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Autore: ChocoCat    07/08/2013    1 recensioni
*in fase di aggiornamento per cambiamenti nella trama*
E se qualcuno avesse sottratto Sirius alla morte quel giorno della battaglia nell'ufficio misteri?
Estratto dall'ultimo capitolo:
...Era perché le stava accanto giorno e notte, che pensava tanto a lei. Era perché il destino di Averill era più nero del suo, che si dannava tanto vedendola piangere. Era perché se ne occupava come di una bambina, che aveva cominciato a preoccuparsi naturalmente per lei.
Il fuoco si stava spegnendo, così fece un gesto per cercare la bacchetta, ma non la trovò. Una macchia nera d’angoscia dilagò nel suo petto, cogliendolo del tutto impreparato.
“Averill!”
“AVERILL!”
Si alzò di corsa, scivolando e aggrappandosi alla poltrona, e in un attimo batteva i pugni sulla porta sigillata del bagno, senza ricevere risposta; era esattamente quello che si sarebbe dovuto aspettare...
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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"KREACHER"
"Padron Sirius mi ha chiamato? - Feccia puzzolente che ha spezzato il cuore della sua povera madre, oh Kreacher non lo ama, no..."
"Hai preso tu la lettera, vero?! Dove diamine è finito il gufo? Per tutti i gargoyle!"
"Kreacher non avrebbe mai preso qualcosa senza chiedere, no. Kreacher pulisce, rassetta, riordina, questi si! - Se non gli viene chiesto, Kreacher dice quello che vuole al meschino traditore..."
"Il meschino traditore ti sente benissimo, razza d'idiota! E adesso ti ordino di dirmi la verità, dov'è la lettera e dov'è il mio benedetto gufo Kreacher!"

 

Kreacher, il vecchio elfo domestico di sua madre, si avviò con passo strascicato verso il forno a gas della grande cucina di casa Black, si acquattò sul pavimento e trasse una piccola busta color avorio, addobbata con tanto di pallottole di polvere, e senza soffiarci su la porse al padrone mugugnando con grande indignazione per essere stato colto in flagrante. Eppure succedeva tutti i giorni da una settimana. Sirius ogni mattina doveva giocare alla caccia al tesoro con Kreacher, farsi ridare la lettera e finalmente dargli una meritata pedata nel sedere, per poi andare a leggersela al grande tavolo di legno massiccio della cucina. Era vuota la casa, senza l'Ordine. Ogni tanti venivano a trovarlo i Weasley e qualche Auror, solitamente per cena. Era un po' come se venissero a fargli visita in prigione.
E doveva restare assolutamente segreto. Molly Weasley si proponeva sempre come cuoca, e ne aveva ben donde. L'elfo di casa si rifiutava di preparare roba commestibile per quei "traditori del loro sangue" e Sirius era incapace di cucinare decentemente per così tante persone. Era un venerdi mattina, e Kreacher, stanco di essere sempre preso con le mani nel sacco, aveva deciso di aggiungere un po' di piccante alla situazione.

 

"Bene, adesso dimmi cosa hai fatto con quel gufo"
"Io non ho fatto niente, padron Sirius. Kreacher non farebbe mai del male a..."
"Dove l'hai messo? Dimmelo" ringhiò minaccioso il mago, brandendo la lettera come fosse un'arma letale.
"Io non sa... ha solo preso la lettera per il padroncino - un mentecatto che accoglie in casa lurida feccia indegna che infanga la dimora dei suoi padri, oh povera la mia padrona, cosa direbbe se vedesse Kreacher obbligato a servire..."
"Tu l'hai lasciato ANDARE VIA, KREACHER?!" ora Sirius l'aveva preso per i vestiti e l'aveva sollevato, senza riscuotere nell'elfo nessun timore.
"Kreacher non sa, Kreacher l'ha lasciato entrare, ha chiuso la porta uscendo, pero' non sa se ha chiuso la finestra! Kreacher è vecchio, padron Sirius..."


L'aria da agnellino che aveva preso disgustò enormemente Sirius, che lo lasciò andare via senza reagire, ben sapendo che era quello che più lo avrebbe reso felice; si diresse a passo pesante verso camera sua, dove normalmente arrivava la posta da parte di Piton. Con suo gran sollievo, il gufo era rimasto nella stanza, placido si era accomodato sulla scrivania e ora sonnecchiava per riposarsi dal lungo viaggio. Si sedette di fronte all'animale, il quale arruffò leggermente le penne per essere stato svegliato, e squarciò il sigillo della busta, non prima di aver soffiato con forza per far sparire le gatte di polvere.

"La situazione è incambiata. Silente ribadisce di non uscire, ma io so che la cosa in fondo ti fa piacere. Non sei mai stato in grado di assumere rischi più del necessario. Un codardo, proprio come Potter. Non crogiolarti troppo però, mentre gli altri lavorano per danni che hai causato tu. S. Piton"

Rilesse per sicurezza, poi la ripose sul tavolo, insieme alle altre. Accarezzò piano il gufo marrone. Era ancora più frustrante essere in quella casa. Più di quando la Tana dei Weasley era andata a fuoco per un attacco da parte dei mangiamorte ed erano tutti dovuti andare a vivere da lui, e subiva il controllo costante dei membri dell'Ordine - certo, anche la loro compagnia, che non gli dispiaceva - senza contare il via vai di quel cretino bisunto di Piton, con tanto di frecciatine arroganti e tono mellifluo. Si preparava a un'altra giornata noiosa. Non aveva niente da fare. Harry non gli scriveva più, lo credeva morto. E lui così si sentiva, morto. Se non altro aveva l'ippogrifo Fierobecco, a tenerlo occupato. Scrollò leggermente le spalle e gustò l'aria fresca che arrivava dalla finestra. Il cielo era stranamente azzurro, e le nuvole basse erano rade, cosa rara a Londra. Le parole di Piton non lo scalfivano più di tanto, era dai tempi della scuola che si scambiavano insulti.

