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Autore: Panenutella    12/08/2013    2 recensioni
Lo guardai meglio: era un angelo….
Aveva il viso cordiale e aperto. Gli occhi neri e profondi come due pozzi guardavano attenti il mondo e risplendevano come la luna. I suoi lineamenti era fini e eleganti, proprio come quelli di un Elfo. La sua stretta era gentile, la sua pelle calda. I capelli corti e neri erano pettinati in modo sbarazzino. Indossava una maglietta bianca a maniche corte e mi salutò con un largo sorriso.
Nella mia mente contorta cominciai a sbavare come un mastino.
ATTENZIONE: la protagonista interpreta il ruolo della figlia di Galadriel – ovviamente inventata da me -, Hery, che ha una storia d’amore con Legolas e segue i protagonisti nel loro viaggio.
La maggior parte degli avvenimenti narrati in questa fic sono realmente accaduti, ma sono raccontati dal POV della protagonista.
Divertitevi, leggete e recensite in tanti! :)
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lesley's World'
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La mia vita sul set – Cap 28.

Presi un sasso da terra e lo lanciai verso l’acqua del lago. Dopo aver disegnato un arco in cielo la pietra si immerse nei flutti con un pluf. Lontano da me, accostati alla riva, le sagome di Viggo e John intenti a pescare; dietro di me, le tende montate e Bernard che faceva cuocere gli spiedini sul falò. Gli Hobbit e Orlando erano andati a prendere altra legna; la freddolosa Miranda si era rintanata nella tenda a leggere in attesa della cena; accanto a me, chino a prendere un’altra pietra da terra, stava Craig.
Si alzò e tirò la pietra sull’acqua, facendola rimbalzare tre volte.
- Che cosa gli avresti risposto?
Continuai a lanciare sassolini.
- Se avesse detto sul serio, dici? – Craig annuì. – Pensi che fosse tutto uno scherzo?
- Non sviare la domanda – rispose. Guardai il sole quasi al tramonto, pensosa.
- Non lo so – sospirai. – È troppo presto per pensare al matrimonio! Insomma, ha appena messo i vestiti nel mio armadio e già è dura per me abituarmici… ma sposarmi adesso? Ho appena diciott’anni!
- Beh, non è che lui sia di tanto più grande…
- Vero, ma rimane il fatto che sia troppo presto per entrambi.
- Quindi gli avresti risposto di no?
- Per adesso, sì.
Presi ancora un sasso e lo scagliai lontano con tutta la mia forza. Prese la direzione sbagliata e affondò con fracasso poco lontano da John e Viggo.
- Ehi, ragazzina! Mi fai scappare i pesci! – mi urlò John roteando il pugno in aria come un vecchio burbero. Alzai una mano in segno di scusa e mi rivolsi di nuovo a Craig.
- Ma la vera domanda è: ha detto sul serio oppure no?
- Sinceramente, stasera l’ho visto piuttosto afflitto.
- Fantastico.
- Magari era solo una prova generale! Forse voleva vedere come avresti reagito per organizzarsi meglio e valutare il momento migliore per chiedertelo.
- Non penso sia così subdolo e organizzato! Tu come hai fatto con tua moglie?
- Ehi, dimentichi due cose fondamentali – si indicò con entrambi i pollici – Primo: mai stato sposato; Secondo: gay.
- Ah, giusto! Scusa.  Mi ci devo ancora abituare.
- Fa niente – mi fece l’occhiolino.
- Cosa farò adesso?
- Sostanzialmente hai due opzioni: puoi andare a chiederglielo, oppure far finta di niente.
    Ottima scelta – borbottai sfregandomi  le braccia.
    Les, seriamente, magari non era niente! Tu sai che ti ama, lui sa che lo ami; solo questo conta, alla fine. Se la vostra relazione è seria il giorno di abiti da sposa e ricevimenti verrà, prima o poi.
Ciò che mi stava dicendo Craig aveva un senso, e aveva ragione. Dovevo parlarne a Orlie e poi fare finta di niente. Quella non era la sera migliore per farsi problemi: la mattina dopo avremo dovuto alzarci prestissimo, e il giorno dopo sarei stata la protagonista indiscussa del set. Dovevo mantenere la concentrazione a tutti i costi! Era anche ora di dare una svolta alla mia vita... in senso positivo.
