I Dare To Be Myself.
Veronica si svegliò
di soprassalto, con una sensazione di vuoto intorno alla pancia. Una semplice occhiata a ciò che
aveva intorno le fece capire che non stava affatto saltando tra i cuscini di una camera della mostra
dell'Ikea, ma giaceva nel suo normalissimo letto, nella sua normalissima camera.
Stava per tornare a dormire – anche se dopo che uno dei suoi sogni si era appena avverato,
seppure ‘solo’ nella sua mente, non aveva niente da sperare – quando le
venne in mente che giorno era quello. Il 28 Luglio.
Le bastò fare mente locale per alzarsi di scatto e correre sotto la doccia.
Quella mattina aveva – finalmente – la visita al campus dell'università
che aveva scelto di frequentare dopo gli A-levels. L'accademia d'arte che si estendeva in
un quartiere né troppo periferico né troppo centrale di Londra, il sogno di una vita. E le era
stata incredibilmente concessa l’opportunità di assistere ad una lezione del primo anno,
grazie al concorso che aveva vinto, così da arrivare ben pronta ad ottobre, quando sarebbe
diventata una matricola.
In effetti, si chiedeva come avesse fatto a dormire così bene quella notte, visto che la sera
prima era terrorizzata.
Era addirittura riuscita a sognare la sua ambizione più grande e, a detta dei suoi amici, la
più sciocca che avesse: poter vagare indisturbata in un'enorme Ikea, libera di saltare su
tutti divani e di provare la consistenza di ogni materasso. E no, il fatto che avesse quasi diciotto anni non le
importava minimamente.
Ma nemmeno il pensiero delle piume dei cuscini la distraeva da ciò che sarebbe presto
accaduto.
Aveva paura di non essere all'altezza, di rimanere delusa da qualcosa, di fare una delle sue
solite figuracce, di incendiare per sbaglio l'aula e tutto il campus.. insomma, la sua mente ronzava
piena di tutti quei pensieri che vengono poco prima di un evento importante.
Era riuscita a superare la notte, ma adesso che stava per prendere la metro che l'avrebbe
portata dritta al campus, tutte le sue incertezze si ripresentavano.
La canottiera che aveva indossato era troppo scollata?
I pantaloncini troppo corti?
Le converse troppo sportive?
I capelli troppo in ordine?
Cosa avrebbero pensato di lei?
Per fortuna, il treno arrivò, interrompendo la maratona di pensieri di Veronica, che
salì trovò subito posto a sedere – quello era uno degli ultimi giorni senza
pendolari.
Il viaggio, a detta della ragazza, durò troppo poco. In men che non si dica, era davanti a
quegli enormi cancelli che davano su quei prati immensi, oltre i quali si stagliavano i
giganteschi palazzi in stile vittoriano dove si tenevano le ultime lezioni dell'anno.
Attraversò un prato pieno di margherite, rivolgendo però lo sguardo verso il cielo,
poiché quel giorno era quasi totalmente limpido, cosa più unica che rara.
Notò con piacere che nessuno faceva caso a lei, i numerosi studenti che si godevano la
piacevole stagione erano tutti intenti a disegnare, leggere o chiacchierare tra di loro.
Perciò la ragazza si diresse verso la segreteria, a chiedere informazioni su quel che avrebbe
dovuto fare. Varcò la soglia del primo edificio, seguendo attentamente le frecce, e si ritrovò
in una grande sala piena zeppa di armadietti, con quattro scrivanie al centro, di cui solo una era occupata.
Si avvicinò con passo incerto, finché non attirò l’attenzione della
segretaria.
« Oh.. tu sei Veronica Lawrence? » chiese una giovane donna con i capelli rossi
raccolti in uno chignon.
La ragazza annuì.
« Che fortunata! Hai la possibilità di partecipare alla lezione conclusiva del professor
Vector! » disse in tono squillante la segretaria, alzandosi dalla sua postazione per poi raggiungere
Veronica, che non aveva idea di chi stesse parlando. A lei avevano detto che avrebbe assistito ad una
lezione, mica con chi l’avrebbe fatta.
« Ehm.. non vorrei essere indiscreta, ma.. chi è il professor Vector? »
La donna la guardò come se avesse appena bestemmiato. « Non lo conosci e vuoi
venire a studiare qua? » chiese, quasi indignata.
‘Ottimo inizio, Veronica’ pensò la ragazza.