Eppure un vago senso di inquietudine gli fece accelerare il respiro. Era davvero, almeno in parte, colpa sua se quella donna si era messa così tanto in pericolo? Un attimo prima era lui in procinto di morire, un attimo dopo ritrovava le forze, e la vita dell'altra era appesa a un filo. Com'era potuto succedere? Indugiava a lungo su quei pensieri, tutti i giorni, soprattutto la mattina quando le accuse di Piton arrivavano fresche fresche in via cartacea, e l'ombra di quelle parole scritte in piccola calligrafia gli restava impressa nella mente. Passò una mano sulla scrivania per raccogliere la polvere che stava lentamente ma sicuramente invadendo tutta la casa. Gli sembrava di essere un vecchio ninnolo da comò, di quelli che nemmeno sono stregati e si muovono; lui se ne stava lì fermo, in una bolla di cristallo con tanti brillantini che gli rovinavano addosso. Tutto si muoveva intorno a lui, dandogli l'illusione di essere vivo, ma non poteva muovere un dito senza scatenare una tormenta.

Doveva rispondere a Piton? Non l'aveva ancora mai fatto, in più quell'altro non aveva nessuna certezza che il gufo arrivasse a buon porto - Sirius era sicuro che se ne rallegrasse ogni giorno di più - e quella mattina cosi rischiarata dal riflesso di sole lui sentiva che era venuto il momento di farlo. Ma cosa avrebbe potuto scrivere a Mocciosus senza rischiare di essere scoperto? Tra quella faccenda e il fatto che era ricercato dal mondo -magico e non- come pluriomicida, non sapeva più che cosa fosse "veramente" grave, e se fosse poi così importante restarsene lì e obbedire a Silente. Poi un piccolo morso allo stomaco gli ricordò che qualcuno aveva buttato all'aria la sua vita per lui, e che anche per quel motivo lui non aveva il diritto di rischiare. L'immagine di una donna ferita, debole, pallida fece capolino fra i suoi pensieri. Ogni volta che tornava lui scuoteva la testa per dimenticare. Avrebbe preferito mille volte morire... "Davvero?" disse una voce nella sua mente.


"E io che ti facevo combattivo, invece sei il solito asticello... ti agiti come una furia e poi al primo accenno di battaglia scappi a gambe levate... Sei incapace di gestire le tue emozioni, incapace di accettare limiti imposti da altri, anche se sono il miglior consiglio che possa darti un amico..."
"Il mio amico è morto quasi vent'anni fa, assassinato"
"Dunque Lupin ora non conta più niente, mi pare giusto... Ma tu saresti capace di farlo, di correre il rischio e di buttare tutto nel camino a bruciare per il tuo egoismo".


E su questa linea di pensiero, in bilico come se fosse davvero in procinto di camminare su un filo sospeso, prese la penna d'aquila e cominciò a scrivere. La mente lavorava, rapida, eccitata per la possibilità di produrre un messaggio codificato. Unica attività cerebrale, in quella settimana piatta, lunga come non mai.

"Vorrei più dettagli sulla situazione, te la senti, Mocciosus, senza che la notizia dilaghi attraverso i muri? Passa il mio saluto alla Bella Addormentata nel bosco, e se non sai chi sia leggiti la fiaba babbana. Felpato"

La mano tremava ancora piano, aveva scritto già un paio di lettere finite direttamente nel cestino, ma questa gli sembrava che andasse abbastanza bene. Diede un biscottogufo al bell'animale fulvo e gli legò a una zampa la missiva.

"Portala a Hogwarts, è per Severus Piton. Stai attento a non farti controllare, è possibile che ti facciano male, mi raccomando" gli sussurrò piano, per poi vederlo allontanarsi con gentilezza e spiccare il volo nel cielo azzurro.

 

Sirius era preoccupato per via degli ultimi inserti sul giornale che non facevano che parlare dei nuovi decreti ministeriali indetti da quella ibridofoba della Umbridge. Sapeva che Edvige, la civetta di Harry, aveva subito dei controlli e già prima dell'attentato al Ministero avevano dovuto smettere di scriversi via lettera, sebbene facessero attenzione a rendere incomprensibili i loro messaggi.

