- Come molti hotel di Las Vegas, l'MGM
Grand è basato su un
tema portante.
In particolare è ispirato al tema di Hollywood. Si compone
di
più
edifici: il palazzo centrale è composto da trenta piani ed
è alto circa ottantanove metri. È dotato
di più di settemila
stanze, contando anche quelle degli edifici annessi, il che lo rende
l'edificio
con il più alto numero di stanze al mondo. Il complesso
comprende anche cinque
piscine esterne, collegate da condotti artificiali dotati di cascate,
un centro
congressi, la MGM Gand Arena ,
numerosissimi negozi che vendono prodotti
di vario genere, 16
ristoranti, tra cui Emeril's, Nobhill,
Craftsteak e Joël
Robuchon. Nonché il
più
grande casinò
di
Las Vegas.
-
All'interno dell'area casinò c’è un
habtitat artificiale
in cui vivono e
sono esposti agli occhi del pubblico sei leoni
(il leone è il simbolo
dell’Hotel). Infine, l' MGM Grand
è la casa dello spettacol Kà del Cirque du Soleiel, e
ospita Studio 54, un nightclub
costruito sul modello dello Studio 54 di New York. - Quando ebbe finito di
parlare si rivolse a Gibbs. - Tutto chiaro? -
-
Ma nel tempo libero fai la guida turistica? Quesete cose le avevo
già lette sui
fascicoli che ci hai sottoposto. - Gli fece notare lui.
-
Bhè, di certo riascoltarle non ti avrà fatto
male. -
Non dissero più nulla
fino a quando l’ascensore non li
ebbe portati al piano del casinò.
- Si va in scena. -
Sussurrò Kiki, mentre le porte si
aprirono.
Furono investiti da un assordante
brusio, fatto di rumori
elettronici e un vociare confuso, nettamente contrastante con il
silenzio
musicale dell’ascensore.
Gibbs posre il braccio alla sua
dama e si tuffarono
insieme nel mare affollato di quella sala gigantesca.
Vagarono per qualche tempo tra i
tavoli da gioco e le
slot-machine, chiacchieravano in maniera naturale, dando
l’impessione di essere
totalmente presi dalla loro conversazione, ma in realtà
erano entrambi vigili
ed attenti. Esaminavano con attenzione ogni volto e ispezionavano
accuratamente
l’ambiente.
Dopo poco si diressero al bar,
dove avvistarono
Maximilian che aveva ripreso il suo posto da barman.
Si
avvicinarono al banco e ordinarono due martini secchi con ghiaccio.
Fu
lo
stesso Max a servirgliei, appoggiando i bicchieri su due tovaglioli
binachi,
uno dei quali scivolò discretamente nella borsetta di Nikita.
-
Thomas, devo usare la toilette. Nel frattempo va a cercare quello
scapestrato
di tuo figlio. Prima che dilapidi il patrimonio di famiglia... -
-
Te
l’avevo detto che non era una buona idea la sciargli le carte
di credito. -
Gibbs
si allontanò dal bancone, mentre la
“moglie” si dirigeva alle toalettes, e
cominciò nuovamente a vagare tra i tavoli cercando di
individuare Tony. Lo vide,
o meglio lo “sentì”, visto che la sua
voce sovrastava ogni rumore per parecchi
metri tutt’intorno.
Stava
giocando alla roulette, aveva tra le mani un bicchiere di champagne,
abbracciava due ragazze, una per lato, e dal tono eccitato pareva
proprio che
stesse vincendo.
Gibbs
gli si avvicinò alle spalle e vide che, effettivamete il suo
agente aveva di
fronte a se una bella pila di fische.
-
Ti
stai divertendo... Figliolo? -
La
voce del suo capo ebbe l’effetto si una scossa elettrica.
Tony si irrigidì di
colpo e si girò lentametne per guardare Gibbs.
