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Autore: VahalaSly    11/08/2013    5 recensioni
"[...]Improvvisamente vidi un'ombra vicino al Platano Picchiatore; sembrava essere appena uscita dal tronco, cosa altamente improbabile. Severus sembrò vederla a sua volta, poiché si lanciò all'inseguimento. Raggiunse il Platano Picchiatore e lanciò un incantesimo, così che l'albero smettesse improvvisamente di muoversi.
Sentii letteralmente la mia mascella in caduta libera.
Prima che potesse fare anche solo un altro passo però, un'altra figura si diresse correndo verso di lui. Lo raggiunse e lo bloccò, parandoglisi davanti."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Remus Lupin
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Remus. Era tutto quello a cui riuscivo a pensare. Era questione di minuti prima che arrivasse qui, prima che vedesse... e a quel punto ne sarebbe stato distrutto, non vi erano dubbi in merito.

Feci dei respiri profondi, cercando di ritrovare la calma.

Dovevo fare qualcosa, nascondere il corpo magari. Ma come?
Non ero nemmeno lontanamente abbastanza brava per trasfigurarlo; il massimo che sarei riuscita a fare sarebbe stato camuffarlo, ma questo non sarebbe certamente bastato ad ingannare Remus.

Quello era un cadavere, un uomo assassinato, ucciso da un licantropo, ucciso da... Remus.

No. Questo non potevo saperlo. Questo bosco pullulava di licantropi durante la luna piena, lo sapevano tutti. Poteva essere stato uno di loro.

Per il bene di Remus, speravo vivamente fosse così.

Provai a capire quanto potesse pesare l'uomo. Forse avrei potuto spostarlo, nasconderlo. Non mi fermai nemmeno a prendere seriamente in considerazione quell'idea, considerato quanto fosse ridicola. Se anche fossi riuscita a spostarlo, mi ci sarebbero voluti secoli per muoverlo di qualche centimetro, figuriamoci nasconderlo.

Forse la cosa migliore sarebbe stata allontanarsi, incontrare i ragazzi a metà strada e fingere di non aver visto nulla. Una breve occhiata ai miei vestiti mi fece capire che tutto il sangue su di essi mi avrebbe chiaramente tradito; cercai di ricordarmi velocemente un incantesimo per farlo sparire, ma non riuscivo a pensare lucidamente.

Sentii dei passi avvicinarsi veloci. Mi guardai attorno febbrile, cercando inutilmente una soluzione che purtroppo non sembrava esistere. Quando i passi furono ormai alle mie spalle, non mi premurai nemmeno di voltarmi, continuando a fissare il cadavere ai miei piedi. Sentii qualcuno trattenere il respiro, poi Sirius mi superò, avvicinandosi al cadavere e chinandoglisi accanto.

“Queste ferite...” sussurrò all'improvviso, voltandosi verso di me, il volto mortalmente pallido.

Riuscii solo ad annuire, poi mi posai con la schiena al tronco di un albero e, sentendo le gambe che non riuscivano più a reggere il mio peso, mi lasciai piano scivolare a terra, lo sguardo ancora puntato sul cadavere a pochi centimetri da me.

“Dov'è Remus?” domandai, al che lui sgranò gli occhi, tornando a guardare il cadavere “Poco lontano da qui, arriverà a momenti” disse infine.

“Cosa facciamo? Non può vederlo. Non reggerà”

“Non è stato lui” rispose il ragazzo, più duramente di quanto mi aspettassi.

“Sai bene quanto me che non ci crederà nemmeno per un secondo” ribadii, facendo come per passarmi una mano sul volto. La allontanai di scatto non appena mi ricordai del sangue che la ricopriva, trattenendo a stento un conato di vomito.

Sirius si inginocchiò davanti a me, posandomi un fazzoletto di stoffa tra le mani. Vidi chiaramente le sue iniziali ricamate sul bordo, le lettere che spiccavano sul bianco candido della stoffa in una maniera quasi innaturale.

Lo afferrai, ringraziando silenziosamente il ragazzo che ora mi guardava con attenzione “Tu stai bene? Sei ferita?”

“Non è a me che devi pensare. Il cadavere. Dobbiamo nasconderlo” decretai, pulendomi malamente le mani e rialzandomi in piedi, infastidita dal tono con cui mi si era rivolto.

Lui mi osservò ancora per qualche secondo, poi si passo una mano tra i capelli, espirando rumorosamente “Non possiamo”

Lo fissai senza capire “Cosa vorrebbe dire non possiamo?”

“Non c'è modo di mentirgli su una questione di tale importanza. Questa storia verrà a galla prima o poi, è meglio che lo sappia subito”
“Per Merlino, Sirius! Sai meglio di me come la prenderà!” sbottai, completamente presa contropiede dalle sue parole. Lui cominciò a camminare in circolo, esasperato, lo sguardo pieno di dubbio “Certo che lo so! Non cambia il fatto che deve saperlo, ma ora, non dalle pagine di un giornale”

“Lo distruggerà”
“E' più forte di quanto pensi. Ne ha superate tante, supererà anche questa” affermò lui fingendosi chiaramente più sicuro di quanto fosse in realtà. Si fermò nuovamente davanti a me e mi posò una mano sulla spalla, guardandomi dritto negli occhi “Non è stato lui” ribatté poi, facendomi chiedere, dal modo in cui lo aveva detto, se lo pensasse veramente o se stesse semplicemente esponendomi la versione ufficiale dei fatti, una versione a cui nemmeno lui credeva davvero.

