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Autore: EuphemiaMorrigan    08/08/2013    18 recensioni
AU. Comica/Romantica/Drammatica.
SasuNaru.
-Dall'ultimo capitolo-
Questa è la segreteria telefonica di Uzumaki Naruto e Uchiha Sasuke, lasciate un messaggio e vi richiameremo. Se ne avremo voglia.
Se sei Sai: Visto le vendite? Ti ho battuto ancora.
Muori.
Se sei Ino: Nee-chan, non vorrei che tuo marito si suicidasse.
Ammazzalo e raggiungilo.
Se sei Nagato: Sono in perfetto orario con la scadenza.
Non è assolutamente vero.
Se siete Sakura, Hinata o Tenten: Tranquille, ho tutto sotto controllo.
E voi che ancora ci credete...
Se sei Gaara: Amico, mi devi un caffè.
Ed io ti devo un pugno.
Se sei Hidan: Lode a Jashin!
Non riesco a capire chi è più cretino tra te e Naruto.
***
***
Gensaku-sha ripercorre, a modo proprio, alcune vicende del manga.
Con personaggi casinisti, pazzi ed eccessivamente rumorosi.
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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-Scoiattoli e Porcospini-

 

Note: Salve... Lo so, è passato un po' di tempo, ma siamo ad Agosto e... Le vacanze, i parenti, il caldo, altre cose... Credo possiate capirmi. Comunque oggi e domani sarò sola a casa, per questo motivo cercherò di abbozzare, almeno, tutti i capitoli arretrati. Bene, vi lascio al capitolo che è stato di nuovo diviso in due perché troppo lungo... L'ultimo pezzo verrà di nuovo descritto nel prossimo capitolo, per far capire come siamo giunti a quel punto. Madara e Sasuke sono tanto carini da pazzi/amici/nemici e... Beh... Nel prossimo FINALMENTE avremo la vera azione ;)... Come al solito mi scuso per i sicuri errori di distrazione, io correggo e correggo, ma qualcosa mi sfugge sempre!

 

Non che non mi fidi del prossimo.

Alle volte, lo faccio anche troppo.

Però... Pretendo un minimo di sincerità.

 

Kakashi Hatake se ne stava dritto come un fuso dinanzi a quella porta serrata, da più di quindici minuti non faceva altro che osservarla. Tentando di trovare il coraggio di bussare, suonare, fare qualsiasi altra cosa il raziocinio gli imponesse.

Inutilmente.

La sua mano si arrestava a mezz'aria ad ogni dannato tentativo.

Così, ritornava sui suoi passi, si voltava e, pochi secondi dopo, si girava nuovamente in direzione dell'uscio chiuso, ritornando nella posizione precedente.

Indeciso.

Su cosa fare, dire, come iniziare un qualsiasi tipo di discorso.

Le frasi di Jiraya gli si erano stabilizzate in testa, come un marchio bollente, non pensava ad altro da giorni. Ogni ora. Ogni minuto.

Doveva parlare con Iruka.

Doveva spiegarsi.

Doveva... Affrontare i fantasmi di un passato ancora troppo recente.

Però desiderava tornare a vivere.

A respirare.

Da anni, dalla morte dell'uomo che amava, un peso enorme gli schiacciava il petto, impedendogli di inalare una singola boccata d'aria fresca.

Una misera speranza di rinnovamento per la sua anima, per il suo cuore. Non chiedeva altro.

Qualcuno da amare, da cui farsi amare. Nonostante tutto.

La solitudine... Quella stessa che si diceva di agognare, in verità lo stava distruggendo, trascinandolo in una fitta oscurità fatta di rimpianti e colpe.

Socchiuse gli occhi ed allungò, ancora una volta, la mano destra. Suonò al campanello, sobbalzando egli stesso al rumore, ed attese ansioso di veder quella porta spalancarsi e mostrarlo.

Voleva essere accolto, con tutto se stesso.

Si sentiva quasi un gatto randagio, aspettando una carezza ed un po' di calore umano, un misero gesto d'affetto di cui si era privato in quegli anni.

Troppi anni.

Ed Iruka si mostrò in quel momento: duro, furioso. Osservava l'uomo dai capelli argentei con un cipiglio sul viso, l'espressione scocciata e le braccia incrociate al torace «Cosa vuoi?» Chiese, senza nessuna particolare inflessione nel tono di voce.