-
Ciao C... papà. Io stavo... -
-
Lo
vedo cosa stavi facendo. Questo è un casinò, e in
un casinò si gioca. Giusto? -
-
Giusto. Infatti è quel che dico anche io. - Il ragazzo si
rilassò leggermente,
constatando che Gibbs non sembrava affatto arrabbiato.
-
Adesso, però, mi dai tutte le carte di credito. -
-
Cosa? Le mie bambine! Come potrei mai separarmene. Ti prego, non mi
fare
questo. -
-
Le
possiedi da meno di un giorno. - gli fece notare Gibbs.
-
E’
come se fossimo insieme da sempre, sono parte di me! -
Il
Capo rimase immobile, con lo sguardo severo e una mano tesa.
A
malincuore Tony dovette cedere, e gli consegnò le quattro
carte (tra cui una
Gold e una Platinum) che Nikita gli aveva dato la matina precedente,
insieme
agli altri documenti falsi.
-
Prima ti posso spiegare perchè ho scelto proprio questo
tavolo? - Si affrettò a
dire Tony, mentre Gibbs si accingeva a far sparire gli oggetti
requisiti nella
tasca interna della giacca.
-
Sono tutt’orecchi. - Gli rispose quest’ultimo in
tono accondiscendente.
-
Allora.
Mi aggiravo vigile come una faina, perlustrando ogni anglo
dell’edificio in
cerca di indizi. Quando ad un tratto: un metro e mezzo di gambe, bionda
e con
due... - uno scappellotto gli fece lasciare a metà la frase.
- Occhi blu
fantastici... volevo dire. -
-
Non
mi interessa! Non ho tempo da perdere dietro alle storie sulle tue
conquiste. -
Gibbs fece per andarsene.
-
Già. Immagino tu abbia le tue conquiste di cui preoccuparti.
- Tony si pentì
istantaneamente di quelle parole, ma gli erano rotolate fuori dalla
bocca senza
che lui potesse far niente per evitarlo.
Per
tutta risposta Gibbs gli lanciò uno sguardo omicida. Ma
prima che avesse il
tempo di dire qualunque cosa Tony gli sussurrò un nome.
-
Dominik Gerko. –
-
Cosa?
-
Era l’uomo insieme alla biondona... se tu mi avessi fatto
finire di parlare te
lo avrei detto. Era in una foto identificativa. Me lo ricordo bene
perché aveva
una cravatta italiana davvero stupenda. Un pezzo grosso del centro
Europa. È il
proprietrio di almeno dieci industrie chimiche in Germania. Ma pare che
la sua
princiaple attività si a quella di smaltire abusivamente
rifiuti radioattivi.
L’ho seguito dalla Hall fino a questo tavolo, e mi sono messo
a giocare con
lui. Ho notato che a un certo punto si è allontanato, per
parlare con un tizio
che non ho riconosciuto. Hanno confabulato per un po’, poi
Gerko è tornato al
tavolo, e non si è più mosso. -
Gibbs
guardò Tony che lo fissava a sua volta, ansioso di capire se
quelle
informazioni erano valse il suo perdono per la battutaccia di poco
prima sulle
conquiste.
Jethro
fu costretto, suo malgrado, a sorridere. Tirò fuori dalla
tasca una delle carte
e la lanciò a Tony che la prese al volo e la
guardò sorridente.
-
Grazie.
Hei! Aspetta, almeno dammi la Platinum! - Gridò al suo capo
che si allontanava.
Ma
Gibbs
non si girò nemmeno a guardarlo. Vide Nikita venirgli
incontro. Appena furono
vicini lei parlò a voce bassa
-
Max ha trovato molto poco nella stanza di quei due francesi.
L’unica cosa
interessante sembra essere un catalogo degli oggetti che verranno
venduti
all’asta di dopodomani. Lo ha fotografato tutto, ma lo deve
ancora studiare.
Hai trovato T.J.? - fece
l’ultima
domanda tornando ad usare un tono normale.
-
Si, ha riconosciuto un industriale Tedesco. Dominik Gerko, pare che si
accompagni ad una bionda niente male. -
-
Gerko, eh? Non c’era il suo nome nella lista degli ospiti
dell’Hotel.
