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Autore: Porrima Noctuam Tacet433    10/08/2013    2 recensioni
[I segreti di Nicholas Flamel, l\'immortale.]1994, Reims.
Un curioso e sfortunato giornalista si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Quanto sarà disposto a rischiare per ottenere le risposte che cerca?
Riuscirà ad avere la sua intervista?
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Dee, Niccolò Machiavelli, Nicholas Flamel, Nuovo personaggio, Perenelle Flamel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tutto secondo i piani

 

Dagon seguiva i passi di Richard con attenzione, riuscendo a rimanere invisibile ai suoi occhi. Proveniva dagli abissi e, nelle missioni di spionaggio, cercava di ricreare intorno a sé quell’oscurità in cui tante volte si era orientato nelle profondità marine.

Ora il suo Regno non esisteva più, ma Dagon passava inosservato anche in pieno giorno, se voleva, trovando nascondigli e punti d’ombra, elegante e preciso, facendo attenzione anche ai più piccoli dettagli, al più piccolo movimento.

I suoi sensi erano forse trenta volte più potenti di quelli umani. I passi di Richard Anderson gli sembravano incredibilmente impacciati.

Il giornalista non si accorse mai di lui. Sembrava sereno. Molto stupido da parte sua.

Dagon distinse, dal suo nascondiglio nascosto all’ombra di un palazzo, gli alberi e la fontana dei giardini, lo stretto viale dai mattoni rossi e le panchine. Vide il ragazzo sfilare dalla tasca il pacchetto di sigarette e cercare l’accendino, sedersi sul muretto della fontana.

Spostava lo sguardo dall’acqua al prato.

Dagon si guardò attorno. Tre giovani discutevano animatamente su una panchina dall’altra parte del vialetto. Avrebbe dovuto agire al più presto, non era sicuro che Machiavelli potesse concedersi il lusso di aspettare ancora per molto, doveva cogliere l’occasione. Non sapeva quando si sarebbe ripresentata. 

Doveva farlo prima che arrivasse altra gente, ma soprattutto prima che i Flamel si allarmassero.

Si era letto e riletto le pagine del quaderno in cui Nicholas Flamel spiegava a Richard tutto ciò che aveva il diritto di sapere. L’Alchimista non si era sbottonato troppo, a dire il vero, probabilmente perché pensava che il ragazzo sarebbe stato più al sicuro conoscendo solo lo stretto necessario.

Il giornalista, da parte sua, era rimasto così colpito da non trovare più domande.

Era avvenuto solo tre giorni prima. Machiavelli stava preparando il suo bagaglio, sarebbe partito di lì a poco per il Perù. Si era sporto sopra la spalla di Dagon, quando il segretario gli aveva annunciato che l’Alchimista aveva finito di parlare di lui.

Le parole continuavano a formarsi sulla carta, poi ci fu una lunga pausa.

« Non è stato molto gentile… ma tutto sommato è stato il primo a parlare così bene di me.» aveva commentato l’italiano, con un mezzo sorriso.

Dagon doveva ammettere che Flamel aveva saputo trattenersi. Evidentemente Nicholas non aveva avuto voglia di turbare ancora di più Richard rivelandogli che era stato ospite di uno spietato manipolatore mentale.

“ Niccolò Machiavelli è… credo che tu abbia già sentito parlare del politico italiano del rinascimento… anche lui è immortale. E non è una bella persona. Usa le persone come marionette e sa condizionare i loro comportamenti. Ha ordito inganni che nemmeno immagini. Certo… è più cauto di Dee, e sicuramente molto meno fanatico e distruttivo. Non so perché ti abbia salvato, ma non è stato per buon cuore. Avrà sicuramente pensato che tu potessi servirgli a qualcosa… »

A questo punto c’era stata una breve pausa.

« Tutti pensano che io abbia sempre secondi fini… » aveva mormorato Machiavelli con aria malinconica. 

