sicuro. Qualcuno a cui rivolgiamo i nostri pensieri ogni volta che ci troviamo in difficoltà. E’ una cosa naturale. La nostra anima ci si aggrappa istintivamente. E’ qualcosa di estremamente umano.
Anche a Gerard venne immediatamente in mente da chi andare, da chi rifugiarsi.
Si mise a camminare velocemente per il corridoio, atterrito persino dal leggero scalpiccio che i suoi piedi scalzi producevano sul pavimento di marmo liscio, il cuore che batteva più veloce di una mitragliatrice, picchiando sui suoi timpani come se fossero stati due tamburi.
Quando le sue dita si chiusero attorno al freddo pomello di ottone della porta della  sua camera provò un leggero senso di sollievo. Si lanciò intorno qualche occhiata terrorizzata, prima di girare lentamente la maniglia ed aprire piano la porta, giusto quel tanto che bastava perchè ci potesse passare attraverso. Sgusciò velocemente dentro la stanza e richiuse immediatamente la porta alle proprie spalle, appoggiandovisi contro con la schiena, sfinito. Solo allora riuscì ad abbandonarsi ad un sottile sospiro di sollievo, lasciando che l’aria fluisse agevolmente fuori dalla bocca, svuotando completamente i polmoni.
Lui stava dormendo tranquillamente.
Il suono del suo respiro regolare era molto piacevole per le orecchie di Gerard, dopo tutto quel silenzio che avvolgeva il resto della casa.
Gli si avvicinò con cautela, lasciandosi sfuggire un sorriso quando vide i suoi lineamenti delicati illuminati dalla luce della luna. Già solo il fatto di vederlo aveva lo straordinario potere di calmare la sua anima. 
Afferrò le coperte, scostandole per sdraiarsi adagio al suo fianco, cercando di non svegliarlo.
Si beò nel sentirsi avvolgere dal suo profumo e nell’avvertire il calore del suo piccolo corpo tiepido.
Sì. Lì sarebbe stato al sicuro. Non sarebbe mai potuto accadergli nulla di male quando era accanto a lui. Accanto a Frank.
Si appallottolò come un gatto, cercando di non occupare troppo spazio nel letto, pensato per una persona sola, e piano piano si arrese al torpore, scivolando in un sonno profondo e senza sogni.

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Buonasera, gente!
Questa volta vi presento una storia completamente diversa da quelle che ho pubblicato fin'ora: sarà una storia decisamente inquietante! °w°
Vi piacciono le storie di paura?
Spero che questa sia di vostro gradimento, allora. ^^
Lo spunto iniziale è stato un incubo che ho fatto a dicembre... Lo ammetto: ho ancora un po' di inquietudine all'idea di alzarmi per andare in bagno la notte...
Anche se scriverne, mi ha aiutato ad esorcizzare un po' la paura.
Comunque mi è successo pari pari ciò che ho fatto accadere a Gerard nell'ultima parte del capitolo (solo che io non ho nessun Frankie da cui andare a rifugiarmi... c.c)
Mi aveva terrorizzata tantissimo, perchè possiamo affrontare ciò che vediamo, per quanto spaventoso possa essere... 

...ma come puoi affrontare qualcosa che non sei in grado di vedere ad occhio nudo?
Potrebbe attaccarti da un momento all'atro. 
E tu non puoi difenderti, perchè NON puoi vederla.

E, boh, da questa cosa ho deciso di svilupparci una storia intorno, e, dopo averla mollata e ripresa più volte nel corso dei mesi, eccola qui.
Non saranno molti capitoli. Tre o quattro, credo.
Attenti: molte cose non sono come sembrerebbero essere.
Cos'è la 'cosa' e cosa vuole? Esiste? O è solamente Gerard a vederla, perchè in realtà è la casa che lo sta facendo impazzire?
Più avanti scoprirete anche questo.
E sappiate che c'è anche chi ne sa qualcosa in più, ma per ora non ha alcuna intenzione di rivelarlo.

Boh, spero di avervi incuriositi almeno un minimo e di rivedervi nei prossimi capitoli! ^^
Ringrazio tantissimo chi mi segue da tanto, nonostante la mia incostanza, chi è capitato qui per caso e ha letto per pura curiosità e anche chi legge silenzionsamente le mie storie senza farsi vedere. Mi fate tutti bene, sappiatelo!

Keep running!

xoxo

   
 
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