Bene, si disse. E adesso cosa fare? Subitanea arrivò l'ansia per l'attesa di una risposta che rischiava di non arrivare. Ma lui ci sperava ardentemente, e non volle pensare al peggio. Scese di nuovo in cucina e decise che era il momento di spolverare. Sia lui che - maledetto il giorno in cui è nato - Kreacher non smettevano di starnutire a tutte le ore della giornata. Aprì le finestre, l'aria frizzante era libera di entrare e si formò una corrente che gli fece quasi credere di essere all'aperto. Dovette fare tutto a mano, ovviamente; la sua bacchetta era stata ritrovata "misteriosamente" sotto al naso di Caramell, il Ministro della Magia, e questi aveva dato di matto. Nemmeno Silente sarebbe stato in grado di fargliela riavere. Con un tuffo al cuore per la sua amata bacchetta, ripensò a quella di Averill che giaceva in fondo a un vecchio cassetto. Nessuno ne aveva parlato e non gli era stata chiesta, per cui senza accorgersene l'aveva portata con se, in una tasca della veste, la sera in cui Silente l'aveva congedato. Dopotutto lei dormiva, non ne avrebbe avuto bisogno finché non avessero deciso che poteva essere svegliata senza rischi. Lui non aveva più osato toccarla, figuriamoci usarla.

Doveva solo sperare che Kreacher non la trovasse, perchè sarebbe stato più difficile farsela rendere che con le lettere. Se James sapesse che scambio letterine con quello storpio di Piton... rabbrividì al solo pensiero, anche perchè aveva dovuto accennare a questo fatto con Lupin, e lui ne era rimasto molto colpito. Remus era fra i Malandrini sicuramente il più saggio, ma da lì a buttarsi fra le braccia di Piton e sperare di trovarvi rispetto e pentimento per il passato, ne passava di acqua. Certo era che si fidava di Silente molto più di quanto non lo facesse il suo amico. Sirius aveva sempre avuto remore nel affidare la propria esistenza in mano altrui. Non amava condividere le proprie decisioni, sentiva che spettavano unicamente a lui. Per quel motivo era scappato di casa a sedici anni, per lo stesso aveva deciso che non sarebbe stato lui il custode segreto di James e Lily -quale rimpianto, pero'-, e sempre per quello ora indugiava se restare li a spolverare la cucina come un elfo domestico o spiccare il volo con Fierobecco e volare dritto a Hogwarts. Era preoccupato per i decreti anti-libertà della Umbridge, sapeva quanta fatica facesse il piccolo Harry - piccolo, Sirius? Lui ha una vita ben più grandiosa della tua, guarda che avventure, guarda quanto ha sofferto... no, lui non è più piccolo! - a starsene imbalsamato a subire ordini da qualcuno. Almeno in questo si assomigliavano!

Avrebbe voluto pensare liberamente che era uguale a James, invece eccolo uguale a sua madre. Evans era una strega meravigliosa, ma così rigida, dritta, leale, sempre pronta a proteggere i più deboli... non capiva che non avrebbero mai imparato a difendersi da soli, in quel modo? E tale quale era Harry. Mai, come il giorno in cui era quasi morto, aveva visto una simile banda di strampalati -Neville Paciock? Luna Lovegood?!- mettersi spalla contro spalla guidati da un adolescente come loro e affrontare qualcosa di grosso come il Signore Oscuro. E invece l'avevano fatto, pensò, come a voler ribattere contro se stesso. Tra una cosa e l'altra, il tempo era passato davvero in fretta quella mattina. Era quasi l'una quando, per lo spavento, aveva sbattuto la testa contro al mobile della cucina, al suono stridulo e inconfondibile di una civetta. Corse più rapido che mai su per le scale e trovò l'animale con una lettera in becco.

"E io dovrei correre dei rischi per te? Nemmeno nel più felice dei tuoi sogni, B... Ops, Felpato. In compenso, puoi ritenerti fortunato. Per puro caso il vecchio bacucco ha letto il tuo messaggio e mi ha fatto l'indicibile regalo di liberare il suo casino per una chiacchierata stasera alle 23h00. Gioisci, uomo insulso. Finalmente qualcuno si degna di accettare le tue richieste di attenzione. Ti spiegherò poi perchè la lettera è caduta nelle sue mani. Ovviamente è colpa tua, razza d'imbecille. PS: sostituisci alla "s" in casino la prima lettera del secondo nome del tuo amico peloso in nomenclatura binomiale. S. Piton"

Il vecchio bacucco è Silente? E lui si lascia chiamare così da quel professorino da quattro soldi? Bah, per quello che ne sapeva poteva anche darsi che si era autoproclamato tale per proteggere i segreti della missiva... Amico peloso? Si riferisce a Remus, dev'essere... Lupus Mannarus? E Sirius gioì sul serio, al pensiero di usare nuovamente il camino. Sperava di parlare con Silente, per avere notizie e anche per tentare di rivedere gli accordi... da quanto era che non usciva, neanche in forma di cane? Se solo avesse potuto spiegarsi con Harry... Strinse la lettera in mano fino ad accartocciarla, senza accorgersene. Il cuore batteva rapido, finalmente un sorriso gli stirò le labbra e scoprì i denti fino ai canini. Un dettaglio particolarmente animalesco del suo aspetto, che i suoi amici si divertivano a rimarcare da sempre. Quando scese nuovamente le scale, si sentì inspiegabilmente più leggero. Ci manca solo che mi emoziono quando ricevo lettere da Mocciosus... Sirius scese nuovamente le scale con vigore facendo scricchiolare il legno, come per avvisare Kreacher che era meglio non mettersi fra i piedi. La giornata aveva cambiato prospettiva e la cosa stupidamente, insulsamente, lo elettrizzava. Si sentiva agitato mentre raccoglieva gli ultimi dieci esemplari della Gazzetta del Profeta da un angolo vicino al caminetto, prima di buttarveli dentro. E lui sapeva cosa fare per distrarsi, così riprese in mano la scopa da dove l'aveva lasciata. Durante le ore che seguirono, ripulì tutto il piano terra e il primo piano, tralasciando volutamente la mansarda - dio solo sa cosa ci sia nascosto lassù - concentrato come mai, nella speranza di tenere lontani i suoi pensieri. Quella casa, senza la polvere, ritrovava sembianze meno lugubri, quasi familiari.