Decise di rimanere in silenzio per non compromettersi ulteriormente; anche perché doveva
risparmiare fiato per riuscire a tenere il passo della segretaria, che la stava portando verso il più
lontano edificio dal punto in cui si trovavano.
« Hector Vector è.. il più creativo, talentuoso, originale e pazzo
professore che l'Accademia abbia mai avuto! E durante le sue ultime lezioni fa fare le cose più
assurde e divertenti che tu possa immaginare! » spiegò la donna elettrizzata, dopo aver
capito che la giovane non avrebbe detto altro.
Chissà se era stata pagata per fare quella pubblicità, si chiese Veronica.
Ma poi, quando entrò nell'enorme aula dietro alla segretaria, dopo aver percorso un
intero corridoio dell’edificio, capì che non c'era bisogno di essere pagati per fare
pubblicità a quell'uomo.
La stanza, a prima vista, sembrava vuota, immobile e totalmente bianca, quasi innaturale; non
c'era ancora nessuno.
Solo in seguito ad un'occhiata più mirata si riusciva a notare l'uomo sulla
trentina, in piedi accanto al muro, che studiava attentamente la parete di fronte a lui. Era così
concentrato che sembrava stesse ascoltando una storia, sebbene lì dentro non ci fosse niente con
la capacità di raccontargliela.
Veronica lo scrutò curiosa, rimanendo sulla soglia, mentre la segretaria gli si avvicinava.
Il professor Vector aveva le sopracciglia folte e nere come la pece, così come i capelli,
acconciati in un ciuffo a regola d'arte che gli ricadeva sulla parte destra della fronte. In contrasto a
tutto quello scuro, la pelle bianchissima e gli occhi di un azzurro brillante, incorniciati da una sottile
montatura nera di un paio d'occhiali quadrati, che gli conferivano un'aria da intellettuale,
spezzata un po' dall'accenno di barba che aveva lasciato crescere.
Nonostante la differenza di età, Veronica lo trovava estremamente attraente; ma non fece
in tempo a formulare quel pensiero che la segretaria gli si avventò contro, all'inizio solo
abbracciandolo, ma lo baciò sulla bocca subito dopo.
Il professore sussultò – evidentemente non l'aveva sentita arrivare – ma
poi sorrise e la baciò dolcemente, ricambiando l'abbraccio.
Adesso si spiegava la pubblicità e tutto il resto, quei due stavano insieme.
« Che ci fai qui, Christine? » chiese dopo, lasciandola andare.
La giovane donna si girò velocemente verso Veronica, come ricordandosi solo in quel
momento che lei era lì presente.
« Ho accompagnato una futura matricola alla tua lezione » spiegò,
indicandola. Il professore seguì il dito di Christine finché i suoi occhi non incontrarono quelli
della ragazza.
« Oh, ciao! » disse l'uomo con tono sorpreso.
Veronica sorrise imbarazzata, non sapendo cosa rispondere. Avrebbe dovuto rispondere con un
ciao? Oppure buongiorno sarebbe stato più appropriato?
Finì per non dire niente.
« Beh, io devo tornare al mio lavoro.. » borbottò la segretaria, dando un
ultimo, breve bacio al professore e uscendo con una pacca sulla spalla di Veronica.
« Non far caso a lei, è fatta così » commentò il professor
Vector ridacchiando per l'espressione che la ragazza aveva appena assunto.
« Vieni avanti » aggiunse poi. « I ragazzi arriveranno tra cinque minuti
».
Veronica annuì, facendo un passo avanti, ma per poco non inciampò in un secchio
di metallo tutto bianco, che si mimetizzava con gli spessi fogli di cartoncino che ricoprivano il pavimento. Si
guardò intorno, scoprendosi circondata da quei secchi. Se ci faceva caso, dello scotch bianco
divideva le quattro pareti della stanza in tanti rettangoli larghi all'incirca un metro.
« Oh, sì, quelli sono per la lezione » commentò il professore, dopo che
Veronica l'ebbe raggiunto. « Ho preparato qualcosa di speciale per oggi, dovranno.. scusa,
dovrete dipingere le pareti di questa stanza. Il bianco è diventato monotono.. »
La ragazza spalancò occhi e bocca, tornando a studiare quei secchi che, a un'occhiata
più approfondita, apparivano proprio come contenitori di vernici. Sorrise tra sé, ci sarebbe
stato da divertirsi nelle tre ore successive.