Hatake mandò un giù, infondo alla gola, un grumo acido, avvertendo il suo senso di colpevolezza crescere in modo esponenziale «Mi spiace per...».

«Ti dispiace?... -Lo bloccò, arcuando un sopracciglio. Kakashi non credeva possibile una tale reazione in un uomo buono come Iruka. Oh, sì, Iruka era buono e gentile, ma disprezzava i bugiardi ed essere preso in giro- ...Sono tre giorni che ti chiamo al telefono, tre giorni che suono alla porta di casa tua, tre giorni che provo a contattare i tuoi colleghi... Col solo “mi dispiace” non ci faccio nulla!» Concluse acidamente, tentando di sbattergli la porta in faccia. Ma Kakashi fu più veloce e la bloccò con un braccio ed una gamba, sopprimendo un gemito di dolore. Dopo tutto il tempo passato lì davanti si proibiva categoricamente di arrendersi proprio quando si era deciso.

«Ma sei scemo...?»

«Iruka, mi dispiace. Per tutto» Esclamò, facendo una smorfia sofferente, e avvicinandosi lentamente all'altro. Che a quel gesto arretrò, ancora troppo risentito per perdonarlo.

«Mi spieghi cosa vuoi da me? Tu ti sei avvicinato. Tu hai deciso di uscire insieme. Tu, sempre tu, sei stato il primo ad affermare di volere di più di una semplice scopata. E poi... Sparisci e mi tratti come un estraneo? Credo di meritare qualcosina in più di un semplice “mi dispiace”» Espose Iruka, mantenendo un tono calmo e paziente, nascondendo la nota delusa e scocciata della sua voce. Non era di certo il tipo di persona che sbraitava ai quattro venti la sua rabbia, ma voleva una risposta soddisfacente.

Risposta che, stranamente da ciò che si aspettava, non tardò ad arrivare «Lo so. Comprendo il tuo astio, lo so... -Sospirò ancora, passando una mano tra i capelli- ...Non smetterò mai di dirti che mi dispiace infinitamente, ma... Io... Credo di aver avuto paura» Confessò riluttante, ma deciso ad essere completamente sincero con l'uomo che, dentro di sé, sapeva di amare realmente.

L'altro si morse il labbro inferiore e valutò rapidamente quelle poche parole, successivamente inspirò una lunga boccata d'aria e, rilassando le spalle precedentemente tese, disse «Vieni, l'uscio di casa non è il posto adatto per certi discorsi... -Si spostò leggermente, facendogli spazio, e continuò- ...Sediamoci, poi mi spiegherai tutto... Se vuoi!» Aggiunse in modo flebile, facendogli strada all'interno del suo appartamento e avviandosi nella piccola cucina poco distante. Avvertiva il bisogno di bere qualcosa per eliminare la sensazione di secchezza infondo la gola, ma Kakashi lo bloccò dicendo, per la prima volta insicuro di cosa stava per fare, «Vorrei che venissi con me in un posto».

«Dove?» Indagò attento, scrutandolo nel profondo con i suoi occhi color nocciola.

Hatake si grattò una guancia da sopra la mascherina medica e sussurrò «Per favore...».

Iruka, riluttante, annuì. Pretendeva, anche se una parte di sé continuava a darsi dell'egoista, delle risposte. Voleva conoscere l'uomo che aveva iniziato a frequentare, capire cosa li legava e... Se quel legame esisteva veramente.

Lo seguì nel più completo silenzio, uscirono dal suo appartamento senza scambiarsi neanche uno sguardo, addentrandosi per le strade di Konoha.

Camminando... Camminando... Camminando...

Non fecero altro per i successivi venti minuti, non parlavano, troppo persi nei loro pensieri e domande che, in fondo, erano le stesse dell'altro.

Nelle incognite che quel gesto poteva causare.

Nel timore di una separazione che poteva avvenire.

Nella speranza di una futura unione.

Quando l'uomo dai capelli castani alzò il volto, precedentemente puntato al terreno, si trovò dinanzi agli occhi l'enorme cancellata di ferro del cimitero comunale.

La porta del suo personale Inferno.

Odiava quel luogo, dove il passato lo schiacciava sotto il suo peso.

Per quale motivo lo aveva portato lì?

«Perché?» Lo chiese con un mormorio.

«Volevo presentarti una persona» Rispose allo stesso tono.

