"KREACHER"
"Padron Sirius mi ha chiamato? - Feccia puzzolente che ha spezzato il
cuore della sua povera madre, oh Kreacher non lo ama, no..."
"Hai preso tu la lettera, vero?! Dove diamine è
finito il gufo? Per tutti i gargoyle!"
"Kreacher non avrebbe mai preso qualcosa senza chiedere, no. Kreacher
pulisce, rassetta, riordina, questi si! - Se non gli viene
chiesto, Kreacher dice quello che vuole al meschino traditore..."
"Il meschino traditore ti sente benissimo, razza d'idiota! E adesso ti
ordino di dirmi la verità, dov'è la lettera e dov'è il
mio benedetto gufo Kreacher!"
Kreacher, il vecchio elfo domestico di sua madre, si
avviò con passo strascicato verso il forno a gas della grande cucina di casa
Black, si acquattò sul pavimento e trasse una piccola busta color avorio,
addobbata con tanto di pallottole di polvere, e senza soffiarci su la porse al padrone mugugnando con grande indignazione per
essere stato colto in flagrante. Eppure succedeva tutti i giorni da una
settimana. Sirius ogni mattina doveva giocare alla caccia al tesoro con
Kreacher, farsi ridare la lettera e finalmente dargli una meritata pedata nel
sedere, per poi andare a leggersela al grande tavolo di legno massiccio della
cucina. Era vuota la casa, senza l'Ordine. Ogni tanti venivano a trovarlo i Weasley
e qualche Auror, solitamente per cena. Era un po'
come se venissero a fargli visita in prigione.
E doveva restare assolutamente segreto. Molly Weasley si proponeva sempre come
cuoca, e ne aveva ben donde. L'elfo di casa si rifiutava di preparare roba commestibile
per quei "traditori del loro sangue" e Sirius era incapace di
cucinare decentemente per così tante persone. Era un venerdi mattina, e Kreacher, stanco di essere sempre
preso con le mani nel sacco, aveva deciso di aggiungere un po' di piccante alla
situazione.
"Bene, adesso dimmi cosa hai fatto con quel gufo"
"Io non ho fatto niente, padron Sirius. Kreacher
non farebbe mai del male a..."
"Dove l'hai messo? Dimmelo" ringhiò minaccioso il mago, brandendo la
lettera come fosse un'arma letale.
"Io non sa... ha solo preso la lettera per il padroncino - un mentecatto che accoglie in casa lurida
feccia indegna che infanga la dimora dei suoi padri, oh povera la mia padrona,
cosa direbbe se vedesse Kreacher obbligato a servire..."
"Tu l'hai lasciato ANDARE VIA, KREACHER?!"
ora Sirius l'aveva preso per i vestiti e l'aveva sollevato, senza riscuotere
nell'elfo nessun timore.
"Kreacher non sa, Kreacher l'ha lasciato entrare, ha chiuso la porta
uscendo, pero' non sa se ha chiuso la finestra!
Kreacher è vecchio, padron Sirius..."
L'aria
da agnellino che aveva preso disgustò enormemente Sirius, che lo lasciò andare via senza reagire, ben sapendo che era
quello che più lo avrebbe reso felice; si diresse a passo pesante verso camera
sua, dove normalmente arrivava la posta da parte di Piton.
Con suo gran sollievo, il gufo era rimasto nella stanza, placido si era
accomodato sulla scrivania e ora sonnecchiava per riposarsi dal lungo viaggio.
Si sedette di fronte all'animale, il quale arruffò leggermente le penne per
essere stato svegliato, e squarciò il sigillo della busta, non prima di aver
soffiato con forza per far sparire le gatte di polvere.
"La situazione è incambiata.
Silente ribadisce di non uscire, ma io so che la cosa
in fondo ti fa piacere. Non sei mai stato in grado di assumere rischi più del
necessario. Un codardo, proprio come Potter. Non crogiolarti troppo però,
mentre gli altri lavorano per danni che hai causato tu. S. Piton"
Rilesse per sicurezza, poi la ripose sul tavolo, insieme alle
altre. Accarezzò piano il gufo marrone. Era ancora più frustrante essere in
quella casa. Più di quando la Tana dei Weasley era andata a fuoco per un
attacco da parte dei mangiamorte ed erano tutti
dovuti andare a vivere da lui, e subiva il controllo costante dei membri
dell'Ordine - certo, anche la loro compagnia, che non gli dispiaceva - senza
contare il via vai di quel cretino bisunto di Piton,
con tanto di frecciatine arroganti e tono mellifluo. Si preparava a un'altra
giornata noiosa. Non aveva niente da fare. Harry non gli scriveva più, lo
credeva morto. E lui così si sentiva, morto. Se non
altro aveva l'ippogrifo Fierobecco, a tenerlo
occupato. Scrollò leggermente le spalle e gustò l'aria fresca che arrivava
dalla finestra. Il cielo era stranamente azzurro, e le nuvole basse erano rade,
cosa rara a Londra. Le parole di Piton non lo
scalfivano più di tanto, era dai tempi della scuola che si scambiavano insulti.
Eppure un vago senso di inquietudine gli fece accelerare
il respiro. Era davvero, almeno in parte, colpa sua se quella donna si era
messa così tanto in pericolo? Un attimo prima era lui in procinto di morire, un
attimo dopo ritrovava le forze, e la vita dell'altra era appesa a un filo.