Mentre spostava la roba non aveva solo il presente da rifuggire; sui mobili, i tappeti, il soffitto, una sottile patina perlacea improvvisamente rianimava le cose, si sovrapponeva al presente ed ecco che vedeva i ricordi ondeggiare come strane ombre biancastre alla luce fioca di una candela. Era il passato che tornava in superficie, che faceva la spuma come le onde dietro ai suoi occhi. Lo invadeva in ogni angolo della casa. Come un'allucinazione rivedeva Reg, suo fratello, seduto in attesa della cena, arrossire e sorridere dei complimenti rivoltigli dai suoi genitori; c'era Kreacher che arrancava attorno al tavolo, gli abiti puliti, un'aria curata, le mani ingombre di piatti ricolmi di buon cibo. Quel profumo era l'unica cosa buona che ricordasse di quella casa. Nella sua camera da letto, invece c'era un giovane e avvenente Sirius che gli camminava davanti per appendere un poster ammiccante di una ragazza sconosciuta ed immobile, babbana, con somma disperazione di sua madre. Tornò in cucina, l'animo imperturbabile. Aveva costruito una corazza contro quel genere di ricordi.

Quando ebbe finito, guardò dalla finestra, prima di mettersi a cucinare. Il cielo azzurro si era incupito. Era in quella transizione primaverile tra il giorno e la notte, quando le rondini rumoreggiando tornano al nido, le strade si riempiono di profumi di stufato e minestra, e i ragazzini salutano gli amici per tornare a casa. Lui lo sapeva bene, aveva passato gran parte del suo tempo di bambino la fuori, a tendere agguati alle lucertole ed agli gnomi, a salvare cucciolate di gattini, e poi più grande a rifugiarsi in lunghe passeggiate solitarie fra i babbani, deciso a recidere ogni filo che lo legasse ai genitori. Essere un adolescente non è mai facile, probabilmente per lui lo fu ancora di più. Aveva sempre disprezzato la sua famiglia. Mise a bollire due patate, poi si preparò un'omelette agli asparagi con molta calma. Fece qualunque cosa per riempire il tempo, pur di scandirlo e di allontanare l'appuntamento di quella sera. Mangiò con una candela accesa accanto, guardando il cielo fuori di tanto in tanto, distrattamente. Lavò le stoviglie e passò lo straccio sul tavolo, nonostante fosse perfettamente pulito.

Seduto sulla poltrona in salotto, ecco che un altro ricordo prendeva possesso di lui. Seppe, in un modo contorto ed inconscio, che stava dormendo. Questa volta era a Hogwarts, nel gran campo da Quidditch, nel bel mezzo di una leggendaria partita Grifondoro-Serpeverde. Sfrecciava rapido e battagliero verso un ignobile battitore di Serpeverde, ed era deciso a disarcionarlo, quando sentì la voce di James provenire da dietro di lui:

"BLACK, QUI... MI SENTI, MALEDETTO RANDAGIO? LO SO CHE SEI LI, MUOVITI, GUARDA CHE PER ME È UN ATTIMO SPEGNERE IL FUOCO... INSOMMA BLACK?! NON CREDEVO CHE FOSSI PIGRO OLTRE CHE INSULSO!"


La voce del compagno si era irrimediabilmente tramutata in quella di Mocciosus. Saltò seduto come una molla, senza fiato. Non si diede nemmeno il tempo di riacquisire tutti i sensi, li lasciò sulla poltrona mentre guizzava rapido verso il camino, vedendo scie colorate ovunque attorno a lui. Si sedette davanti al camino; le fiamme verdi mostravano quel brutto muso di Piton.

"Eccomi, sono qui. Dio mio, c'era bisogno di urlare?" disse stropicciandosi il viso, ancora incapace di mettere a fuoco.
"Io non sono qui a tua disposizione, nel caso in cui ti fosse sfuggito. Certo, sei abituato a non fare niente da mattina a sera, posso capire che tu non comprenda appieno il significato di VITA e LAVORO"
"Allora, come stai lei?" disse Sirius, la voce incerta.
"Secondo te come sta? Tecnicamente è come morta, e ha il suo solito aspetto. Non le abbiamo ancora dato la pozione Polisucco, mancavano solo i capelli di Madame Maxime, Silente è andato in Francia ieri mattina con Hagrid. Sai, la Preside di Beauxbatons"
"So chi è Madame Maxime" rispose irritato.
"Insomma, la sua corporatura è ideale, e poi si tratta di una donna - anzi per essere precisi è una mezzogigantessa, ma non siamo ancora riusciti a farglielo ammettere. Fatto sta che ora Silente ha una fiala con una ciocca dei suoi capelli. Per fortuna avevo una scorta di Polisucco, altrimenti non ne uscivamo, ho dovuto prepararne un calderone intero, ma ovviamente ci metterà un mese a maturare...".