Scossi la testa, ma non ribadì. Riconobbi che c'era qualcosa di vero nelle sue parole, ma questo non mi impedii di sussultare al suono della familiare voce di James a pochi metri da noi, che ci fece voltare entrambi di scatto “Eccovi finalmente! Abbiamo girato mezza foresta per cercarvi. Potevi avvertirci che l'avevi trov...” non riuscì a terminare la frase, poiché i suoi occhi notarono ciò che si trovava ai miei piedi. Io comunque a malapena mi accorsi del suo improvviso silenzio, troppo impegnata a osservare Remus mentre, incuriosito, cercava ciò che sembrava aver catturato l'attenzione di James e, finalmente, lo trovava.

Riuscii chiaramente a leggere la serie di emozioni che provò, tutte scritte chiaramente sul suo volto: orrore, paura, confusione, preoccupazione, dubbio e, infine, colpendolo così all'improvviso che quasi lo vidi piegarsi sotto il suo peso, arrivò il senso di colpa.

Vidi Peter alle sue spalle indietreggiare veloce, gli occhi spalancati dall'orrore, ma nessuno gli prestò attenzione. Gli occhi di tutti ora erano puntati su Remus, che sembrava paralizzato, lo sguardo che percorreva avanti e indietro il cadavere dell'uomo, soffermandosi su ogni taglio, ogni morso.

Sembrò essere passata un'eternità quando James decise di interrompere il glaciale silenzio che era sceso, avvicinandosi cauto a Remus “Non saltiamo a conclusioni affrettate. Sai bene quanti licantropi si aggirino per questi boschi. Non dobbiamo...”

Remus non gli diede modo di concludere la sua frase, voltandosi all'improvviso e correndo via, sparendo velocemente nell'oscurità della foresta.

“Lunastorta, aspetta!” urlò Sirius, precipitandoglisi dietro. James mi lanciò un'occhiata, poi afferrò Peter per un braccio. “Aspetta qui” mi intimò, affrettandosi poi a seguire gli altri due ragazzi trascinando con sé Peter, che continuava a fissare l'uomo a terra, pietrificato.

Non gli risposi nemmeno, andandogli subito dietro. Sinceramente, dubitavo fortemente che non si fosse accorto che lo stavo seguendo, visto quanto rumore stavo facendo, tuttavia sembrò non preoccuparsene. Lui e Peter si mossero il più velocemente possibile verso la direzione che presumibilmente avevano preso Remus e Sirius, ma per mia fortuna Minus sembrava non riuscire a fare due passi senza inciampare su qualcosa, permettendomi così di seguirli senza problemi.

Dopo qualche minuto sentii chiaramente la voce di Remus che urlava rabbiosa alla mia destra, e io mi sbrigai a raggiungerla, il cuore stretto in gola.

“Come fai a dire che non sono stato io?! E' a quanto? Dieci metri da dove mi avete ritrovato?”

“Questo non vuol dire niente” affermò Sirius, il tono quasi implorante. Mi avvicinai ancora, James e Peter subito dietro di me. Remus si voltò di scatto nella nostra direzione, la pelle più pallida che mai, gli occhi lucidi e rabbiosi.

“Remus...” sentì Peter mormorare, muovendosi lentamente nella sua direzione.

“Non sei stato tu, Lunastorta. Lo sai che non sei stato tu” disse subito James, così deciso che per qualche secondo gli credetti anche io. Remus tuttavia non sembrava pensarla allo stesso modo, perché subito strinse le mani a pugno “Il mio odore era ovunque. E per quanto finga che non sia così, anche Felpato lo ha sentito”

Spostai subito il mio sguardo su quest'ultimo, che si limitò ad abbassare la testa, rifiutandosi di smentire le parole dell'altro, che lo osservava quasi sperasse nel contrario.

“Potresti essere stato attratto dall'odore del sangue ed essere andato lì. Potresti aver sentito l'odore di un altro licantropo” continuò James.

“Smettetela di comportarvi come se non sapeste benissimo che sono stato io! I licantropi non vivono più in questa foresta, si sono uniti tutti a Tu-sai-chi, sono tutti con lui, e voi lo sapete!”

Nessuno dei ragazzi seppe cosa ribadire a quell'affermazione, al che io capii che doveva essere corretta.

“Quindi sei stato tu, è così?” domandai. I suoi occhi si sollevarono, pieni di orrore e vergogna, per incontrare i miei.

“Rispondimi” continuai duramente “Sei stato tu?”

Sentii la mano di Sirius sulla mia spalla, ma la ignorai, continuando invece a fissare Remus, che ora sembrava cercare con tutto se stesso un modo per non rispondere alla mia domanda, che chiaramente lo faceva soffrire. Mi sentivo morire nel vederlo così, ma volevo che rispondesse, volevo che capisse la portata di quanto si stava accusando.

“Sì” sussurrò improvvisamente, la voce impastata di dolore.