Com'era potuto succedere? Indugiava a lungo su quei pensieri, tutti i giorni,
soprattutto la mattina quando le accuse di Piton
arrivavano fresche fresche
in via cartacea, e l'ombra di quelle parole scritte in piccola calligrafia gli
restava impressa nella mente. Passò una mano sulla scrivania per raccogliere la
polvere che stava lentamente ma sicuramente invadendo tutta la casa. Gli
sembrava di essere un vecchio ninnolo da comò, di quelli che nemmeno sono
stregati e si muovono; lui se ne stava lì fermo, in una bolla di cristallo con
tanti brillantini che gli rovinavano addosso. Tutto si muoveva intorno a lui,
dandogli l'illusione di essere vivo, ma non poteva muovere un dito senza
scatenare una tormenta.
Doveva rispondere a Piton? Non l'aveva ancora mai
fatto, in più quell'altro non aveva nessuna certezza che il gufo arrivasse a
buon porto - Sirius era sicuro che se ne rallegrasse ogni giorno di più - e
quella mattina cosi rischiarata dal riflesso di sole
lui sentiva che era venuto il momento di farlo. Ma
cosa avrebbe potuto scrivere a Mocciosus senza
rischiare di essere scoperto? Tra quella faccenda e il fatto che era ricercato
dal mondo -magico e non- come pluriomicida, non sapeva più che cosa fosse
"veramente" grave, e se fosse poi così importante restarsene lì e
obbedire a Silente. Poi un piccolo morso allo stomaco gli
ricordò che qualcuno aveva buttato all'aria la sua vita per lui, e che anche
per quel motivo lui non aveva il diritto di rischiare. L'immagine di una donna
ferita, debole, pallida fece capolino fra i suoi pensieri. Ogni volta che
tornava lui scuoteva la testa per dimenticare. Avrebbe
preferito mille volte morire... "Davvero?" disse una voce
nella sua mente.
"E io che ti facevo combattivo, invece sei il
solito asticello... ti agiti come una furia e poi al
primo accenno di battaglia scappi a gambe levate... Sei incapace di gestire le
tue emozioni, incapace di accettare limiti imposti da altri, anche se sono il
miglior consiglio che possa darti un amico..."
"Il mio amico è morto quasi vent'anni fa, assassinato"
"Dunque Lupin ora non conta più niente,
mi pare giusto... Ma tu saresti capace di farlo, di correre il rischio e di
buttare tutto nel camino a bruciare per il tuo egoismo".
E
su questa linea di pensiero, in bilico come se fosse davvero in procinto di camminare
su un filo sospeso, prese la penna d'aquila e cominciò a scrivere. La mente
lavorava, rapida, eccitata per la possibilità di produrre un messaggio
codificato. Unica attività cerebrale, in quella settimana
piatta, lunga come non mai.
"Vorrei più dettagli sulla situazione, te la
senti, Mocciosus, senza che la notizia dilaghi
attraverso i muri? Passa il mio saluto alla Bella
Addormentata nel bosco, e se non sai chi sia leggiti la fiaba babbana. Felpato"
La mano tremava ancora piano, aveva scritto già un paio di lettere finite
direttamente nel cestino, ma questa gli sembrava che andasse abbastanza bene.
Diede un biscottogufo al bell'animale fulvo e gli legò a una zampa la missiva.
"Portala a Hogwarts, è
per Severus Piton. Stai attento a non farti
controllare, è possibile che ti facciano male, mi raccomando" gli sussurrò piano, per poi vederlo allontanarsi con
gentilezza e spiccare il volo nel cielo azzurro.
Sirius
era preoccupato per via degli ultimi inserti sul giornale che non facevano che
parlare dei nuovi decreti ministeriali indetti da quella ibridofoba della Umbridge. Sapeva
che Edvige, la civetta di Harry, aveva subito dei controlli e già prima
dell'attentato al Ministero avevano dovuto smettere di scriversi via lettera,
sebbene facessero attenzione a rendere incomprensibili i loro messaggi.
Bene, si disse. E adesso cosa fare?
Subitanea arrivò l'ansia per l'attesa di una risposta che rischiava di non
arrivare. Ma lui ci sperava ardentemente, e non volle
pensare al peggio. Scese di nuovo in cucina e decise che era il momento di
spolverare. Sia lui che - maledetto il giorno in cui è nato - Kreacher non smettevano di starnutire a tutte le ore della giornata. Aprì
le finestre, l'aria frizzante era libera di entrare e si formò una corrente che
gli fece quasi credere di essere all'aperto. Dovette fare tutto a mano,
ovviamente; la sua bacchetta era stata ritrovata "misteriosamente"
sotto al naso di Caramell,
il Ministro della Magia, e questi aveva dato di matto. Nemmeno Silente sarebbe
stato in grado di fargliela riavere. Con un tuffo al cuore per la sua amata
bacchetta, ripensò a quella di Averill che giaceva in fondo a un vecchio
cassetto. Nessuno ne aveva parlato e non gli era stata
chiesta, per cui senza accorgersene l'aveva portata con se, in una tasca della
veste, la sera in cui Silente l'aveva congedato. Dopotutto lei dormiva, non ne
avrebbe avuto bisogno finché non avessero deciso che
poteva essere svegliata senza rischi. Lui non aveva più osato toccarla,
figuriamoci usarla.
