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Autore: Loda    11/08/2013    2 recensioni
Se non ti guardi allo specchio, non lo vedi che stai piangendo. Ma le lacrime ne hanno anche un altro di riflesso, che è tutto interiore, ed è più crudele di esse stesse, infinitamente.
Si tratta del sangue.
"Non si tratta di essere buoni o cattivi, non si è mai trattato di questo. Ci sono solo epoche da attraversare, scelte da compiere e personalità che crescono. Nessuno vive così poco da non cambiare volto nemmeno una volta"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo

In data 11 agosto ho aggiunto una sequenza all'ultimo capitolo, se l'avete letto prima ridateci un'occhiata ;)


EPILOGO 

 

 



Inghilterra, 2073
 
  
Chiuse la porta dietro di sé, non prima di aver acceso la luce dell’ingresso. La luce non gli serviva, oh no, ma bisognava stare attenti. Un piccolo dettaglio come quello quello e ti potevi ritrovare denunciato dai vicini. E’ un vampiro, avrebbero gridato, i vampiri non accendono mai la luce! 
“Papà…” lo accolse una voce lagnosa. 
“Eccomi a casa” disse lui, avanzando a fatica tra degli scatoloni che ingombravano il soggiorno. 
Maryann lo guardò con un sorriso colpevole. “Sto facendo pulizie, non sei contento? Dici sempre che ho troppi vestiti”. 
“Certo” borbottò l’altro “Hai accumulato più vestiti tu in cinquant’anni che me in…”. 
“E tu” lo interruppe Maryann, strizzando gli occhi “che pure sei nato nell’età della pietra, ti ostini a voler accendere queste fastidiosissime luci…”. 
“Norme di sicurezza, semplici norme di sicurezza…”. 
Maryann cominciò a fargli il verso e lui s’alterò. “E poi, quale età della pietra! Sarebbe meglio se ti rifacessi un bel ripasso di storia…”. 
La ragazza si mise a volteggiare nel soggiorno con un risolino. “E’ ovvio” cantilenava “Tu sei Dubris, il Presidente… Se non le rispetti tu le norme di sicurezza!”. 
Dubris si puntò le mani sui fianchi, esasperato. Poi sospirò, poggiò la borsa sul tavolo e l’aprì. Porse a Maryann il barattolo pieno di sangue che vi era all’interno. 
Quella sbuffò ma lo afferrò. “Papà… Quando potrò tornare ad occuparmi da sola del mio sostentamento?”. Aprì il barattolo con foga e bevve tutto in in sorso. 
Dubris sorrise. “Lo sai che questi sono tempi brutti, Mary”. 
Si sedette, pigramente, sentendo scivolargli addosso tutta quanta la preoccupazione che credeva di aver abbandonato una volta uscito dalla Sede. 
“Ci sono stati altri casi strani?” domandò Maryann, diventando seria tutto a un tratto. 
Dubris annuì. “Umani che muoiono per mano di vampiri durante il giorno… e così tanti vampiri che vengono uccisi da altri vampiri”. 
“E’ così assurdo?” chiese la ragazza “Voglio dire… I vampiri di solito andavano d’amore e d’accordo tra di loro?”. 
Dubris non poté trattenere un sorrisetto all’ingenua domanda, pensando a ricordi neanche troppo lontani. 
“Ci sono sempre stati vampiri che fanno la guerra ad altri vampiri” spiegò “ma il fenomeno si è davvero intensificato. Io credo che ci sia un collegamento con gli umani che vengono morsi di giorno”. 
