Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: jaki star    09/08/2013    2 recensioni
Ehilà! Questa è la mia prima fanfic, siate clementi.
A Julia98, che mai ho dimenticato.
"Il prezioso liquido prese a scorrergli dalle labbra sottili per poi giungere fino al mento e da lì accarezzargli il collo candido. Quando abbassò lo sguardo, vide che al posto della lama c’era un taglio profondo dal quale sgorgava una cascata di prezioso liquido scarlatto."
“Ogni volta che ti incontro, non posso fare a meno di non rimanere incantato nell'ammirare la tua bellezza”.
Genere: Avventura, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Nuovo personaggio, Undertaker, William T. Spears
Note: OOC | Avvertimenti: Violenza
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Salve a tutti! Ecco a voi il nuovo capitolo, spero che vi piaccia :)
Se volete lasciare una recensione, gradirei molto :)
Attenzione però: son ben accette le critiche costruttive, ma NON gli insulti.

Alla prossima 




“Ero in perlustrazione, li ho visti… Ho cercato di aiutarli… Grell se ne è andato non so dove durante la missione: ha urlato qualcosa a proposito di un maggiordomo-Chan ed è scomparso con gli occhi a forma di cuore. Quando li ho trovati, dopo aver lottato per un po’, mi hanno mandato a chiedere aiuto perché potevo muovermi: stanno combattendo contro un demone terribile, non quello della missione, un altro, è incredibile!
Si è messa parecchio male, li sta ammazzando!”


Spears sgranò gli occhi e solo allora si accorse dello squarcio sulla spalla del collega.
La Cavendisch lo guardò intensamente, scura in volto.



“Vai in infermeria, subito…” mormorò l’uomo con voce grave.

“Cosa?”

“Vai immediatamente in infermeria e avvisa l’amministrazione che io e lei ci assentiamo per tempo indeterminato… Ora! Muoviti!!”.


Eric sparì nel corridoio del Dipartimento.

“…Dove andiamo, capo?”

“A caccia”.


+++++++

Ombre silenti che si muovevano a velocità impressionante sopra i tetti di Londra.
Shinigami, Reapers, Tristi mietitori, Dei della morte… Molteplici nomi, per identificare una razza: i cacciatori di demoni.

I demoni, maledetti, schifosi segugi infernali.
Non aveva la minima intenzione di lasciar morire altri colleghi.
Se ciò fosse accaduto, avrebbe dovuto fare gli straordinari per mancanza di dipendenti nell’ufficio.


Lui gli straordinari non li faceva.
Manco morto.

++++++++++

La segretaria non parlava, stranamente, ma si limitava solamente a correre, balzare da un tetto all’altro e scoccare qualche occhiata irrequieta nei dintorni, occhiata che poi si posava sul bel superiore.

Sorrise, un sorriso furbo, quasi maligno: sapeva molto di più sul  conto del “collega ” di quanto Spears stesso credesse.

Il soggetto in questione si arrestò bruscamente: ormai erano in periferia, non si sentiva nulla.
Nessun rumore, nessun segno.
Solo la quiete della notte e qualche civetta solitaria…



Poi il cacciatore avvertì qualcosa: il suo istinto non sbagliava mai, per questo scrutò attentamente nel buio, dopodiché annusò l’aria.
Eccolo: puzza di demone, odio puro e profondo, odore di sangue non umano.

Paura e rancore, brama di anime.  



William saltò giù dal tetto e corse su per il pendio della collina: era sicuro di quello che aveva percepito, era lì vicino il luogo dello scontro.
I nervi tesi, tutti i sensi all’erta.


Addentrandosi sempre più nella boscaglia, una sensazione strana invase Spears: come un déjà-vu.
Era sicuro di non essersi mai trovato in una situazione come questa prima d’ora, però si sentiva a disagio, strano: in fondo al cuore avvertiva uno strano senso di paura, qualcosa di inspiegabile.

La donna percepì la tensione del compagno e si rabbuiò: lei capiva, lei sapeva.
Conosceva alcune cose che l’altro nemmeno immaginava.
Scacciò i pensieri, anche se il suo sesto senso femminile le diceva di stare attenta, che stava sbagliando.