Sirius non l'ascoltava, dei suoi vanti non se ne faceva niente. Cercava con lo sguardo attorno e dietro a lui, ma Piton se ne accorse e il volto s'illuminò malignamente in un sorriso arcigno. In tutta risposta lui si accigliò: mai gli aveva visto un'espressione simile su quella sua faccia da cacca di pipistrello!

"Stai cercando il risultato della tua stupidità? Ti piace il macabro, Black? O forse la prova di aver attirato l'attenzione di qualcuno che non fosse quel maiale di Potter e quell'insignificante di Minus? Lupin non lo cito nemmeno, non conta come umano".
"Chiudi quella boccaccia, se non vuoi che salto nel fuoco e ti faccio fuori con queste mani!" ribatté Sirius, ora seriamente arrabbiato. Si sentì comunque rassicurato.


Mocciosus sembrava di buon umore, e questo significava che c'erano stati dei progressi positivi, giusto?

"E Silente?" chiese poi, sullo stesso tono di prima.
"Come puoi immaginare... Ah, giusto. Tu non puoi saperlo. Ecco, lui è molto occupato e non ha tempo da perdere con te. Deluso, Black? Ma non ti preoccupare, mi ha chiesto di farti sapere, con mia grande gioia aggiungerei, che desidera invece parlare con te lunedì, alla stessa ora. Non ti chiedo nemmeno se ce l'avrai, un piccolo sprazzo di tempo libero... Ce l'hai, giusto?"
"Bene... ok. Allora, lei dov'è?"


Piton non disse niente, riprese la sua solita espressione altera e si scostò leggermente. E lui la vide. Era sdraiata su un fianco - come al solito, pensò involontariamente - ed era sulla poltrona su cui l'aveva vista l'ultima volta, ora trasfigurata in un letto. Una pesante coperta a righe verde-argento - Piton, lurida serpe! - le arrivava al mento, nascondendo le ferite. Rabbrividì, non una parola gli uscì dalla bocca. L'essenza di Morte Vivente aveva funzionato perfettamente. I contorni degli occhi erano violacei, le labbra scure e dischiuse, come se stesse dormendo. La pelle, che lui non aveva mai visto luminosa ma che certamente un tempo la era stata, era d'avorio, tesa, inelastica. Sentì un piccolo tuffo al cuore. Portò una mano al petto, come a cercare qualcosa che aveva perso. Poi tutto si fece più chiaro. Lui non la odiava più. In una settimana e poco più di solitudine aveva fossilizzato le sue impressioni su quegli strani giorni trascorsi insieme, impressioni che in tempo normale non avrebbe mai messo in dubbio, tanto era abituato a basarsi esclusivamente su di esse. L'aveva resa portatrice di tutti i suoi mali.

Era talmente impaurito, nell'incrociare la morte, che si era aggrappato con tutte le sue forze alle sottane di quella donna. Quella donna che, imperturbabile, si era preparata giorno dopo giorno ad affrontare la morte per evitare la sua, che ora riportava orrende cicatrici, che aveva buttato alle ortiche tutto quello che aveva. Una donna che agiva, senza pensarci troppo, da sola. Sirius sentì la vergogna bruciargli in petto, il senso di colpa abbatterlo più forte di prima. Per lui, per la sua pelle, si era ridotta a un mucchietto di carne esangue. Provò un immenso sollievo quando sentì lo sguardo indagatore di Piton, sapendo che non riusciva a distinguere l'espressione sul suo viso attraverso le fiamme. Portò comunque la mano alle tempie, come a volersi nascondere. Improvvisamente non gli importava più che Silente non ci fosse per parlargli, era diventato secondario.

"Ok, bene... allora... Porgi i miei saluti a Silente... e... ad Averill..." e balbettando uscì dal fuoco, senza dargli il tempo di rispondere.


Tornò a sedersi sulla poltrona, incapace di fare altro. Si alzò, poi si sedette nuovamente. Sembrava quasi che stesse combattendo contro se stesso. Era ridicolo. Ringraziò Merlino che nessuno potesse vederlo in quello stato. Mentre fissava il soffitto gli tornò in mente la bacchetta che aveva buttato malamente nel cassetto della credenza appena tornato a casa. Senza riuscire a spiegarsi perchè sentiva che ora poteva toccarla di nuovo. Averill non poteva usarla, mentre dormiva. Nessuno gliel'aveva reclamata. Corse a cercarla, poi tornò in salotto tenendola stretta nel palmo della mano. Era fine, elastica, meravigliosamente leggera. Ne sentì l'aura tiepida irradiare lungo il suo braccio, stupìto, e la vide sprizzare qualche scintilla. Sentì che non l'aveva di certo accettato come suo padrone, ma era decisamente disposta ad aiutarlo in caso di bisogno. Poco dopo stava facendo levitare oggetti a caso per la stanza, come un ragazzino del primo anno appena arrivato a Hogwarts, ancora incredulo. Fulminea un'idea gli attraversò la mente. Prior Incantatio. Avrebbe potuto sapere tutte le ultime magie fatte dalla strega. Prior Incantatio. Avrebbe potuto fornire informazioni essenziali a Silente e Piton, con quella bacchetta. Prior Incantatio... ma non era in grado di muovere le labbra e di pronunciare il sortilegio. Adesso sì che aveva un buon motivo per parlare con Silente. Non solo teneva in mano una fonte d'informazioni preziose che aveva silenziosamente negato in segreto per una settimana, ma in più non era in grado di estrarle dalla bacchetta.