Mi avvicinai decisa, fermandomi a pochi centimetri da lui “Bene. Non mi interessa”

La testa di Remus si sollevò di scatto, una pura espressione di incredulità sul suo volto “Non mi importa di quello che è successo. Non eri in te. Tu stesso mi hai detto che quando sei trasformato, il lupo prende completamente il controllo. Smetti di incolparti”

“Non posso. Quell'uomo aveva una vita, forse una famiglia e io... Sono stato io. La colpa è mia“ Non era nemmeno più arrabbiato. Il suo tono di voce era lento, pacato, spento.

“E cosa intendi fare? Fuggire nei boschi, così che quello che è successo ieri notte accada ad ogni luna piena? Consegnarti? E a quel punto cosa pensi che accadrà alla tua famiglia, che non ti ha registrato come lupo mannaro al ministero? O a Silente, che ti ha accettato nella scuola?” vedevo il suo sguardo farsi sempre più incerto ad ogni mia parola. Non mi importava minimamente dei guai che avrebbero potuto passare quelle persone, ma sapevo che lui ci teneva. E io tenevo a lui. “E cosa farai se ti faranno bere del Veritaserum? Sarai costretto a raccontargli anche di Sirius, Peter e James. Dubito fortemente che si siano registrati come Animagi. Vuoi davvero vederli ad Azkaban?”
Remus guardò i suoi amici alle mie spalle, poi si posò la testa tra le mani “Che devo fare?”

La sua domanda rimase senza una risposta, nonostante vi fosse una parola che aleggiava limpidamente tra noi. Niente.

“Vieni, torniamo al castello” proposi, tendendogli la mano. Lui la osservò per qualche istante, chiaramente ancora combattuto, ma con mio immenso sollievo alla fine la afferrò.

James e Peter nel frattempo si erano avvicinati a Sirius, che ora stava annuendo pensieroso.

“Noi vi raggiungiamo tra poco” ci informò James, lanciandomi un'occhiata che diceva chiaramente “non fare domande”

Decisi di dargli ascolto, almeno per il momento, e mi sbrigai a trascinare via Remus, che fortunatamente sembrava troppo perso nei suoi pensieri per anche solo rendersi conto di quello che stava accadendo attorno a lui.

Camminammo per più di mezz'ora, mentre io cercavo di orientarmi in mezzo alla foresta, provando a cercare delle tracce che mi indicassero la strada, inutilmente. Remus continuava a fissare il vuoto, il volto così tirato che temevo si accasciasse al suolo da un momento all'altro. Avrei mentito se avessi detto di capire quello che provava: quell'uomo trovato poco prima per me era un estraneo, niente più di quello. Mi dispiaceva fosse morto, ma solo perché era Remus a doverne pagare il prezzo. Volevo che stesse bene. Volevo che mi parlasse, che mi guardasse negli occhi. Volevo che tornasse tutto come poche ore prima, quando la mia preoccupazione più grande erano i sentimenti che provavo nei suoi confronti.

Mi fermai, bloccando anche lui. Era inutile continuare a girare a vuoto, non saremmo mai riusciti a uscire da qui se Remus non mi avesse dato una mano.

Mi voltai verso di lui, decisa a smuoverlo dallo stato catatonico in cui sembrava caduto. Lo afferrai delicatamente per una spalla, chinandomi quanto bastava per riuscire ad incontrare i suoi occhi, che erano fissi sul terreno ai nostri piedi “Remus, mi serve il tuo aiuto”

Lui non mi rispose, ma anzi distolse lo sguardo dal mio, continuando ad osservare altro “Guardami, per favore” richiesi, cercando di nuovo il suo sguardo. Quando lui spostò la testa pur di evitarlo, cominciai ad irritarmi “E' questa la tua strategia adesso, evitare di guardarmi in faccia per il resto dell'anno?” mi allontanai lievemente da lui, posando le mani sui fianchi “Se credi che questo basterà a tenermi lontana ti sbagli di grosso. Quello che è successo stasera per quanto mi riguarda è stato solo un incidente di percorso. Ciò che ti ho detto precedentemente questa sera non cambia, sarà meglio che te ne faccia una ragione”

Niente, nessun segno di comprensione da parte sua.

“Remus...” chiamai ancora. Improvvisamente lui alzò lo sguardo e, pochi istanti dopo, le sue mani erano attorno alle mie spalle, che mi stringevano quasi dolorosamente in un abbraccio. Curvò la schiena e posò la fronte sulla mia spalla, stringendo ancora di più la presa. Inizialmente la sorpresa mi impedì di reagire, ma presto mi sentii stringerlo a me a mia volta, affondando il volto tra i suoi capelli.

Il suo peso mi fece indietreggiare, finché non sentii il duro tronco di un albero alle mie spalle. Fu in quel momento che percepii qualcosa di bagnato sulla spalla, e presto mi resi conto che Remus stava piangendo silenziosamente.

Rimasi immobile per qualche secondo, incapace di fare qualunque cosa. Mi ricordai quando mi aveva raccontato di cosa era per lui quella maledizione, e non potei fare a meno di sentirmene schiacciata nuovamente, esattamente come la prima volta in cui me ne aveva parlato.

Gli sollevai il viso, guardandolo dritto negli occhi lucidi. La sua presa ferrea non accennava ad allentarsi, ma io non volevo altrimenti. Avvicinai lentamente una mano al suo viso, cancellando una lacrima sfuggita ai suoi occhi, poi posai le mie labbra sulle sue.

I suoi occhi si spalancarono in sorpresa. Lo sentii quasi indietreggiare al mio tocco, ma io gli impedii di allontanarsi. Non mi farai del male, volevo che capisse. Niente era cambiato. Niente.