Sì, prima o poi anche lui avrebbe saputo.
Forse, ma solo forse, più prima che poi. 


++++++++++++++++++++++++++++

In una frazione di secondo, William vide la scena.
Le death schyte insanguinate e mal ridotte: quella di Alan rovinata, quella di Ronald nelle mani del demone.

Vestito con un inusuale abito nero, unghie lunghe, tenebrose, affilate come gli artigli di una bestia, canini affilati, sorriso assassino eperverso, occhi cremisi, nei quali si riflettevano le fiamme degli inferi, capelli corvini, corti ed ondulati, tirati all’indietro.

Humphries non si reggeva più in piedi: rantolava coperto di sangue, tagliato in più punti specialmente sul braccio e la gamba destra.
No, a guardare meglio la gamba destra era trafitta ed inchiodata al tronco di un albero: se qualcuno non lo avesse sorretto di lì a poco sarebbe stramazzato al suolo e di conseguenza poteva dire addio al suo prezioso arto. L’equilibrio di Ronald era visibilmente precario: una lama lambiva la sua carne, un pugnale si era conficcato nella scapola dello shinigami. Però dimostrava grande coraggio: sebbene fosse gravemente ferito rimaneva lì, a sfidare il demone per proteggere il collega alle sue spalle.
Per proteggere 
l’amico alle sue spalle.


La schifosa creatura si stava preparando all'attacco quando un paio di cesoie gli causarono un profondo taglio al braccio sinistro.
“Ma chi…” “Sono qui per spedirti all’inferno: a noi due demone!” William piombò dal cielo in picchiata, tanto forte che le scarpe lasciarono un solco nel terreno, che vibrò a causa del colpo e dal ragazzo partì un’onda d’urto: Knox lo guardò a bocca aperta.
Diciamo spalancata.



Il demone levò lo sguardo su i due nuovi arrivati, ma lo soffermò più a lungo sul maschio.
La donna levò con un colpo secco il pugnale dall’arto di Alan (che si impegnò a non urlare) e lo adagiò comodamente al suolo.

Sfidò con lo sguardo il diavolo: il vestito bianco sporco di sangue, i suo occhi di ghiaccio iniettati di odio.
Era incredibilmente infuriata, anzi: a William parve che, appena messo a fuoco il brutto muso del demone, lo avesse riconosciuto.

In quel preciso istante, il sangue aveva iniziato a ribollirle.

Strano, alquanto.

“Bene bene, altri due shinigami da squartare” sul pallido viso del verme si dipinse un sorrido diabolico, maligno.

“Così eccovi qua… Di nuovo”  l’ultima parola la sussurrò, tanto piano che Will non fu sicuro di averla udita.


Hylda sguainò la lancia e si preparò.
Spears rinsaldò la presa sulla falce mentre si riassettava gli occhiali sul naso.

“Ho la brutta sensazione che nemmeno stasera tornerò a casa…” pensò, con rammarico.



Il demone fletté le ginocchia.
I tre si slanciarono con impeto verso il rispettivo bersaglio.

Le armi cozzavano fra di loro, creando rumori assordanti e scintille, nessuno si fermava, tutti i combattenti continuavano a muoversi come posseduti, e William, in un angolo del suo cuore di ghiaccio sapeva che non doveva fermarsi.
Se lo avesse fatto, se la sarebbe vista brutta.

Avevano il fiatone, gli mancava l’aria ma non importava: da quanto tempo nessuno di loro combatteva in quel modo?
Forse da mai.

S
pears era talmente assorto nella battaglia da non pensare ad altro: schiva, para, contrattacca, affonda, arretra.

Quando la luna illuminò la radura, mettendo in luce la scena, il cacciatore si fermò di botto.


Hylda combatteva con il cane infernale, che non degnava più il ragazzo di nessuna attenzione, assorto com’era nel combattere con la donna.

“Sei bella e letale, cara shinigami, sono incantato di scontrarmi con te, anche se preferirei incontrarti amichevolmente in un luogo più appartato” disse il diavolo, con un velato tono di malizia.

“TACI MALEDETTO ASSASSINO!!” rispose con odio la Cavendisch.