Poi Flamel era passato a Dagon. Non aveva detto molto nemmeno su di lui. Per non impressionare troppo Richard, non aveva detto una parola sull’esistenza di diversi Regni d’Ombra, e quindi il giornalista era convinto che Dagon fosse un umano dai poteri sovrannaturali.

« Questo ci sarà molto utile. » aveva affermato Machiavelli. « Quando rivedremo Flamel, dovrai ricordarmi di ringraziarlo. »

La creatura non sapeva se sentirsi infastidita. E ovviamente l’italiano se ne era accorto.

« Forse adesso il ragazzo pensa che tu abbia un problema ai lobi oculari. » aveva supposto, con un sorrisetto insopportabile.

Dagon rimase ad osservare il ragazzo ancora per un po’. Gli bastarono cinque minuti, perché i giovani sulla panchina si erano alzati e si stavano dirigendo verso un viale alberato al di fuori dei giardini.

La creatura trattenne un sospiro. Era l’ora di muoversi.

Non era mai stato particolarmente dotato per la recitazione.

Di solito era Machiavelli che si guadagnava la fiducia delle persone, che sapeva mentire e fingere emozioni. La finzione era la sua arte. Ma in questo caso anche lui si era dovuto arrangiare.

E rischiare.

Dagon inforcò gli occhiali da sole e tornò indietro per qualche decina di metri, camminando accostato al muro di un vecchio palazzo, facendo attenzione che la sua figura fosse sempre parzialmente coperta dagli alberi. Le sue orecchie erano tese per captare un eventuale spostamento di Richard.

Non era abituato a quel tipo di operazione. Preferiva passare direttamente ai fatti. Se doveva uccidere una persona, lo faceva e basta.

Il problema era che si trovava in città, dove testimoni potevano spuntare da un momento all’altro. In più non sapeva quando i Flamel avrebbero permesso a Richard di uscire di nuovo.

Avrebbe dovuto cominciare a ragionare come Machiavelli, almeno in parte, perché sapeva che, se avesse potuto farlo, quel lavoro sarebbe toccato a lui.

Dagon entrò nei giardini, cercando di assumere l’aria di chi fa una passeggiata di piacere.

Ancora pochi metri. Non doveva avere fretta.

Avrebbe dovuto seguire alla lettera le istruzioni, ma soprattutto adattare le sue parole alle espressioni e alle risposte di Richard.

Si chiese se, dopo secoli che lo vedeva fare a Machiavelli, anche lui avesse imparato qualcosa.

Doveva rivolgersi lui per primo a Richard, altrimenti, anche se il ragazzo lo avesse riconosciuto, avrebbe fatto finta di non vederlo e se ne sarebbe andato di corsa a casa.

Controllò ammirevolmente la velocità dei passi.

Ancora pochi metri, pensò. Tra quattro panchine.

Tre… due….

*

La sigaretta gli scivolò dalle dita. Si guardò attorno, smarrito, mentre la paura, sottile e sibilante, cominciava a serpeggiare nel suo stomaco.

Rimase inchiodato alla panchina.

Non è lui. Non è lui.

Non voleva guardarlo. Lo aveva superato, lo vedeva dalla sua ombra proiettata sui mattoni.

Abbassò il capo, strinse i pugni e pregò il cielo di non essere riconosciuto.

Il cuore gli batteva all’impazzata. Doveva scappare? I passi dell’uomo erano calmi.

Se si fosse mosso, l’uomo si sarebbe girato e l’avrebbe visto.

Restò così, coi sudori freddi, combattuto tra l’idea di darsela a gambe e i polpacci che sembravano congelati.  

Fece un gran respiro e provò a riprendere controllo di sé.

Alzò lo sguardo e vide l’uomo girarsi, alzare le sopracciglia semicoperte dagli occhiali.

*

Dagon si girò e incontrò gli occhi castani e sbarrati di Richard Anderson.