« Sono molto curioso di vedere cosa sai fare. Purtroppo sono sempre impegnato e non ho
potuto far parte della commissione che decide quali studenti ammettere a queste lezioni, perciò
non conosco niente del tuo stile. Sorprendimi » rise, seguito a ruota da Veronica, che però lo
guardava con estrema ammirazione.
Il professor Vector era, come dire, l'esempio di persona che avrebbe voluto essere nel futuro.
Non solo aveva creatività e simpatia da vendere – ed erano bastati due minuti per
accertarsene – ma era cordiale, pronto ad insegnare agli altri e a mettersi in gioco persino con chi gli
sottostava.
E lasciava trasparire questo solamente dopo poche frasi, segno che non aveva niente da
nascondere.
Quello che gli adolescenti chiamavano un ‘Role Model’.
La ragazza, rapita, stava già mettendo in moto la sua mente per trovare un'idea
originale, no, sorprendente. Non voleva lasciare il professore a bocca asciutta, non se lo poteva
permettere.
Non fece in tempo a trovare l'idea sbalorditiva, però, che i ragazzi del primo anno
stavano già riempiendo la sala.
All'inizio si bloccavano sulla soglia a causa dell'innaturale vuoto della stanza, poi –
evidentemente abituati alle stravaganze di quel corso – si sistemavano nell'angolo di muro che
più piaceva loro, in attesa di ordini precisi.
« Vedi quel ragazzo là? » chiese il professore a Veronica, quando c'erano
già una dozzina di persone nella stanza, ma nessuno che sembrava essersi accorto
dell'estranea lì presente.
La ragazza annuì, seguendo lo sguardo dell'uomo finché non individuò
un ragazzo taciturno, al contrario di tutti gli altri studenti, con la carnagione mulatta e i capelli neri. Aveva
lo sguardo fisso sul pavimento e un'aria trasandata che lo rendeva bello.
« Ecco, lui ha vinto il tuo stesso concorso, un anno fa. Quando l'ho visto all'opera
per la prima volta.. mio dio. Lui sì che ha talento! È come veder dipingere un
bambino: ha il sorriso sulle labbra, la giusta dose di passione e segue il suo istinto. La maestria con cui
conduce il lavoro, qualunque esso sia, è sconvolgente. Potrebbe quasi prendere il mio posto.. Beh,
spero che tu farai altrettanto ».
Veronica annuì, un po' in soggezione. Non riusciva neanche a spiccicare parola davanti
a quell'uomo, come avrebbe fatto a soddisfare delle aspettative del genere?
« Sarà difficile sorprenderla se parte già con un'idea fissa »
furono le prime parole che pronunciò davanti a lui.
Per tutta risposta, l'uomo la fissò, penetrante, per più di trenta secondi
– o almeno, dopo trentadue Veronica perse il conto.
« Sai cosa fa un arciere quando deve colpire un bersaglio troppo lontano? » chiese il
professor Vector, mentre la stanza finiva di riempirsi, sebbene nessuno facesse caso a loro, né per
dare il buongiorno al professore, né per fissare l'intrusa. Che strana lezione.
La ragazza scosse la testa, scacciando lo scetticismo con cui aveva accolto quella domanda. Cosa
c'entrava il tiro con l'arco con un corso artistico?
« Punta in alto. Più che può. Non prende la mira davanti a sé, ma
cerca di arrivare al sole, o alle stelle. E se non dovesse riuscire a centrarlo, potrà sempre dire di aver
fatto tutto il possibile ». Fece una pausa ad effetto.
« L'ha detto un autore italiano, non so bene chi, sono passati anni, ormai, dai miei
studi. In ogni caso, non è che, solo perché conosco le capacità di Zayn, non
prenderò in considerazione le tue. Ognuno è un artista, a modo proprio ».
Detto questo, lasciò Veronica a meditare al centro della parete a sinistra della porta, ad
almeno un metro di distanza da entrambi gli alunni più vicini.
Una volta giunto al centro della stanza, dopo un rapido slalom tra i contenitori di vernice, fece un
lento giro su se stesso, incrociando gli occhi di ciascuno studente; poi parlò.
