10/08/2013
3 recensioniPSYCHO
Due mesi prima, 3:00
Era buio pesto, solo i lampioni illuminavano le strade, ed io ero solo. Giravo per la città ed ero senza una meta precisa.
Mi sentivo strano, come se mi mancasse qualcosa.
Non ero l’unico in quella città di matti.
C’erano altre tre persone, sapevo che sta per succedere qualcosa di brutto così mi nascosi dietro all’angolo della strada per non farmi vedere.
“Chiedo scusa, vi ridarò tutti i soldi indietro fino all’ultimo centesimo”
“Troppo tardi Jones.” Disse quello col cappello nero.
“Vi prego, vi chiedo altri cinque giorni.”
Quell’altro tirò fuori la pistola dalla giacca e gliela puntò in testa.
“Facciamola finita John, lei è spacciato.”
“Vi prego non..” sbam, dritto in testa, senza nessun rimpianto o altro.
Sussultai, loro si girarono verso di me. Io avevo visto e non potevo passarla franca. Mi avevano visto benissimo. Incominciai a correre più forte che potevo, dovevo seminarli, sennò sarei morto anche io. Correvo e non mi fermavo. Mi mancava il fiato, mi mancava tutto. Mi avrebbero raggiunto sicuro. Ne ero certo, mi ero slogato la caviglia e non potevo fare altro che arrendermi. Ma non potevo mollare, mi alzai e con un piede saltellando girai l’angolo e trovai dei cassonetti dell’immondizia. Ci entrai.
“Qui non c’è nessuno”, disse l’uomo col cappello nero
“Andiamocene.” Continuò l’altro.
“Se questo va alla polizia noi siamo fritti”
“Non ci ha visto in faccia”
“Ma ha visto l’omicidio,” alzò la voce: “noi ti troveremo, ragazzino e quando ti troveremo, ti uccideremo.” Il mio cuore batteva a mille, loro mi avrebbero cercato e poi infine mi avrebbero ucciso ed io non sapevo più cosa fare.
**
Erano le 3:30 di notte quando qualcuno chiamò a casa, era la polizia, mamma crollò a terra piangendo.
“Come è morto?” Era disperata, non smetteva di piangere, singhiozzava
Dopo aver attaccato, mi disse: “Allie, tuo padre è morto”
Disperata caddi anche io a terra, mio padre era morto, cosa ne dovevo fare della mia vita?
20 gennaio 1998
Ero rimasto solo in quell’ospedale, nessuna visita, nemmeno da mia madre. Ero solo io contro il mondo.
Volevo dimenticare tutto, soprattutto di essere nato, morire nell’oceano.
In una seconda vita così potevo raccontare di essere morto col sorriso sulle labbra mentre affondavo giù.
Ricordavo quell’episodio ogni giorno della mia vita, le voci erano loro, quelle di quei due uomini, stavano venendo a prendermi, ero debole abbastanza per cedere.
I due motivi per cui ero diventato pazzo erano quelli, i due uomini e violet, la felicità.
Diventai depresso a tal punto da diventare un psicotico, che si sente osservato la notte, che sente voci di uomini assassini e che la felicità lo fa diventare matto.
Volevo raccontare al mondo la mia storia, ma lasciavo che mi uccideva all’interno.
La mia malattia non era una malattia terminale, ma era terminale per il mio cervello che si stava fottendo piano piano.
Dovevo tornare nell’altro ospedale e curarmi, solo lei poteva farlo. Allie.
Usarla per i miei scopi era frutto delle voci, io non le controllavo, le seguivo e basta.
Violet invece.. Di cosa siamo mai stati fatti veramente? Eravamo così pieni di odio, pelle e ossa. Quelle sigarette mai finite, lasciate fumare al vento, quei pezzi di carta piene di frasi d'amore bruciati per propria spontanea volontà, quei baci mai raccontati, quelle strette al cuore ogni volta che andavi via da me e quei pianti cessati grazie ad un sorriso vero.
Dovevo rassegnarmi, amavo Violet, ma questo mi faceva così male.
Cominciai a farfugliare qualcosa, sul fatto che il mio piano doveva riuscirmi, tornare in quell’ospedale.
Non sarebbe stato facile, ma ce la dovevo fare. Perché niente mi poteva allontanare dalla mia medicina, Allie.
author's note
questo capitolo fa schifo scusatemi davvero ç_ç
credo che lo riscriverò, perché fa pena.
però volevo chiedervi una cosa
preferite Jiolet o Jallie?
su twitter @imcookwhores