Doveva solo sperare che Kreacher non la trovasse, perchè
sarebbe stato più difficile farsela rendere che con le lettere. Se James
sapesse che scambio letterine con quello storpio di Piton...
rabbrividì al solo pensiero, anche perchè aveva
dovuto accennare a questo fatto con Lupin, e lui ne era rimasto molto colpito.
Remus era fra i Malandrini sicuramente il più saggio, ma da lì a buttarsi fra
le braccia di Piton e sperare di trovarvi rispetto e
pentimento per il passato, ne passava di acqua. Certo era che si fidava di
Silente molto più di quanto non lo facesse il suo amico. Sirius aveva sempre
avuto remore nel affidare la propria esistenza in mano altrui. Non amava
condividere le proprie decisioni, sentiva che spettavano unicamente a lui. Per
quel motivo era scappato di casa a sedici anni, per lo
stesso aveva deciso che non sarebbe stato lui il custode segreto di James e
Lily -quale rimpianto, pero'-, e sempre per quello
ora indugiava se restare li a spolverare la cucina come un elfo domestico o
spiccare il volo con Fierobecco e volare dritto a
Hogwarts. Era preoccupato per i decreti anti-libertà della Umbridge, sapeva quanta fatica facesse il piccolo Harry -
piccolo, Sirius? Lui ha una vita ben più grandiosa della tua, guarda che
avventure, guarda quanto ha sofferto... no, lui non è
più piccolo! - a starsene imbalsamato a subire ordini da qualcuno. Almeno in
questo si assomigliavano!
Avrebbe voluto pensare liberamente che era uguale a James, invece eccolo uguale a sua madre. Evans era una strega meravigliosa,
ma così rigida, dritta, leale, sempre pronta a proteggere i più
deboli... non capiva che non avrebbero mai imparato a difendersi da soli, in
quel modo? E tale quale era Harry. Mai, come il giorno in cui era quasi morto,
aveva visto una simile banda di strampalati -Neville Paciock?
Luna Lovegood?!- mettersi
spalla contro spalla guidati da un adolescente come loro e affrontare qualcosa
di grosso come il Signore Oscuro. E invece l'avevano fatto,
pensò, come a voler ribattere contro se stesso. Tra una cosa e l'altra, il
tempo era passato davvero in fretta quella mattina. Era quasi l'una quando, per
lo spavento, aveva sbattuto la testa contro al mobile
della cucina, al suono stridulo e inconfondibile di una civetta. Corse più
rapido che mai su per le scale e trovò l'animale con una lettera in becco.
"E io dovrei correre dei rischi per te?
Nemmeno nel più felice dei tuoi sogni, B... Ops, Felpato. In compenso, puoi ritenerti fortunato.
Per puro caso il vecchio bacucco ha letto il tuo messaggio e mi ha fatto
l'indicibile regalo di liberare il suo casino per una chiacchierata stasera
alle 23h00. Gioisci, uomo insulso. Finalmente qualcuno
si degna di accettare le tue richieste di attenzione. Ti
spiegherò poi perchè la lettera è caduta nelle sue
mani. Ovviamente è colpa tua, razza d'imbecille. PS: sostituisci alla
"s" in casino la prima lettera del secondo nome del tuo amico peloso
in nomenclatura binomiale. S. Piton"
Il vecchio bacucco è Silente? E lui si lascia chiamare così da quel
professorino da quattro soldi? Bah, per quello che ne sapeva
poteva anche darsi che si era autoproclamato tale per proteggere i segreti
della missiva... Amico peloso? Si riferisce a Remus, dev'essere... Lupus Mannarus? E Sirius gioì
sul serio, al pensiero di usare nuovamente il camino. Sperava di parlare con
Silente, per avere notizie e anche per tentare di rivedere gli accordi... da
quanto era che non usciva, neanche in forma di cane? Se solo avesse potuto
spiegarsi con Harry... Strinse la lettera in mano fino
ad accartocciarla, senza accorgersene. Il cuore batteva rapido, finalmente un sorriso gli stirò le labbra e scoprì i denti fino ai canini.
Un dettaglio particolarmente animalesco del suo aspetto, che i suoi amici si
divertivano a rimarcare da sempre. Quando scese nuovamente le scale, si sentì
inspiegabilmente più leggero. Ci manca solo che mi emoziono quando ricevo
lettere da Mocciosus... Sirius
scese nuovamente le scale con vigore facendo scricchiolare il legno, come per
avvisare Kreacher che era meglio non mettersi fra i piedi. La
giornata aveva cambiato prospettiva e la cosa stupidamente, insulsamente, lo
elettrizzava. Si sentiva agitato mentre raccoglieva gli ultimi dieci
esemplari della Gazzetta del Profeta da un angolo vicino al caminetto, prima di
buttarveli dentro. E lui sapeva cosa fare per distrarsi, così riprese in mano
la scopa da dove l'aveva lasciata. Durante le ore che seguirono, ripulì tutto
il piano terra e il primo piano, tralasciando
volutamente la mansarda - dio solo sa cosa ci sia nascosto lassù - concentrato
come mai, nella speranza di tenere lontani i suoi pensieri. Quella casa, senza
la polvere, ritrovava sembianze meno lugubri, quasi familiari.
