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Autore: Calipso__    07/08/2013    1 recensioni
Seguito di Wherever I Go...
E' da quasi un anno che Robby ha conosciuto Nico e, nonostante la promessa di sentirsi spesso, sono mesi che nessuno nel Campo Mezzosangue ha contatti con lei. L'arrivo in Italia di Paul le conferma un suo presentimento: se quelli del Campo non si sono tenuti in contatto neppure con lui, vuol dire che sta succedendo qualcosa di serio...
Una nuova impresa attenderà la nostra protagonista con tre compagni di viaggio, prima di affrontare una volta per tutte la sfida conclusiva contro Micah e tutti quei mezzosangue che vogliono farla pagare agli dei...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Robby e gli dei dell'Olimpo'
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E' dura scendere a patti con questo egizio.

 

 

 

 

 

5

E’ dura scendere a patti

con questo egiziano.

 

A

rrivammo senza problemi dove Chirone di aveva riferito, ma oltre a un mucchio di rottami e ad un edificio abbandonato a sé stesso e pieno di graffiti, non c’era nulla.

- Ebbene? – fece Nico scendendo da Buckbeack . – Non mi sembra ci sia nulla di particolare… -

- Forse è semplicemente la Foschia. – disse Percy aiutando Serena a scendere da Blackjack.

- Guardate! – esclamò Serena indicando la parte alta dell’edificio. Dovetti focalizzare attentamente l’attenzione, come a scrutare una cosa molto lontana, ma finalmente riuscii a vederla: era una villa di cinque piani poggiata sulla cima del magazzino abbandonato.

- Cavoli…! – esclamai esterrefatta: come avevo fatto a non vedere una cosa simile?!

- Dev’essere una Foschia più difficile da catalizzare per noi, ma è pur sempre Foschia. Guardate là! – disse Nico indicando la parete del magazzino. Le lettere dei graffiti iniziarono a mescolarsi fino a formare due parole che, non essendo scritte in greco antico ma in inglese, mi riuscivano difficili da leggere a causa della mia dislessia.

- Hem… “volassimo pomo”?! – fece Percy con gli occhi ridotti a fessure, grattandosi la testa incerto. Ricordai solo in quel momento che tutti noi eravamo dislessici e che avevamo problemi a leggere quella scritta.

- C’è scritto “ventunesimo nomo”. – disse Serena con un sospiro, capendo che non doveva essere il compito di una bambina di nove anni quello di leggere una scritta a degli adulti.

Nico e Percy si voltarono immediatamente verso Serena stupiti.

- Lei non è dislessica? – mi domandò Paul.

- Ogni tanto faccio fatica a leggere alla lavagna – disse Serena facendo un passo avanti verso la scritta. – Ma non è così difficile per me leggere come lo è per Robby… -

- Ad ogni modo cosa vuol dire “ventunesimo nomo”? – chiese Nico.

- I nomi nell’antico Egitto erano le regioni. – spiegò Serena sorprendendoci ancora una volta. – L’Egitto al tempo era diviso in quarantadue province… insomma, smettila di guardarmi così, Robby! – sbottò interrompendosi. - Ho studiato gli antichi Egizi a scuola quest’anno e sai che c’è? Dovresti studiare di più visto che ti fai bagnare il naso da una bambina di nove anni! – esclamò infine facendomi la linguaccia. Avrei voluto prenderla e strozzarla, ma Nico mi fermò.

- Non è tempo per i litigi tra sorelle. Saliamo le scale e cerchiamo l’entrata, il posto che cercavamo è comunque questo. -

Dalla cima di quelle scale, notai che l’edificio era fatto di enormi blocchi di calcare, le finestre erano contornate da geroglifici e le pareti illuminate dal basso verso l’alto: dalla serie che mancava solo la scritta “benvenuti nell’antico Egitto”. Il problema era che, non appena si distoglieva lo sguardo da quell’imponente villa, questa sembrava svanire e bisognava rimanere concentrati per riuscire a vederla. Ci ritrovammo di fronte a un’enorme porta di legno grande quanto un garage, senza maniglie né serrature.

- Ed ora? – chiesi incerta sul daffare.

- Sfondiamo la porta? – domandò Percy con voce allegra.

- O proviamo a bussare… - fece Nico dubbioso.

Serena allungò subito la mano e bussò. Il suo “toc toc” eccheggiò dietro l’enorme portone di legno, rilevando la presenza di una stanza vuota dall’altra parte.