"Kreacher" gracchiò, e l'elfo si materializzò davanti a lui, con ancora in mano un paio di vecchi pantaloni che dovevano essere di suo padre.
"Il padroncino desidera qualcosa? - Subdolo, incapace, pavido, figlio ingrato..."
Alzò gli occhi al cielo, poi gli disse "Ho bisogno che tu vada a cercare il professor Silente. È molto importante, devi farglielo capire. Digli che se necessario mi sposterò io per raggiungerlo, altrimenti può venire qui. Lo farai?" alzò un sopracciglio, minaccioso.
"Kreacher può farlo. - Kreacher non è obbligato..."
"Ti ordino di farlo. Non farti vedere da nessuno, non parlare con nessuno, se non Silente. Intesi?"
"Kreacher ha capito. Arrivederci, padron Sirius - povero vecchio Kreacher, cosa gli tocca fare..."


E Sirius andò a dormire, consapevole del fatto che sarebbe stato difficile, se non impossibile per Kreacher trovare Silente prima dell'alba.


*°*


Dovette ricredersi, quando nel cuore della notte qualcuno suonò il campanello e agitò tutti gli oggetti stregati della casa, a cominciare dal ritratto di sua madre nel corridoio dell'entrata. La signora Black sembrava avere due paia di polmoni, la sua voce squarciava i timpani ed era piacevole come una cornamusa suonata nell'orecchio da un mago scozzese completamente ubriaco. Si alzò in fretta, troppo, e arrivò barcollante alla porta. Quando l'aprì, la strana coppia formata da Silente e Kreacher lo fece quasi scoppiare a ridere per l'assurdità della situazione. Kreacher faceva evidentemente fatica a stare vicino a quel mago così odiato dalla sua padrona, eppure così indiscutibilmente buono. Purtroppo il mago in questione non aveva la sua solita espressione conciliante. Sirius bofonchiò i suoi saluti mentre cercava di chiudere le tende che di solito coprivano il ritratto di sua madre. Silente accennò ad alzare gli occhi al cielo, le urla erano davvero insopportabili, così prese la bacchetta e la mise a tacere personalmente. Seguì l'uomo in cucina dove accettò volentieri un bicchiere di burrobirra. Raffreddò la propria e quella di Sirius con un gesto accennato della bacchetta. Sirius lo ringraziò piano, ancora perturbato per il fatto di non avere in tasca la sua.
Era come se gli mancasse un pollice, e tutte le cose più raffinate che si sentiva orgoglioso di saper fare ora si trovavano catapultate nel vuoto cosmico.

"Pensavo di essere venuto qui per qualcosa di assolutamente importante, Sirius. A cosa devo la visita del tuo adorabile elfo domestico?" disse, alla vista di Kreacher che sgattaiolava al piano di sopra nell'ombra delle scale a chiocciola.
"Lo è davvero, è molto importante, credo. Mi sono dimenticato di dirle l'altro giorno... quel giorno in cui sono venuto a Hogwarts, che Averill mi aveva, ehm, affidato la sua bacchetta. Insomma, tra una passaporta e l'altra ho visto che era ferita e l'ho raccolta cercando di aiutarla perchè avevo perso la mia. Poi ce la siamo condivisa, dato che lei non rimaneva cosciente per più di qualche ora... Eccola qui" e gliela porse.


Silente alzò un sopracciglio, avvertendo la bacchetta irradiare calore stretta nel pugno dell'altro, e si accigliò quando la sentì fredda nelle proprie mani.

Sirius lo vide toccarla piano; il tempo passava, Silente non diceva niente, e lui si sentiva sempre più frustrato. Perchè non gli diceva cosa stava facendo?

"Un po' di pazienza, Black..." mormorò lui in tutta risposta, interpretando perfettamente l'espressione sul suo viso.
"Io avevo pensato di fare un"
"Prior Incantatio, vero?" e Silente lo ripeté a bassa voce, puntando la propria bacchetta verso quella di Averill in un gesto lento e misurato.

Vide scie di luce attraversare lo sguardo del preside, e dovette tenersi le parole strette in bocca per non farlo innervosire. Si costrinse a bere ancora, visibilmente Averill aveva usato parecchio la bacchetta di recente, oppure Silente era risalito molto indietro negli incantesimi che aveva fatto in passato. Sirius sapeva che la strega era particolarmente dotata, ne aveva avuto svariate prove nel tempo. E poi era una Corvonero, aggiunse mentalmente.

"È... incredibile" sussurrò Silente, e per la prima volta Sirius riconobbe il luccicchio dello stupore illuminargli gli occhi grigi.
"Che cosa, professore?"
"Avevo sospettato... molto, ma..." si riscosse e lo guardò sorridendo "Non so come una persona del tuo genere possa aver suscitato tanto in quella donna così tranquilla, così fondamentalmente..."
"Superiore a me?" confermò Sirius, leggermente innervosito.
"Eppure è successo, ed è stato così forte da influire sul sortilegio che ha utilizzato. Sortilegio che lei ha magnificamente potenziato, ma ti sarei grato se tu potessi non riferirle queste parole, non vorrei che si... come dire? Che si montasse la testa e cominciasse a rischiare la vita per tutti quelli che conosce".