Mentre spostava la roba non aveva solo il presente da
rifuggire; sui mobili, i tappeti, il soffitto, una sottile patina perlacea
improvvisamente rianimava le cose, si sovrapponeva al presente ed ecco che
vedeva i ricordi ondeggiare come strane ombre biancastre alla luce fioca di una
candela. Era il passato che tornava in superficie, che faceva la spuma come le
onde dietro ai suoi occhi. Lo invadeva in ogni angolo della casa. Come
un'allucinazione rivedeva Reg, suo fratello, seduto in attesa della cena,
arrossire e sorridere dei complimenti rivoltigli dai suoi genitori; c'era Kreacher
che arrancava attorno al tavolo, gli abiti puliti, un'aria curata, le mani
ingombre di piatti ricolmi di buon cibo. Quel profumo era l'unica cosa buona
che ricordasse di quella casa. Nella sua camera da letto,
invece c'era un giovane e avvenente Sirius che gli camminava davanti per
appendere un poster ammiccante di una ragazza sconosciuta ed immobile, babbana, con somma disperazione di sua madre. Tornò in
cucina, l'animo imperturbabile. Aveva costruito una corazza contro quel genere
di ricordi.
Quando ebbe finito, guardò dalla finestra, prima di mettersi a cucinare. Il
cielo azzurro si era incupito. Era in quella transizione primaverile tra il
giorno e la notte, quando le rondini rumoreggiando tornano al nido, le strade
si riempiono di profumi di stufato e minestra, e i ragazzini salutano gli amici
per tornare a casa. Lui lo sapeva bene, aveva passato gran parte del suo tempo
di bambino la fuori, a tendere agguati alle lucertole ed
agli gnomi, a salvare cucciolate di gattini, e poi più grande a rifugiarsi in
lunghe passeggiate solitarie fra i babbani, deciso a
recidere ogni filo che lo legasse ai genitori. Essere un adolescente non è mai
facile, probabilmente per lui lo fu ancora di più. Aveva sempre disprezzato la
sua famiglia. Mise a bollire due patate, poi si preparò un'omelette agli
asparagi con molta calma. Fece qualunque cosa per riempire il tempo, pur di
scandirlo e di allontanare l'appuntamento di quella sera. Mangiò con una
candela accesa accanto, guardando il cielo fuori di tanto in tanto, distrattamente.
Lavò le stoviglie e passò lo straccio sul tavolo, nonostante fosse
perfettamente pulito.
Seduto sulla poltrona in salotto, ecco che un altro ricordo prendeva possesso
di lui. Seppe, in un modo contorto ed inconscio, che
stava dormendo. Questa volta era a Hogwarts, nel gran campo da Quidditch, nel
bel mezzo di una leggendaria partita Grifondoro-Serpeverde. Sfrecciava rapido e
battagliero verso un ignobile battitore di Serpeverde, ed era deciso a
disarcionarlo, quando sentì la voce di James provenire da dietro di lui:
"BLACK, QUI... MI
SENTI, MALEDETTO RANDAGIO? LO SO CHE SEI LI, MUOVITI,
GUARDA CHE PER ME È UN ATTIMO SPEGNERE IL FUOCO... INSOMMA BLACK?! NON CREDEVO CHE FOSSI PIGRO OLTRE CHE INSULSO!"
La
voce del compagno si era irrimediabilmente tramutata in quella di Mocciosus. Saltò seduto come una molla, senza fiato. Non si
diede nemmeno il tempo di riacquisire tutti i sensi, li
lasciò sulla poltrona mentre guizzava rapido verso il camino, vedendo scie
colorate ovunque attorno a lui. Si sedette davanti al camino; le fiamme verdi
mostravano quel brutto muso di Piton.
"Eccomi, sono qui. Dio mio,
c'era bisogno di urlare?" disse stropicciandosi il viso, ancora incapace
di mettere a fuoco.
"Io non sono qui a tua disposizione, nel caso in cui ti fosse sfuggito.
Certo, sei abituato a non fare niente da mattina a sera, posso capire che tu
non comprenda appieno il significato di VITA e LAVORO"
"Allora, come stai lei?" disse Sirius, la voce incerta.
"Secondo te come sta? Tecnicamente è come morta,
e ha il suo solito aspetto. Non le abbiamo ancora dato la pozione Polisucco, mancavano solo i capelli di Madame
Maxime, Silente è andato in Francia ieri mattina con
Hagrid. Sai, la Preside di Beauxbatons"
"So chi è Madame Maxime"
rispose irritato.
"Insomma, la sua corporatura è ideale, e poi si tratta di una donna - anzi
per essere precisi è una mezzogigantessa, ma non
siamo ancora riusciti a farglielo ammettere. Fatto sta che ora Silente ha una
fiala con una ciocca dei suoi capelli. Per fortuna avevo una scorta di Polisucco, altrimenti non ne uscivamo, ho dovuto prepararne
un calderone intero, ma ovviamente ci metterà un mese a maturare...".
Sirius
non l'ascoltava, dei suoi vanti non se ne faceva
niente. Cercava con lo sguardo attorno e dietro a lui,
ma Piton se ne accorse e il volto s'illuminò
malignamente in un sorriso arcigno. In tutta risposta lui si accigliò: mai
gli aveva visto un'espressione simile su quella sua faccia da cacca di
pipistrello!
"Stai cercando il
risultato della tua stupidità? Ti piace il macabro, Black? O forse la prova di
aver attirato l'attenzione di qualcuno che non fosse quel maiale di Potter e
quell'insignificante di Minus? Lupin non lo cito nemmeno, non
conta come umano".
