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Autore: stellabrilla    18/02/2008    3 recensioni
IL RACCONTO E' STATO RIPUBBLICATO. POTETE LEGGERLO A QUESTO LINK:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=706693&i=1
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Gibbs e Nikita erano soli nell’ascensore, e mentre viaggiavano verso il casinò la donna ne approfittò per fare un riepilogo veloce sui dati generali dell’albergo. In modo da avere ben chiaro l’ambiente in cui avrebbero agito.
- Come molti hotel di Las Vegas, l'MGM Grand è basato su un tema portante. In particolare è ispirato al tema di Hollywood. Si compone di più edifici: il palazzo centrale è composto da trenta piani ed è alto circa ottantanove metri. È dotato di più di settemila stanze, contando anche quelle degli edifici annessi, il che lo rende l'edificio con il più alto numero di stanze al mondo. Il complesso comprende anche cinque piscine esterne, collegate da condotti artificiali dotati di cascate, un centro congressi, la MGM Gand Arena , numerosissimi negozi che vendono prodotti di vario genere, 16 ristoranti, tra cui Emeril's, Nobhill, Craftsteak e Joël Robuchon. Nonché il più grande casinò di Las Vegas.
- All'interno dell'area casinò c’è un habtitat artificiale in cui vivono e sono esposti agli occhi del pubblico sei leoni (il leone è il simbolo dell’Hotel). Infine, l' MGM Grand è la casa dello spettacol Kà del Cirque du Soleiel, e ospita Studio 54, un nightclub costruito sul modello dello Studio 54 di New York. - Quando ebbe finito di parlare si rivolse a Gibbs. - Tutto chiaro? -
- Ma nel tempo libero fai la guida turistica? Quesete cose le avevo già lette sui fascicoli che ci hai sottoposto. - Gli fece notare lui.
- Bhè, di certo riascoltarle non ti avrà fatto male. -

Non dissero più nulla fino a quando l’ascensore non li ebbe portati al piano del casinò.
- Si va in scena. - Sussurrò Kiki, mentre le porte si aprirono.
Furono investiti da un assordante brusio, fatto di rumori elettronici e un vociare confuso, nettamente contrastante con il silenzio musicale dell’ascensore.
Gibbs posre il braccio alla sua dama e si tuffarono insieme nel mare affollato di quella sala gigantesca.
Vagarono per qualche tempo tra i tavoli da gioco e le slot-machine, chiacchieravano in maniera naturale, dando l’impessione di essere totalmente presi dalla loro conversazione, ma in realtà erano entrambi vigili ed attenti. Esaminavano con attenzione ogni volto e ispezionavano accuratamente l’ambiente.
Dopo poco si diressero al bar, dove avvistarono Maximilian che aveva ripreso il suo posto da barman.
Si avvicinarono al banco e ordinarono due martini secchi con ghiaccio.
Fu lo stesso Max a servirgliei, appoggiando i bicchieri su due tovaglioli binachi, uno dei quali scivolò discretamente nella borsetta di Nikita.
- Thomas, devo usare la toilette. Nel frattempo va a cercare quello scapestrato di tuo figlio. Prima che dilapidi il patrimonio di famiglia... -
- Te l’avevo detto che non era una buona idea la sciargli le carte di credito. -
Gibbs si allontanò dal bancone, mentre la “moglie” si dirigeva alle toalettes, e cominciò nuovamente a vagare tra i tavoli cercando di individuare Tony. Lo vide, o meglio lo “sentì”, visto che la sua voce sovrastava ogni rumore per parecchi metri tutt’intorno.
Stava giocando alla roulette, aveva tra le mani un bicchiere di champagne, abbracciava due ragazze, una per lato, e dal tono eccitato pareva proprio che stesse vincendo.
Gibbs gli si avvicinò alle spalle e vide che, effettivamete il suo agente aveva di fronte a se una bella pila di fische.