« Ci credete, piccoli artisti? Siamo già all'ultima lezione! Quante ne
abbiamo combinate quest'anno.. e allora, perché non finire in bellezza? » sebbene le
frasi fossero brevi e concise, riusciva a trasmettere adrenalina e voglia di fare, tanto che Veronica avrebbe
volentieri iniziato a dipingere persino senza pennello.
« Oggi, voglio che diate il meglio di voi. Dipingete una parte del muro di questa stanza, come
più vi piace, sbizzarritevi, utilizzate le tecniche che avete imparato e che vi riescono meglio. Le
vostre uniche restrizioni sono le strisce di scotch che non dovrete superare, e l'impossibilità di
cancellare. Avete due ore di tempo. Via! »
Detto questo, l'uomo iniziò a scoperchiare velocemente i secchi, rivelando vernici di
tutti i colori: ce ne dovevano essere almeno venti, forse di più. Spalancò l'anta di un
armadio che Veronica non aveva notato prima: anch'esso totalmente bianco, era sistemato a
cinquanta centimetri buoni dalla parete, in modo che non desse fastidio ai giovani pittori e aveva due
ripiani coperti da decine e decine di pennelli di ogni foggia in alto e una distesa di piccole ciotole per
mischiare i colori in basso.
A detta di Veronica, quello era il paradiso, il luogo dove avrebbe potuto mostrare il meglio di se
stessa, il suo regno. Ma nessun altro rimase a fissare gli elementi della stanza, anzi si accalcarono davanti
all'armadio per prendere i pennelli migliori – evidentemente li conoscevano bene – e
poi verso i secchi di vernice, riempiendo due o tre ciotole a testa.
Alcuni iniziarono subito a dipingere, senza neanche avere il tempo di creare un progetto, ma spinti
dalla smania di finire per primi – gli si leggeva negli occhi. Altri riflettevano, pronti a dare la prima
pennellata, ma impauriti dall'idea di sbagliare e non poter rimediare.
Veronica, che non aveva nemmeno preso un pennello, li osservava rapita, conscia che un giorno
avrebbe fatto anche lei parte di quell'armonia, ma ancora era un'estranea. Sebbene nessuno
avesse fatto domande su di lei, molti le lanciavano occhiate curiose, sghignazzando sul fatto che fosse
così spaesata.
C'era qualcun altro, però, che non apparteneva al fuggi fuggi di pennelli, colori ed
idee. Il ragazzo che il professor Vector le aveva indicato poco prima – com'è che si
chiamava? Zey? Jay? No, Zayn – era fermo a un metro dal suo pezzo di parete,
con il pennello che gli solleticava il mento e la barbetta quasi invisibile, e Veronica avrebbe giurato di
vedere il suo cervello all'opera per completare un'idea brillante, sorprendente, che gli avrebbe
assicurato la promozione. Si sentiva così simile a lui, in quel momento, eppure così
distante.
Da una parte, li accomunava la stessa idea di primeggiare, di dimostrare il proprio valore a tutti
quanti, di essere i geni indiscussi, dall'altra non si erano mai neanche scambiati un'occhiata, e lei
era ancora così inesperta, così chiusa che non sarebbe mai riuscita a farcela, al contrario di
lui l'anno precedente.
Forse fu proprio questo contrasto a darle l'ispirazione per ciò che, fino ad un instante
prima, era solo un progetto lontano e inarrivabile. Si diresse lentamente verso l'armadio,
dall'altra parte della sala, e prese un vecchio pennello né troppo spesso né troppo
fine, poi un altro più piccolo, solo un po' più nuovo.
Dov'erano finiti tutti quelli che aveva visto prima?
Non c'era rimasto nient'altro, si sarebbe dovuta accontentare.
Prese due ciotole, si diresse verso il secchio rosso e poi quello verde scuro e prelevò un
po' di vernice con un grosso cucchiaio trovato sopra il coperchio – perché prima non
c'era? Quel professore era una specie di mago?
Sperando che la sua idea funzionasse anche fuori dalla sua mente, iniziò a dipingere,
dimenticandosi finalmente di chi aveva intorno, pensando solo a ciò che voleva fare: sorprendere, e
creare.
Con il pennello più vecchio, dalle setole scomposte, prese la vernice verde, attenta a
togliere la vernice in eccesso e disegnò una sagoma umana, pressoché della sua altezza. La
disegnò con il braccio destro, abbandonato lungo il fianco, incerto, che cercava invano di
mimetizzarsi con la gamba.