"Chiudi quella boccaccia, se non vuoi che salto
nel fuoco e ti faccio fuori con queste mani!" ribatté Sirius, ora
seriamente arrabbiato. Si sentì comunque rassicurato.
Mocciosus sembrava di buon umore, e questo significava che
c'erano stati dei progressi positivi, giusto?
"E Silente?" chiese poi, sullo stesso tono
di prima.
"Come puoi immaginare... Ah, giusto. Tu non puoi
saperlo. Ecco, lui è molto occupato e non ha tempo da perdere con te. Deluso,
Black? Ma non ti preoccupare, mi ha chiesto di farti
sapere, con mia grande gioia aggiungerei, che desidera invece parlare con te
lunedì, alla stessa ora. Non ti chiedo nemmeno se ce l'avrai,
un piccolo sprazzo di tempo libero... Ce l'hai, giusto?"
"Bene... ok. Allora, lei dov'è?"
Piton non disse niente, riprese la sua solita espressione
altera e si scostò leggermente. E lui la vide. Era sdraiata su un fianco - come
al solito, pensò involontariamente - ed era sulla
poltrona su cui l'aveva vista l'ultima volta, ora trasfigurata in un letto. Una
pesante coperta a righe verde-argento - Piton,
lurida serpe! - le arrivava al mento, nascondendo le ferite. Rabbrividì,
non una parola gli uscì dalla bocca. L'essenza di
Morte Vivente aveva funzionato perfettamente. I contorni degli occhi erano
violacei, le labbra scure e dischiuse, come se stesse dormendo. La pelle, che
lui non aveva mai visto luminosa ma che certamente un tempo la era stata, era d'avorio, tesa, inelastica. Sentì un piccolo
tuffo al cuore. Portò una mano al petto, come a cercare qualcosa che aveva
perso. Poi tutto si fece più chiaro. Lui non la odiava più. In una settimana e
poco più di solitudine aveva fossilizzato le sue impressioni su quegli strani
giorni trascorsi insieme, impressioni che in tempo normale non avrebbe mai messo in dubbio, tanto era abituato a basarsi
esclusivamente su di esse. L'aveva resa portatrice di tutti i suoi mali.
Era talmente impaurito, nell'incrociare la morte, che si era aggrappato
con tutte le sue forze alle sottane di quella donna. Quella donna che,
imperturbabile, si era preparata giorno dopo giorno ad affrontare la morte per
evitare la sua, che ora riportava orrende cicatrici, che aveva
buttato alle ortiche tutto quello che aveva. Una donna che agiva, senza
pensarci troppo, da sola. Sirius sentì la vergogna bruciargli in petto, il
senso di colpa abbatterlo più forte di prima. Per lui, per la sua pelle, si era
ridotta a un mucchietto di carne esangue. Provò un immenso sollievo quando
sentì lo sguardo indagatore di Piton, sapendo che non
riusciva a distinguere l'espressione sul suo viso attraverso le fiamme. Portò
comunque la mano alle tempie, come a volersi nascondere. Improvvisamente non
gli importava più che Silente non ci fosse per parlargli, era diventato
secondario.
"Ok, bene... allora... Porgi i miei saluti a
Silente... e... ad Averill..." e balbettando uscì
dal fuoco, senza dargli il tempo di rispondere.
Tornò
a sedersi sulla poltrona, incapace di fare altro. Si alzò, poi si sedette
nuovamente. Sembrava quasi che stesse combattendo contro se stesso. Era
ridicolo. Ringraziò Merlino che nessuno potesse vederlo in quello stato. Mentre
fissava il soffitto gli tornò in mente la bacchetta
che aveva buttato malamente nel cassetto della credenza appena tornato a casa.
Senza riuscire a spiegarsi perchè sentiva che ora
poteva toccarla di nuovo. Averill non poteva usarla, mentre dormiva. Nessuno
gliel'aveva reclamata. Corse a cercarla, poi tornò in
salotto tenendola stretta nel palmo della mano. Era fine, elastica,
meravigliosamente leggera. Ne sentì l'aura tiepida
irradiare lungo il suo braccio, stupìto, e la vide
sprizzare qualche scintilla. Sentì che non l'aveva di certo accettato come suo
padrone, ma era decisamente disposta ad aiutarlo in
caso di bisogno. Poco dopo stava facendo levitare oggetti a caso per la stanza,
come un ragazzino del primo anno appena arrivato a Hogwarts, ancora incredulo.
Fulminea un'idea gli attraversò la mente. Prior Incantatio.
Avrebbe potuto sapere tutte le ultime magie fatte dalla strega. Prior Incantatio.
Avrebbe potuto fornire informazioni essenziali a Silente e Piton,
con quella bacchetta. Prior Incantatio...
ma non era in grado di muovere le labbra e di pronunciare il sortilegio. Adesso
sì che aveva un buon motivo per parlare con Silente. Non solo teneva in mano
una fonte d'informazioni preziose che aveva silenziosamente negato in segreto
per una settimana, ma in più non era in grado di estrarle dalla bacchetta.
"Kreacher" gracchiò, e l'elfo si
materializzò davanti a lui, con ancora in mano un paio di vecchi pantaloni che
dovevano essere di suo padre.
"Il padroncino desidera qualcosa? - Subdolo,
incapace, pavido, figlio ingrato..."