- Ti stai divertendo... Figliolo? -
La voce del suo capo ebbe l’effetto si una scossa elettrica. Tony si irrigidì di colpo e si girò lentametne per guardare Gibbs.
- Ciao C... papà. Io stavo... -
- Lo vedo cosa stavi facendo. Questo è un casinò, e in un casinò si gioca. Giusto? -
- Giusto. Infatti è quel che dico anche io. - Il ragazzo si rilassò leggermente, constatando che Gibbs non sembrava affatto arrabbiato.
- Adesso, però, mi dai tutte le carte di credito. -
- Cosa? Le mie bambine! Come potrei mai separarmene. Ti prego, non mi fare questo. -
- Le possiedi da meno di un giorno. - gli fece notare Gibbs.
- E’ come se fossimo insieme da sempre, sono parte di me! -
Il Capo rimase immobile, con lo sguardo severo e una mano tesa.
A malincuore Tony dovette cedere, e gli consegnò le quattro carte (tra cui una Gold e una Platinum) che Nikita gli aveva dato la matina precedente, insieme agli altri documenti falsi.
- Prima ti posso spiegare perchè ho scelto proprio questo tavolo? - Si affrettò a dire Tony, mentre Gibbs si accingeva a far sparire gli oggetti requisiti nella tasca interna della giacca.
- Sono tutt’orecchi. - Gli rispose quest’ultimo in tono accondiscendente.
- Allora. Mi aggiravo vigile come una faina, perlustrando ogni anglo dell’edificio in cerca di indizi. Quando ad un tratto: un metro e mezzo di gambe, bionda e con due... - uno scappellotto gli fece lasciare a metà la frase. - Occhi blu fantastici... volevo dire. -
- Non mi interessa! Non ho tempo da perdere dietro alle storie sulle tue conquiste. - Gibbs fece per andarsene.
- Già. Immagino tu abbia le tue conquiste di cui preoccuparti. - Tony si pentì istantaneamente di quelle parole, ma gli erano rotolate fuori dalla bocca senza che lui potesse far niente per evitarlo.
Per tutta risposta Gibbs gli lanciò uno sguardo omicida. Ma prima che avesse il tempo di dire qualunque cosa Tony gli sussurrò un nome.
- Dominik Gerko. –
- Cosa?
- Era l’uomo insieme alla biondona... se tu mi avessi fatto finire di parlare te lo avrei detto. Era in una foto identificativa. Me lo ricordo bene perché aveva una cravatta italiana davvero stupenda. Un pezzo grosso del centro Europa. È il proprietrio di almeno dieci industrie chimiche in Germania. Ma pare che la sua princiaple attività si a quella di smaltire abusivamente rifiuti radioattivi. L’ho seguito dalla Hall fino a questo tavolo, e mi sono messo a giocare con lui. Ho notato che a un certo punto si è allontanato, per parlare con un tizio che non ho riconosciuto. Hanno confabulato per un po’, poi Gerko è tornato al tavolo, e non si è più mosso. -
Gibbs guardò Tony che lo fissava a sua volta, ansioso di capire se quelle informazioni erano valse il suo perdono per la battutaccia di poco prima sulle conquiste.
Jethro fu costretto, suo malgrado, a sorridere. Tirò fuori dalla tasca una delle carte e la lanciò a Tony che la prese al volo e la guardò sorridente.
- Grazie. Hei! Aspetta, almeno dammi la Platinum! - Gridò al suo capo che si allontanava.
Ma Gibbs non si girò nemmeno a guardarlo. Vide Nikita venirgli incontro. Appena furono vicini lei parlò a voce bassa
- Max ha trovato molto poco nella stanza di quei due francesi. L’unica cosa interessante sembra essere un catalogo degli oggetti che verranno venduti all’asta di dopodomani. Lo ha fotografato tutto, ma lo deve ancora studiare. Hai trovato T.J.? - fece l’ultima domanda tornando ad usare un tono normale.