Non ci volle molto perché si arrendesse, abbandonandosi a me.

Questo bacio non fu gentile o incerto come il primo, né pieno di desiderio come l'ultimo.

Questa volta, il suo tocco sapeva di disperazione e rammarico. Il suo corpo era più vicino al mio di quanto fosse mai stato, eppure lui sembrava capace di continuare ad accorciare la distanza, come se non fosse mai abbastanza. Sentii il sapore salato delle lacrime sulle sue labbra e con esso ne sentii il dolore e la colpa. Non avevo più fiato, eppure non riuscivo a staccarmi da lui. Sentivo il suo bisogno per me, lo sentivo dentro le ossa e, quando lui fece salire una delle sue mani sul mio collo, mi resi conto che anche io avevo bisogno di lui. E questo mi fece paura.

Si staccò all'improvviso, dandomi velocemente le spalle. Rimasi qualche secondo appoggiata all'albero, respirando pesantemente, e lo guardai mentre si passava le mani sul volto, la schiena curva in avanti “Scusami, io...” cominciò.

“Sono stata io a baciarti, Remus. Non prendertene il merito”

“Il merito? Per Merlino, Elisabeth, hai visto cosa ho fatto a quell'uomo! Devi starmi lontana, per il tuo bene”

“Per il mio bene io dovrei stare lontana da James e Sirius, non da te. Inoltre, ormai dovresti saperlo che il mio bene ha poco a che vedere con le mie scelte”

Lui scosse la testa e si voltò nuovamente a guardarmi, ma mantenne le distanze “ Allora fallo per me, ti prego” mi supplicò. Io non battei ciglio, ostinatamente ferma sulle mie idee “Sono troppo egoista per farlo. Per di più, la tua trasformazione avviene una volta al mese. Una volta al mese, Remus” gli ricordai “Sono ventotto lunghi giorni in cui sei completamente innocuo. La tua scusa non regge”

“Non c'è nessuna scusa”

“E allora smettila di cercare di allontanarmi!” implorai, avvicinandomi a grandi passi verso di lui “Perché se il tuo timore è quello di ferirmi, allora stai prendendo la strada peggiore nel cercare di evitarlo”

“Potresti avere di molto meglio...”

Sollevai gli occhi al cielo, senza nemmeno lasciargli finire la frase “Non provarci nemmeno. Non è una tua scelta quello che è meglio per me, Remus. Tu sei ciò che voglio”

Lui mi fissò in un silenzio esasperato, infine si limitò ad espirare rumorosamente, abbassando le spalle “Sei la persona più testarda che abbia mai conosciuto. Sei perfino peggio di Sirius”

“Sono piuttosto sicuro che James mi batta abbondantemente. Alla fine, quanti anni sono che non demorde con quella Evans? Cinque?” ribadì, trattenendo a stento un sorriso. Sapevo che probabilmente la discussione non sarebbe semplicemente finita qui, ma ero contenta di aver vinto, almeno per questa sera. “In effetti probabilmente l'aggettivo più adatto in questo caso è imbecillità”

Vidi chiaramente le sue labbra piegarsi nell'ombra di una risata, ma purtroppo durò meno di un istante. La sua espressione tornò presto malinconica, ma io cercai di non curarmene. Sapevo ci sarebbe voluto un po' perché le cose tornassero al loro posto.

“Allora, hai intenzione di farci strada fino al castello o preferisci girare in tondo per tutta la notte?”

 

Riemersi velocemente dall'acqua, il fiato corto, e mi appoggiai al bordo della vasca. Osservai l'acqua in cui ero immersa, ormai completamente tinta di rosso, e ne sfiorai la superficie con le dita. Strano come non provassi assolutamente niente al pensiero che quel sangue appartenesse ad un uomo morto, quando invece tremavo al solo ricordo dei suoi occhi vitrei, dell'espressione di puro orrore sul suo volto.

Se qualcuno fosse entrato nel bagno in quel momento, probabilmente avrebbe pensato che mi stessi facendo il bagno in una vasca piena di sangue, quando invece erano bastate poche gocce sulle mie braccia e sulle gambe per rendere l'acqua così rossa. Quanto sangue c'era voluto per colorare la neve attorno al cadavere? Di sicuro l'uomo ne aveva perso parecchio, a giudicare le ferite che lo ricoprivano. Aveva sofferto? Era morto all'istante? Aveva visto il suo carnefice arrivare, o era stato colpito alle spalle, senza nemmeno il tempo di lanciare un grido di aiuto?
Scossi la testa, lanciando gocce d'acqua in giro per il bagno. Non serviva a niente farsi queste domande. L'uomo era morto, fine. Vi erano questioni decisamente più urgenti di cui occuparsi, domande più importanti da porsi. Remus, cosa ne sarebbe stato di lui?
Appena usciti dai boschi, eravamo tornati in silenzio verso la grotta che conduceva al passaggio verso il castello. Remus si era nuovamente richiuso nel silenzio, ma se non altro non sembrava più temere di incrociare il mio sguardo. Quando finalmente eravamo tornati all'interno di Hogwarts, il cielo aveva già cominciato a schiarirsi, perciò Remus si era affrettato a tornare in infermeria, fortunatamente ancora deserta, mentre io mi ero rifugiata nei dormitori della mia casa.