Alzò gli occhi al cielo, poi gli disse "Ho bisogno che tu vada a cercare
il professor Silente. È molto importante, devi farglielo capire. Digli che se
necessario mi sposterò io per raggiungerlo, altrimenti può venire qui. Lo farai?" alzò un sopracciglio, minaccioso.
"Kreacher può farlo. - Kreacher non è obbligato..."
"Ti ordino di farlo. Non farti vedere da nessuno, non
parlare con nessuno, se non Silente. Intesi?"
"Kreacher ha capito. Arrivederci, padron Sirius - povero vecchio
Kreacher, cosa gli tocca fare..."
E
Sirius andò a dormire, consapevole del fatto che sarebbe stato difficile, se
non impossibile per Kreacher trovare Silente prima dell'alba.
*°*
Dovette ricredersi, quando nel cuore della notte qualcuno suonò il campanello e
agitò tutti gli oggetti stregati della casa, a cominciare dal ritratto di sua
madre nel corridoio dell'entrata. La signora Black sembrava avere due paia di
polmoni, la sua voce squarciava i timpani ed era piacevole come una cornamusa
suonata nell'orecchio da un mago scozzese completamente ubriaco. Si alzò in
fretta, troppo, e arrivò barcollante alla porta. Quando l'aprì, la strana
coppia formata da Silente e Kreacher lo fece quasi scoppiare a ridere per
l'assurdità della situazione. Kreacher faceva evidentemente fatica a stare
vicino a quel mago così odiato dalla sua padrona, eppure così indiscutibilmente
buono. Purtroppo il mago in questione non aveva la sua solita espressione
conciliante. Sirius bofonchiò i suoi saluti mentre cercava di chiudere le tende
che di solito coprivano il ritratto di sua madre. Silente accennò ad alzare gli
occhi al cielo, le urla erano davvero insopportabili, così prese la bacchetta e
la mise a tacere personalmente. Seguì l'uomo in cucina
dove accettò volentieri un bicchiere di burrobirra. Raffreddò la propria e
quella di Sirius con un gesto accennato della bacchetta. Sirius lo ringraziò piano, ancora perturbato per il fatto di non
avere in tasca la sua.
Era come se gli mancasse un pollice, e tutte le cose più raffinate che si sentiva orgoglioso di saper fare ora si trovavano
catapultate nel vuoto cosmico.
"Pensavo di essere venuto qui
per qualcosa di assolutamente importante, Sirius. A cosa devo
la visita del tuo adorabile elfo domestico?" disse, alla vista di Kreacher
che sgattaiolava al piano di sopra nell'ombra delle scale a chiocciola.
"Lo è davvero, è molto importante, credo. Mi sono
dimenticato di dirle l'altro giorno... quel giorno in
cui sono venuto a Hogwarts, che Averill mi aveva, ehm, affidato la sua
bacchetta. Insomma, tra una passaporta e l'altra ho visto che era ferita e l'ho
raccolta cercando di aiutarla perchè avevo perso la
mia. Poi ce la siamo condivisa, dato che lei non
rimaneva cosciente per più di qualche ora... Eccola qui" e gliela porse.
Silente
alzò un sopracciglio, avvertendo la bacchetta irradiare calore stretta nel
pugno dell'altro, e si accigliò quando la sentì fredda nelle proprie mani.
Sirius
lo vide toccarla piano; il tempo passava, Silente non diceva niente, e lui si
sentiva sempre più frustrato. Perchè non gli diceva
cosa stava facendo?
"Un po' di pazienza, Black..." mormorò lui
in tutta risposta, interpretando perfettamente l'espressione sul suo viso.
"Io avevo pensato di fare un"
"Prior Incantatio,
vero?" e Silente lo ripeté a bassa voce, puntando la propria bacchetta
verso quella di Averill in un gesto lento e misurato.
Vide
scie di luce attraversare lo sguardo del preside, e dovette tenersi le parole
strette in bocca per non farlo innervosire.
Si costrinse a bere ancora, visibilmente Averill aveva usato parecchio la
bacchetta di recente, oppure Silente era risalito molto indietro negli
incantesimi che aveva fatto in passato. Sirius sapeva che la strega era
particolarmente dotata, ne aveva avuto svariate prove nel tempo. E poi era una
Corvonero, aggiunse mentalmente.
"È... incredibile" sussurrò Silente, e per
la prima volta Sirius riconobbe il luccicchio dello
stupore illuminargli gli occhi grigi.
"Che cosa, professore?"
"Avevo sospettato... molto, ma..." si
riscosse e lo guardò sorridendo "Non so come una persona del tuo genere
possa aver suscitato tanto in quella donna così tranquilla, così
fondamentalmente..."
"Superiore a me?" confermò Sirius, leggermente innervosito.
"Eppure è successo, ed è stato così forte da influire sul sortilegio che
ha utilizzato. Sortilegio che lei ha magnificamente potenziato, ma ti sarei
grato se tu potessi non riferirle queste parole, non vorrei che si... come dire? Che si montasse la testa
e cominciasse a rischiare la vita per tutti quelli che conosce".
Sirius
sentiva il petto stringersi ritmicamente. Qualcosa non gli piaceva in tutte
quelle belle parole.
"Perchè...