Sirius sentiva il petto stringersi ritmicamente. Qualcosa non gli piaceva in tutte quelle belle parole.

"Perchè... Perchè Lily Evans non è sopravvissuta? Voglio dire, indubbiamente i suoi sentimenti per Harry dovevano... Dovevano andare oltre l'immaginabile... Insomma, io darei la vita per Harry, e non è nemmeno mio figlio. Perchè Averill è viva? E Lily invece no?"
"Io non ho tutte le risposte purtroppo. Possiamo solo intuire, fare congetture. Io suppongo... che si sia sbagliata da qualche parte, che magari abbia saltato di bere la pozione una volta o due... Non credo che avesse modificato la pozione fino al punto in cui si è spinta Emilia. E indubbiamente non ha bevuto della Felix Felicis quel giorno in cui lei e James sono deceduti. Tu lo sai, perchè, non è vero?" disse, posandogli una mano sul braccio con tatto.
"Perchè non sapeva quando sarebbe successo... e prenderla tutti i giorni sarebbe stato controproduttivo... dannoso..." biascicò con voce rauca.


Improvvisamente si sentì troppo stanco per continuare quella conversazione. Silente lo intuì, ma non diede segno di volersene andare.

"Sirius, te lo dico a scanso di equivoci, non sentirti colpevole. E se mi permetto di dirtelo è perchè so cosa significa perdere un amico"
"Un amico assassinato in casa sua assieme a sua moglie, perchè ho rifiutato di esserne il Custode Segreto"
"E ti sei comportato come un vero amico. Umile e leale. Ma non potevi immaginare cosa sarebbe successo, e sai quanto me che non avevano preso tutte le precauzioni per proteggersi. Hanno rifiutato anche le mie, Sirius. Non volevano credere che qualcuno potesse attaccarsi al loro bambino, non aveva nemmeno un anno, era assurdo. Invece cosi è stato. Oserei dire, per fortuna che Lily ha agito in segreto preparando quella pozione e facendo l'incantesimo ed è riuscita a salvare Harry"
"Si... perlomeno Harry è ancora qui. Professore, quando potrò dirgli che sono vivo? Lei non ha idea dei sensi di colpa che provo..."
"Dovrai sopportarli ancora per qualche tempo, mi dispiace. Sarebbe troppo pericoloso. Non adesso, che Emilia è al sicuro nascosta a Hogwarts. Ma prova a pensare un attimo: Voldemort si è reso conto da poco di avere libero accesso alla sua mente, e ne ha già bassamente approfittato. Se scoprisse dove ti trovi attraverso Harry, rischierebbe non solo di uccidere te, ma probabilmente di venire a sapere che sei sopravvissuto grazie a lei. Harry si ritiene pienamente colpevole per la tua morte. Vorresti davvero correre il rischio di infliggergli un doppio colpo basso?"
"Direi di no." rispose Sirius che sentiva la bocca asciutta e la lingua impastata contro il palato.


Quanto sarebbe durata ancora quella messinscena? Ne aveva più che abbastanza, ma non poteva permettersi di ferire Harry nuovamente. Glielo doveva, a lui, a James e Lily, e anche a se stesso. E poi c'era Averill. Si alzò e si grattò la nuca, come perplesso. Non c'era una soluzione che fosse una. Il tempo di reclusione si sarebbe protruso ancora a lungo, ormai era indubbio. Silente lo stava ancora guardando, forse cercando in lui non fosse che una debole traccia di insicurezza. Sirius invece era maledettamente sicuro, stavolta, che avrebbe passato il resto dei suoi giorni murato vivo. Il vecchio mago si alzò, come per congedarlo, ma era lui che se ne andava. Si strinsero brevemente la mano, come due parenti che non passavano abbastanza tempo assieme da considerarsi una vera famiglia. Poi Silente ammiccò alla bacchetta di Averill appoggiata sul tavolino, tra i due boccali vuoti di burrobirra.

"Credo che tu possa tenere questa bacchetta, Sirius. Dopotutto ti ha accettato, e con gran foga devo dire. Anzi, ti sembrerà folle ma credo che non appena la sua proprietaria si sarà ristabilita lei vorrà tornare a servirla"
"Quindi lei crede che Averill sopravviverà?"
"Ora che ho visto cosa ha fatto quella dannata testa calda, oserei dire di si. Ma a bassa voce, per scaramanzia" sorrise Silente.


E con un fragore pazzesco sparì. Sirius prese la bacchetta, spense le luci, e tornò a letto.

 

*°*


La trapunta le pesava sullo sterno e aveva così sete da sentirsi soffocare. Averill si ritrovò con gli occhi aperti verso un soffitto che non conosceva; volse gli occhi attorno a sé mentre deglutiva saliva, cercando inutilmente di ritrovare la voce. Vide Severus che le sedeva accanto immobile come una statua e si sentì rassicurata. Dunque era viva. L'avevano guarita. Il filo dei pensieri s'arrestò presto perchè i bisogni primari si fecero sentire con gran forza.

"Sete" gracchiò.
"Ti sei svegliata!" scandì quell'uomo così oscuro mentre gli occhi gli s'illuminavano "Devo chiamare Silente all'istante".
"Sete" insisté lei scorticandosi la trachea.