La ghiaia sotto i loro piedi faceva, per il più piccolo, un rumore terrificante e le mani tremavano ansiose. Quanti anni erano che non entrava lì? Che non andava alla tomba dei genitori?

Tanti. Forse troppi.

Ma... Non ci riusciva.

Vedere quelle lapidi, tutte uguali, accresceva in lui i conati di vomito. Gli ricordavano con dolore chi aveva perso, chi gli mancava ogni singolo giorno. Le battaglie affrontate per divenire indipendente, la sofferenza di quando era solo un bambino, gli anni bui passati accanto a quell'unica persona che era divenuta un membro della sua nuova famiglia.

Con forza e sofferenza si era lasciato tutto alle spalle ed, in quel momento, solamente per seguire Kakashi, ogni passo su quel terreno portava a galla un ricordo.

Perché aveva accettato di entrare? Forse... Perché in quegli occhi spenti aveva intravisto un dolore simile al proprio.

L'avanzare di Hatake si interruppe d'un tratto, di fronte ad una lapide di marmo bianco dove, tutto ciò che importava notare, era la foto sorridente di un giovane uomo dagli scompigliati capelli neri.

Ridicolmente, Iruka, pensò che faceva sembrare quel luogo un po' meno cupo.

Il più grande si chinò, poggiando il peso sulle ginocchia, sfiorò la fotografia con la punta delle dita e sussurrò rivolto al candido marmo «Scusami, è passato tanto tempo dall'ultima volta. Come stai, amore mio?» Domandò, come se davvero quella pietra potesse rispondergli.

Quelle parole colpirono l'altro uomo dritto al cuore.

Non era furioso, geloso, od irritato. Come poteva esserlo nei riguardi di un morto?

L'unica cosa che provò fu un'immensa, infinita, tristezza ed il bisogno di sciogliersi in lacrime per tutto il dolore che traspariva nitidamente dal tono di voce di Kakashi. Si sfregò gli occhi con il pugno chiuso e, con voce roca, chiese «Lui chi è?» Non voleva metterlo in imbarazzo, accusarlo di qualcosa. Desiderava soltanto conoscere il nome di quel ragazzo morto troppo giovane. Del ragazzo speciale che si era guadagnato il cuore e l'anima di Kakashi.

«Lui... Era Obito. Lui è l'uomo che ho sempre amato» Dichiarò con una sincerità disarmante, sfiorando ancora la fotografia con le dita, come se volesse carezzargli il viso.

Iruka fece qualche passo in avanti, rendendo omaggio alla tomba, inspirò piano e sfiorò l'avambraccio del più grande «Mi dispiace, tantissimo» Parlò a fatica, con voce rotta dal pianto trattenuto. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma... Aveva timore di mancar di rispetto ad Obito per quel desiderio inconscio.

Hatake si portò nuovamente in una posizione eretta, poggiò le mani sulle spalle di Iruka e lo avvicinò dolcemente contro il suo torace, posando il mento sulla nuca castana, narrando con gli occhi rivolti ad un punto sfocato «Aveva venti anni quando è morto, per colpa mia. Perché se non mi fossi infuriato con lui per una sciocchezza, se non mi fossi incamminato in mezzo alla strada trafficata come un idiota, se mi fossi reso conto che il semaforo era verde... Obito non mi avrebbe seguito... E sarebbe qui, con me. Probabilmente ad ingelosirsi per nulla, ridere come un cretino, dirmi quanto sono poco divertente. Accusandomi di quanto la mia sola presenza lo renda invisibile alla sua adorata Rin... Voleva bene a Rin, così bene che fece di tutto per non farla soffrire, anche mentire su di noi... Ed io, invece... Sono stato così stupido, cattivo, sofferente... Da farle del male lo stesso giorno in cui aveva perso il suo migliore amico!» Concluse affondando il viso nei capelli di Iruka, non credeva che avrebbe fatto così male confessare i suoi sbagli.

«Continua...» Lo spronò gentilmente, era certo che mancasse qualcosa. Le poteva chiaramente avvertire nell'aria, quelle parole non dette che premevano insistentemente per essere confessate a qualcuno.