- Si, ha riconosciuto un industriale Tedesco. Dominik Gerko, pare che si accompagni ad una bionda niente male. -
- Gerko, eh? Non c’era il suo nome nella lista degli ospiti dell’Hotel. Ovviamente ne sta usando uno falso. Dirò a Max di scoprire quale, così potrà perquisire la stanza. -
Passarono un’altra ora girovagando per il casinò. Ad un tratto si trovarono davanti all’attrazione principale del complesso. Una gigantesca vetrata separava gli spettatori da sei creature maestose. Si soffermarono a contemplare i leoni. Il loro splendido manto, color della sabbia, si confondeva con le finte pietre che componevano il loro Habitat artificiale. Giocavano con palle colorate, come se fossero dei mici domestici.
L’espressione di Nikita la diceva lunga su cosa lei pensasse di quell’attrazione.
- Guardali Thomas. Guarda quegli animali. Ti sembrano creature aggressive, o pericolose? -
Gibbs osservò il comportamento dei leoni, che giocavano amabilmente con il loro addestratore.
- No, non mi sembrano pericolosi. Sono abituati al contatto con l’uomo, li hanno addestrati a essere socevoli. -
Lei guardava fisso al di la della parete di vetro.
- Snaturati. E’ questa la parola giusta. Snaturati. Trasformati in pupazzi per il piacere della gente. Sai quanti bambini chiederanno ai loro genitori di comprargli un leoncino per il loro compleanno, dopo aver visto questa scena? E sai quanti sciocchi genitori, ricchi e ignoranti, lo faranno davvero? - Riamse in silenzio per qualche attimo.
- Hai idea di quale sensazione di forza e possenza possa trasmettere un leone lanciato in corsa nella savana? È impressionate. Vedere i muscoli guizzare sotto il manto, udire lo schiocco delle ossa della sua preda che si spezzano sotto la pressione micidiale dei denti. Sentire l’odore del sangue fresco che sgorga dalle ferite. I muggiti agonizzanti dell’animale morente. È uno spettacolo che non si dimentica. Che rapisce tutti i sensi. -
Gibbs la fissò ammutolito. Lei continuò a parlare senza guardarlo.
- La natura ha creato queste creature per uno scopo, che non è certo quello di essere il giocattolo dell’uomo. Gli basterebbe una semplice zampata per staccare la testa di quel pagliaccio li dentro... -
Dalla sua espressione sembrava che fosse lei stessa, pronta a staccare una testa con una zampata.
- Basta! Questa scena mi disgusta. Credo che per stasera il nostro lavoro può ritenersi concluso. Se i ragazzi scopriranno altro possono dircelo domani. Andiamocene a letto. -

****

Il mattino seguente fu Jethro a svegliarsi per primo. Si mosse sotto le lenzuola, e si girò a fissare la figura stesa alla sua sinistra. Nikita gli dava le spalle, adagiata su di un fianco. Era ancora assopita.
Il leggero strato di cotone le copriva il corpo nudo solo fiono alla base della schiena.
Lo sguardo dell’uomo corse su e giù per quel corpo quasi perfetto. Dalla linea dolce dei fianchi, ai seni rotondi e sodi. Ma, soprattutto, si soffermò ad osservare attentamente la superfice della pelle ambrata: quella era tutt’altro che perfetta. Era costellata di cicatrici da cima a fondo. Gibbs decifrò la causa di alcune di esse. Ustioni, armi da taglio, pallottole. Altre sembravano avere origini a lui ignote. Quella donna doveva avere avuto una vita movimentata, e lui non osò nemmeno immaginare quali cicartici dovevano invece deturparle l’anima.
La sera precedente aveva avuto un piccolo assaggio di quello che si celava dietro le maschere di composta pacatezza, o di gioiosa spensieratezza indossate da Nikita.
Mentre osservava i grandi felini intrappolati nella gabbia di vetro, i suoi occhi avevano rivelato per qualche frazione di secondo la sua vera natura. C’era stato come un lampo, in quelle insondabili iridi verdi.
