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Autore: Blue Fruit    09/08/2013    4 recensioni
"Papà, perchè dovrei andarci?"
"E' solo per tuo bene Kurt, ma non ti costringerò a farlo"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buona sera a tutti! :)

Eccomi qui con il famoso Diciottesimo capitolo. Vi chiedo scusa per l'attesa, ma la scorsa settimana ho fatto l'animatrice e tornata a casa il capitolo non era ancora nelle condizioni di essere presentato a voi.
E' abbastanza lungo e spero che riesca a rispecchiare tutte le intense emozioni che lo attraversano.
Buona lettura :D


Capitolo XVIII

 

Il viaggio di ritorno fu contornato da un sommesso russare di Burt, abbandonato sulla spalla di Carole, e al rumore di baci e di risatine trattenute provenienti dai sedili appena dietro, appartenenti a Kurt e Blaine.
“Ragazzi, cercate di essere un  po’ più discreti!” Li ammonì Carole sorridendo sotto i baffi.
Quei due innamorati erano una delle cose più dolci che avesse mai visto.
“Scusa Carole, noi… BLAINE! Piantala!”
Carole si girò giusto in tempo per vedere la mano del ricciolo uscire lesta dalla camicia di Kurt.
Il più grande era riuscito a farsi spazio sulla schiena del suo ragazzo per fargli il solletico.
Blaine sfoderò la sua migliore aria da cucciolo innocente, mentre Kurt era rosso in viso e in preda al fiatone per le troppe risate.
“Ma come ha fatto a tirarti fuori la camicia dai pantaloni senza che te ne accorgessi?!”
Kurt e Blaine si scambiarono uno sguardo stranamente serio. Troppo serio.
Blaine aprì la bocca per iniziare a parlare, ma:
“No, aspetta! Non lo voglio sapere.” Carole si girò di nuovo composta sul suo sedile, immergendosi all’istante nella lettura di un libro.
Rise tra sé e sé e in silenzio, attenta a non disturbare il sonno di Burt.


Fuori dall’aeroporto due taxi erano già in attesa, pronti per riportare l’intera compagnia a casa.
Finn, Carole, Burt e Kurt si sarebbero diretti alla loro abitazione, mentre Blaine avrebbe imbucato la strada per l’università e sarebbe tornato da Matt e Mark.
Di Fannie Blaine non aveva avuto ancora nessuna notizia, ma sarebbe andato a trovarla dopo aver disfatto la valigia, con calma.
Il ragazzo controllò per l’ennesima volta il cellulare, ma di sua madre ancora nessuna traccia.
Decise di scriverle un messaggio:

“Mamma, sono tornato. Com’è andata la chiacchierata con papà? Chiamami appena puoi.”

Blaine posò il cellulare e Carole lo strinse forte tra le sue braccia, baciandolo e ringraziandolo.
“Vieni a trovarci presto tesoro, sarai il benvenuto.”
 “Lo farò, grazie Carole.” Blaine le lasciò un deciso bacio sulla guancia.
Un bacio da figlio a madre.
Carole lo strinse più forte e si congedò con un sorriso.
Finn si avvicinò sorridendo:
“Grazie di tutto, Blaine. Ti andrebbe di uscire con noi ragazzi delle Nuove Direzioni, questo venerdì? Puck vorrebbe dare una festa.”
“Certo, mi piacerebbe.”
Il ricciolo ricevette una pacca sulla spalla e un sorriso in risposta. Quel ragazzone era proprio solare e semplice, spontaneo; Blaine amava questi tratti naturali del carattere di Finn.
“Non sei costretto a venire ad una festa di appena diciottenni.” Si affrettò a bisbigliargli Kurt.
“Per me sarà un piacere Kurt, davvero.” Blaine gli fece l’occhiolino.
Burt finse un colpo di tosse per attirare l’attenzione.
“Non sono una persona smielata come mia moglie ragazzo mio, ma questo non significa che io non ti sia grato per questi splendidi giorni. Sono felice che Kurt ti abbia scelto, ma ora dovrai prestare il doppio dell’attenzione: non dovrai deludere nessuno della famiglia.”
“Non lo farò, mai. Grazie a te Burt.”
Blaine prese coraggio e, con un approccio a dir poco goffo, abbracciò il padre del suo ragazzo.
Burt al contrario non si fece poi così tanti problemi e strinse forte il moro in un caloroso abbraccio.
Kurt dovette girarsi dall’altra parte per non mostrare ai presenti che si era fatto scappare una lacrimuccia.
I due uomini a cui teneva di più in assoluto si stavano abbracciando proprio davanti a lui, poteva essere vero?
Burt fece ancora un cenno di saluto e salì sul taxi, lasciando ai due il tempo e l’intimità di salutarsi.
“Non voglio salutarti.” Mugugnò Kurt all’orecchio di Blaine, dopo essergli praticamente saltato in braccio.
“Neanche io. Che ne dici se ci vediamo nel mio appartamento tra qualche ora? Dobbiamo ancora decidere quando diremo tutto a Mary.”
“Mi sembra un’ottima idea. Da te alle 21.00?”
“Non potrei chiedere di meglio.” Blaine lasciò un lungo bacio sulla fronte di Kurt, pieno di amore e gratitudine.
Il più piccolo si aggrappò ancora a lui, appoggiando la testa sul petto del riccio.
Chiusero gli occhi, concentrandosi solo sul calore dei loro corpi che, entrando in contatto, provocava un tepore quasi tastabile, dolce e rassicurante.
Vennero riportati alla realtà dal clacson di uno dei taxi, che naturalmente venne maledetto all’istante.