Le prede avevano tutte lo stesso sguardo. Si sentivano in trappola, sapevano che non avevano possibilità di fuggire. Volevano lottare, perché l’idea della morte era ancora lontana da loro, ma restavano impietriti.

La creatura si preparò a cominciare la recita, controllando allo stesso tempo i passanti intorno al guardino.

« Tu…»

Richard non gli staccava gli occhi di dosso, inorridito, sperando fosse un incubo. Stava per muoversi. Ma Dagon, da bravo predatore, sapeva riconoscere perfettamente l’attimo che precedeva la fuga disperata della preda. Era istintivo e per molti imprevedibile, ma non per lui.

Gli fu vicino in un secondo, con un dito sulle labbra, la mano stretta intorno al suo braccio. Richard tremava e teneva gli occhi dilatati puntati davanti a lui.

Sapeva che non poteva muoversi, che rischiava troppo, che era in trappola.

E cercava inutilmente di riprendere il controllo della sua mente. Seguirono svariati secondi di silenzio, ma non riuscì mai nell’impresa.

Dagon esultò silenziosamente. Tutto sarebbe stato più facile, nel momento in cui avrebbe dovuto risvegliare le sue debolezze e le sue speranze. Doveva essere lui a prendere il controllo della sua mente, non Richard o Flamel.

« Che ci fai qui?» chiese, scuotendolo leggermente e abbassando il tono di voce. « Sarebbe stato meglio cambiare paese! Non vuoi tornare a casa, in Inghilterra?»

Al suono di quelle parole lievemente preoccupate, Richard parve riscuotersi improvvisamente, come chi si risveglia da un incubo.

Guardò Dagon più spaesato che mai.

La creatura lasciò la presa sul suo braccio.

« Non voglio farti del male. »

*

 

« Non voglio farti del male. »

Se stava mentendo, era davvero molto bravo, ma Richard non era così ingenuo. In un barlume di lucidità pensò che sarebbe stato meglio reggere il gioco. Non aveva speranze di scappare. Assimilò le parole dell’uomo e cercò il fiato per rispondere.

« Che cosa vuoi da me? » balbettò Richard, in preda al panico.

« Niente.» rispose l’uomo, alzando le mani come se avesse paura che una sola carezza potesse far fuggire a gambe levate il ragazzo.

« Voglio solo sapere perché… perché sei ancora in Francia?»

« Io… ma… il suo capo mi ha detto di venire qui! »

L’uomo non sembrava credere alle sue parole.

« Cosa?»

Richard fece una smorfia. Gli scoppiava la testa. Con movimenti forzati e mani tremanti prese dalla tasca il biglietto che lo aveva condotto fino a lì e lo porse all’uomo.

 L’uomo lo guardò, sul momento senza nessuna reazione. I suoi occhi si erano sgranati per una frazione di secondo, poi più nulla. Dopo vari attimi che sembrarono eterni alzò gli occhi su Richard, ma il ragazzo abbassò subito i suoi.

*

Machiavelli aveva detto che l’espressione sorpresa non doveva durare più di un secondo, o anche meno. Altrimenti sembrava finta. La mente umana era programmata in modo tale da accettare la realtà inaspettata dopo quel piccolo lasso di tempo ed esaminarne gli effetti con attenzione.

Gli umani, pensò Dagon, non capiscono nemmeno loro se si comportano più da prede o da predatori.

Richard in quel momento era una preda. La sua.

Dagon alzò gli occhi su di lui, ma non incontrò i suoi.

« Questo…» disse con voce sicura. « Non lo ha scritto il mio padrone. »  

*

Richard si sentì svuotato da ogni pensiero. Come se fosse stato trasportato in un’altra dimensione dove lui e il suo corpo e la sua mente erano solo aria priva di significato. Da una parte gli sarebbe piaciuto che fosse così.

Poi arrivò la rabbia, improvvisa e feroce. Richard non avrebbe mai creduto di essere capace di provarne così tanta.