L'altro braccio, invece, era piegato, con la mano stretta in un pugno sicuro, e la posizione della
gamba era ben ancorata al suolo, in contrasto con la gamba destra che appariva priva di stasi.
Disegnò, sotto la prima linea della parte sinistra, un secondo contorno, di un rosso potente
e penetrante, composto da linee decise e nette, che continuava fino a sparire poco prima dei contorni verdi
di destra.
Veronica continuò a sistemare il disegno arricchendolo con mille sfumature di rosso e di
verde, riuscendo a farli combaciare perfettamente, chissà come. I tratti all'interno del corpo
erano rossi, energici, più intensi dalle parti della testa, del cuore e dello stomaco, più
sfumati nelle zone periferiche del corpo e, in generale, in tutta la parte destra, fino a trasformarsi in un
anonimo verde nei punti dove il corpo entrava in contatto con l'esterno. Quella era lei, con la sua
incertezza all'esterno e la sua volontà che la dominava dall'interno.
Mancavano cinque minuti alla fine, quando si accorse che la sua opera non era completa, che
mancava ancora qualcosa.
Quando lo capì, stava per scadere il tempo. Corse al centro della stanza e trascinò i
secchi col bianco e col nero verso la sua parte di parete, tanto non servivano più a nessuno ed
erano quasi vuoti. In mancanza di pennelli puliti, immerse i due indici nel colore e iniziò a disegnare
proprio al centro della ragazza due linee, una bianca e una nera, che si intrecciavano fino a formare una
specie di DNA. Condusse la linea fino ai piedi, poi, soddisfatta, si allontanò per ammirare
quell’affresco.
Okay, chiamarlo affresco era un po' troppo azzardato, forse. ‘Scarabocchio
frettoloso’ sarebbe stato sicuramente più corretto.
« Ragazzi, ci siamo » la voce del professor Vector fece calare il silenzio più
assoluto tra gli studenti, che smisero di agitarsi, di spennellare e si dimenticarono persino un respiro o due.
Veronica si voltò, incrociando gli occhi dell'uomo che le sorrise, prima di
continuare.
« Adesso passerò tra di voi ad esaminare ciò che avete combinato. Ricordate
che un'opera non va solo realizzata, ma anche saputa presentare ».
La ragazza si disse che non avrebbe saputo presentare nessuna opera meglio di quella che aveva
appena concluso, perciò si arrischiò a sbirciare i lavori degli altri.
In un primo momento restò delusa. C'erano fiori su almeno metà delle pareti,
in corrispondenza di molte ragazze. Alcuni erano davvero ben fatti, ma banali. Un ragazzo altissimo aveva
dipinto un cielo stellato, e accanto a lui un altro aveva disegnato la Terra vista da un satellite, con tanto di
uomini stilizzati intorno che si tenevano per mano. L'essenza dell'originalità.
Una ragazza aveva scritto il testo di una canzone, decorando il titolo scritto in alto con gocce di
vernice colata, ma non si capiva bene se fosse fatto apposta o se fosse invece il risultato di aver scritto
troppo in alto.
Un altro ragazzo – le sembrava che quello fosse proprio Zayn – aveva disegnato un
enorme simbolo dello Yin e Yang, sovrapponendoci due occhi, uno sul bianco e uno sul nero. Erano
meravigliosi, sembravano veri, e stavano fissando il mondo con una tristezza inaudita. Il ragazzo accanto a
lui, che stava parlando con il professore in quel momento, aveva riempito la parete di tantissimi simboli
dell'infinito, di ogni misura, fantasia e colore.
Ma nessuno, a quanto le pareva, ci aveva messo se stesso dentro la propria opera, tranne forse
quello Zayn – che fosse davvero così triste dentro?
Riguardando il suo dipinto, Veronica si sentì sempre più fuori posto. Le sue tecniche
di sfumatura non erano granché, e i suoi tratti erano un po' incerti, tanto per dare la propria
firma involontaria. Poteva contare solo sul significato.
« E cosa diamine sarebbe, questo, caro signor Malik? » disse in quel momento il
professore.
Veronica si concentrò su di lui, che stava interpellando Zayn. Essendo l'unico di cui
aveva almeno sentito parlare, lì dentro, ascoltò.
« Il dolore, la sofferenza, colpiscono chiunque. Non importa se si hanno i soldi, o si vive in un
piccolo paradiso terrestre. Per questo c'è il simbolo, che sta ad indicare gli opposti. Ho cercato
di essere realista ».