Sulla via del ritorno Blaine rischiò di addormentarsi più di una volta e questo lo stupì parecchio, perché non si era accorto di essere così stanco.
‘Forse è questo che fa una vera famiglia’ Cominciò a dirsi,
‘Ti stanca fisicamente, ma questo non ti pesa perché sei troppo felice di poter stare con loro e quindi consumi volentieri ogni tua energia per lei, senza neanche un rimpianto.’
Fermi tutti.
Da quanto Blaine Anderson pensava così intensamente al concetto di famiglia?
Si passò una mano sul volto, ma se le portò entrambe tra i capelli quando la sua mente pensò bene di catalogare il pensiero: ‘Non sarebbe male avere una famiglia tutta mia con Kurt’ Come progetto per il futuro.
Cominciò a respirare più velocemente e a ritmo irregolare.
Blaine non aveva mai pensato a ad avere una famiglia prima d’ora, neanche per scherzare.
Non si era mai posto il problema e, se qualcuno intavolava con lui il discorso, lui rispondeva candidamente che sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe fatto in vita sua.
Neanche fosse stata una condanna a morte.
Fino a quel momento si era sempre visto così sbagliato nel ruolo di marito e padre, così poco tagliato. Ora che però aveva visto con chiarezza che poteva esserci un altro modo, una maniera molto più bella per ricoprire quei ruoli stava rivalutando tutte le sue scelte passate in merito al farsi una famiglia.
C’era ancora tempo, tanto a dire il vero. Kurt neanche aveva iniziato l’università, mentre lui doveva ancora concluderla e fare carriera come psicoterapeuta.
Sì, c’erano ancora una marea di cose da fare prima di pensarci seriamente, ma almeno la sua visione in merito al concetto di famiglia era migliorata.
Sospirò, facendo pace con la sua mente un po’ troppo funzionante rispetto al resto del corpo.
Sentì l’irrefrenabile bisogno di farsi una doccia e di accasciarsi sul divano con Bach, quel cagnolone gli era proprio mancato.
Salì le scale di tutta fretta, girò la chiave nella toppa e respirò a pieni polmoni l’aria di quella che ormai era solito chiamare casa.
La tua casa è dove sei compreso.
Capì dall’insolito silenzio che Matt e Mark non erano in casa, come anche Bach.
Blaine non si disturbò a chiamare i suoi amici per sapere dove fossero e si buttò subito sotto il getto dell’acqua calda della doccia.