Non voleva dover rispondere ad altre domande. Non voleva più continuare quell’assurda ricerca, che si era tanto convinto a portare avanti. Era stato tutto inutile, allora. Lui non era un giornalista che si accontentava di belle storie, lui voleva la verità. Ma evidentemente si era illuso.

L’uomo sembrò capire tutti i suoi pensieri. Gli mise un mano sulla spalla e Richard rabbrividì. L’uomo la tolse di scatto, come se avesse paura di farlo scappare con quel gesto.

In quel momento gli sembrava che lui fosse l’unico a poter portare ordine nella sua vita, gli sembrò che avesse un senso, quell’incontro. Gli parve come qualcosa scelto dal destino. Provvidenziale.

*

 

Dagon sapeva di essere vicino. Aveva appena acceso un barlume di dubbio nella mente del ragazzo, aveva aperto uno spiraglio.

Aveva smentito qualcosa che Flamel aveva dato per certo. Il fatto che l’immortale non si fosse dilungato troppo a parlare col ragazzo poteva sembrare, in quel momento, sospetto agli occhi di Richard. Inoltre, non potendo scappare, il ragazzo avrebbe dovuto ascoltarlo per forza. 

E chi poteva conoscere la scrittura del suo padrone meglio di lui?

« Non è del mio padrone. » ripeté, convinto.

« Te lo farei dire da lui, ma io…» cercò gli occhi del ragazzo ma poi abbassò il capo e portò le dita al sopracciglio. Un gesto che il cervello degli umani registrava come quello di chi prova vergogna.

« Io … vedi, io non ho più un padrone… »

Richard lo osservò sbigottito.

« E perché? » chiese, con crescente curiosità.

Se Dagon fosse riuscito a fargli dimenticare la paura con la curiosità avrebbe vinto. Richard cominciava a prendere confidenza, a una lentezza esasperante, ma era già qualcosa.

Improvvisò una smorfia amara e il suo tono si fece più duro. Ma non abbastanza da spaventare Richard, aveva il solo scopo di incuriosirlo ancora di più.

Si distese sulla panchina, per mettere in chiaro con un apparente gesto involontario che la questione non era così semplice e che non era all’erta.

« Ecco… mi ha licenziato… » ammise, con una punta di rammarico.

Richard sgranò gli occhi per un secondo. Dagon non lo guardò, come se avesse timore di incrociare il suo sguardo.

Poi sorrise amaramente.

« Ho fatto un terribile errore, terribile. E forse dovrei pentirmene»  alzò il viso e la pelle pallida bruciò sotto i raggi del sole. Sembrava che stesse parlando più con se stesso che con Richard e che fosse spaesato almeno quanto lui.

  « Ma non credo ci riuscirò mai… »

Richard aspettò qualche secondo prima di riprendere la parola.

« Che errore hai… se posso chiederlo. »

Dagon lo guardò con un sorriso furbesco.

« Non riesci proprio a immaginarlo? »

Richard capì con un brivido che era qualcosa che sapeva. Qualcosa che avrebbe potuto immaginare. Un barlume di comprensione gli attraversò la mente.

Oh…no…

*

« Proprio così. » rispose mestamente Dagon alla silenziosa domanda del ragazzo.

« Inizialmente Machiavelli, quell’uomo canuto che era il mio padrone,  voleva usarti, anche se non mi ha detto per che cosa. Gli sembravi un giocattolino decente e provvidenziale per scacciare la noia… »

Richard sbarrò gli occhi.

« Noia? Mi sono trovato in questo casino perché qualcuno si annoiava? »

Dagon gli fece cenno di abbassare la voce, ma cercò di sembrare comprensivo, anche se non era mai stato particolarmente empatico.

« Ecco… non esattamente. Ti sei trovato in questo casino perché lui si annoiava. Se fosse stato chiunque altro… » si interruppe, titubante.

Richard guardava le sue mani tremanti a capo chino.

