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Autore: The fifth Marauder    10/08/2013    1 recensioni
"L'uomo cominciò a raccontargli, sempre con un filo di voce, di un assassino -dalla storia, John dedusse che abitava lì vicino- di cui tutti, in zona, erano preoccupati. Spiegò che non parlava con nessuno, ma che lanciava sguardi di sottecchi a quelli che lo incontravano per strada. Una strana sparizion era stata attribuita a quest'uomo.
«E, purtroppo,» stava aggiungendo, mentre il volto preoccupato della moglie lo fissava (Evidentemente le doveva sembrare abbastanza sbronzo, perché, a giudicare dall'espressione di lei, stava parlando fin troppo.) «Abita al terzo piano di questo stesso condominio!»"
Una storia dal punto di vista di un ragazzo di tredici anni, John, che passerà qualche "strana" settimana a casa di sua zia. Dopo aver sentito varie dicerie e pettegolezzi, imparerà, attraverso situazioni scomode e attimi di confusione, che non tutto è come sembra, e che la verità può essere nascosta con un po' di furbizia e di crudeltà.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Datevi una mossa! Si esce tra cinque minuti!»

C'era un grande trambusto quel giorno a casa Clarke: chi correva su e giù per le scale, chi quasi gettava i vestiti nella propria valigia e chi invece metteva sottosopra la propria camera per controllare di non aver dimenticato le cose più importanti. 

E poi c'era lui, John, che svogliatamente trascinava il suo piccolo bagaglio verso la macchina.

John aveva circa tredici anni, non era troppo magro né troppo alto; capelli chiari gli cadevano lunghi sul viso coprendogli appena gli occhi castani. Era un ragazzino tanto calmo e pacato, quanto curioso e attento.

Era il più piccolo della famiglia, dopo la sua sorella già maggiorenne Carrie e suo fratello di diciassette anni Mike.

Per lui Mike era quasi un padre, più che un fratello. Suo padre, quello vero, invece non l'aveva mai conosciuto. 

Nell'arco di venti minuti erano già tutti e quattro, madre e tre figli, con le cinture allacciate. La mamma stava farneticando a le ultime raccomandazioni prima che arrivassero al palazzo dove viveva la zia.

Lui annuiva senza prestare molta attenzione, invidiando i due fratelli già abbastanza grandi da poter trascorrere quelle settimane con i loro amici.

Per quanto riguardava sua madre, lei sarebbe andata in Texas da sua sorella, che ora si trovava in ospedale per colpa di una brutta caduta. E per chi, come loro, vive in Massachusetts, non è poi una distanza trascurabile.

Lei aveva chiesto a sua sorella, la zia di John, di poterlo tenere da lei per il resto dell'estate e questa non aveva potuto fare altro che acconsentire. 

Arrivati a destinazione, John desiderò di essere in un qualunque altro posto che non fosse quel tanto odiato condominio nel cui parcheggio s'erano fermati, e la mamma era scesa dalla macchina per prendere il suo bagaglio e aprirgli lo sportello. Lo osservò trascinarsi mogio fuori dalla macchina, così s'inginocchio, lo prese per le spalle e gli sussurrò con tono comprensivo: «Comprendimi, Jay! Neanch'io vorrei lasciarti dalla zia, senza poterti vedere fino al mese prossimo, ma...»

«Non preoccuparti, mamma!» disse lui sforzandosi di sorridere.

Per quanto odiasse l'idea di passare l'estate senza qualche suo coetaneo, non voleva dare un altro peso a sua madre. Lei gli sorrise amara e lo abbracciò, sussurrandogli un «Mi mancherai.»

«Anche tu!» gli fece quello, e quando la madre lo liberò dall'abbraccio, si girò e salutò i due fratelli con un gesto della mano.

«Divertitevi!» disse loro, prima di prendere il bagaglio e sussurrare un altro "Ciao!" a sua madre e poi dirigersi verso il portone.

Sentì un colpo di clacson e poi la macchina che si allontanava, mentre lui premeva il tasto del citofono accanto alla scritta in corsivo "Wood E.".

«Chi è?» chiese la voce di una signora anziana, resa robotica dall'apparecchio palesemente molto vecchiο. 

«Zia, sono John!» rispose l'altro, aspettando che lei premesse il pulsante per aprire il portone.

«Oh, sali!» esclamò quella, subito prima dello scatto che segnalava l'apertura del portone.

Il ragazzino lo spinse con una mano, mentre con l'altra ancora trascinava il suo bagaglio, e si ritrovò nell'atrio silenzioso che conduceva alle scale del palazzo.

Essendo questo piuttosto datato, non presentava ascensori né luci, e John ringraziò che fosse ancora giorno, data la scarsa ma utile luce che entrava dalle finestre impolverate dei vari pianerottoli.

Zia Elizabeth, così si chiamava, abitava al terzo piano, che per John sembrò irraggiungibile. Non perché le scale fossero troppe, ma per il suo bagaglio troppo grande quanto pesante.

Arrivò tutto sudato al pianerottolo della casa di sua zia, che lo stava aspettando con la schiena contro lo stipite della porta d'ingresso e le sue pantofole spelacchiate che aveva ormai da anni.

«Eccoti qua, John!» allargò le braccia e gli si avvicinò per cingerlo in un abbraccio. Il ragazzo storse il naso: la sua casacca, sporca di sugo e altre macchie di uno strano colore che lui sperò fosse caffè, puzzava di sigari e alcool.

Lei non notò la faccia disgustata del nipote, invitandolo ad entrare. Con il manico della valigia stretto in mano, entrò nell'appartamento. Era come se lo ricordava, se non più piccolo e polveroso, quasi come la camera degli ospiti in cui doveva dormire. Ma si accontentava. E poi, adorava guardare fuori dalla finestra esattamente in corrispondenza del cuscino. 

«Stasera avremo degli ospiti, ti conviene vestirti in maniera più consona!» disse la donna con tono acido, facendo capolino nella stanza. Lui si accomodò sul letto, ritrovandosela di fronte.

"A me viene a dire di cambiarmi?" trattenne un risolino. 

«Chi c'è con noi, zia Lizzie?» domandò poi curioso.

«Il proprietario del palazzo! Non che mi vada proprio a genio, ma adora talmente tanto i ragazzini! Non vede l'ora di conoscerti!»




Angolo autore
Ok, avevo abbozzato questo prologo da un'eternità, ma solo ora mi sono convinto a voler pubblicare la FF.
Bene, avviso solo di essere moooolto incostante nella pubblicazione dei capitoli, quindi... Abbiate pazienza. :'D
Dedico questo prologo a MissAliceLiddle, che mi ha costretto gentilmente convinto a cominciarla! :3
Al prossimo capitolo! :3

  
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