Richard varcò la soglia di casa Reggiani più teso che mai.
Era sempre stato un uomo tutto d’un pezzo, tutt’altro che soggetto a questi sentimenti di ansia e di insicurezza.
La consapevolezza di essere vulnerabile lo fece arrabbiare ancora di più.
‘La paura rende schiavi, Richard’ Gli aveva detto una volta suo padre, tanti anni fa.
Ora quella frase continuava a volteggiargli nella testa senza sosta, come una cantilena infinita.
Carl era seduto alla sua scrivania, intento a battere qualcosa sulla tastiera del suo portatile.
Alzò gli occhi dallo schermo e sorrise:
“Ciao Richard! Allora, quali notizie mi porti sul tuo ragazzo?”
Richard strinse i pugni e si sforzò di sorridere, sfoderando la migliore delle maschere rassicuranti che di solito utilizzava sui clienti.
“E’ tutto risolto, amico mio. Blaine aveva solo voglia di passare un po’ di tempo con i suoi amici prima del grande passo. Ha paura di non riuscire più a trovare molto tempo libero per stare con loro dopo il matrimonio.”
“Oh certo, posso capire. Però c’è una cosa Richard che mi disturba davvero molto.” Disse Carl pensieroso.
“E quale sarebbe?” L’uomo deglutì.
“Non ha ancora chiamato Alessia, neanche una volta. Lo sai come sono le donne Richard, specialmente quelle giovani. Io potrò anche riportarle tutte queste belle parole e tutte queste motivazioni, ma lei non ci crederà mai finchè non potrà mettersi in contatto diretto con Blaine. Sei sicuro che quel ragazzo voglia realmente sposarla?” Chiese in tono serio Carl.
“Ma certo… Certo che si vuole sposare!” Lo disse con troppa foga, troppo in fretta affinché Carl potesse crederci.
“Se il ragazzo non se la sente non dovresti forzarlo. Alessia potrebbe stare male per un po’, ma poi troverebbe di certo un altro ragazzo carino e pronto a condividere la sua vita con lei.”
Richard sgranò gli occhi.
“Non potremmo diventare soci, ma saresti sempre il mio miglior fornitore.”
No.
Non era abbastanza.
La vita di Richard aveva sempre ruotato intorno alla sua carriera e proprio adesso che stata per ottenere quello che voleva, che era ad un passo dall’opportunità che stava aspettando da una vita non poteva rinunciarci, non per un capriccio di un figlio ingrato e sprovveduto.
La vita non può andare come la programmi, non si può vivere di immaginazione né tanto meno di sogni.
La vita vera è fatta di bocche da sfamare, bollette da pagare, responsabilità e impegni a cui un uomo deve fare capo, che gli piaccia o no.
Richard non capiva come Blaine potesse essere tanto stupido da non accorgersi di tutto questo. Lui si stava facendo in quattro per creargli una via sicura e quel ragazzo cosa stava facendo?
Stava correndo nella direzione opposta.
Richard rise in modo tirato e troppo acuto per risultare naturale.
“Carl, non dire sciocchezze! Il ragazzo domani verrà qui a chiederti la mano di Alessia, te lo posso garantire.”
L’uomo seduto sulla poltrona sembrò tirare un sospiro di sollievo, confortato dalle parole dell’amico.
“Oh, questo cambia tutto allora.” Carl sorrise soddisfatto.
“Sai, prima ti ho detto che mia figlia se ne sarebbe fatta una ragione, ma io penso che non avrei resistito ancora a lungo a tutti i suoi piagnistei.”
I due uomini risero per qualche istante.
“Allora a domani, Richard. Non vedo l’ora di vedere Blaine.
Oh, quasi dimenticavo! Questa è la lista dei preparativi, le cose crociate sono già sistemate da tempo.”
L’uomo prese in mano i fogli e controllò la data in alto: 2 Giugno 2013.
“Non manca molto.” Commentò.
“Già, per questo ti pregherei di far indossare a Blaine questo smoking di prova.”
Carl andò nella stanza vicina al suo studio, aprì l’armadio e ne tirò fuori un abito.
“Non è quello definitivo naturalmente, serve solo al sarto per avere un’idea delle misure. Me l’aveva dato il mese scorso, siccome Blaine non si era presentato all’appuntamento in sartoria con Alessia.”
“Ce lo accompagnerò io stesso nei prossimi giorni.” Disse secco Richard.
Blaine non gli aveva neanche accennato di questo appuntamento con il sarto, e se c’era un’altra cosa che Richard odiava era non essere messo al corrente degli impegni di suo figlio.
“Allora questo non ti serve.” Disse Carl, riponendo l’indumento nell’armadio.
“No, aspetta. Vorrei poterlo mostrare a Blaine.” Disse, con un tono decisamente sadico.