« Per tutto questo tempo… ho pensato che fosse stato lui a salvarmi… invece eri tu. »

Dagon dovette sforzarsi per non ghignare. I giovani umani sapevano essere così ingenui.

« E per questo ti ha licenziato. Ci tenevi, alla sua fiducia? » chiese il ragazzo, con curiosità mista a preoccupazione. Dagon si finse pensieroso ma risoluto.

« No. » affermò, con decisione. « Machiavelli è un uomo intelligente, ma troppo sicuro di se stesso, esagera, sempre.  E poi… » aggiunse, come per rassicurare e sciogliere la tensione del ragazzo. « È troppo egocentrico e insopportabile. Mi ero stufato da un pezzo di preparagli tisane e prendere ordini assurdi. Vedi, la convivenza era diventata ingestibile.»

Dagon aveva esagerato. Volontariamente.  Sperò che Machiavelli stesse osservando tutto dal quaderno.

Richard si concesse un breve sorriso, subito smorzato da una nuova incertezza che aveva accantonato in un angolo della sua mente fino a quel momento.

Lo guardò con la bocca semiaperta.

« Hai detto che non è stato lui a indirizzarmi qui con il messaggio! » disse, in preda a una strana paura.

« Infatti. È così. Quella non è la sua scrittura. » rispose Dagon, fingendosi leggermente spaesato.

« Sei stato tu, allora? »

« No… »

Richard si afflosciò contro la panchina.

« E allora chi è stato? » chiese, la voce incrinata che faceva trasparire il suo disperato bisogno di risposte.

Dagon si passò una mano sul viso.

« Non ne ho idea. Forse Dee… sai, l’uomo che parlava con Machiavelli quando ti ho portato via…potrebbe aver finto di cercarti per poi indirizzarti qui. »

« Ma perché?! » esclamò Richard. Dagon poteva sentire il suo cuore battere all’impazzata.

« Cerca di restare calmo. »

Il ragazzo non lo ascoltò, perso totalmente nei suoi pensieri confusi.

« E se anche lui avesse voluto usarmi? »

Sulla fronte di Dagon si formò una ruga. Si finse concentrato. Sapeva che era vicino alla conclusione del suo compito. Molto vicino.

« È molto probabile. Anche se non possiamo essere certi che ci sia lui dietro tutto questo. Chiunque sia, vuole approfittare di te e della tua curiosità per trovare i Flamel. »

Richard non sembrava essere più capace di formulare una frase per intero.

« Per… i Flamel… »

Dagon lo scosse leggermente e lo costrinse a guardarlo.

« Chiunque sia stato, sapeva che saresti venuto. Era a conoscenza della città in cui si nascondevano i Flamel, ma molto probabilmente aveva bisogno di tempo per prepararsi allo scontro con loro. »

Dagon fece una pausa, lasciando che tutti i collegamenti e le bugie si depositassero nella mente di Richard e assumessero la forma di verità.

In caso di pericolo, gli esseri umani credono molto di più alle brutte notizie che a quelle buone. Viene naturale, e istintivo.

« E per risparmiare tempo ha mandato te a scovare il loro indirizzo e intanto ti ha tenuto d’occhio. Se fosse davvero così, ci troviamo di fronte a qualcuno di molto furbo. Perché, tra le altre cose, il tuo arrivo improvviso avrebbe ritardato l’eventuale partenza dei Flamel da Montpelliere. Avrebbero prima voluto sapere cosa fare con te. »

Dagon vide un’espressione di terrore puro dipingersi sul viso del ragazzo. Finse di preoccuparsi. Sapeva che Richard avrebbe identificato, inconsciamente, il suo interesse, anche se non sembrava poter vedere realmente nulla di ciò che lo circondava.

« N… No. Io… » balbettò il giornalista. Poi si alzò di scatto, rigido e impaurito.

« Io ho già trovato i Flamel! »

*

Nicholas e Perenelle Flamel procedevano a passo di marcia verso il tabacchino. L’immortale pregò che il ragazzo fosse ancora lì, ma presto dovette accettare il contrario.