- Ti ho mai accennato all'incidente in barca durante le riprese della Compagnia dell'Anello?
- Mmm diciamo che ne ho sentito parlare – rispose
- La stampa?
- Il set – precisò - ma non ho mai ascoltato tutta la storia.
- Ti farò un riassunto: non so nuotare, stavamo girando Hamon Hen e la barca mia e di Orlando è finita sott'acqua. Non sono precipitata nella cascata solo perché mi sono aggrappata ad uno scoglio.
Craig lanciò un'imprecazione. - Ne sei uscita incolume, vero?
Sorrisi e mi scoprii il braccio destro alzando la manica della maglietta – Mi sono fatta questa quando ho sbattuto contro lo scoglio – presi la mano di Craig e la guidai a sfiorare la lunga cicatrice. Lui la seguì stranito.
- E per questa sono finita in coma all'ospedale – gli feci toccare quella sulla fronte, di solito nascosta per tutto il giorno dal cerone del trucco.
- Mi stai facendo venire i brividi; qual è il succo della storia?
- Il succo è – lo guardai accattivante - mi insegni a nuotare?
Sbiancò. – Adesso?
Stavamo in piedi fianco a fianco rivolti verso l’acqua, perciò mi venne un colpo quando Viggo ci sbatté le mani sulle spalle urlandoci che avevano pescato abbastanza pesci per cenare.

Il falò scoppiettava in mezzo al cerchio formato dai membri della Compagnia. Scolavamo birra e parlavamo del più e del meno: era uno di quei momenti in cui sei talmente felice da essere quasi triste perché sai che la perfezione di quel momento non tornerà mai più. Forse ero un po’ alticcia.
- Ditemi se questa non è un’ingiustizia! – stava dicendo John indicando i pesci sulla griglia accanto a noi e guardando Viggo con occhi di fuoco. – Me ne sto seduto sulla sponda del lago per ore e non prendo niente, quello sta seduto nella mia stessa posizione e sulla stessa riva del mio lago e prende tre trote! Non è possibile!
Risi. – È la fortuna del principiante John, non te la prendere!
Viggo mi guardò penetrante addentare un wurstel. – Quale principiante, scusa? Pesco da quando ero nel ventre di mia madre.
Smisi di masticare. – C’è qualcosa che non sai fare?
Gli altri risero. – Forse non sa fare la casalinga – disse Orlando. – La sua camera non è un granché, te lo dico io!
Dom disse la sua. - Però ti ci vedrei al posto di Robin Williams nel ruolo di Mrs. Doubtfire, Viggo. Hai quel certo non so che…
- Di effeminato?
Dom si buttò a negare di averlo mai pensato.
Rimasi un attimo a pensare. – Scusate, ragazzi, quando andiamo a dormire? – chiesi.
- Oddio, sei vecchia dentro! – mi urlò Craig dalla boscaglia in cui era andato a fare pipì. – Non hai mai considerato l’opzione di fare after?
- Che?
- After!  - urlò più forte.
- Cos’è l’after?
Dom si passò una mano sugli occhi. – Quanto stai sveglio fin dopo l’ore in cui ti sei svegliato il giorno prima.
- Ma siete matti? Domani dovrò essere in forma!
Tutti alzarono gli occhi al cielo imponendomi di smetterla di preoccuparmi, ma tentai di farli ragionare: non aveva senso per noi fare after, correre e poi dormire due ore prima di cominciare la vera giornata di lavoro.
- Les ha ragione, in fondo – concordò Orlie. Si voltò verso di me. – Andiamo in tenda? – chiese indicando con il naso un punto lontano del prato. Finii di bere la birra e mi alzai.
- Buonanotte, ragazzi!
- ‘Notte – risposero.
- E le trote? – chiese John.
- Mangiale! – Risposi. Presi la mano di Orlando e ci avviammo insieme verso la tenda: il momento del chiarimento era arrivato.
Lui aprì la cerniera e si scostò per farmi entrare, per poi farlo a sua volta. Era una tenda grande da campeggio, verde e nera, con dentro due sacchi a pelo. Anche se ne avrei preferito uno matrimoniale, la cosa non mi dispiaceva. Orlie si sedette a gambe incrociate di fronte a me, dopo aver acceso una lampadina vicino all’entrata.