William iniziò a sudare freddo, il suo sangue si gelò nelle vene, il cuore sembrò ibernarsi mentre il corpo non rispondeva più ai comandi che lo shinigami gli impartiva.
Voleva arrabbiarsi, lanciarsi verso il nemico e decapitarlo con un colpo netto della falce, voleva muoversi ma non ci riusciva.
Ad un tratto la sua mente sembrò lacerarsi.

Gridando, portò le mani al capo, mentre il cervello sembrò sconquassarsi sotto dei colpi invisibili: alla faccia dell’emicrania.
Spalancò gli occhi ma non vide il combattimento, bensì un’altra scena.



Un bambino giocava con un piccolo puledrino marrone scuro, con quattro balzane bianche e una lista sul muso, la corta criniera e la coda dello stesso colore, due occhi  scurissimi: una tonalità talmente densa che appariva quasi nera.
Non era un cavallo del mondo umano, era una bestia del mondo shinigami: degli animali che combattevano, profondamente leali verso i padroni che li rispettavano.
Un uomo, molto bello con capelli corti, scuri, una lunga e dritta cicatrice che divideva in due l’occhio destro, partendo da metà fronte e terminando a metà guancia, uscì correndo dal bosco, tenendosi un braccio e chiamando a gran voce la moglie ed il figlio.
Aveva gli occhi profondi e verdi.
William non riusciva a distinguere le parole, ma le voci gli sembrarono famigliari, eppure non ricordava di avere mai incontrato quella famiglia.
Ombre nere emersero dalla boscaglia, ringhiando mentre spalancavano le fauci. I
l cavallino s’imbizzarrì e scappò nella prateria dietro al cortile con uno stallone nero, che, dopo aver affidato il piccolo ad una giumenta baia, imponendole imperiosamente di scappare e nascondersi, galoppò a fianco dell’uomo, il quale gli circondò il collo con un braccio.
Una donna dalla bellezza indescrivibile, capelli lunghi, lisci, corvini ed occhi di una sfumatura verde screziata d'oro comparve nel bel mezzo della scena: prese il bambino e fece per portarlo via quando un’ombra nera l’agguantò per il polso.
Essa fissò gli occhi cremisi in quelli del piccolo e gli sorrise. Un sorriso sadico e diabolico.
Lo stallone si caricò l’uomo in groppa e galoppò verso la donna che urlava e si dimenava per sfuggire alla presa del diavolo.
In quel momento, venne colpita da un pugnale alla coscia, ma riuscì ad assestare una calcio nello stomaco del demone che indietreggiò, mollando la presa. Successivamente, mentre era piegato in due, il diavolo venne travolto dalla furia della bestia nera.
Blackjack, così si chiamava il cavallo. Come avesse fatto a percepirlo, Will non lo sapeva.
Un uomo ed una donna irruppero nello scontro e mentre la seconda reggeva l’altra donna sanguinante, il primo si affiancava all’uomo del cavallo.
Il ragazzino respirava pesantemente, guardando il fuoco che stava bruciando il cortile in cui era nato, in cui avrebbe dovuto compiere gli anni quella sera. Era decisamente magro e alto per uno della sua età. Il cavallo se lo caricò sul dorso.
L’uomo che era appena entrato in scena era famigliare: capelli colore della cenere, lunghi fino alle spalle, una frangia che gli ricopriva trasversalmente la faccia, in modo da nascondere gli occhi, ma non le cicatrici che solcavano il suo viso, pallido come la morte.
Indossava un elegante abito nero dalle rifiniture viola, unghie lunghe e scure. Impugnava una falce da mietitore di considerevole grandezza.
La donna che sorreggeva la madre del bambino aveva i capelli lunghi come quelli del collega sopracitato, bianchi e lisci come quelli di un angelo, pantaloni, giacca e cravatta neri, camicia candida.
Era la divisa degli shinigami del Dispatch.
Il demone e l’uomo dai capelli scuri si scontrarono. 


“William!! Svegliati William! Scansati! Salta di lato!” il ragazzo sobbalzò sentendo la voce disperata di Knox.



Alzò lo sguardo e vide una lama brillare sopra di lui. 
  
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