Mi sarebbe piaciuto rimanere con lui, almeno per assicurarmi che non avesse intenzione di fare niente di stupido, ma purtroppo sapevo bene che ciò era impossibile.

Cosa sarebbe successo ora?

Gli avvenimenti di questa notte sicuramente avrebbero avuto delle conseguenze. Come avrebbero gestito la prossima luna piena, considerando quello che era accaduto? Avrebbero rinchiuso Remus nella Stamberga Strillante? L'avrebbero incatenato? Entrambe le possibilità mi procurarono un enorme peso sul petto. Avrei semplicemente voluto cancellare gli ultimi due giorni, fingere che non fossero mai accaduti.

Mi bloccai. Lo volevo davvero?

Senza che potessi evitarlo, mi sfiorai piano le labbra. Avrei davvero rinunciato a... questo?

Probabilmente, se ne avessi avuto la possibilità, avrei dovuto, eppure non ero affatto sicura che l'avrei fatto.

Uscii dalla vasca da bagno senza preoccuparmi troppo di non gocciolare per terra, poi recuperai i vestiti che avevo messo sul bordo di un lavandino ad asciugare. La cosa stava diventando un'abitudine, notai.

Tornai verso la mia stanza, godendomi ancora una volta il silenzio che vi regnava, e mi gettai senza troppi preamboli sul letto, esausta. Feci appena in tempo a pensare che avrei dovuto parlare il prima possibile con gli altri tre Malandrini, prima di abbandonarmi al sonno.

 

Mi risvegliai cinque ore e un mal di testa più tardi, la mente appannata e confusa.

I ricordi della notte prima, comunque, erano chiarissimi, come se non avessi mai smesso di pensarci.

Mi sollevai di colpo, mettendomi addosso i primi vestiti babbani che mi capitarono sotto mano, poi uscii a passo spedito nei sotterranei, dirigendomi verso un punto imprecisato del castello. Il punto imprecisato si rivelò presto essere, come forse avrei dovuto aspettarmi, l'infermeria. Mi fermai all'entrata, osservando Remus che dormiva profondamente, il volto rilassato. Entrai e afferrai una sedia, sedendomi al suo fianco, godendomi l'espressione serena sul suo volto. Mi chiesi cosa stesse sognando che lo rendeva così felice, cosa gli avesse procurato quel sorriso.

Afferrai un libro che giaceva aperto sul suo comodino: era un libro babbano, un classico dell'ottocento. Con un sospiro mi sistemai meglio nella sedia e cominciai a leggere, stando ben attenta a non svegliare Remus. Non saprei dire con esattezza quanto restai lì a leggere, tuttavia all'improvviso sentì una mano posata sulla mia spalla e vidi Madama Chips che mi guardava con comprensione “Dovresti andare a mangiare qualcosa”

Lanciai un'occhiata a Remus, ancora profondamente addormentato, che subito venne intercettata dalla donna “Non si sveglierà prima di sera. Aveva il sonno agitato, perciò gli ho dato una pozione sognante. Se ti sbrighi farai ancora in tempo per il pranzo di Natale, sarebbe un peccato perderselo”

Annuii distrattamente, facendo una piccola orecchietta alla pagina a cui ero arrivata e posando il libro come lo avevo trovato. Per quanto mi sarebbe piaciuto rimanere per tutto il giorno a leggere ascoltando in sottofondo il lento respiro di Remus, c'erano delle questioni più urgenti da sbrigare e no, non erano il pranzo di Natale.

Ora che ero uscita dall'infermeria e la strana cappa di tranquillità di cui sembrava essere pervasa si era dispersa, sentii tutta l'agitazione tornare a premermi sul petto. Improvvisamente, non potevo più aspettare, dovevo sapere ciò che avevano trovato i Malandrini sul cadavere; perché sapevo che era questo ciò che avevano fatto quando erano rimasti indietro. Era quello che avrei fatto anche io.

Percorsi velocemente i corridoi del castello, affacciandomi in tutte le stanze in cui pensavo potessero essersi rifugiati i ragazzi. Controllai la Sala Grande, il cortile e perfino la biblioteca, poi feci una breve ricognizione in cucina, ma i tre beoti non sembravano essere da nessuna parte.

Emisi un grugnito esasperato – molto poco signorile – e mi appoggiai al muro, posandomi le mani sulle tempie. Che fossero ancora nella foresta? Poco probabile, a quest'ora si sarebbero accorti della loro assenza e allora avrebbero passato dei guai. E se fossero stati trattenuti? Magari qualcuno li aveva visti, magari li avevano trovati accanto al cadavere. Possibile che fossero stati arrestati?

Nel caso, cosa avrebbero fatto? Avrebbero finto di averlo trovato per caso? Ma come avrebbero poi fatto a spiegare la loro presenza fuori da Hogwarts? E se avessero consegnato Remus? No, non l'avrebbero mai fatto... giusto?

Scossi la testa. Se c'era qualcosa di cui ero convinta, è che non si sarebbero mai traditi a vicenda. La fedeltà che sembravano provare nei confronti dei loro amici era quasi eccessiva, tuttavia in questa occasione risultava decisamente conveniente.

Era comunque molto probabile che mi stessi facendo dei problemi inutili. Magari si erano semplicemente addormentati e... il dormitorio! Ecco dove non avevo controllato!