Venti minuti più tardi il giovane uomo uscì dal bagno completamente rigenerato.
I capelli umidi erano più ricci del solito, intenti a lasciare qualche goccia sulla vecchia maglietta dalle maniche corte indossata dal ragazzo.
Si mise addosso un paio di pantaloni comodi e si gettò sul divano, sospirando per la sensazione di pace che stava avvertendo verso l’intero mondo.
Stava socchiudendo pigramente gli occhi, perso in nessun particolare pensiero, quando un’ombra nera apparì nel suo campo visivo poco prima che lui chiudesse gli occhi.
Li riaprì all’istante e si guardò velocemente intorno, all’erta.
Sospirò di sollievo vedendo che si era trattato semplicemente dello schermo nero della tv davanti a lui.
Scosse la testa, pensando che il sonno gli stesse facendo davvero dei brutti scherzi.
Decise così di andare direttamente in camera da letto, dove avrebbe potuto dormire fino all’arrivo di Kurt.
Si tirò su dal divano e incrociò le gambe, grattandosi pigramente i ricci ancora bagnati.
Si alzò con calma e si voltò verso la porta di camera sua.
Fu allora che lo vide:
Attaccato al pomello della stanza era stato appoggiato uno smoking nero da cerimonia.
Sembrava della sua taglia, probabilmente lo era.
Blaine rimase un istante a fissarlo, prima di capire cosa potesse realmente significare.
Deglutì.
I suoi occhi sbarrati cominciarono a setacciare ogni angolo della stanza, ma ovviamente egli si trovava nell’unico luogo in cui i suoi occhi non potevano arrivare.
Si rizzò sul posto, attendette ancora qualche istante e poi si girò, trovandosi esattamente faccia a faccia con lui.
Sentì l’adrenalina mischiarsi al sangue nelle sue vene e arrivare ad ogni parte del suo corpo.
Aveva paura ed era caduto in una trappola, lo ammise senza sentirsi un vigliacco.
L’uomo fece un sorrisetto compiaciuto e aprì le braccia.
Blaine sfoderò un ghigno amaro, lanciò un ultimo sguardo alla stanza e cominciò a correre in direzione della porta, con il solo scopo di uscire e di allontanarsi il più possibile da lui.
Non ce la fece.
Purtroppo l’uomo fu altrettanto veloce e riuscì a placcarlo. I loro corpi sbatterono l’uno contro l’altro in modo violento, provocando un rumore sordo e creando una fitta di dolore ad entrambi.
“Blaine, non ti sembra che il tempo per scappare sia ormai finito?” Chiese Richard in modo innocente.
“Come ti sei permesso di entrare in casa mia?” Righiò Blaine, sul punto ormai di lasciarsi sopraffare dalla situazione.
Era stato preso di sorpresa e ora il suo cervello era entrato in panico, incapace ormai di valutare in modo obiettivo la situazione.
“Ti devo ricordare chi è che paga l’affitto per questo appartamento?” Richard sapeva perfettamente di aver messo suo figlio alle strette e questo lo fece sentire molto sicuro di sé, di nuovo padrone della situazione.
Blaine non rispose, serrò i pugni e guardò da un’altra parte, senza sapere come ribattere.
Non era pronto a questo.
Cominciò anche a sentire una forte sensazione di tradimento perché sua madre non lo aveva avvertito di nulla.
Avvertì un forte dolore, quella sensazione di abbandono che anche da piccolo spesso e volentieri lo aveva attanagliato quando i suoi genitori non erano stati presenti.
Ed era così che si sentiva in quel momento: indifeso e solo.
Suo padre però non l’avrebbe avuta vinta, neanche questa volta.
Si fece forza, scacciò tutta quella montagna di sentimenti negativi che gli si erano appiccicati addosso e alzò fiero lo sguardo verso suo padre:
“Perché sei venuto qui?”
“Per farti provare il tuo abito da sposo.” Rispose l’uomo in modo beffardo, indicando con la testa lo smoking.
“Peccato che io non mi debba sposare, papà.”
“E invece sì, il 2 Giugno tu sposerai Alessia e domani andrai da Carl per chiedere la sua mano.”
Blaine scoppiò a ridere di gusto di fronte a tutte quel mare di stupidaggini.
“Sono un uomo ormai papà, e ho fatto le mie scelte.” Il riccio lo disse con negli occhi la famosa forza che a Richard risultava ancora ignota.
L’uomo però non si fece per niente impressionare:
“No, non lo sei.” Disse semplicemente.
“Un uomo è colui che sa mantenersi, che sa cosa vuole dalla sua vita e lo raggiunge, che sa proteggere le persone che ama e può prendersene cura.
Tu non sai fare nulla di tutto questo, Blaine.
Stai concludendo gli studi con i soldi che io guadagno, scappi invece di affrontarmi e ti vai a rifugiare nella mia casa in California.
Non pensi che dovresti guardare in faccia alla realtà?” Richard non era mai stato così serio prima.
Blaine tentennò perché suo padre non aveva detto delle cose completamente sbagliate, ma una consapevolezza lo fulminò all’istante.
 Blaine capì che quello sarebbe stato il momento giusto.
“E allora perché non affronti anche tu la realtà, papà?” Chiese secco, in tono di sfida.
I suoi muscoli non erano mai stati così tesi, il respiro così breve e irregolare.
“Io sono gay papà, mi piacciono i ragazzi. Anzi, sono follemente innamorato di un ragazzo con gli occhi del cielo che mi ha stravolto la vita, cambiandomela in meglio. In 23 anni non te ne sei mai accorto perché hai passato ogni singolo momento ad impegnarti affinché io potessi cambiare, ma non ci sei mai veramente riuscito.
Questa, papà, è l’unica verità che conta.” Blaine si sentì realmente fiero di se stesso.
Aveva finalmente fatto la cosa giusta per sé, per Kurt e anche per la sua famiglia.
Richard rimase immobile. Gli occhi erano sbarrati e ogni segno di spavalderia era completamente scomparso dal suo volto.
L’uomo dovette sedersi sul divano per evitare di crollare a terra.
Per la prima volta in vita sua Richard Anderson rimase senza parole.
Stettero in silenzio per una manciata di minuti, nei quali Blaine non tolse gli occhi di dosso da suo padre, mentre Richard sembrava in preda ad un esaurimento silenzioso.
“Tua madre lo sapeva.” E quell’affermazione non fu certo una domanda.
“Come si chiama?” Chiese Richard, in modo inespressivo.
“Kurt. Kurt Hummel.” Rispose Blaine, lasciandosi scappare un po’ di dolcezza nel tono della voce.
“Quanti anni ha?”
“Ne ha compiuti 18, è all’ultimo anno.”
“Di tutte le cose stupide che hai fatto da quanto sei nato ad ora questa le supera tutte, non c’è dubbio.” La voce di Richard cominciò a farsi più minacciosa.
“Se la cosa ti da tanto fastidio forza, sparisci dalla mia vita.” Blaine rivolse al padre uno sguardo pieno di sfida e di disprezzo.
Richard si alzò dal divano e sorpassò Blaine senza degnarlo di uno sguardo, come se il suo corpo non fosse stato realmente lì.
Il giovane uomo di tutta risposta si avviò verso la porta e l’aprì senza dire una parola, fissando il padre in silenzio.
Richard capì l’invito del figlio e, dopo aver preso lo smoking, si avviò verso la porta.
Ora erano l’uno accanto all’altro, faccia a faccia.
Si guardarono intensamente negli occhi, fino a che Blaine non dovette chiudere il sinistro per il forte dolore proveniente dalla guancia.
Richard lo aveva colpito con così tanta forza che Blaine quasi perse l’equilibrio.
Il bruciore sulla sua guancia sembrava urlare tutto l’odio che l’uomo stava provando in quel momento nei confronti del figlio.
Richard uscì, senza degnare Blaine di un ultimo sguardo.
Sapeva che ora le cose si erano fatte tremendamente serie, ma conosceva  finalmente anche la vera radice del problema: Kurt Hummel.
Se Richard fosse riuscito a sradicarla il problema si sarebbe risolto da solo.