- Allora, domani sarà il tuo grande giorno eh?
Feci un mezzo sorriso. – Spero di non deludere!
- Figurati. – Fece una pausa. – Senti…
- Era sul serio, vero? – Lo interruppi in fretta. Mi guardò stupito.
- Che?
- La proposta era seria?
- No, Les, davvero! Stai tranquilla!
- Ok.
Orlie ridacchiò furbo. – Che avresti risposto?
“Ma che è? Siete tutti abbonati a questa domanda?”. Tentennai.
- Les, è curiosità.
- Sì.
Orlando sgranò gli occhi. – Sì?
- Sì. Ma non ora. Insomma, è troppo presto. Dopo.
Lui sorrise. – Va bene se ci sposiamo tra cinque minuti?
- No, ma fra cinque o sei anni potrebbe anche essere. – Gli feci l’occhiolino e lo baciai. – Buonanotte.

Un rumore assordante mi fece spaventare e scattare a sedere. Stranamente non mi ritrovai a guardare le pareti di tela della tenda, ma il cielo appena più rischiarato dai primi raggi del sole. Il rumore incessante erano i clacson delle macchine che avevano deciso di usare come sveglia.
- Avanti, ragazzi, sveglia! In piedi, svegli, in forma! Sono le quattro del mattino! Hop hop hop! – Stava urlando Barnie con un megafono. Intorno a me le voci erano già concitate.
Mi tirai su a sedere, e le mie mani toccarono un fondo bagnato e umidiccio.
- Ma che…?
- Lesley! – Mi sentivo chiamare. – Lesley, che fine hai fatto?
Mi guardai intorno: ero sdraiata nell’acqua del lago!
- Ma che…? Sono qui! – Urlai alzandomi in piedi, stillando acqua dai vestiti, dalle punte dei capelli, dalle dita delle mani. Alzai i piedi con fatica e uscii dall’acqua schizzando da tutte le parti. Le persone di cui incrociavo la strada si fermavano a guardarmi stupite: non capivano che cosa ci facessi sdraiata in acqua a dormire.
Figuriamoci se lo sapevo io.
Corsi per quanto me lo consentivano i vestiti fradici verso il camper dove avevano sistemato i costumi di scena. Appena mi videro entrare completamente bagnata, Emma, Ilana e Ngila smisero di sistemare costumi e pulire pennelli e si voltarono a guardarmi esterrefatte.
- Non avevo bisogno di una doccia, mi sono solo svegliata nel lago.
- Ti sei solo svegliata nel lago? – ripetè Emma incredula.
- Credo di essere sonnambula.
Il senso pratico di Emma venne alla luce e sul suo volto si formò un’espressione da generale.
- Qui dobbiamo risolvere in fretta la situazione – disse risoluta voltandosi verso le altre. – Linnie, prendi un phon per asciugarle i capelli. Non abbiamo molto tempo! Ngila, poggia il suo costume lì sulla sedia e vai a prendere un asciugamano pulito. Su ragazze, in fretta! Non abbiamo tempo da perdere! – Eseguirono gli ordini e Emma si voltò verso di me. – E tu togliti quei vestiti fradici!
L’idea di protestare per il fatto che sarei rimasta quasi completamente nuda alle quattro del mattino fece in tempo a balzarmi in mente che fece le valigie e scomparì augurandomi buona fortuna. Afferrai il bordo del maglione che indossavo e cercai l’asciugamano che Ngila era corsa a prendermi, cominciando a sfregarmi mentre Linnie attaccava il phon ad una presa dietro ad una poltrona e mi indirizzava contro il caldo getto d’aria. Le lancette dell’orologio ticchettavano veloci. Appena fui abbastanza asciutta mi infilai il costume. Emma mi fece sedere sulla sedia e mi attaccò le orecchie come un razzo, per poi spedirmi fuori dalla roulotte.
Il cielo stava già cominciando a prendere i colori dell’alba e sapevo di essere in ritardo clamoroso: infatti verso la sommità dell’altura, dove avremo dovuto girare, mi aspettavano tutti, pronti per girare. Li raggiunsi di corsa.
- Buongiorno! – Mi salutò Peter – Dov’eri finita?
- Scusate il ritardo, ho fatto fatica a svegliarmi.