«Io... Io la feci soffrire... -Confessò addolorato- ...Le dissi che la colpa era sua, che se non fosse stata così cieca ed egoista, troppo innamorata di una mia illusione, non sarebbe accaduto... Perché... Perché io e Obito non avremmo litigato a causa sua e... E non sarebbe morto... L'ho ferita, distrutta ed ora, giustamente, mi odia... -Parlò confuso, come se non riuscisse a dare un senso lineare ai suoi pensieri- ...Ed ora sto ferendo anche Obito e te... Perché, anche se so che non posso riportarlo indietro, anche se continuerò ad amarlo, ho paura... Ho paura di tradirlo».

«Tu non lo stai tradendo. Non...»

«Mi sono innamorato di te» Affermò in un fiato, interrompendo le sue parole e stringendolo ancor più forte tra le sue braccia, buttandosi nel vuoto, nell'ignoto.

Iruka sbarrò gli occhi, scioccato, smettendo completamente di respirare. Le lacrime, non riuscendo più a trattenerle, rigarono copiosamente il viso arrossato e le mani, lasciate inerti lungo i fianchi, circondarono la vita dell'uomo, tenendolo saldo contro di lui «Non... Non... Andartene mai più» Sussurrò sul suo petto, tentando di placare i singhiozzi.

Quanti anni erano che non piangeva?

Sempre troppi.

 

Era passata una settimana da quando Muku aveva iniziato a collaborare con il gruppo di Naruto. Una settimana pesante e burrascosa, in cui Sasuke Uchiha aveva cominciato ad accusare segni di insofferenza verso il nuovo apprendista. Alla fine, però, grazie al patto con gli altri Uchiha era riuscito a rilassarsi leggermente, e continuare la sua vita con regolarità. Anche se... Controvoglia.

Quando era costretto a lasciare Naruto a lavoro, di solito, Mikoto raggiungeva il luogo con una scusa assurda e faceva compagnia al suo adorato genero, ringhiando internamente verso il nemico.

Uzumaki, stranamente, aveva capito perfettamente cosa stesse accadendo. Anche perché gli sguardi della donna parlavano chiaramente. Quasi provava un piccolissimo senso di pietà nei confronti di quel ragazzo così masochista da essersi inserito, per sua scelta, nella lista nera di Mikoto Uchiha. La donna gli lanciava degli sguardi così cattivi e demoniaci che non pareva nemmeno lei e, Naruto, poteva giurare di aver intravisto Muku sussultare più di una volta in presenza di quei pozzi scuri...

...Forse per quello evitata di avvicinarglisi quando era presente Mikoto.

Con l'aggiunta di Itachi, giunto al Rinnegan per vedere la compagna, almeno questa era la versione ufficiosa, le cose degenerarono ancora di più.

Sfortuna volle che, il maggiore dei fratelli Uchiha, entrò sorridente (O ghignante) nello stesso, esatto, momento in cui il giovane dai capelli neri se ne stava dinanzi alla scrivania di una riluttante Sakura, con il volto a pochi centimetri dal suo, chiedendo gentilmente un consiglio per una scena del Manga.

Tragedia.

L'unica cosa che Itachi e Sasuke avevano in comune era la possessività e, chiunque, avrebbe giurato su ogni Kami conosciuto e non che il maggiore riusciva a battere il fratello.

Di tanto e con poco sforzo.

Naruto, per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, ne ebbe una tremenda paura. Vide le sue pupille mischiarsi all'iride, le labbra tremare come se stessero per cacciare fuori un ruggito e l'espressione del volto completamente folle. Quando si avvicinò al malcapitato, a passo marziale, e disse gelido «Sakura, qualche problema?»... Uzumaki s'immaginò il corpo dell'apprendista steso in una pozza di sangue, completamente dilaniato dai canini che Itachi, di sicuro, si sarebbe fatto crescere di lì a poco.

Freddo.

Il tono di voce più cupo che avesse mai udito essere umano, gli Uchiha erano pericolosi anche quando si trattenevano.

E Muku Satori si era appena aggiudicato il terzo nemico mortale.

Però... Non era intenzionato ad arrendersi.

Quei potenziali assassini, i suoi, lo intimorivano. Non poteva affermare il contrario. Ma si era sempre considerato un uomo paziente, in grado di attendere il momento propizio.

Prima o poi Naruto Uzumaki sarebbe caduto nella sua tela, che lo volesse o no.

Il clan Uchiha era soltanto un piccolissimo imprevisto.