Maryann si abbandonò su una sedia con un sospiro. “Vampiri che vedono il sole… Che invidia”. 
Dubris la guardò torvo ma non disse nulla. Maryann era così giovane… I capelli ondulati le coprivano gran parte della schiena, era quella la pettinatura che la ragazza aveva scelto prima della sua trasformazione. Gli occhi erano di un delicato marrone, che si circondava all’estremità dell’iride di un verde scuro. Fulve ciocche le ricadevano sulla fronte e aveva qualche lentiggine sul naso. Era così dolce guardarla, e Dubris si lasciava andare ai ricordi. Solo settant’anni prima neanche credeva che avrebbe mai avuto qualcuno che lo chiamasse papà. 
“E’ come se fossero arrivati dei vampiri fortissimi da chissà dove” disse, ridestandosi “Vampiri incredibili… Che ci vogliono mandare un messaggio di guerra. Per gli umani sarebbe la fine”. 
Era per quel motivo, del resto, che Maryann era stata trasformata. Fin da piccola sognava di diventare come il suo “papà”. Eliza, sua madre, era spaventata ma quando, una volta malata, Dubris le aveva chiesto se poteva trasformare Maryann per tenerla al sicuro, la donna gli aveva ricordato quello che tanti anni prima gli aveva detto. Di occuparsi del suo futuro figlio – o figlia – nel modo migliore in cui credesse di fare il suo bene. 
E così, una volta compiuti ventitré anni, Maryann venne trasformata da Dubris, dilaniato da due sentimenti contrastanti. Il dolore di trasmettere l’eterna dannazione alla creature a cui voleva più bene in assoluto e la gioia, vergognosa, di avere un’altra creata che, in qualche modo, potesse rimpiazziare il vuoto lasciato da Ramona. 
Cercò con lo sguardo la fotografia di Eliza poggiata su una mensola del salotto. La cercava sempre in cerca di approvazione. Sto facendo del mio meglio, Eliza, ci sto provando, pensava. 
Perché non hai trasformato anche la mamma prima che morisse, lo aveva rimproverato una volta Maryann, ora saremmo tutti e tre insieme. 
A Dubris sarebbe piaciuto ma Eliza non aveva voluto. Aveva preferito crescere sua figlia da umana, insegnandole i giusti valori, facendola giocare all’aria aperta. E poi era diventata vecchia, si vergognava perfino di farsi vedere da Dubris, che pure continuava ad amarla tantissimo, e aveva preferito lasciarsi morire. Gli mancava tanto. 
“Ma da dove arrivano?” stava ragionando Maryann “Non possono essere stati creati da poco, no? I vampiri giovani sono quelli più deboli”. 
Dubris la guardava e ne andava sempre fiero. La guardava perché rivedeva Eliza in lei. 
“Già” ammise dopo un po’ “Non riesco proprio a spiegarmelo”. 
Eppure, se ci pensava, se guardava quella fotografia di Eliza, se ricordava i momenti in cui quella vecchia casa si era riempita di vita, non poteva che essere felice. Aveva scoperto la gioia di avere una vera famiglia, quella che credeva potessero avere solo gli umani, quella che, se guardava Mary, era contento, perché l’avrebbe avuta per sempre. 
  