La voce di Zayn era leggermente strascicata, ma calda e gentile.
L'uomo annuì, scrivendo qualcosa su un blocchetto per gli appunti.
Andò avanti così per un'altra mezz'ora, finché tutti i
frequentatori del corso non ebbero esposto la propria creazione. Mancava solo Veronica, ormai, e cinque
minuti alla fine della lezione.
« Cosa abbiamo qui, signorina? » chiese il professor Vector, girando una pagina del
blocco e avvicinandosi alla ragazza, che inspirò profondamente, cercando più volte di
convincersi che nessuno l'ascoltava, nonostante avesse gli sguardi di tutti quanti puntati addosso.
« Questa sono io, vista da dentro. Non il mio scheletro, non i miei organi, ma la mia anima
» esordì, acquistando sicurezza man mano che andava avanti. Le veniva naturale parlare di
sé. « Il verde simboleggia tante cose. La speranza di qualcosa di più, l'invidia per
gli altri che sono più forti di me, la timidezza. Ma questo non è altro che un involucro per il
rosso, per la passione, l'energia, la creatività. Semplicemente ciò che sono
».
Tacque, incerta se aggiungere che aveva ancora tanta tecnica da imparare, ma il professore la
anticipò.
« Mi piace l'idea. Brava. Puntare alle stelle fa bene ».
Scrisse velocemente qualcosa, dopodiché, uscì dalla stanza con un cenno di saluto
ai ragazzi, nel momento stesso in cui suonava la campanella.
Che classe, quell’uomo.
Veronica rimase ferma dov'era, mentre gli studenti si affrettavano ad uscire, finalmente liberi
da quel corso, un passo più vicini alle loro vacanze.
Avrebbe forse dovuto raccogliere le cose sparse a terra? Pulire? Togliere lo scotch dal muro?
Qualsiasi cosa, pur di non andarsene da lì. Non voleva lasciare il suo piccolo paradiso
così presto, in più dopo un'unica, misera pittura che non la soddisfaceva
affatto.
Che cosa poteva fare?
« Sai, era dalla lezione a cui ho assistito l'anno scorso che non sentivo le parole
‘Mi piace’ uscire dalla bocca di Vector » disse la voce strascicata di Zayn, che
era rimasto l'unico in quella stanza, oltre a lei.
Veronica lo guardò, accennando un mezzo sorriso.
« Davvero? »
Il ragazzo annuì, facendo un passo verso di lei.
« Gli sei piaciuta. Questo significa che quando entrerai, il prossimo anno, ti starà col
fiato sul collo, pretendendo il massimo da te, e dovrai far funzionare il cervello ogni volta di più
».
« Sembra davvero spaventoso » tentò di ironizzare la ragazza, ma la voce le
tremò, tradendo sincero terrore.
« No, solo le prime volte, poi ti abitui, e diventa gratificante sapere di essere all'altezza
di questo corso » ridacchiò, arrivando finalmente a sfiorare le punte delle converse della
ragazza con i suoi mocassini.
« Comunque io sono Zayn, piacere di conoscerti » le tese una mano.
« Veronica » rispose lei, stringendola appena.
Cosa era successo? Nessuno aveva fatto caso a lei per tre ore, e adesso improvvisamente un
ragazzo non solo cercava di fare conversazione, ma si presentava pure, e cordialmente.
« Non voglio andarmene da qui » si ritrovò a dire la ragazza. Non che sentisse
il bisogno di tenere viva la conversazione, solo che pensava che lui avrebbe potuto capirla.
« Nemmeno tu, eh? »
Ecco, appunto.
« Già. Non vedo l’ora che sia ottobre, ed è tutto dire visto che il mio
diciottesimo è ad Agosto » tentò di fare una risatina, ma le si bloccò in gola
lasciandola con un’espressione ridicola dipinta in faccia.
Zayn sorrise appena, ma non commentò.
« Quando io sono stato qui l’anno scorso la pensavo esattamente come te, anche se
sono nato in Gennaio. A proposito, il tuo lavoro è proprio bello. Hai molto da imparare, certo,
però non sei affatto male. Farai strada, se solo lo vorrai ».
Veronica si sentì gratificata da quelle parole. Se lo pensava qualcuno che non conosceva
minimamente, forse c’era un fondo di verità, no?