 

Odio mio padre... Pensò Sasuke Uchiha, seduto a gambe incrociate sul divano dell'abitazione di Madara mentre, quest'ultimo, se la ronfava della grossa sulla poltrona poco distante.

Cinque minuti.

Gli aveva prestato attenzione per soli cinque, maledetti, minuti. Poi era piombato in uno stato comatoso senza precedenti, pareva morto. Ed un po' il più giovane ci sperava.

Peccato che il respiro, lento e regolare, desse a vedere il contrario.

Lo aveva notato benissimo il suo calo d'attenzione: da che era partito dritto con la schiena contro la spalliera, ad accasciarsi lentamente contro questa ed infine chiudere gli occhi, addormentandosi.

ADDORMENTANDOSI!

Quello stronzo aveva osato addormentarsi mentre parlava, e non di sciocchezze, ma di Naruto. Il suo Naruto. Che in quel momento era solo, chissà dove, quando invece quel maledetto porcospino avrebbe dovuto essere con lui, per controllare che non incontrasse persone sgradite.

Oh, ma io ti uccido... Si disse nuovamente, facendo scrocchiare le nocche delle mani ed alzandosi piano dal divano. Con lentezza, senza provocare alcun rumore, si avvicinò al volto dormiente, inclinò il collo per osservarlo e prese tra le dita una ciocca corvina. Storse la bocca in una smorfia ed un secondo dopo ghignò pericoloso, allontanandosi e raggiungendo la cucina.

Mmmh, ma dove le tiene le forbici?...

Avrebbe potuto sbraitargli addosso ogni tipo d'insulto e svegliarlo, ma non sarebbe stata la vendetta perfetta. Quando trovò la sua “arma” tornò indietro e si posò, pensieroso, la lama sulle labbra, scrutandolo con attenzione.

Prese con delicatezza, non voleva di certo svegliarlo, la ciocca corvina che gli copriva l'occhio sinistro e s'impose di rimanere calmo, lucido e soprattutto di non ridere sadicamente al pensiero di cosa stava per fare. Con un gesto preciso e veloce delle dita la tagliò di netto, fin sopra la fronte. Fece gli stessi identici gesti per la parte destra e poi, lavorò sui fili corvini che poteva raggiungere in quella posizione. Per pochissimo non inciampò nei piedi del “Bell'addormentato”, rischiando di infilzargli il collo con le forbici (E questo non sarebbe stato male), oppure svegliarlo a causa dell'urto (E questo avrebbe fatto malissimo. A se stesso).

Quando finì il suo spettacolare lavoro, degno del miglior acconciatore del mondo, gli scattò una foto con il cellulare, giusto per ricattarlo negli anni futuri, raccolse le ciocche dal pavimento e si sedette, di nuovo, a gambe incrociate sul divano.

Prese i capelli di Madara e, alla bene e meglio, fece una specie di treccia, alzandola poi nella mano destra. Con la sinistra puntò le forbici, aperte, in direzione del suo stomaco e, un secondo dopo, ululò acidamente «BUON GIORNO, PRINCIPESSA!».

Il più grande sussultò e grugnì di disappunto, ancora prima di aprire gli occhi tentò di dire «S... Senti, scoiattolo con la rabbia, perché non vai a cercare ghiand...» Li aveva visti!

Sgranò gli occhi così tanto da rischiare di farli rotolare sopra il pavimento.

«C-cosa?... Cosa sono quelli?» Domandò afono. Sbuffando dalle narici e sentendo il suo respiro bloccarsi alla consapevolezza di cosa avesse osato fare il suo ex nipote morto. Tutto il suo corpo tremava, furioso, e cercò di portarsi una mano alla nuca per constatare se i suoi capelli fossero tutti lì... Non vi riuscì, troppo scioccato a quella vista.

«Questi?... -Pigolò innocentemente Sasuke, portandosi dinanzi al viso la treccia corvina e sporgendo il labbro inferiore, fingendosi meditabondo. Pareva quasi una ragazzina indifesa- ...Forse potresti riattaccarli con la colla, bestia!» Continuò tornando al solito tono freddo e spietato, aprendosi in un ghigno che avrebbe terrorizzato il Diavolo in persona. Pareva una di quelle bambine possedute dei film horror.

«Io... Ti... Ammazzo...» Minacciò Madara a denti stretti, dopo aver preso coraggio ed essersi toccato il capo.

Nulla.

Niente.