- Signor Kane, ci apra! Dobbiamo parlarle! – esclamò Percy. Trovavo stupido parlare ad uno sconosciuto di fronte ad una porta senza maniglie né altro, ma non trovavo altra scelta. Dopo cinque minuti che cercavamo di attirare l’attenzione di qualcuno all’interno della villa, ci guardammo tutti e quattro negli occhi.

- Come possiamo fare? – fece Serena mordendosi il labbro.

- O quel Kane non è in casa, o non vuole aprirci, e sono quasi sicuro che l’opzione giusta sia la seconda… - disse Nico.

- A mali estremi, estremi rimedi. – commentai e aggiunsi: - Direi che non il signor Kane non ci lascia altra scelta se non adottare l’idea iniziale di Percy… -

Percy sorrise complice, entusiasta che qualcuno avesse preso sul serio il suo piano.

Nico aggrottò le sopracciglia scettico.

- Vuoi sfondare la porta?! – fece lui.

- Non proprio… - risposi e aggiunsi: - Ma non credo che il signor Kane continuerà ad ignorarci se la sua casa dovesse “accidentalmente” venire inondata dal fiume, distrutta dai fulmini e attaccata da un esercito di scheletri… -

Percy e Serena scoppiarono a ridere.

- Non credo che un simile comportamento gli darà una buona impressione di noi… - commentò Nico. – E ricordati che dobbiamo chiedergli un favore… -

- Se ci lascia entrare sistemeremo tutto noi, ok? – dissi. – Non abbiamo tempo per le buone maniere, tra una settimana Micah invaderà l’Olimpo e noi non solo dobbiamo convincere Kane a porci la mano, ma dobbiamo pure trovare Ecate. Non c’è altro modo. –

Nico sembrava ancora incerto, ma annuì, mordendosi un labbro e inginocchiandosi per terra.

- Io cosa devo fare? – chiese Serena spiazzata. Percy s’inginocchiò di fianco a lei e le indicò il fiume.

- Vedi quell’acqua, Serena? – le domandò. – Bene, concentrati su di essa. Ascolta lo scroscio che produce muovendosi, concentrati su ogni singola particella ed inizia a plasmarne il movimento nella tua mente: vedrai che con un po’ di fatica capirai come funziona anche da sola… -

Vedere Percy parlare così a mia sorella, spiegarle cosa doveva fare e abbassarsi di fianco a lei mi faceva un po’ di rabbia; mi davano fastidio quelle sue pretese da fratello su di lei: io ero sua sorella, io la conoscevo praticamente da sempre, io, non lui. Fortunatamente l’urgenza comune di contattare il signor Kane il prima possibile mi distrasse da questo lampo di gelosia. Nico era pronto con le mani a terra e Percy e Serena, tenendosi per mano, osservavano intensamente l’acqua del fiume, pronti a scatenare il loro potere. Alzai lo sguardo verso il cielo, che iniziò a scurirsi; potevo sfogare la mia rabbia repressa nel cielo, il che era una bella cosa: era tanto che non avevo tutta quella libertà di controllare il cielo, e la sensazione stava diventando straordinariamente liberatoria.

Improvvisamente fulmini iniziarono a riempire il cielo e a colpire quella strana abitazione. I muri iniziarono a creparsi e, quando abbassai gli occhi, vidi che un esercito di scheletri tentava di sfondare il portone a mani nude e l’acqua del fiume saliva in aria in un’enorme onda che continuava a fondarsi sulla casa per indietreggiare e tornare all’attacco.

- BASTA! – strillò una voce maschile risuonando come se provenisse un altoparlante. Fulmini, ondate d’acqua e l’esercito di scheletri si fermarono.  – Mi state distruggendo casa! -

- Non ci ha lasciato scelta, signor Kane! – gridai io in risposta con quanto più fiato avevo. – Abbiamo bisogno di lei, e il tempo che ci rimane è poco! –

- Non farò entrare voi mezzosangue greci in quest’edificio sacro! Tornatevene nella vostra Manhattan! – rispose la stessa voce.

- Come fa a sapere che siamo mezzosangue greci?! – domandò Percy dal basso.

- Sono un mago, figlio di Poseidone! Ho i miei metodi per saperlo… - disse la voce freddamente.