« Oh, grazie mille! » si entusiasmò, prima di lanciare un’altra occhiata
al dipinto di Zayn. « Non posso dire lo stesso di te. Anzi, mi chiedo perché tu sia uno studente
e non un professore ».
Il ragazzo sorrise, e i suoi occhi scuri brillarono, rendendolo ancora più bello di quanto non
fosse, con la pittura bianca tra i capelli e una striscia di nero sotto lo zigomo destro.
« Perché non ho l’esperienza di un maestro, non saprei cosa insegnare agli
altri ».
« Davvero? Io credo che potresti insegnarmi tutto » ribatté Veronica, senza
pensare davvero a ciò che stava dicendo.
« Oh, beh.. se stai parlando sul serio, e vuoi un paio di lezioni prima dell’inizio dei
corsi, posso darti una mano » mormorò incerto Zayn, voltandosi per raccogliere la sua
roba.
Veronica lo imitò, riflettendo.
Lo studente più bello e talentuoso dell’intera Accademia – per quel che ne
sapeva lei almeno – le stava chiedendo di rivederla.. no, beh, le stava proponendo delle lezioni di
preparazione, ma il concetto era lo stesso.
Ci stava davvero riflettendo?
« Sì! Cioè, se n-non disturbo.. » rispose, arrossendo fino alla punta dei
capelli.
« Oh, figurati! Vieni, ti accompagno fuori, così ci mettiamo d’accordo
».
Quando Veronica uscì dall’accademia d’arte, poté dire di aver
appena passato la giornata più bella della sua vita. Più bella di quando era stata a dormire
dalla sua amica del cuore a dieci anni, ed avevano passato la notte a guardare le repliche di Lizzie McGuire,
più bella di quando le avevano detto ‘compra tutti i dolci che vuoi’ perché
aveva preso il voto più alto della classe in Inglese, più bella di quando era montata sul
London Eye con suo fratello e si era divertita a cercare casa sua, a quindici anni.
E tutto questo non solo perché la lezione a cui aveva assistito era stata spettacolare
– sorprendente – ma perché in tasca aveva il numero del ragazzo più
bello del mondo e la promessa di rivederlo di lì a due settimane, di passare del tempo con lui, di
essergli amica.
Avrebbe potuto scoprire quale fosse il suo gusto preferito del gelato, a che ora cenasse la sera,
quali corsi frequentasse a scuola oltre a quello del professor Vector, come si chiamassero i suoi genitori e se
avesse un cane.
E, se fosse avanzato del tempo, le avrebbe anche insegnato qualche trucco sulla pittura, o sul
disegno a carboncino.
Running from the Madhouse.
TANTI AUGURI A TEEE
TANTI AUGURI A TEEE
TANTI AUGURI A VERONICA
TANTI AUGURI A TEEE
*clap* *clap* *clap*
Okay, ehm, salve a tutti!
Ho scritto questa OS per una ragazza speciale con cui ho fatto amicizia su twitter nell'ultimo mese e mezzo, circa, e visto che oggi è il suo compleanno mi è sembrato giusto postarla uu
Lei è @niallsallstars se volete aggiungerla su Twitter, è una delle ragazze più simpatiche che esistano uu
Allora guyyyys, che ne pensate? Vi piace?
Il finale è troppo brusco? Secondo me un po' sì , però boh, l'avevo immaginata così e.. vabbè, fatemi sapere cosa ne pensate :D
Dite che dovrei trasformarla in una fanfiction?
Al massimo verrebbe di 3-4 capitoli, però.. basta, parlate voi hahaha
A me piace un sacco questo Zayn artista, non so a voi lool
Come state passando le vacanze? Io non faccio nulla dalla mattina alla sera hahaha
Okay, smetto di farmi i cazzi vostri e chiudo questo spazio autore che sta venendo ridicolo lol
ANCORA AUGURI SORELLINA! <3
Uh, ultima cosa! Sto lavorando al trailer di Lost :D Quindi sentirete ancora parlare di me hahaha
Love you guys, e grazie per chi leggerà questa storia :)
Vivy.
Se volete aggiungermi su Twitter sono @deloslights e su Facebook sono span> span>Deloslights Efp i>
Se vi andasse di passare dalla mia long, ecco a voi il link c:
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Questa è quella di una mia amica, passate, è bravissima dskjber
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