Praticamente mi lanciai verso la torre Grifondoro, ignorando le occhiate perplesse che ricevetti dai pochi studenti che incrociai. Percorsi le scale a due a due, arrivando finalmente in cima con il fiatone. Stavo già pensando a quali domande avessero la priorità, quando mi si parò davanti un ostacolo.

Ah, già. La parola d'ordine.

Guardai l'enorme e paffuta donna protagonista del dipinto davanti a me, che si stava ammirando con concentrazione in un piccolo specchio che teneva in mano. Mi chiesi se vi fosse modo di aggirarla, magari con un incantesimo, ma conoscendo Silente difficilmente avrei potuto trovare qualcosa che funzionasse.

“La parola d'ordine, cara?” mi chiese la signora gentilmente, lanciandomi comunque un'occhiata diffidente. La osservai in silenzio, meditando su quale parola potessero scegliere dei Grifondoro. Conoscendoli, non avrebbe sicuramente brillato per la sua ingegnosità.

“Siamo un branco di imbecilli?” borbottai, ricevendo in risposta solo un'espressione indignata “Mi dispiace, ma non è questa”

“Rimane comunque vero”

In quel momento il quadro si spostò e, per qualche glorioso istante, credetti di aver indovinato la parola. Poco dopo però vidi una figura mingherlina uscire dall'apertura, che subito si richiuse alle sue spalle. Era un ragazzino di non più di dodici anni, probabilmente del primo anno; teneva in mano una lettera e, con passo svelto, si stava affrettando a superarmi.

“Ehm, scusami, tu!” lo chiamai, facendolo voltare verso di me “Sì?” mi chiese lievemente seccato, riponendo svelto la lettera in una tasca. “Non è che potresti dirmi la parola d'ordine? L'ho... dimenticata” annunciai sorridendo cordiale e battendomi una mano sulla fronte.

“Sì, come no” ribadì quello, scoccandomi un'occhiata di sufficienza “Ti conviene inventartene un'altra”

Lo guardai sconcertata “Come prego?”

“Non ho intenzione di dare la nostra parola d'ordine ad una serpe” affermò quello con sguardo sprezzante, guardandomi dalla testa ai piedi con aria schifata, come se avesse avuto davanti un'enorme lumaca carnivora.

Rimasi per qualche secondo in silenzio, interdetta. Come aveva fatto a capire di che casa ero lo sapeva solo Merlino, visto che indossavo i miei abiti babbani “Va bene, mi hai beccata. Resta il fatto che lì dentro ci sono alcune persone con cui dovrei parlare e, senza parola d'ordine, non ho modo di farlo. Potresti gentilmente” strinsi i denti a questa parola “farmi entrare?”

“No.” rispose lui, chiaramente molto soddisfatto di sé “Ti converrà metterti comoda, perché ti toccherà aspettare qui finché quelle persone non usciranno di lì. Sappi, comunque, che i vostri giochetti da Mangiamorte non ci fanno paura. Ti conviene lasciar stare la mia casa, altrimenti dovrai fare i conti con me!”

“Con te?” chiesi ironica, squadrandolo. L'avvertimento non risultava particolarmente minaccioso, e immaginai che il fatto che il ragazzino raggiungesse a malapena il metro d'altezza facesse la sua parte.

Il suo volto si dipinse di un acceso color porpora e immediatamente la bacchetta fu nella sua mano tremante, puntata verso di me “Ti conviene girare alla larga”

Ok, questo è troppo.

Prima che avesse il tempo di reagire, si ritrovò appeso per una gamba come da una corda invisibile che pendeva dal soffitto, incantesimo che avevo imparato proprio da James e Sirius. Ironico come alla fine perfino quei due erano riusciti ad insegnarmi qualcosa di utile.

Il ragazzino si dimenò, cercando di liberare la gamba, ma senza successo. Sentii la donna del quadro alle mie spalle urlare indignata, ma non ci feci caso. Mi avvicinai al bambino e raccolsi la bacchetta che gli era caduta a terra, mettendogliela davanti agli occhi “La prossima volta, se vuoi minacciare qualcuno, assicurati di avere questa ben stretta in mano”

“Lasciami andare!”

“Solo se mi darai la parola d'ordine”
“Mai!”

Alzai gli occhi al cielo. E io che credevo che fossimo noi Serpeverde quelli drammatici “Allora resterai lì appeso finché quelle persone non usciranno da lì”

“Bene!” urlò lui, incrociando le braccia al petto con fare deciso. Gli scoccai un'occhiata infastidita, chiedendomi se la maledizione Cruciatus sarebbe stata considerata un trattamento eccessivo. Quando vidi il ragazzino farmi la linguaccia, decisi che probabilmente sarebbe stata fin troppo tenue.

Stavo ripercorrendo mentalmente gli incantesimi che avevo visto utilizzare da Sirius e James, decisa a farmi dare quella parola d'ordine – ora più per una questione di principio, che per necessità – quando notai che il ragazzino, il cui volto ormai assomigliava ad un enorme peperone, stava cercando freneticamente di nascondere la lettera che gli avevo precedentemente visto mettere in tasca sotto il largo maglione natalizio che indossava.

Mi avvicinai lentamente, godendomi la sua espressione allarmata, e sfilai velocemente la lettera mal nascosta sotto l'indumento “E questa cos'è?” domandai curiosa, aprendo la busta.