Kurt si era appena buttato sul suo letto con una tazza di tè, deciso a finire quel libro che la professoressa di letteratura gli aveva assegnato ormai quasi un mese fa.
Trasalì quando sentì qualcuno bussare alla porta.
“Avanti.”
La testa di Finn sbucò dalla porta:
“C’è un uomo alla porta che chiede di te. Dice di essere il tuo insegnate di ginnastica.”
Kurt rivolse uno sguardo interrogativo a Finn, il quale ricambiò con uno altrettanto serio.
Kurt si precipitò alla finestra per dare un’occhiata: davanti alla sua porta scorse un uomo in giacca e cravatta, che stava visibilmente aspettando qualcuno.
Già, peccato che Finn e Kurt avessero lo stesso insegnate di educazione fisica, è si dal caso che questo fosse una donna.
Kurt non indugiò neanche un secondo e si diresse velocemente verso le scale, seguito dal fratellastro.
“Hai idea di chi possa essere?” Chiese il quarterback.
“No, ma ho intenzione di scoprirlo.”
“Io starò dietro la porta, fammi un fischio e verrò a darti una mano.”
Kurt si fermò un secondo per ammirare l’espressione seria e protettiva che Finn stava mostrando in quel momento. Era così naturalmente gentile da poter far ammorbidire il cuore di chiunque.
“Grazie, fratello.” Rispose il ragazzo dagli occhi azzurri, prima di aprire la porta e richiudersela alle spalle.
L’uomo sobbalzò allo scattare della serratura, ma fece del suo meglio per non darlo a vedere.
A prima vista Kurt poté subito notare che quell’uomo fosse molto nervoso e impaziente, ma per cosa?
“Salve sono Kurt Hummel, ed è ovvio che lei non sia il mio insegnante di ginnastica.” Disse in tono freddo e distaccato.
Il misterioso interlocutore rise, e questo non fece altro che innervosire di più Kurt.
“Sei poco più che un ragazzino.” Commentò l’uomo, squadrando il ragazzo di fronte a sé.
“E lei è un maleducato.” Rispose con semplicità Kurt.
“Hai un bel caratterino ragazzo, penso che in altre circostanze mi saresti sembrato addirittura simpatico.”
“Si può sapere chi è lei?” Il nervosismo prese un po’ il sopravvento e la voce di Kurt trasudò impazienza.
“Il mio nome è Richard Anderson. Ti dice qualcosa, ragazzo?”
Tutta la baldanza che Kurt aveva mostrato fino a quel momento andò in pezzi, rimase solo il volto di un ragazzo sorpreso e spaventato allo stesso tempo.
Cercò di ricomporsi, ma la sua espressione purtroppo rimase invariata: aveva paura.
Paura di dover affrontare quell’uomo da solo, senza il suo Blaine accanto.
“Penso che dovremmo fare una chiacchierata, io e te.” Richard si sedette sul marciapiede, aspettando che Kurt facesse lo stesso.
Il ragazzo raccolse tutto il coraggio possibile e si sedette a sua volta, prendendo le debite distanze dall’uomo.
“Sei tu quello con cui mio figlio ha una specie di relazione, giusto?” Chiese Richard, intento più che mai stuzzicare l’autocontrollo del suo interlocutore.
“Io e Blaine stiamo insieme in modo stabile.” Fu la secca risposta di Kurt.
“Lui non ti vuole.” Buttò lì l’uomo.
“Non è vero!” Ringhiò il ragazzo, gettando via ogni possibile maschera.
“Sarebbe così se potesse realmente toccare con mano tutto ciò a ciò a cui sta rinunciando per una cottarella. Ma perché non apri gli occhi?
Mostrandosi gay dovrà vivere da emarginato, direbbe addio a tutto il suo patrimonio perché io non gli passerei un soldo, perderebbe un lavoro sicuro, la famiglia e gli amici.
E tutto questo per cosa, Kurt? Quanto pensi che durerà questa storia? Sei così giovane, e magari Blaine è stato anche il tuo primo ragazzo.”
Gli occhi di Kurt diedero ragione al signor Anderson, ma gli fecero anche capire di aver colto nel segno, di aver tirato fuori le paure e le insicurezze che quel giovane nutriva verso la relazione con suo figlio.
“Hai un sogno Kurt, ce l’hai?” Chiese in modo più cordiale l’uomo.
“Essere ammesso alla NYADA, trasferirmi a New York e diventare un grande artista.” Rispose il ragazzo, con lo sguardo amareggiato e piantato sull’asfalto.