Perchè Lily Evans non è sopravvissuta? Voglio dire, indubbiamente
i suoi sentimenti per Harry dovevano... Dovevano
andare oltre l'immaginabile... Insomma, io darei la vita per Harry, e non è
nemmeno mio figlio. Perchè Averill è viva? E Lily invece no?"
"Io non ho tutte le risposte purtroppo. Possiamo
solo intuire, fare congetture. Io suppongo... che si sia sbagliata da qualche
parte, che magari abbia saltato di bere la pozione una volta o due... Non credo che avesse modificato la pozione fino al punto in
cui si è spinta Emilia. E indubbiamente non ha bevuto della
Felix Felicis quel giorno in cui lei e James
sono deceduti. Tu lo sai, perchè,
non è vero?" disse, posandogli una mano sul braccio con tatto.
"Perchè non sapeva quando sarebbe successo... e
prenderla tutti i giorni sarebbe stato controproduttivo...
dannoso..." biascicò con voce rauca.
Improvvisamente
si sentì troppo stanco per continuare quella
conversazione. Silente lo intuì, ma non diede segno di
volersene andare.
"Sirius, te lo dico a
scanso di equivoci, non sentirti colpevole. E se mi permetto di dirtelo è perchè so cosa significa perdere un amico"
"Un amico assassinato in casa sua assieme a sua moglie, perchè ho rifiutato di esserne il
Custode Segreto"
"E ti sei comportato come un vero amico. Umile e
leale. Ma non potevi immaginare cosa sarebbe successo,
e sai quanto me che non avevano preso tutte le precauzioni per proteggersi.
Hanno rifiutato anche le mie, Sirius. Non volevano credere che qualcuno potesse
attaccarsi al loro bambino, non aveva nemmeno un anno, era assurdo. Invece cosi
è stato. Oserei dire, per fortuna che Lily ha agito in
segreto preparando quella pozione e facendo l'incantesimo ed è riuscita a
salvare Harry"
"Si... perlomeno Harry è ancora qui. Professore,
quando potrò dirgli che sono vivo? Lei non ha idea dei sensi di colpa che provo..."
"Dovrai sopportarli ancora per qualche tempo, mi
dispiace. Sarebbe troppo pericoloso. Non adesso, che Emilia è al sicuro
nascosta a Hogwarts. Ma prova a pensare un attimo: Voldemort si è reso conto da poco di avere libero accesso
alla sua mente, e ne ha già bassamente approfittato. Se scoprisse dove ti trovi
attraverso Harry, rischierebbe non solo di uccidere te, ma probabilmente di
venire a sapere che sei sopravvissuto grazie a lei. Harry si ritiene pienamente
colpevole per la tua morte. Vorresti davvero correre il rischio di infliggergli
un doppio colpo basso?"
"Direi di no." rispose Sirius che sentiva la bocca asciutta e la
lingua impastata contro il palato.
Quanto sarebbe durata ancora quella messinscena? Ne aveva più che abbastanza,
ma non poteva permettersi di ferire Harry nuovamente. Glielo doveva, a lui, a
James e Lily, e anche a se stesso. E poi c'era Averill. Si alzò e si grattò la
nuca, come perplesso. Non c'era una soluzione che fosse una. Il tempo di
reclusione si sarebbe protruso ancora a lungo, ormai era indubbio. Silente lo
stava ancora guardando, forse cercando in lui non fosse che una debole traccia di insicurezza. Sirius invece era maledettamente sicuro,
stavolta, che avrebbe passato il resto dei suoi giorni
murato vivo. Il vecchio mago si alzò, come per congedarlo, ma era lui che se ne
andava. Si strinsero brevemente la mano, come due parenti che non passavano
abbastanza tempo assieme da considerarsi una vera famiglia. Poi Silente ammiccò
alla bacchetta di Averill appoggiata sul tavolino, tra i due boccali vuoti di
burrobirra.
"Credo che tu possa
tenere questa bacchetta, Sirius. Dopotutto ti ha accettato, e con gran foga devo
dire. Anzi, ti sembrerà folle ma credo che non appena la sua proprietaria si
sarà ristabilita lei vorrà tornare a servirla"
"Quindi lei crede che Averill sopravviverà?"
"Ora che ho visto cosa ha fatto quella dannata testa calda, oserei dire di
si. Ma a bassa voce, per
scaramanzia" sorrise Silente.
E con un fragore pazzesco sparì. Sirius prese la bacchetta, spense le luci, e
tornò a letto.
*°*
La trapunta le pesava sullo sterno e aveva così sete da sentirsi soffocare.
Averill si ritrovò con gli occhi aperti verso un soffitto che non conosceva;
volse gli occhi attorno a sé mentre deglutiva saliva,
cercando inutilmente di ritrovare la voce. Vide Severus
che le sedeva accanto immobile come una statua e si sentì rassicurata. Dunque era viva. L'avevano guarita. Il filo dei pensieri
s'arrestò presto perchè i bisogni primari si fecero
sentire con gran forza.
"Sete" gracchiò.
"Ti sei svegliata!" scandì quell'uomo così oscuro mentre gli occhi
gli s'illuminavano "Devo chiamare Silente
all'istante".
"Sete" insisté lei scorticandosi la trachea.