“E' una cosa personale, non toccarla!” ribadì lui, agitando le braccia e cercando di riprenderla, ma finendo solo per dondolare avanti e indietro come un allocco.

Lo ignorai, prendendo la lettera e aprendola con sincera curiosità. Cosa poteva contenere di così personale da farlo agitare tanto?

Mia adorata Lily,

E no, non un altro! Ma che aveva questa ragazza, una fabbrica di dolciumi incorporata?!

Sono io, Reginald ( Reg ) Cattermole, quello che hai sgridato qualche settimana fa perché correva nel corridoio del secondo piano.

Devi sapere che da quel giorno, non sono riuscito a pensare ad altro che a te. I tuoi capelli sono come l'alba, i tuoi occhi... smisi di leggere, indecisa se ridere o dare di stomaco.

“E così, la Evans ha fatto nuovamente colpo eh?” gli domandai sarcastica, felice di constatare che ora sembrava aver perso tutto lo spirito combattivo “James Potter sarà felice di constatare che ha un altro pretendente”

Il ragazzino, Reg, alzò di colpo lo sguardo, improvvisamente terrorizzato “Oh no, ti prego, non glielo dire!” mi supplicò. Lo osservai incuriosita, chiedendomi cosa lo spaventasse così tanto di James. Che avesse davvero avuto la faccia tosta di proclamare la Evans suo territorio? Conoscendolo, la risposta veniva da sé.

“E cosa avrò in cambio del mio silenzio?” gli domandai, facendomi aria con la lettera. La situazione mi stava divertendo fin troppo, constatai mentre osservavo il suo sguardo abbassarsi con espressione sconfitta “Va bene, ti farò entrare...” sussurrò a voce così bassa che a malapena riuscii a sentirlo “Però” aggiunse, alzando la voce “Ti aprirò io il passaggio, e starò con te tutto il tempo”

“Tutto il tempo? Non se ne parla”

“E va bene, almeno finché non sarai con le persone con cui devi parlare!” proclamò adirato, agitandosi “Ora però fammi scendere!”

Mossi lievemente la bacchetta, interrompendo l'incantesimo, e Reg cadde a terra pesantemente, gemendo di dolore. Quando si rialzò, subito si sporse per riprendere la bacchetta e la lettera dalle mie mani, ma io le sollevai in aria, impedendogli di raggiungerle “Queste le riavrai dopo che saremo entrati”

Lui sbuffò, ma non insistette oltre. Si diresse con aria mogia verso la donna del quadro, che ora mi stava letteralmente fulminando con lo sguardo, e borbottò a voce bassissima quella che speravo essere, per il suo bene, la parola d'ordine.

Trattenni un'esclamazione di vittoria quando vidi il quadro spostarsi e subito mi affrettai a entrare nel passaggio, prima che la signora che lo occupava cambiasse idea e decidesse di tranciarmi a metà strada.

Entrai velocemente nella sala comune Grifondoro, ora addobbata di decorazioni natalizie e pacchi regalo – la maggior parte scartati – sparsi per tutta la stanza. Il colore dominante sembrava decisamente essere il rosso, che creava un ambiente caloroso e familiare, assolutamente opprimente. A differenza dei compagni della mia casa, parecchi Grifondoro sembravano aver scelto di passare le loro vacanze natalizie ad Hogwarts e, ora, ognuno di essi sembrava impegnato a fissarmi con aria diffidente.

“Dove sono i dormitori maschili del sesto anno?” chiesi a Reg, che continuava a fissare la lettera tra le mie mani con aria truce. Lui non mi rispose, ma si limitò a camminare verso una scalinata alla nostra sinistra. Lo seguii, felice di allontanarmi da quella stanza. Quando finalmente raggiungemmo il dormitorio, superai Reg e aprii impaziente la porta, ritrovandomi in una stanza circolare con otto letti, tre dei quali erano occupati da delle figure familiari.

Figurati se non stavano dormendo pensai seccata, avvicinandomi al letto di Sirius. Mi chinai al suo fianco, osservando divertita i suoi capelli arruffati e sparsi per tutto il cuscino, e lo scossi piano per la spalla, cercando di non svegliare gli altri. Per sapere cosa era successo, Sirius era più che sufficiente: Peter difficilmente diceva più di due frasi in croce; James al contrario ne diceva fin troppe, ma raramente contenevano qualcosa di utile.

Sirius emise un grugnito, muovendo il braccio come a scacciare una mosca. Lo scossi con più forza, chiamando il suo nome, infine, scocciata, gli diedi un leggero schiaffo sulla guancia. A quel punto i suoi occhi si aprirono di scatto, fissandosi sui miei e, prima che me ne rendessi conto, si era allontanato da me urlando e cadendo dall'altra parte del letto, trascinando tutte le coperte con sé.

Spaventata dall'improvviso movimento, anche io arretrai di colpo, lanciando un grido e cadendo addosso a James, che si trovava nel letto alle mie spalle. Quello si alzò velocemente a sedere, guardandosi attorno con fare spaventato. Non appena mi vide i suoi occhi si spalancarono in sorpresa “Per tutti i berretti rossi, cosa cavolo stai facendo?!”