- Allora saprà anche che non ce ne andremo finché non ci aprirà. – urlò Nico. – E per quanto lei possa essere un mago, anche noi abbiamo le nostre capacità, e quattro contro uno non sarà mai una sfida equa… -

- Dici, figlio della morte? Non hai idea di quanto possano essere potenti e temibili la civiltà e gli dei egizi… -

- Quelli greci non sono da meno! – rispose Percy. – Provi lei a sconfiggere Crono, poi ne parliamo! -

- Smettetela! – strillai con voce isterica. - Non siamo qui per scommettere sugli dei manco fosse una partita di calcio! Vogliamo parlare e chiedere il suo aiuto, signor Kane. Se ce lo concede smetteremo di distruggere casa sua e rimedieremo ai danni provocati… altrimenti vedremo di avere il suo aiuto con la forza. Scelga lei. –

Dopo un paio di secondi di silenzio, la voce dell’uomo disse sommessa: - D’accordo, potete entrare… - e il battente iniziò ad aprirsi per sparire sin dentro il soffitto. Scesi a terra mentre gli scheletri tornavano sotto terra e l’acqua tornava a riposare sul letto del fiume, dopo di che entrammo tutti e quattro insieme. Nonostante ci fosse molto buio, si potevano vedere delle travi di cedro a vista sull’altissimo soffitto, sostenuto da pilastri di pietra scolpiti da geroglifici. Per terra c’era un enorme tappeto di pelle di serpente che, nonostante l’assurdità, ai miei occhi sembrò essere vera pelle di serpente, il che rendeva quel posto ancora più inquietante. Come se non bastasse la pelle di serpente usata come tappeto, al centro della sala c’era una statua alta dieci metri di marmo nero: doveva essere una loro divinità visto che oltre a indossare degli indumenti dell’antico Egitto, aveva il corpo umano e il volto d’uccello. Mi sentii improvvisamente rabbrividire: quella statua mi ricordava la riproduzione di Zeus nella mia cabina al Campo; la sola differenza era che questa al solo vederla, mi serrava il cuore in una forte morsa: se quella di Zeus nella Cabina mi infondeva un senso di freddezza con quel suo bianco marmoreo, questa m’infondeva un senso di qualcosa di cupo, ardente e pericoloso. Distolsi subito lo sguardo da quella statua e notai che vicino ad un grandissimo camino c’erano un televisore al plasma posto su una mensola e due divanetti di pelle che davano un tocco moderno a quell’arredamento di pessimo gusto. I muri erano decorati da strani oggetti che sembravano strumenti musicali, e tre delle quattro pareti avevano dei balconi: da quelli riuscii a scorgere fuori una piscina, un braciere ardente e un terrazzo che girava tutt’intorno alla villa. In fondo alla sala c’era anche una grande porta chiusa con una catena e un sacco di lucchetti e con lo strano disegno di un occhio sui battenti.

- Cosa volete? – disse una figura entrando da uno dei balconi. L’uomo aveva la pelle scura e i suoi capelli neri erano sistemati in lunghe treccine con perline blu scuro; indossava un completo di lino azzurro con tanto di cappello con una piccola piuma di pavone e lenti dello stesso colore del vestito. Non mi aspettavo di dover incontrare un tipo tanto eccentrico.

- E’ lei il signor Kane? – domandò allora Nico facendosi avanti.

- Ovviamente. Voi invece? Cosa ci fate sulla riva orientale? Non vi è stato riferito di tenere i nostri dei lontani gli uni dagli altri? – fece l’uomo incrociando le braccia in attesa di una risposta.

- E’ stato il nostro Oracolo a condurci qui. – rispose Percy.

- Un Oracolo? L’Oracolo di Delfi? – chiese l’uomo mostrandosi improvvisamente interessato alla faccenda.

- Sì – dissi io. – Dei mezzosangue hanno trovato un modo per togliere i poteri ai nostri dei che ora si trovano confinati sull’Olimpo allo stremo delle forze. L’Oracolo ha fatto solo il vostro nome e pensiamo che voi siate l’unico modo per contattare l’unica divinità che possa aiutarci… -

- Ecate per la precisione. – s’intromise Nico.