Lo aveva tosato come un barboncino.

Si fiondò su di lui, come desiderava quel piccolo mostro, ma fortunatamente notò l'arma e la evitò buttandosi sopra il suo corpo e prendendolo a pugni nello sterno. Gli avrebbe rotto ogni singolo osso «Me ne fotto se sei un un Uchiha, oggi morirai».

Sasuke gemette di dolore e fece una smorfia tirata, l'ennesimo pugno nello stomaco gli tolse il respiro per qualche secondo, così decise di restituire il favore: dandogli un sonoro calcio nelle palle.

Continuarono a picchiarsi per la successiva ora, maledicendosi in contemporanea, il salone di Madara era divenuto un campo di guerra. Completamente distrutto, dato che Sasuke gli spaccò anche una sedia sulla schiena.

Disgraziatamente quello stronzo era duro a morire.

In quel momento, troppo stanchi per continuare, se ne stavano seduti sul pavimento, l'uno di fronte all'altro.

Respiravano a fatica e si lanciavano occhiate cariche di disprezzo, se avessero potuto avrebbero usato Susano'o e, dall'aura violacea che li circondava, ci stavano anche per riuscire.

«Bastardo, figlio di puttana. Ti odio» Disse Madara incattivito e con fiato corto. Con la voglia di alzarsi ancora e strozzarlo, purtroppo le gambe non reggevano più il suo peso.

Sasuke respirò, posandosi una mano sulle costole doloranti, e rispose «Fallo. Ed anche da morto tornerò a perseguitarti».

«Mi hai rotto il cazzo! Che vuoi da me?» Gli ringhiò contro il più grande, passandosi una mano sul labbro spaccato, per poi osservare il palmo macchiato di sangue.

L'altro sghignazzò malefico a quelle prime parole ed esclamò «Attento, Tartufo, può essere che con tutti quei calci te l'ho rotto davvero!».

Tartufo?!... Si ripeté, sconvolto. Quel moccioso era masochista o cosa? Per quale motivo cercava in tutti i modi di farsi uccidere? Sì, perché lo faceva, Madara non lo andava di certo a cercare... Forse, forse... Ho sentito dire che i bambini picchiano e tormentano chi gli piace! No, che schifo...

«ODDIO!... -Si alzò di scatto e gli puntò un dito contro- ...Fuori da casa mia papera-schizofrenica e non ti avvicinare mai più a me» Ordinò ringhiando in sua direzione.

«Eeh?... Idiota, mi servi!» Affermò Sasuke, arcuando un sopracciglio.

Madara sbuffò e disse stizzito «Perché non pensi a tuo marito e mi liberi dalla tua folle presenza?».

E che cazzo sto facendo? Non avrei di certo accettato di fare coppia con lui se non mi preoccupassi di Naruto... «Vaffanculo, Madara. Per colpa tua abbiamo perso un'ora di tempo!» Esclamò scocciato, pensando già a come spiegare i suoi lividi e quelli del più grande. Quando Naruto li avrebbe visti non ne sarebbe stato contento.

«Vacci tu, masochista... -Rispose allo stesso tono, attirando l'attenzione del suo interlocutore- ...Non sono la tua balia, non sono il tuo fidanzato, cavatela da solo» Aggiunse colpendolo dritto al suo orgoglio.

Sasuke assottigliò gli occhi e si tirò su, a fatica, dal pavimento. Gli si avvicinò, a pochi centimetri dal viso e sussurrò cupo «Cavatela da solo?... -Ripeté incattivito- ...Me la cavo da solo da quando avevo diciotto fottutissimi anni. Ho lasciato il clan, ho lasciato tutti. Tu, invece, cosa cazzo hai fatto, oltre commiserare la tua esistenza? Perché lo fai, stronzo, lo so che lo fai!» Finì sputandogli in faccia quelle parole.

Madara Uchiha, di solito, era un uomo abbastanza paziente. Sì, s'infuriava spesso e volentieri, ma non andava mai oltre gli insulti e le urla. Sasuke, quel moccioso troppo simile a lui, aveva il potere di fargli perdere la calma con una sola frase. Per questo, senza nemmeno pensare, lo schiaffeggiò, così forte da fargli voltare la testa verso destra «Non farlo mai più, ragazzino. Non provare mai più a giudicare la mia vita dall'alto del tuo piedistallo, o comincerò ad odiarti davvero... -Sasuke spalancò gli occhi, portandosi il palmo alla guancia, quel misero schiaffo aveva fatto molto più male di qualsiasi altro colpo. Forse perché quello era stato veramente dato con odio- ...Vattene!» Concluse il maggiore, dandogli le spalle e facendo qualche passo nella direzione opposta.