L'uomo
capì e annuendo scomparve alla sua vista per tornare con un calice colmo di idromele. Sentì le sue mani sollevarla e appoggiarla ad un cuscino per mantenerla in posizione seduta. Avvicinò
cauta le labbra rosse e riarse al bicchiere e bevve a piccoli sorsi. Quando
ebbe finito di bere, dato che lui non si era ancora spostato, lanciò
un'occhiata accanto a sé e vide Severus assorto nel
guardarla. Sorrideva. Era storto, non era che un mezzo
sorriso, eppure quell'espressione le fece balzare il cuore in petto.
"Severus,
sorridi ora?
Sei pazzo?"
"Sei viva, sciocca. Potevi
non esserci più" le posò una mano sul polso stringendolo piano, un gesto spontaneo
e fulmineo, dopodiché la ritrasse e tornò fra gli scaffali vicino al caminetto.
Il
fuoco era calmo, Averill ne sentiva i sibili e vi
trovò conforto. Severus uscì dalla stanza facendole
un muto segnale di avvertimento: guai a te se ti muovi.
Tornò rapidamente con Silente alle calcagna senza dire una parola. Il vecchio
preside le mise una mano sulla fronte.
"Bentornata fra noi, Emilia. Ho appena chiesto a
Madama Chips di prepararti dei decotti Rinforzanti. Sarai felice di sapere che..."
La
porta si aprì nuovamente ed entrò Sirius Black. Averill arrossì e si nascose
ulteriormente sotto alle coperte, non aveva scordato
le loro conversazioni e i toni poco adulatori dell'uomo. Scoprì che il suo
cuore non lo aveva dimenticato. Era sempre così bello, quel viso ben sagomato e
ombreggiato dai ricci capelli neri le tolse il respiro. Sirius avanzò
cautamente, era estremamente imbarazzato; salutò
Silente e non rivolse nemmeno il solito ghigno odioso all'uomo accanto a lui.
Quando poi Silente fece cenno a Piton di allontanarsi
e di andare a conversare con lui altrove non poté che ricevere tre occhiatacce
ben assestate che fecero fiorire fra i baffi argentei un mezzo sorriso di puro
divertimento. Averill si riscosse; sentiva il cervello rattrappito e i pensieri
erano rari, passavano come scie colorate nella sua mente, ma nonostante la
sensazione di fiacchezza generale capì che si stavano comportando tutti e tre
come degli adolescenti e che Albus Silente non aveva ancora detto l'ultima parola.
"Averill, come stai?" Sirius sembrava
impacciato, i suoi occhi marroni erano scostanti.
"Così" e fece un sorriso sarcastico guardandosi attorno.
L’amarezza
per le parole che egli le aveva rivolto tempo addietro aveva spazzato via il
suo primordiale imbarazzo da ragazzina. Ora lo guardava sorretta da un coraggio
che non era suo.
"Mi dispiace. Non potevo venire qui, non potevo vedere come stavi... Silente me l'aveva
proibito. All'inizio la cosa non mi toccava... poi mi sono sentito in
colpa" disse lui senza guardarla "anche se non so in che misura io possa essere colpevole di qualcosa che hai fatto
tu! Riguardo alle parole che ti ho detto... ecco, io..."
aggiunse poi bofonchiando parole incomprensibili.
"Sirius, mi sembri strano. Detto papale papale"
"E tu mi sembri in miglior forma" disse lui con un sorriso di
plastica, cercando di cambiare argomento.
Averill
sospirò. Non andremo mai d'accordo, io e te. Si
guardarono, si sorrisero e ne rimasero entrambi scossi.
*°*
Le cose sembravano essersi a tal punto rilassate da quando si era svegliata
Averill che lei e Sirius ebbero il tempo e le occasioni per conoscersi meglio
senza scannarsi a vicenda. Lui veniva a trovarla di tanto in tanto, si
scambiavano due parole assassine con fare giocoso e se ne andava; erano gli ordini
del preside, ovviamente. Niente innervosiva di più Severus
Piton del vedere quella donna a lui cara in compagnia
di quel rinnomato imbecille, come lo
definiva lui. Eppure Sirius regolarmente lo ignorava, andava a posare un bacio
sulla guancia di Averill e le chiedeva come stava. Lei non aveva mai osato
sperare tanto. Il cuore si stringeva così forte quando lo vedeva arrivare che
le mancava l'aria; Sirius la prendeva sempre in giro. Sembrava tanto quel
ragazzino che aveva a lungo spiato a scuola, quello per cui aveva avuto una
cotta colossale... finché venne un giorno come un altro, e tutto cambiò
all'improvviso, ma con gran naturalezza.
Lui si era chinato per darle il solito bacio, lei non si era accorta che fosse così vicino, le loro labbra si sfiorarono appena. Non
aveva mai immaginato provare nulla di simile in vita sua.
"So che non dovrei, ma
se potessi rifarlo... credo che non mi dispiacerebbe. Si,
credo proprio che non mi dispiacerebbe affatto..." disse Sirius senza
scostarsi, scoccando una freccia che le arrivò dritta la cuore.
"Non ti è bastata la mia reazione? Cerchi sempre
conferme, come i bambini. Non ho mai detto che non ero d'accordo..."
"Spogliati delle tue spine razza di pianta
pustolosa e velenosissima!" borbottò lui mentre gli occhi scuri gli
brillavano di un riso trattenuto.
La
sollevò dal letto di peso e la prese fra le sue braccia, poi la baciò per
davvero.
Averill pensò di non avere un solo ricordo più bello di quello, e decise di
custodirlo gelosamente nelle pieghe più sicure del suo cuore.