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Autore: _Woodhouse_    11/08/2013    2 recensioni
"La verità è che sapere voleva dire cominciare a sperare."
Un segreto - quello di Aido e Yuki - che cambierà le sorti di un'eterna partita a scacchi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanabusa Aido, Kaname Kuran, Nuovo Personaggio, Yuki Cross, Zero Kiryu
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nell’opacità oscura della notte, un tocco riservato e delicato scivolò per tutta la lunghezza del mio braccio, soffermandosi a più riprese in alcuni punti, delineando stradicciole sulla scia delle mie vene.
 Tutto il mio corpo urlò: “Kaname” ed un fremito implacabile riattivò i miei sensi cosicché ad un tratto mi trovai seduta sul letto, ansimante e spaventata.
Sul mio viso, un istante dopo, morì un soffio di parola nato dalle labbra di Zero. Il mio Zero mi sedeva accanto e il ritmo del suo respiro mi confessava un’incrinatura di preoccupazione che tentava malamente di celare.
«Sono io, Yuki: Zero. Ti ho dato fastidio?»la sua voce, a differenza del suo respiro, era stabile,  persino distaccata.
«Ma che dici, sciocco!», mi slanciai verso di lui e lo circondai con le braccia,
«è che non ti aspettavo, perciò mi sono allarmata. Pensavo che saresti stato di ritorno solo domani. »
«A volte si fa più in fretta di quanto non si pensi.»mi strinse dolcemente.
«Non sei contenta? Mi sarei aspettato un altro tipo d’accoglienza.»
Così dicendo mi depositò un pizzico sul fianco. Nel buio non potei lanciargli alcun sguardo di sfida, quindi mi allungai e lo sovrastai col mio corpo, lasciandolo inerme sotto di me. Gli spostai i capelli dagli occhi e gli carezzai la fronte ancora provata dal gelo pungente della sera.
 Zero si lasciò sfiorare rimanendo in silenzio, mi regalò solo una carezza sull’incavo della schiena e nell’istante in cui tastai le sue labbra con le mie, mi accorsi del suo respiro pesante. Era caduto in sonno profondo verso cui lo avevo condotto cospargendolo del tepore di carezze e baci.
Povero il mio Zero, quanto desideravo potergli parlare di tutto come se fosse parte di me. Ma Zero era qualcosa di infinitamente diverso e confuso.
Zero era il mio amante.
Zero era il mio migliore amico.
Zero era la mia preoccupazione.
Zero era la mia nemesi.
Zero era il mio destino.

Zero era tutto questo, ma non mi appartenne mai davvero, né io appartenni a lui.
 Tra di noi era rimasta una patina sottile che non ci permetteva di filtrare i pensieri più privati dell’altro.
 A noi andava bene così, comunque.
Ci si sarebbe potuti definire l’uno la prosecuzione dell’altro, due anelli concatenati, logorati dalle stesse intemperie, intrisi delle stesse ruggini, segnati dagli stessi graffi.
Proprio perché eravamo tutto questo e altro, altro ancora, provavo un senso di afflizione profonda nel non essere in grado di parlargli dell’enorme segreto che da meno di due giorni io ed Aido custodivamo.
Mi feriva lasciarlo fuori da un momento così importante per la mia esistenza e mi sentivo una vigliacca che non aveva il mero coraggio di confessare all’uomo della propria vita che tutto rischiava di cambiare di nuovo. Non riuscivo nemmeno a pensare a come avrei potuto dirgli che il nostro equilibrio bipolare avrebbe ri-acquisito il suo terzo destabilizzante polo.
Gli avrei fatto del male e lo sapevo, perché pensare ad una vita in cui Kaname e Zero sarebbero potuti coesistere significava rimettere in gioco le mie priorità, i miei sentimenti, i miei timori, la mia sete.
Sentendo il mio uomo lasciarsi lambire dal sonno proprio sotto il mio petto, il mio cuore venne compresso da una stretta feroce.
Sapevo a cosa stavo andando incontro e per un attimo mi baluginò nella mente l’idea che il mio potesse essere considerato sotto molti aspetti un crudele tradimento.
Infilzai disperatamente le unghie nelle pieghe della camicia smunta di Zero e tirai fuori le zanne in un impeto di malsana rabbia contro me stessa.
Avrei voluto affondare i miei denti nella sua carne pallida e virile, avrei voluto nutrirmi di lui, del suo odio e del suo amore per me, avrei voluto dissanguarlo, nutrirlo a mia volta e morderlo di nuovo.
Avrei voluto smettere di avere sete di sangue e di risposte.
Ma sapevo che nemmeno nutrendomi di lui per tutta la notte ci sarei riuscita completamente.

 
 
   
 
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