  
  
Il sentiero ciottoloso, qualche zolla di terra, qualche respiro di prato; file e colonne di lapidi bianche. La sera, con la sua leggera foschia, avvolgeva tutto col suo solito fascino, mentre la luna risplendeva della sua solita inquietudine. Il luogo più spaventoso per Jacque. 
Era diventato bravo a capire quanto potessero vivere gli umani. In realtà non sapeva con quale speranza fosse entrato nel cimitero. Forse avrebbe preferito rincontrarla, da viva, anziana, e farsi raccontare le sue vicende. Quali uomini avesse conosciuto, se era soddisfatta della sua vita. O forse preferiva ricordarla com’era, giovane e forte, con le lacrime agli occhi e le guance rosse, l’umanità che gli aveva fatto credere di poterla avere. Era stato un egoista. Pagava continuamente il suo prezzo, scontava la sua pena, guardando ancora le tombe degli altri. Gli altri, quelli che riposavano in pace, quelli che una risposta già ce l’avevano. 
  
Emily Dixon 
1985 – 2069 
Amata moglie e una madre premurosa per Jack 
  
Era giusto così, che fosse morta così. Jacque la vedeva nella piccola fotografia accanto ai fiori. Riconosceva i lineamenti, gli occhi nocciola, il sorriso sincero. E quelle rughe lo angosciavano: quale ragazzo di vent’anni – era questo che lui sembrava – non sognerebbe di non avere mai neanche una ruga? Il pensiero lo attanagliava in una morsa, come al solito. 
I suoi occhi caddero sul nome del figlio di Emily. Sorrise, sicuro come lo era del tempo che Emily non lo avesse mai dimenticato. Quando gli umani dicono che non dimenticano, non dimenticano davvero, pensò. Chissà se invece lui, tra due o trecento anni, si sarebbe ancora ricordato di lei. 
Del resto aveva cose così importanti per la testa ora… 
Nella mano sinistra teneva una lettera, il cui contenuto era assai rilevante. Quello che aveva letto… Doveva parlarne con Dubris, il Presidente della Rappresentanza. Soltanto ora i pezzi del puzzle combaciavano. Umani che venivano morsi durante il giorno, Claire vampiro che camminava sotto il sole, dicendo di aver morso tre umani, come l’ultima volta… Non farneticava, non era impazzita. 
Jacque inspirò a fondo. 
“Sono contento che tu sia vissuta prima di tutto questo, Emi” sussurrò alla tomba “Spero che tuo figlio Jack viva a lungo come te”. 
Strinse nella mano sinistra la lettera che gli aveva donato il suo unico e tormentato amore. Con la mano destra mandò un bacio alla foto di Emily. Poi si voltò e tornò sui suoi passi, nel silenzio della notte.












Non mi sembra vero aver finalmente finito! Un anno e mezzo fa questa storia era solo uno schema fatto su un quaderno e mi sembrava una storia così complicata, e ora sono ben 563 pagine :S Nonostante la debba riguardare e rifinire, sono soddisfatta del mio operato e ringrazio tantissimo chiunque abbia letto e soprattutto chi ha recensito. Mi farebbe assai piacere se chi l'ha letta fino alla fine (i pochi coraggiosi XD) mi lasciasse un piccolo parere sui contenuti e sulla forma :) 


A chi ama recensire pongo le mie questioni/curiosità:
1) qual è il personaggio riuscito meglio e quale quello riuscito peggio, che dovrei cercare di approfondire di più?
2) ha un senso veder evolvere il personaggio di Dubris da personaggio secondario a personaggio principale (insieme agli altri)? Le sequenze col suo punto di vista appaiono solo verso la fine, dovrei metterne qualcuna anche all'inizio?
3) i personaggi hanno un loro senso individuale o ragionano tutti in maniera simile? sono sufficientemente approfonditi?
4) qual è la coppia che vi è piaciuta di più? Aci-Manlio, Aci-Miguel, Aci-Kaeso, Aci-Jacque, Aci-Dubris, Jacque-Emily, Dubris-Eliza e poi non mi ricordo più nemmeno io.. 
5) personaggio preferito? XD
6) i continui salti temporali appesantiscono la lettura? c'è il rischio di perdere il filo? 
7) ci sono descrizioni a sufficienza? o l'immagine visiva si fa difficoltosa?
Alcune domande mi possono aiutare con la revisione, ma ovviamente non siete tenuti a rispondere a tutto :)

So che questo epilogo lascia un piccolo dubbio in sospeso (come l'ha avuta Jacque la lettera?) e lascia presagire l'inizio di una nuova storia, ma per il momento non è previsto un seguito. Chissà, magari un giorno mi verrà voglia.. ma mi piace anche concludere così. Del resto le cose non hanno mai una fine precisa. 

Di nuovo grazie a tutti, è stata una gran bell'esperienza, come lo è ogni storia.  

Loda
   
 
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