- Mi state chiedendo di accettare di accogliere in me la dea greca della magia? – disse Kane tornando ad essere improvvisamente freddo. – Non se ne parla affatto. A noi egizi ci è proibito di ospitare un dio nei nostri corpi, è contro le leggi… -

- Non è questione di essere egizi o greci. – s’intromise Serena portandosi di fronte a tutti noi e avvicinandosi a Kane. – Voi egizi avete rispetto per le predizioni dell’Oracolo tanto quanto noi, forse in un altro modo, ma sapete che è così. Gli antichi egizi consultavano l’Oracolo anche per le questioni più piccole, figuriamoci per qualcosa di veramente importante… come Ramses II che lo consultò per scegliere chi nominare suo sacerdote. E l’Oracolo di Amon rimane tutt’ora uno degli Oracoli più famosi del passato. -

Tutti noi ci ritrovammo a fissarla stupiti.

- E tu come le sai tutte queste cose?! – fece Percy impressionato.

- Ho fatto una ricerca sulle superstizioni e sulle divinità egizie a scuola… - spiegò incrociando le braccia con un sorrisetto: si vedeva che era compiaciuta di sapere qualcosa che noi non sapevamo.

- Certo che dev’essere vergognoso arrivare qui con una mezzosangue principiante che ne sa di più di voi su cosa state per affrontare… - fece notare Kane sprezzante dopo essersi per un attimo meravigliato delle parole di Serena.

- Non provo vergogna, solo orgoglio. – dissi io mettendo a mia sorella una mano sulla spalla. – Sono fiera di essere sua sorella, anche se… -

- …anche se non condividete lo stesso sangue? – concluse la frase Kane.

Lo fulminai con lo sguardo e dissi tra i denti: - Volevo dire anche se non condivido la sua devozione allo studio. –

- Ascolti, noi non ce ne andremo senza averla persuasa. – tornò sull’argomento Nico. – Manca una settimana all’attacco dei nemici, e abbiamo bisogno di Ecate perché tutto possa tornare com’era… -

- Una settimana? – Kane scoppiò a ridere. – Se già non voglio collaborare, vi sarà difficile imparare dalla dea quello che vi serve per vincere la vostra battaglia; ma, come ho appena detto, è la vostra battaglia, non la mia. Potete rimanere quanto vorrete se promettete di non devastare questo tempio, ma non sperate di trovare la mia comprensione o il mio aiuto: i nostri sono due mondi che devono stare l’uno lontano dall’altro. –

Improvvisamente sentii dei versi strani e notai che da un balcone era entrata una scimmia. Serena si precipitò subito da me, impaurita dalla scimmia: era una mezzosangue intelligente, aveva la faccia tosta di parlare chiaramente e di vantarsi di essere spesso più brava di altri, ma di fronte a un cane o, in questo caso, di fronte a una scimmia, tornava ad essere la mia sorellina piccolina di nove anni.

- Khufu! – disse Kane. – Accompagna i nostri ospiti nelle loro stanze. -

Capii solo dopo che Khufu doveva essere il nome della scimmia; per la precisione era un babbuino, e indossava una felpa dei Los Angeles Lakers. La scimmia iniziò a salire le scale due a due, facendoci cenno di seguirlo. Arrivati al terzo piano ci indicò due stanze comunicanti e, dopo aver fatto una capriola, ci salutò con la mano andandosene via. A quel punto noi quattro, rimasi soli, ci guardammo finalmente in faccia.

- Come procediamo? – chiese Percy. – Ovviamente dobbiamo trovare un modo veloce per convincere Kane ad accettare di ospitare Ecate… anche se ancora non sappiamo come avverrà. -

- Credo che essendo un mago ne sappia più lui di noi a questo proposito… - disse cupamente Nico.

- Avete visto com’è rimasto colpito da Serena quando gli ha detto tutte quelle cose sugli egizi? – feci notare improvvisamente io. – Credo che dovremmo semplicemente convincerlo a parole: sappiamo bene che la distruzione dei nostri dei comporterebbe un disastro di carattere planetario… il che sarebbe un problema anche per i loro dei. Qui non è questione di greci o egizi: qui si tratta del bene di tutti. –

Nico annuì.

- Potremmo anche promettergli di ricambiare il favore se ce ne fosse bisogno. – propose Percy.

- Stiamo cadendo nella disperazione… - commentò Nico.

- E in effetti siamo disperati… - s’intromise Serena. - Ma… una promessa? Che valore può avere? –

- Promettere qualcosa sullo Stige lo rende vincolante. – le spiegò Nico. – Potremmo farlo e sono certo che ci siano giuramenti coercitivi simili anche per gli antichi egizi. Magari non a nome di tutti i mezzosangue greci, non avremmo il diritto… ma io sono pronto a prendermi la responsabilità di una simile promessa, e lo stesso credo che valga anche per voi, no? –

Io, Percy e Serena annuimmo. Guardai Serena e mi morsi il labbro: se fare un simile giuramento sarebbe stato necessario, avrei fatto io le parti di Serena, affinché lei non dovesse sopportare un altro pericolosissimo fardello.