Richard sapeva di aver colpito ancora una volta un punto debole.
La situazione si stava rivelando completamente a suo favore.
Decise di giocare la carta dell’uomo saggio e gentile, ammorbidendo ancora di più l’approccio con il ragazzo.
“E come pensi di inserire Blaine nei tuoi piani? Dovrebbe trasferirsi con te, lasciare tutto, cambiare università e fare almeno due lavori per potersi permettere l’istruzione e l’affitto.
Ma, cosa ancora più importante, chi ti dice che durerà? Siete giovani, New York sarebbe tutta da scoprire e per di più tu ragazzo punti al successo. Hai idea di quante altre persone incontreresti?”
“Moltissime signore, ma….” Cercò di rispondere Kurt, con un filo di voce.
“Sei troppo giovane per buttarti in una relazione così definitiva, e so che tu sei abbastanza intelligente per capirlo.” Richard sapeva quel che faceva, su questo nessuno avrebbe potuto dire il contrario.
“Presto o tardi la vostra storia finirebbe e lui si ritroverebbe bloccato in una vita che ha scelto solo per venirti dietro.
Finirebbe per odiarti, capirebbe di aver solo sprecato il suo tempo, di aver sbagliato tutto.”
Kurt cominciò a piangere in modo silenzioso. I suoi occhi erano cerchiati di rosso e pieni di lacrime mal trattenute.
“Se davvero ci tieni a lui finiscila qui, lascia che Blaine possa avere una vita felice e agiata.
Sul momento potrebbe non capire il tuo gesto, ma a distanza di anni ti ringrazierebbe sicuramente.”
“Ma lui mi ama, io lo amo! Non possiamo semplicemente dividerci da un giorno all’altro, lui non lo permetterebbe mai!” Kurt alzò la voce, incrinata a causa del pianto.
“Lasciagli il suo spazio per un po’, allora.
Non cercarlo, non rispondere alle sue telefonate.
Lascia che per un po’ io gli mostri a cosa sta realmente rinunciando, dopodichè, se ancora sarà convinto di questa storia, potrà tornare da te.  A quel punto potrete avere la mia benedizione, lo prometto.” Richard si mise la mano sul cuore con un gesto molto teatrale.
“Il matrimonio con Alessia è saltato?” Chiese Kurt, di punto in bianco.
“Ma che domande ragazzo mio, certo! Mio figlio si è appena professato gay, di certo non sarò io a spingerlo verso l’altare.”
Kurt sapeva che questa sarebbe stata una magra consolazione, ma era felice che Blaine fosse riuscito almeno a sfuggire a quella farsa.
“Non so se sarò in grado di stargli lontano. Ma più di tutto: non so se potrò vivere senza di lui.” Kurt lo disse come un avvertimento.
“Fallo perché vuoi solo il meglio per lui, fallo perché lo ami. Non gli rovinare la vita, ti prego.” Richard lo disse con voce affranta e persuadente.
“Lasciamogli la libertà di scegliere Kurt, io e te. Vogliamo entrambi il suo meglio, ma l’ultima parola dovrà essere sua e voglio che sia presa con la giusta consapevolezza.”
Kurt cedette.
Forse perché stanco, confuso o completamente a pezzi per i punti toccati dal discorso di Richard, ma non riuscì a dire a se stesso che quell’uomo avesse torto, perché sarebbe stata una grossa bugia.
L’amore nei confronti del suo ragazzo era reale e forte, così tanto da permettergli di mettere al primo posto la felicità di Blaine, e non la sua.
Dopotutto, cosa gli stava domandando Richard?
Un po’ di tempo, solo qualche giorno per mostrare a cosa realmente Blaine dovrebbe rinunciare tra un paio di mesi per stare con lui.
Kurt sperava che, nonostante tutti i problemi e le rinunce, preferisse la loro relazione a tutto il resto.
Sì, quel ricciolino tutto arruffato lo amava ed era anche abbastanza pazzo da lasciare tutto comunque.
“Va bene, affare fatto.” Rispose semplicemente Kurt.
Richard sorrise in modo gentile:
“Sapevo che eri un ragazzo maturo ed intelligente, ben fatto!”
Richard si complimentò con se stesso per essere stato così in gamba e astuto, una vera volpe.
Tutta l’ansia di poco prima svanì, lasciandogli addosso un piacevole senso di vittoria.