Non avrebbero dovuto darsi tanta pena per lui. in fondo era solo un pericolo.

Ma Nicholas non ce la faceva. Aveva vissuto nella paura di diventare come Dee e Machiavelli per secoli. Non voleva essere come loro, voleva dimostrare a se stesso di essere completamente diverso, tracciare una linea netta che li dividesse.

Sapeva che agli occhi di chi lo aveva conosciuto non era così semplice capire chi fosse nel giusto. Machiavelli, a differenza di Dee, non era sempre stato crudele e senza scrupoli. E Nicholas però era certo di non voler fare la sua stessa fine.

Guardò Perenelle e il suo sguardo deciso lo rese più determinato. Avrebbe ritrovato quel ragazzo e lo avrebbe tirato fuori dai guai, o almeno ci avrebbe provato.

Perché ormai ne era certo. stava accadendo qualcosa.

Si diresse quasi correndo verso i giardini.

*

« Non devi correre, Richard. Darai nell’occhio. » sibilò Dagon.

« E cerca di calmarti e mantenere il sangue freddo, altrimenti è finita. » aggiunse, con urgenza ma decisone.

Richard cercò di ubbidire, lasciandosi guidare dalla creatura.

« Dobbiamo cercare di passare nelle strade meno affollate. » disse.

Richard era ormai convinto di aver segnato per sempre il destino dei coniugi Flamel. Questo pensiero era insopportabile. Non c’era più solo la paura, la curiosità. il senso di colpa gli attanagliava le viscere.

Solo la stretta di Dagon gli impedì di urlare.

Oramai era certo di essere giunto finalmente alla verità, per un caso fortunato. Aveva ancora possibilità di avvertire i Flamel prima che fosse troppo tardi? Poteva fidarsi di Dagon?

Non poteva fare altrimenti, perché scappare sarebbe stato inutile. E se doveva avere sulla coscienza la vita di due persone, che si erano anche presi a cuore il suo destino, preferiva scomparire.

Mise un piede davanti all’altro con la forza di chi ha un solo scopo. Doveva aiutare i Flamel, era in debito con loro. Doveva farlo a qualsiasi costo, oppure smettere di essere un pericolo per gli altri e scomparire.

*

Dagon continuò a camminare, con passo forzatamente calmo, frenando la crescente impazienza. Questa volta non era stato sicuro dell’esito della sua missione, ma era andata meglio di come si fosse aspettato.

Forse però aveva perso tempo. Alzò lo sguardo sul cielo, per intuire l’orario, e i suoi enormi occhi liquidi si posarono su una finestra di un palazzo dalle tendine a fiori.

Si arrestò di colpo, le iridi coperte dagli occhiali incatenate a quell’immagine.

Le tendine si gonfiarono. Dagon non sentì un filo di vento.

Un forte odore di cannella gli arrivò alle narici, mentre dalla finestra fuoriuscivano volute di fumo color bronzo.

Dagon cercò di allontanarsi, trascinandosi dietro Richard che guardava la scena con ammrazione. Molte persone si fermarono ad indicare le pareti del palazzo sovrastate da nuvole di fumo.

Gli arrivò alle caviglie. La creatura cercò di accelerare il passo, ma una nuova ondata di fumo gli si avvolse intorno al collo e gli oscurò la vista.

Cercò una via d’uscita da quella situazione, strinse Richard per un polso. Sentiva le urla intorno a sé, i piedi che calpestavano con forza l’asfalto.

Protesse i suoi occhi con la mano libera, cominciavano a bruciargli, imprecò più volte.

Quando tolse la mano vedeva doppio. Ma vedeva. Il fumo, velocemente come si era alzato, si era abbassato fino ad arrivargli alle caviglie.

Strattonò Richard per il polso.

« Ehi! Mi lasci subito! »

Il cuore di Dagon perse un colpo. Si girò lentamente, aveva paura di vedere cosa c’era dietro di lui.