Mi sollevai di scatto “Sono venuta qui per parlare” annunciai subito, come se questo bastasse e spiegare tutto. Tornai a guardare Sirius, che ora stava cercando di sbrogliare le gambe dalle coperte, che sembravano averlo intrappolato nella loro presa. Peter intanto continuava a dormire indisturbato, come se avesse ingerito anche lui qualche litro di pozione sognante.

Un colpo di tosse risuonò per la stanza e tutti ci voltammo verso la fonte del suono. Reg era lì fermo che ci guardava incerto “Voi... voi la conoscete?” chiese timorosamente a Sirius e James. Con loro fai il timido eh?

“Purtroppo” commentò James, beccandosi la solita occhiataccia in risposta. Reg comunque sembrò non ascoltarlo nemmeno, troppo impegnato a fissare la sua preziosa lettera che ora giaceva sul letto di James, a pochi centimetri dalla sua mano. Fui quasi tentata di consegnarla a James, tuttavia decisi che quel ragazzino sarebbe potuto tornarmi nuovamente utile, perciò la afferrai veloce e gliela riconsegnai insieme alla sua bacchetta “Ecco, come promesso. Ora te ne puoi andare” decretai, facendo cenno verso l'uscita. Reg non se lo fece ripetere due volte; dopo aver scoccato un'altra veloce occhiata a James, subito uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

“Come l'hai convinto a farti entrare?” domandò sorpreso Sirius, che finalmente era riuscito a rimettersi in piedi “E' un osso duro quello”

“Ognuno ha i suoi metodi” tagliai corto, sorridendo di sottecchi “Bene, cosa avete trovato?”

James e Sirius si scambiarono uno sguardo. "Eh?"

Alzai gli occhi al cielo “Nel bosco, quando siete rimasti indietro. Avete scoperto qualcosa?”

James mi guardò sconcertato “E tu ci hai svegliati per questo? Non potevi aspettare questo pomeriggio per saperlo?!”

“E' pomeriggio” ribadii impaziente, continuando a guardarli con aspettativa. Sirius sospirò rumorosamente, sedendosi di nuovo sul letto “E va bene. Abbiamo controllato le ferite, sono indubbiamente i segni di un lupo mannaro. Non c'è modo comunque di capire se è stato effettivamente... lui a infliggerli. Abbiamo comunque cercato di nascondere il corpo il meglio possibile. Quando salterà fuori, si scatenerà una vera e propria caccia al licantropo” mi spiegò con tono grave.

“C'è comunque qualcosa che non quadra in tutta questa storia” decretò James, passandosi una mano tra i capelli già scarmigliati “Ad esempio i graffi sul suo volto. Perché avrebbe dovuto ferirsi da solo?”

“Non è possibile che si sia reso conto di quanto stava facendo e si sia ferito per questo?” domandai incerta. James scosse la testa “Molto improbabile. Per quanto ne sappiamo, da lupo perde completamente la coscienza”

“Cosa farete alla prossima luna piena?” chiesi allora, constatando con amarezza che purtroppo avevano scoperto ben poco.

Sirius espirò rumorosamente “Niente”

“Cosa vorrebbe dire niente?”

“Esattamente quello che sembra” dichiarò James “Non possiamo rinchiuderlo, anche se probabilmente insisterà perché venga fatto. Quando è rinchiuso, diventa violento. E poiché non ha nessuno contro cui esserlo, lo diventa contro se stesso”

“Perciò preferite che rischi di ammazzare qualcun altro, purché non si faccia del male?” domandai sconcertata. James mi guardò alterato “Lui non ha ammazzato proprio nessuno. Non c'è nessuna prova...”

“Ehi, calma, non sto dicendo che non sono d'accordo. Lo sono. Ciò che mi sorprende e che voi siete di questa idea”

“Come stavo dicendo, noi a differenza tua siamo disposti a credere che non sia stato lui. Tu invece sembri aver già deciso che è così”

“Io non...” non riuscii a finire la frase, perché la porta del dormitorio si spalancò con un tonfo. Un ragazzo si precipitò dentro il dormitorio con il fiato corto e subito si diresse verso il suo baule, gettandovi dei vestiti all'interno.

“Che succede?” gli chiese preoccupato Sirius, avvicinandosi. Il ragazzo alzò lo sguardo, guardandolo confuso “Non hai sentito? Hanno trovato un cadavere a poca distanza da qui. Mia madre mi ha imposto di tornare immediatamente a casa”

Io e James ci lanciammo un'occhiata, entrambi con lo stesso pensiero in testa.

“A sì?” domandò Sirius con aria casuale, nascondendo a malapena la preoccupazione nella sua voce, che tuttavia fu mal interpretata dal ragazzo “Fai bene ad essere spaventato, perché non è la cosa peggiore. Sembra che sia stato un lupo mannaro! Ti rendi conto, un lupo mannaro a Hogsmeade!”

James corrugò la fronte “A Hogsmeade?”

“Sì, appena fuori da Mielandia. Una ragazza poco più grande di noi, una vera tragedia”

Un brivido mi percorse la schiena, accompagnato anche da una sensazione di sollievo. Un altro cadavere. Dopotutto, forse Remus era davvero innocente.

Questo però voleva dire che vi era un altro licantropo in circolazione, uno che non sembrava preoccuparsi di mietere vittime. Lo stesso licantropo che probabilmente aveva ferito Remus, quasi uccidendolo.

Quando incrociai nuovamente il mio sguardo con quello di James, tutto ciò che vi lessi fu terrore.

  
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