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Autore: Alexis Cage    11/08/2013    2 recensioni
Non volevo sposarmi, specialmente con uno sconosciuto. Ma quando lo conobbi capii che la fortuna aveva deciso di essere a mio favore (o sfavore) perchè lo amai davvero. E questa fu la mia condanna.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La malattia passò in una settimana. Non so come, non so perchè, ma dopo esattamente sette giorni si risvegliò guarito completamente.

Appena si rivestì e uscì dalla sua stanza io gli ordinai di non tornare nel suo studio. Lui si mostrò sorpreso, forse perchè voleva proprio farlo, e gli intimai che non l'avrei mai perdonato se avesse tentato di rientrare in quel mondo maledetto, anche se avevo capito che era quel mondo, a non volerlo lasciare libero.

Forse perchè mi ero aspettata che protestasse, rimasi sorpresa quando lui disse che avrebbe tentato di resistere lontano dalle ombre.

E cominciò un periodo completamente diverso per il nostro matrimonio.

Gli feci vedere ogni valle, ogni animale, ogni tramonto del paese. Viaggiammo, visitammo le città più belle, mi fece vedere per la prima volta l'oceano, andammo alle migliori feste mondane mai organizzate, e ci divertimmo tanto che riuscii anche a farlo ballare. Ci facemmo conoscere, e tutti invidiarono il profondo sentimento che ci legava, forse rafforzato dal segreto che lui aveva deciso di condividere con me.

Fu il periodo più bello della mia breve vita, probabilmente. E fu per quello, forse, che le ombre decisero di porvi fine.


Accadde durante la festa organizzata da una mia lontana parente, un'anziana donna sempre aggiornata su ogni pettegolezzo del paese, che probabilmente voleva riallacciare i rapporti con me solo perchè tutti avevano sentito parlare di noi. Accettai di andare a quella festa solo perchè il mio sposo si sarebbe divertito a prendere in giro i presenti, tratto in comune tra noi che avevo felicemente scoperto un mese prima, durante una festa simile.

Arrivammo in perfetto orario, come dovevano fare le persone cortesi, e salutammo la nostra ospite cercando di non ridere, poichè per tutto il tragitto percorso per arrivare lì l'avevamo presa in giro. Ovviamente l'anziana padrona di casa ci studiò per bene prima di guidarci in un gruppetto di nobil uomini e nobil donne che conoscevamo di vista per discorrere un po', mentre i musicisti, in un'angolo dell'ampia sala, si preparavano per cominciare a suonare.

Volarono due ore tra discorsi pomposi e moine alla padrona di casa, mentre tutti coloro che ci parlavano non notavano gli sguardi di divertita ironia che io e mio marito ci lanciavamo di nascosto, prendendoli silenziosamente in giro.

Dopo l'ennesima presentazione di un ospite sconosciuto, io e lui ci avvicinammo al tavolo delle bevande. Avevo notato che era un po' pallido, ma immaginai fosse per i pochi bicchieri di alcolici che aveva bevuto, poichè non li sopportava molto, e quando giungemmo al tavolo si appoggiò ad esso con aria stanca. Gli chiesi se si sentisse male, forse perchè una piccola parte della mia mente mi ricordava in ogni momento quella notte di poco più di un mese prima, ma lui scosse la testa con un sorriso rassicurante, come a dire che andava tutto bene.

E dopo un secondo spalancò gli occhi con un'espressione di puro terrore.

Io lo fissai spaventata e sopresa, e dopo qualche istante seguii il suo sguardo, puntato sul centro della pista da ballo. Danzavano già parecchie persone, ma capii subito cosa aveva spaventato mio marito. E cosa spaventava me.

Erano esattamente al centro. Ballavano lentamente, con sicurezza, sapendo che nulla avrebbe potuto far loro del male. Avevano delle maschere scure che nascondevano metà del loro volto, ma erano perfettamente visibili i loro occhi.

Erano neri come la pece, come la notte, come l'oscurità. Ed erano fissi su di noi.

Lentamente, con così tanta calma da quasi farmi morire di terrore, le labbra delle due ombre si piegarono verso l'alto. E a noi due fu chiaro il loro messaggio.

"Vi troveremo. E non ci sarà alcun posto dove potrete nascondervi, perchè è inutile fuggire da noi."

Con una forza che non avrei mai immaginato di avere spostai gli occhi da loro per guardare mio marito. Era così pallido da sembrare un cadavere, e stava iniziando a tremare, come se avesse visto il suo peggiore incubo.

E, come quella lontana notte, toccò a me salvarci entrambi.

In qualche modo riuscii a vincere il mio istinto di conservazione, che mi urlava di abbandonare l'uomo che amavo e fuggire per sempre da quel mondo, da quelle ombre, lo presi per il braccio e lo trascinai con fatica verso l'uscita dell'edificio.

Lui non si voltò neanche. Si lasciò trascinare come un peso morto, non staccando mai gli occhi dalle due ombre al centro della pista da ballo.

Aprii la porta e lo spinsi attraverso essa senza tanti complimenti. Poi, non so dove trovai il coraggio di farlo, mi voltai.

Mi stavano ancora fissando con quei sorrisi. "È inutile fuggire da noi".

Varcai la porta senza voltarmi indietro.

  
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