Ovviamente ne sta usando uno falso. Dirò a Max di scoprire
quale, così potrà
perquisire la stanza. -
Passarono
un’altra ora girovagando per il casinò. Ad un
tratto si trovarono davanti
all’attrazione principale del complesso. Una gigantesca
vetrata separava gli
spettatori da sei creature maestose. Si soffermarono a contemplare i
leoni. Il
loro splendido manto, color della sabbia, si confondeva con le finte
pietre che
componevano il loro Habitat artificiale. Giocavano con palle colorate,
come se
fossero dei mici domestici.
L’espressione
di Nikita la diceva lunga su cosa lei pensasse di
quell’attrazione.
-
Guardali Thomas. Guarda quegli animali. Ti sembrano creature
aggressive, o
pericolose? -
Gibbs
osservò il comportamento dei leoni, che giocavano
amabilmente con il loro
addestratore.
-
No, non mi sembrano pericolosi. Sono abituati al contatto con
l’uomo, li hanno
addestrati a essere socevoli. -
Lei
guardava fisso al di la della parete di vetro.
-
Snaturati. E’ questa la parola giusta. Snaturati. Trasformati
in pupazzi per il
piacere della gente. Sai quanti bambini chiederanno ai loro genitori di
comprargli un leoncino per il loro compleanno, dopo aver visto questa
scena? E
sai quanti sciocchi genitori, ricchi e ignoranti, lo faranno davvero? -
Riamse
in silenzio per qualche attimo.
-
Hai idea di quale sensazione di forza e possenza possa trasmettere un
leone
lanciato in corsa nella savana? È impressionate. Vedere i
muscoli guizzare
sotto il manto, udire lo schiocco delle ossa della sua preda che si
spezzano
sotto la pressione micidiale dei denti. Sentire l’odore del
sangue fresco che
sgorga dalle ferite. I muggiti agonizzanti dell’animale
morente. È uno
spettacolo che non si dimentica. Che rapisce tutti i sensi. -
Gibbs
la fissò ammutolito. Lei continuò a parlare senza
guardarlo.
-
La
natura ha creato queste creature per uno scopo, che non è
certo quello di
essere il giocattolo dell’uomo. Gli basterebbe una semplice
zampata per staccare
la testa di quel pagliaccio li dentro... -
Dalla
sua espressione sembrava che fosse lei stessa, pronta a staccare una
testa con
una zampata.
-
Basta! Questa scena mi disgusta. Credo che per stasera il nostro lavoro
può
ritenersi concluso. Se i ragazzi scopriranno altro possono dircelo
domani.
Andiamocene a letto. -
****
Il
leggero strato di cotone le copriva il corpo nudo solo fiono alla base
della
schiena.
Lo
sguardo dell’uomo corse su e giù per quel corpo
quasi perfetto. Dalla linea
dolce dei fianchi, ai seni rotondi e sodi. Ma, soprattutto, si
soffermò ad
osservare attentamente la superfice della pelle ambrata: quella era
tutt’altro
che perfetta. Era costellata di cicatrici da cima a fondo. Gibbs
decifrò la
causa di alcune di esse. Ustioni, armi da taglio, pallottole. Altre
sembravano
avere origini a lui ignote. Quella donna doveva avere avuto una vita
movimentata, e lui non osò nemmeno immaginare quali
cicartici dovevano invece
deturparle l’anima.
La
sera precedente aveva avuto un piccolo assaggio di quello che si celava
dietro
le maschere di composta pacatezza, o di gioiosa spensieratezza
indossate da
Nikita.
Mentre
osservava i grandi felini intrappolati nella gabbia di vetro, i suoi
occhi
avevano rivelato per qualche frazione di secondo la sua vera natura.
C’era
stato come un lampo, in quelle insondabili iridi verdi.
Anche
lei era un animale in gabbia.
Una
creatura selvatica, imbrigliata e ridotta all’impotenza da
invisibili catene.