- Ci conviene andare a riposare: domani mattina dovemo ricorrere a tutta la nostra forza di persuasione per convincerlo… - disse Percy.

Ancora una volta annuimmo e, mentre Serena entrava in camera con me e Nico in quella con Percy, lanciai un’occhiata a Nico: non avevamo avuto modo di parlare seriamente da soli da quando ci eravamo rincontrati, non avevamo avuto veramente del tempo per noi…

- Guarda che non mi offendo se volete stare in camera insieme…! – disse Percy uscendo nuovamente dalla stanza e guardandoci con un sorrisetto.

Nico si morse il labbro.

- Ti va? – mi domandò solo lui.

Se mi andava? Non vedevo il mio ragazzo da mesi, mi mancavano i suoi occhi scuri su di me, il suo profumo, il suono della sua risata e il suo sapore sulle mie labbra…

- Robby! – esclamò Serena uscendo dalla stanza e tirandomi la maglia. – Ci sono dei vestiti qui! Vieni a scegliere con me il pigiama? E ti va di vedere la tv prima di dormire proprio come facciamo a casa? Giriamo su Real Time? -

Mi stavo per dimenticare di quanto Serena è ansiosa la sera: prega sempre mamma di rimanere in camera con noi fino a quando non si è quasi addormentata, per poi riempirla di baci e abbracci e salutarla mille volte prima che questa varchi la porta della camera per andarsene a sua volta a letto. Praticamente uno strazio. Non saprei a cosa è dovuto… forse ha paura del buio. O forse ha paura degli incubi. Il problema che senza la mamma il fardello sarebbe caduto su di me, e farla andare a dormire senza la mia presenza l’avrebbe traumatizzata ancora di più.

Guardai Nico che con un sorriso sconsolato disse solo: - Ok, non importa… buonanotte… - ed entrò in camera sua.

Chiusi la porta della camera alle mie spalle e mi morsi il labbro talmente forte che iniziai a sentire il sapore di sangue in bocca.

“Giuro che tra un paio d’anni, quando tu avrai un ragazzo, ti farò passare quello che stai facendo passare tu a me…” pensai malignamente ma, dopo pochi minuti di rabbia inespressa, non riuscii a non ridere con lei di quei ridicoli vestiti di lino che c’erano nei cassetti o di quei poggiatesta d’avorio che c’erano al posto dei cuscini. Ci addormentammo l’una accanto all’altra, senza cuscini, senza quegli orribili poggiatesta e senza alcun problema su greci, egizi e la fine degli dei.

Fulmini e saette, ecco lo spazio dell'autrice!

Oddio, erano secoli che non lo scrivevo per me stessa, quanto mi è mancato! Prima di tutto devo scusarmi con voi per essere stata assente per così tanto tempo. Aimè l'università è dura e visto che sto per andare fuori corso, ho programmato tutto il mio prossimo e ultimo anno accademico: a settembre ho altri due esami così da potermi iscrivere ai laboratori (che sono una figata assurda) a fine settembre e al tirocinio a ottobre. Sarà una dura sfida, ma a ottobre/novembre dell'anno prossimo intendo laurearmi. Dopo di che sinceramente mi sono un po' rotta le scatole di studiare... se tutto va bene alla fine della triennale andrò a fare la ragazza alla pari all'estero per un anno. Sarà dura, ma ho questo progetto da un paio di mesi, e credo di essermi convinta ormai.

Dopo questo preambolo, capirete perché sono stata così occupata ultimamente. Ora ho preso una breve pausa alla fine della sessione estiva, ma il 12 di questo mese parto con gli amici per la Tunisia e quando torno dovrò darci dentro con lo studio perché il 10 settembre ho subito psicologia (il giorno prima del mio compleanno: tanti auguri a me!). Fatto sta che, nonostante il tempo che ci metterò ad aggiornare, questa storia non rimarrà mai incompleta, e chi mi segue da sempre lo sa: in questa storia ci sono io, ci sono i miei amici, c'è la mia famiglia e il mio cuore, non potrei mai lasciarla incompiuta.

Spero di scrivere presto il seguito!

Un bacio,

Calipso

  
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