Blaine tentò di chiamare Kurt per tutto il resto del pomeriggio, ma non ricevette nessuna risposta.
Stava letteralmente per impazzire.
Era agitato, nervoso e completamente solo.
Aveva chiamato Matt e Mark, ma erano entrambi fuori città dalle loro famiglie e il primo aveva preso con sé Bach per non lasciarlo da solo.
Erano quasi le nove di sera quando sentì bussare alla porta.
“Kurt!” Disse, urlando in modo liberatorio.
Armeggiò sulla serratura con le mani tremanti, pronte a toccare e abbracciare il suo ragazzo per non lasciarlo andare più.
Avrebbero affrontato questa cosa insieme come sempre, e ne sarebbero usciti più forti e innamorati che mai.
Blaine però non sapeva che Kurt in quel momento era in camera sua, disteso sul suo letto a piangere.
Non sapeva che il cielo del suo ragazzo era in preda ad acquazzone incessante e pieno di dolore.
Non sapeva che in quegli stessi occhi che ora erano rossi e doloranti c’era ancora una piccola speranza, un sole nascosto dalle grossi nubi color cenere.
Non sapeva di essere quel sole.
Blaine seppe solo che si ritrovò il viso di suo padre davanti, di nuovo.
“Cosa ci fai di nuovo qui?” Ringhiò il giovane.
“Sono qui per portarti a casa, Blaine.” Rispose in tono calmo Richard.
“Io non vado da nessuna parte. Sto aspettando Kurt, sarà qui a momenti.”
“Non verrà.”
“Bugiardo!” Urlò Blaine, tirando un forte pugno contro la porta.
“Quel ragazzo si è dimostrato molto più maturo e responsabile di te, lo sai? Ha capito che una relazione come la vostra non ha futuro, ha capito che è giovane e finirebbe per stufarsi di stare con te e che trascinarti a New York servirebbe solo a rovinarti la vita e la carriera.”
“Cosa gli hai detto, cosa gli hai raccontato?!” Blaine cominciò a piangere, ma il suo volto era un’unica espressione di rabbia.
“Gli ho chiesto quanti anni avesse e quale fosse il suo sogno. Serve altro, Blaine?
Le favole non esistono, figliolo. Nella realtà le relazioni che nascono senza basi sicure, come nel vostro caso, iniziano e finisco.
E’ la vita, Blaine.”
Il moro sentì le sue game cedere sotto il peso del suo corpo. Si sedette a terra, con la schiena appoggiata alla porta.
Si mise a piangere sempre più forte, finchè smise di preoccuparsi delle apparenze e si lasciò completamente andare ai singhiozzi.
Cominciò ad odiarsi, perché le parole di suo padre erano riuscite ad insediarsi nella sua mente come un veleno.
Non erano infondate, Blaine lo sapeva.
Bastava uno sguardo per capire quanto Kurt fosse un ragazzo talentuoso e naturalmente portato al successo.  
Un giorno avrebbe di certo sfondato, sarebbe diventato qualcuno e non avrebbe dovuto avere niente ad ostacolarlo, tanto meno una relazione iniziata quanto era appena diciottenne.
“Blaine, ora ascoltami: non è tutto perduto.” Richard si era abbassato all’altezza del figlio e ora gli stava cingendo le spalle con le mani.
“Hai una vita davanti a te e sarà piena soddisfazioni, te lo giuro. Devi solo imparare ad apprezzare meglio ciò che hai a disposizione.
Io sono disposto ad accettare la tua carriera da psicoterapeuta, dico davvero. Il punto però è che tu devi sposare quella ragazza, capisci?
Sarà tutto più semplice dopo la vostra unione, e io non interferirò più con la tua vita e le tue scelte, te lo posso garantire.”
“Ma io sono gay papà!” Rantolò Blaine, in preda ai singhiozzi.
“No, non è vero. Sei semplicemente tanto confuso. Ho potuto vedere che bel ragazzino è Kurt, ma ammettilo: aveva delle fattezze alquanto femminili. Non mi stupisce che tra tutti tu abbia scelto proprio lui, sai?
Pensaci bene, puoi scegliere.”
“No, non posso. Neanche se volessi.” Rispose il riccio con un’espressione seria, anche se resa fragile dal pianto.
“Sì invece! Puoi scegliere tra l’avere una vita agiata, una moglie devota, dei figli vostri e soddisfazioni lavorative, oppure puoi optare per un piccolo periodo di divertimento con ragazzino che presto si stuferà, inghiottito dai suoi sogni di gloria. Tutto questo è stata solo una parentesi, ora chiudila e lasciatela alle spalle.
Sarai felice Blaine, te lo prometto.”
“Perché non mi risponde?” Fu la domanda di Blaine.
“Mi ha detto che vuole un po’ di tempo per riflettere in pace sul da farsi. Quando sarà pronto sarà lui a cercarti, me lo ha assicurato.”
Mentì.
Per l’ennesima volta in quell’infinita giornata Richard Anderson mentì spudoratamente.
“A parer mio, comunque, pareva aver già deciso.” Aggiunse, per infliggere il colpo di grazia al figlio.
Blaine si sentì improvvisamente svuotato e stanco, incapace di alzarsi o di fare un qualsiasi altro movimento.
Era come se il dolore lo avesse bloccato completamente, sia psicologicamente che fisicamente.
“Andiamo a casa, Blaine.”
Richard aspettò qualche minuto per ricevere una riposta, ma gli occhi del ragazzo davanti a lui erano in pezzi, persi chissà dove e in quali pensieri.
Attese ancora un momento, poi decise di caricarsi il corpo del ragazzo sulle spalle e di trascinarlo di peso fino all’auto.
‘Sembra il corpo di un morto.’ Pensò tra sé e sé l’uomo.
Ed infatti lo era.
Era il corpo di un ragazzo ormai morto dentro.
Si chiese dov’era finito tutto l’amore che, solo quella mattina, si era manifestato tra di loro.
Davvero la loro relazione si era ridotta ad essere solo una breve e romantica avventura?
Blaine amava Kurt, lo amava con tutto se stesso, ma in quel momento capì che non era abbastanza. In questo mondo nessuno può vivere di solo amore, che Kurt lo avesse capito?
Per cui, era così che finiva tra di loro?
Blaine non lo sapeva, ed era troppo confuso per ragionare in modo lucido.
Riuscì ad individuare con chiarezza dentro di sé un unico desiderio: voglio che Kurt sia felice.
Anche se lo sarà senza di me.