Gibbs
allungò un braccio e le sfiorò la base del collo.
Sentì sotto le dita un corpo
estraneo. Ricorò quello che aveva detto Ducky: “un
anello di metallo fissato
alla settima vetebra”. Si sentì sconcertato
pensando a che genere di mente
malata poteva aver concepito un simile orrore.
Nikita
si mosse debolmente, svegliandosi, e si girò lentamente a
guardarlo, con espressione
tranquilla e assonnata.
Aveva
i capelli neri scarmigliati e scomposti. Il trucco si era sciolto,
lasciando
decise macchie nere sotto gli occhi... Nonostante ciò, nuda
in quel letto, sprigionava
una carica erotica e una sensualità ferine che fecero
fremere Jethro.
Pantera.
Ecco la definizione giusta per lei. Una pantera dagli artigli affilati.
I
segni di unghie sulla schiena dell’uomo bruciarono per
qualche momento,
inducendolo ad alzarsi.
-
Credo che andrò a farmi una doccia. - fu l’unica
cosa che disse infilandosi un
paio di boxer, e sparendo nel bagno.
Nikita
guardò l’ora. Erano le otto.
Senza
nemmeno alzarsi prese il telefono e ordinò la colazione.
Moriva di fame, e
necessitava urgentemente di un caffè.
Mentre
aspettava che il bagno si liberasse decise di andare a svegliare Tony.
Dubitava, altrimenti, che si sarebbe alzato prima di mezzo giorno. Si
ricordava
bene quante volte aveva dovuto richiamrlo per essere arrivato al lavoro
con
notevole ritardo. Indossò una vestaglia, un paio di
pantaloni di felpa e
stiracchiandosi si avviò verso la porta comunuicante.
Entrò nella stanza
adiacente senza nemmeno preoccuparsi di bussare.
La
stanza era buia, per cui si mosse a tentoni per andare ad aprire le
tende. Una
volta che fu tatta luce si voltò a guardare il letto, ma
rimase spiazzata,
rendendosi conto che sotto le lenzuola c’erano almeno due
persone!
Il
suo primo istinto fu quello di uscire alla chetichella, esattamente
come era
entrata. Poi, però, pensò che la situazione si
prestava troppo bene ad uno
scherzo, per non coglierla al volo.
Assunse
il peggiore dei suoi sguardi corrucciati, capace di far sciogliere le
pietre, e
con un solo movimento scoperchiò il letto, tirando via il
lenzuolo.
-
TU! RAZZA DI SGUALDRINA! COSA FAI NEL LETTO DI MIO FIGLIO? -
La
graziosa ragazza mora che dormiva vicino a Tony si svegliò
di soprassalto,
mandando un grido. Nellò stesso momento anche Tony si
svegliò di soprassalto...
mandando un grido, e saltando come una molla in piedi sul letto.
-
COME HAI OSATO DEFLORARE IL MIO POVERO BAMBINO! LA MIA CREATURA
INNOCENTE! -
-
Ma
io veramente... Signora, mi perdoni. Non sapevo che avesse una madre! -
tendò
di difendersi la sventurata.
-
RACCOGLI I TUOI IMMONDI ABITI E SPARISCI, DEGENERATA FIGLIA DEL
PECCATO! LUSSURIOSA
VIPERA! BRUCERAI ALL’INFERNO... -
Nel
giro di tre secondi e mezzo la poverina si era infilata il vestito,
senza
nemmeno la biancheria intima ed era sparità urlando nel
corridoio.
Dalla
porta comunicante comparve Gibbs, in accappatoio e con la pistola in
mano.
-
Ma
che diavolo succede? - chiese, guardando confuso la scena che gli si
presentava.
Tony
era in piedi sul letto, con indosso solo dei pantaloncini, e
un’espressione
completamente sbalordita. Nikita invece era appoggiata alla parete e
rideva
fino alle lacrime. - Niente, - disse tra i singulti - non succede
proprio
niente. -