Una donna strillava e cercava di liberarsi dalla sua stretta con forza.

« Mi lasci! »

Dagon la lasciò con il respiro irregolare e una rabbia cieca che si impossessava del suo petto.

*

Nicholas lo cercò con disperazione. Dagon si era allontanato senza dargli il tempo di fermarlo.

Ma Richard non era con lui. era sparito.

Il vociare intorno ai giardini aumentava, la gente era agitata e spaventata.

Richard era stato inghiottito dal fumo, e Nicholas sapeva che non avrebbe potuto dimostrare più niente a se stesso. cosa sarebbe successo a quel ragazzo? Doveva aggiungerlo ai fantasmi che lo seguivano dovunque, oppure quel fumo era stato la sua salvezza?

Sperò con tutto il cuore che fosse salvo, strinse la mano di Perenelle, consapevole che quel mondo di ingiustizie avrebbe potuto portargli via anche lei, la sua Perry.

Sapeva di non poter fare più niente per Richard. Per il bene dell’intera umanità, il Codice doveva avere sempre il primo posto nei suoi pensieri.

*

Chacraraju

La Lancia di Odino si trovava ai piedi del monte Chacraraju, dipartimento Ancash. Catena montuosa: Cordillera Blanca. Altezza: 6.108 metri.

Machiavelli sospirò. Per fortuna era ai piedi. Non disprezzava la montagna, ma se la Lancia fosse stata in cima dubitava seriamente che avrebbe avuto voglia di farsi un numero a quattro cifre di metri per raggiungerla, anche se in elicottero.

« Benvenuto, signor Machiavelli. »

L’italiano si girò al suono di quella voce falsamente dolce. Gli occhi completamente neri sotto gli occhiali da sole, visibili solo a lui, erano inconfondibili. Un altro emissario di Aton.

« Salve. » disse Machiavelli ricambiando il sorriso innocente del suo interlocutore con uno identico, ascoltando al tempo stesso i rumori della sala d’ingresso dell’albergo.

« Mi accompagnerai tu?» chiese gentilmente.

Quello che sembrava un comunissimo ragazzino di dodici anni lo raggiunse e lo costrinse a chinarsi. Avvicinò la bocca al suo orecchio, divertito come un bambino che sta per rivelare dove ha nascosto i dolci ad un adulto.

« Sì, signore. » disse con un risolino. « Ma io non posso prenderla. Lo deve fare lei. È molto capricciosa, sa? una volta entrata in un Regno d’Ombra, vuole essere toccata solo dai suoi abitanti. »

Machiavelli si inginocchiò di fronte all’emissario per guardarlo negli occhi.

« Che cosa succede se qualcuno non sta alle regole? »

Il bambino gli prese la manica della giacca e lo condusse fuori con gesti delicati.

La sua risata cristallina aveva qualcosa di inquietante e si insinuò nella mente di Machiavelli. Sapeva che ci sarebbe rimasta per sempre.

« Siamo in ritardo, signor Machiavelli. »



Note di Tacet433

Volevo spiegare molte più cose in questo capitolo, per esempio a chi appartiene il fumo color bronzo che ha fatto perdere le staffe a Dagon. Ma, come avrete già capito, i capitoli mi vengono fuori sempre troppo lunghi.

Dagon non ha perso solo le staffe, ma anche Richard. Dopo tutta quella fatica. Ma immagino che voi siate contenti di questo, almeno spero.

Il titolo è “Tutto secondo i piani “. No, non sono diventata più pazza di quanto già non sia, lo so benissimo che in effetti NIENTE è andato secondo i piani. Almeno… dal punto di vista di Machiavelli, Dagon e Flamel… ma non  dal punto di vista di…qualcun altro.  

Il prossimo capitolo si intitolerà “La storia di Alypion. “

Grazie, grazie, grazie a chi continua a seguirmi… nonostante tutto ; )

 

  
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