 

 



 

Eccoci qui.
Allora: vi è piaciuto? :)
Vorrei solo chiarire due cose: Kurt si fida di Richard in buona fede. E' pur sempre il padre del suo ragazzo, colui che dovrebbe volere solo il meglio per suo figlio. Lui vede sempre il bene delle persone, ricordate la puntata in Burt lo dice? Ecco, mi sono ispirata anche a quello.

Blaine invece è distrutto dal fatto che Kurt non gli risponda. Non pensate che cambi idea dalla sera alla mattina, semplicemente il non riuscire a mettersi in contatto con il suo ragazzo lo rende spaesato, e il fatto che Richard sappia perfettamente dare voce a tutti i dubbi, gli ostacoli e le paure che ha sempre avuto (ricordate che nei primi capitoli non riuscissero neanche a parlare tra di loro del futuro?) gli da il colpo di grazia.

Ok, dopo aver fatto queste precisazioni vi chiedo:
Cosa ne pensate del modus operandi di Richard?
Cosa pensate che faranno Kurt e Blaine?

Un grazie speciale a tutte le persone che, nonostante le vacanze e le tante cose da fare, continuano a seguire questa storia. Vi adoro :D
Un grazie a Giiin per la recensione dell'altro capitolo e per i bellissimi discorsi che intavoliamo su twitter :)

Domani parto (sì: faccio schifo, scusatemi) per una settimana, ma al mio ritorno posterò il capitolo il prima possibile.

Alla prossima, buone vacanze :D

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