La presenza di Sasuke stava cominciando ad irritarlo, dato che sapeva perfettamente cosa avrebbe provato a fare quel ragazzino.

Infatti...

Ho esagerato... Si disse il giovane, colpevole. Per quanto non sembrasse Sasuke conosceva Madara, forse meglio di qualsiasi altro Uchiha. Lo capiva.

«Mi dispiace, non ti disturberò più. Hai ragione, io non so nulla. Però... Non è colpa tua, sai?... -Parlò, infilandosi le mani in tasca- …Intendo se i tuoi sono morti. Madara, ne abbiamo già parlato, no? Ora sono un adulto se vuoi...»

«HO DETTO VATTENE!» Lo interruppe, gridandogli contro tutta la sua frustrazione. Come era successo? Perché erano passati a quell'argomento? Perché lo tormentava da anni?

«Madara... -Sussurrò ancora, per niente intimorito dalla sua reazione- ...Quando avevo diciassette anni e ti ho confessato di essere gay, le tue parole sono state: “Coglione, quale sarebbe il grave problema?”... Forse non c'entra un cazzo con la tua situazione, ma molto probabilmente se non mi fossi sentito dire che mi stavo comportando da stupido starei ancora qui ad autocommiserarmi, da solo, non avrei incontrato Naruto, non sarei stato in grado di fare il padre. Starei qui, oppure sarei rimasto ad Oto, a far finta che il mondo non mi interessi. Chiuso in casa mia, recitando il ruolo della persona felice, scacciando via chiunque tenga a me! Come fai tu. Quindi... Chiama Anko, Izuna, Hashirama, chi vuoi tu. Ricomponi la tua vita, sono anni che non vivi... -Inclinò la testa e socchiuse gli occhi- ...Sei un coglione, Madara» Concluse, incamminandosi verso la porta d'ingresso, non aspettandosi alcuna risposta dall'altro. In fondo, non sono io quello con cui deve parlare... Pensò uscendo da casa sua e osservando le nuvole plumbee di quel giorno. Si era svegliato con una brutta sensazione alla bocca dello stomaco e, aveva timore, che la discussione con Madara fosse soltanto l'inizio di una giornata che si prospettava orribile, da ogni punto di vista.

 

Madara Uchiha si poggiò stancamente sul davanzale della finestra, serrò la mano sinistra a pugno e si morse il labbro inferiore, con forza. Inclinando la schiena in avanti, distrutto. Per quale motivo, ogni volta che lui e Sasuke non si insultavano o picchiavano, quel marmocchio impertinente riusciva a colpire dove altri avevano fallito?

Ho una teoria, Nii-san... Sasuke-kun ha i tuoi maledetti geni e, credo, che la pensiate allo stesso modo su molte cose. Basta vedere come tratta Naruto-kun, la sua gelosia, la sua possessività. Sei assolutamente sicuro di non aver mai fatto sesso con Mikoto-san?”...

Se non avesse avuto la certezza di non aver mai sfiorato Mikoto... Avrebbe chiesto alla papera-scoiattolo-schizofrenica di fare il test del DNA.

Per poi abbatterlo se fosse risultato positivo.

Respirò, si mise in una posizione eretta e s'incamminò, a passo marziale, verso l'ingresso, indossando prima un cappello per coprire quell'orrore. Si chiuse la porta alle spalle e cominciò a camminare nella direzione in cui sapeva si era diretto Sasuke Uchiha, dopo parecchi minuti, dato che lo stronzetto aveva un'andatura maledettamente veloce, lo vide in piedi, come se si fosse trasformato in una statua di sale ad osservare qualcosa.

Gli si accostò curioso, lasciando da parte la sua vendetta, e puntò lo sguardo nella stessa direzione degli occhi di Sasuke...

...Questo è un problema!... Pensò osservando Muku Satori sbattere contro il muro Naruto Uzumaki e baciarlo... Un grosso problema... Si disse ancora, vedendo le mani del più giovane chiudersi a pugno, fin quasi a sbiancare le nocche.

   
 
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