L'uomo capì e annuendo scomparve alla sua vista per tornare con un calice colmo di idromele. Sentì le sue mani sollevarla e appoggiarla ad un cuscino per mantenerla in posizione seduta. Avvicinò cauta le labbra rosse e riarse al bicchiere e bevve a piccoli sorsi. Quando ebbe finito di bere, dato che lui non si era ancora spostato, lanciò un'occhiata accanto a sé e vide Severus assorto nel guardarla. Sorrideva. Era storto, non era che un mezzo sorriso, eppure quell'espressione le fece balzare il cuore in petto.

"Severus, sorridi ora? Sei pazzo?"
"Sei viva, sciocca. Potevi non esserci più" le posò una mano sul polso stringendolo piano, un gesto spontaneo e fulmineo, dopodiché la ritrasse e tornò fra gli scaffali vicino al caminetto.

 

Il fuoco era calmo, Averill ne sentiva i sibili e vi trovò conforto. Severus uscì dalla stanza facendole un muto segnale di avvertimento: guai a te se ti muovi. Tornò rapidamente con Silente alle calcagna senza dire una parola. Il vecchio preside le mise una mano sulla fronte.

"Bentornata fra noi, Emilia. Ho appena chiesto a Madama Chips di prepararti dei decotti Rinforzanti. Sarai felice di sapere che..."

La porta si aprì nuovamente ed entrò Sirius Black. Averill arrossì e si nascose ulteriormente sotto alle coperte, non aveva scordato le loro conversazioni e i toni poco adulatori dell'uomo. Scoprì che il suo cuore non lo aveva dimenticato. Era sempre così bello, quel viso ben sagomato e ombreggiato dai ricci capelli neri le tolse il respiro. Sirius avanzò cautamente, era estremamente imbarazzato; salutò Silente e non rivolse nemmeno il solito ghigno odioso all'uomo accanto a lui. Quando poi Silente fece cenno a Piton di allontanarsi e di andare a conversare con lui altrove non poté che ricevere tre occhiatacce ben assestate che fecero fiorire fra i baffi argentei un mezzo sorriso di puro divertimento. Averill si riscosse; sentiva il cervello rattrappito e i pensieri erano rari, passavano come scie colorate nella sua mente, ma nonostante la sensazione di fiacchezza generale capì che si stavano comportando tutti e tre come degli adolescenti e che Albus Silente non aveva ancora detto l'ultima parola.

"Averill, come stai?" Sirius sembrava impacciato, i suoi occhi marroni erano scostanti.
"Così" e fece un sorriso sarcastico guardandosi attorno.

 

L’amarezza per le parole che egli le aveva rivolto tempo addietro aveva spazzato via il suo primordiale imbarazzo da ragazzina. Ora lo guardava sorretta da un coraggio che non era suo. 

"Mi dispiace. Non potevo venire qui, non potevo vedere come stavi... Silente me l'aveva proibito. All'inizio la cosa non mi toccava... poi mi sono sentito in colpa" disse lui senza guardarla "anche se non so in che misura io possa essere colpevole di qualcosa che hai fatto tu! Riguardo alle parole che ti ho detto... ecco, io..." aggiunse poi bofonchiando parole incomprensibili.
"Sirius, mi sembri strano. Detto papale papale"
"E tu mi sembri in miglior forma" disse lui con un sorriso di plastica, cercando di cambiare argomento.


Averill sospirò. Non andremo mai d'accordo, io e te. Si guardarono, si sorrisero e ne rimasero entrambi scossi.


*°*


Le cose sembravano essersi a tal punto rilassate da quando si era svegliata Averill che lei e Sirius ebbero il tempo e le occasioni per conoscersi meglio senza scannarsi a vicenda. Lui veniva a trovarla di tanto in tanto, si scambiavano due parole assassine con fare giocoso e se ne andava; erano gli ordini del preside, ovviamente. Niente innervosiva di più Severus Piton del vedere quella donna a lui cara in compagnia di quel rinnomato imbecille, come lo definiva lui. Eppure Sirius regolarmente lo ignorava, andava a posare un bacio sulla guancia di Averill e le chiedeva come stava. Lei non aveva mai osato sperare tanto. Il cuore si stringeva così forte quando lo vedeva arrivare che le mancava l'aria; Sirius la prendeva sempre in giro. Sembrava tanto quel ragazzino che aveva a lungo spiato a scuola, quello per cui aveva avuto una cotta colossale... finché venne un giorno come un altro, e tutto cambiò all'improvviso, ma con gran naturalezza.

Lui si era chinato per darle il solito bacio, lei non si era accorta che fosse così vicino, le loro labbra si sfiorarono appena. Non aveva mai immaginato provare nulla di simile in vita sua.

"So che non dovrei, ma se potessi rifarlo... credo che non mi dispiacerebbe. Si, credo proprio che non mi dispiacerebbe affatto..." disse Sirius senza scostarsi, scoccando una freccia che le arrivò dritta la cuore.
"Non ti è bastata la mia reazione? Cerchi sempre conferme, come i bambini. Non ho mai detto che non ero d'accordo..."
"Spogliati delle tue spine razza di pianta pustolosa e velenosissima!" borbottò lui mentre gli occhi scuri gli brillavano di un riso trattenuto.

 

La sollevò dal letto di peso e la prese fra le sue braccia, poi la baciò per davvero.
Averill pensò di non avere un solo ricordo più bello di quello, e decise di custodirlo gelosamente nelle pieghe più sicure del suo cuore.

 

   
 
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