Anche lei era un animale in gabbia.
Una creatura selvatica, imbrigliata e ridotta all’impotenza da invisibili catene.
Gibbs allungò un braccio e le sfiorò la base del collo. Sentì sotto le dita un corpo estraneo. Ricorò quello che aveva detto Ducky: “un anello di metallo fissato alla settima vetebra”. Si sentì sconcertato pensando a che genere di mente malata poteva aver concepito un simile orrore.
Nikita si mosse debolmente, svegliandosi, e si girò lentamente a guardarlo, con espressione tranquilla e assonnata.
Aveva i capelli neri scarmigliati e scomposti. Il trucco si era sciolto, lasciando decise macchie nere sotto gli occhi... Nonostante ciò, nuda in quel letto, sprigionava una carica erotica e una sensualità ferine che fecero fremere Jethro.
Pantera. Ecco la definizione giusta per lei. Una pantera dagli artigli affilati.
I segni di unghie sulla schiena dell’uomo bruciarono per qualche momento, inducendolo ad alzarsi.
- Credo che andrò a farmi una doccia. - fu l’unica cosa che disse infilandosi un paio di boxer, e sparendo nel bagno.
Nikita guardò l’ora. Erano le otto.
Senza nemmeno alzarsi prese il telefono e ordinò la colazione. Moriva di fame, e necessitava urgentemente di un caffè.
Mentre aspettava che il bagno si liberasse decise di andare a svegliare Tony. Dubitava, altrimenti, che si sarebbe alzato prima di mezzo giorno. Si ricordava bene quante volte aveva dovuto richiamrlo per essere arrivato al lavoro con notevole ritardo. Indossò una vestaglia, un paio di pantaloni di felpa e stiracchiandosi si avviò verso la porta comunuicante. Entrò nella stanza adiacente senza nemmeno preoccuparsi di bussare.
La stanza era buia, per cui si mosse a tentoni per andare ad aprire le tende. Una volta che fu tatta luce si voltò a guardare il letto, ma rimase spiazzata, rendendosi conto che sotto le lenzuola c’erano almeno due persone!
Il suo primo istinto fu quello di uscire alla chetichella, esattamente come era entrata. Poi, però, pensò che la situazione si prestava troppo bene ad uno scherzo, per non coglierla al volo.
Assunse il peggiore dei suoi sguardi corrucciati, capace di far sciogliere le pietre, e con un solo movimento scoperchiò il letto, tirando via il lenzuolo.
- TU! RAZZA DI SGUALDRINA! COSA FAI NEL LETTO DI MIO FIGLIO? -
La graziosa ragazza mora che dormiva vicino a Tony si svegliò di soprassalto, mandando un grido. Nellò stesso momento anche Tony si svegliò di soprassalto... mandando un grido, e saltando come una molla in piedi sul letto.
- COME HAI OSATO DEFLORARE IL MIO POVERO BAMBINO! LA MIA CREATURA INNOCENTE! -
- Ma io veramente... Signora, mi perdoni. Non sapevo che avesse una madre! - tendò di difendersi la sventurata.
- RACCOGLI I TUOI IMMONDI ABITI E SPARISCI, DEGENERATA FIGLIA DEL PECCATO! LUSSURIOSA VIPERA! BRUCERAI ALL’INFERNO... -
Nel giro di tre secondi e mezzo la poverina si era infilata il vestito, senza nemmeno la biancheria intima ed era sparità urlando nel corridoio.
Dalla porta comunicante comparve Gibbs, in accappatoio e con la pistola in mano.
- Ma che diavolo succede? - chiese, guardando confuso la scena che gli si presentava.
Tony era in piedi sul letto, con indosso solo dei pantaloncini, e un’espressione completamente sbalordita. Nikita invece era appoggiata alla parete e rideva fino alle lacrime. - Niente, - disse tra i singulti - non succede proprio niente. -

[Continua...]

   
 
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