- Lesley, so che questo lavoro è difficile e che avete fatto una levataccia, ma vedi di non fare così tardi un’altra volta, per favore. Serietà e responsabilità, prima di tutto.
Mi stupii delle parole di Peter: m’immaginavo che in una situazione del genere mi avrebbe strizzato l’occhio e rassicurato dicendo “Tranquilla, succede a tutti”, non che mi avrebbe sgridato come se fossi stata in ritardo di tre ore. Volsi gli occhi per un attimo verso Orlando in costume, poi tornai su Peter.
- Scusami – dissi. – Non succederà più.
- Lo spero. – Rispose, poi esclamò: - forza, tutti in posizione! Lesley, dovete correre in quella direzione – indicò Ovest. – Orlando sarà in fondo alla fila. Appena il sole comincerà a spuntare da quella collina laggiù si volterà e dirà la sua battuta. Poi la scena sarà finita.
“E mi hai fatto la ramanzina per cinque minuti di riprese?”, pensai. Ma non avevo tempo di dire la mia. Superai Orlando che ne approfittò per sfiorarmi la mano mentre passavo, e mi fermai dietro a John in armatura di Gimli, che a sua volta stava dietro a Viggo vestito da Aragorn. Tutti i nostri amici erano fortunati a poter dormire ancora.
- Deve venire bene alla prima, ragazzi! – Gridò Peter dalla sua sedia dietro alla telecamera. – Motore…
“Che ci facevo in acqua?”
-…ciak… -
“Perché non ero nella tenda?”
-… Azione! – gridò.
Scattai in avanti spingendomi sulle gambe, cercando di tenere la distanza tra me e John. Sul terreno davanti ai nostri piedi i raggi del Sole cominciarono a farsi strada sonnolente in mezzo alle alture, cadendo sull’erba autunnale che calpestavamo. Mentre avanzavo, sentii Orlando dire:
- Sorge un Sole rosso – fece una pausa. – Stanotte è stato versato del sangue.
- Stop! – Urlò Barnie. – Era buona, grazie ragazzi!
Smisi immediatamente di correre e cominciai a scendere dall’altura a passo deciso, diretta al camper di Emma.
Orlando mi raggiunse di corsa e mi prese per un braccio, attirandomi a sé. Mi buttai le braccia intorno al collo, toccando il tessuto stoppaccioso della sua parrucca bionda.
- Che cosa ho fatto stanotte, Orlie?
Lui appoggiò la sua fronte alla mia. – In che senso? Non c’eri nella tenda quando mi sono svegliato. – Sussurrò.
- Infatti. Mi sono svegliata in acqua…
Il suo corpo si irrigidì. – Che ci facevi in acqua?
- Non lo so! Credo di essere sonnambula.  
Orlie parve riflettere.
- Non saprei, cucciola. Ho dormito tutta la notte… vale a dire, per le tre ore che abbiamo avuto a disposizione. Dovremo chiedere a qualcun altro: stasera i ragazzi hanno organizzato un aperitivo ad Alexandra, ti va di andarci?
Annuii. – Adesso torniamo a dormire in albergo?

Se c’era un posto in cui mi sentivo veramente a casa, quelle erano le braccia di Orlando. Nessuno aveva una capacità di tranquillizzarmi come la sua: lì mi sentivo al sicuro. Forse perché sapevo che, finché c’era lui, non poteva succedermi niente. Almeno finché non c’erano scogli, barche e fiumi in circolazione – ma quello era un caso a parte. Il mio momento preferito della giornata era senza dubbio la sera: quando tornavamo dal bar, dal ristorante o dal set e ci concedevamo alla passione senza preoccupazioni, e poi dormivamo insieme nel letto dell’Hotel. Ci tranquillizzavamo a vicenda: soprattutto lo facevo io quando lui aveva gli incubi – e accadeva spesso ultimamente.
Dormimmo come sassi per tutto il pomeriggio, dopo aver chiacchierato un po’ dell’ultima settimana. Ci svegliammo in tempo per arrivare in ritardo di mezz’ora al bar a pochi passi dall’hotel, dove tutti ci accolsero con allusioni e doppi sensi anche se in realtà ci capivano perfettamente.
Sgranocchiando noccioline e stuzzichini ne approfittai per chiedere se qualcuno mi aveva vista vagabondare la notte precedente: nessuno seppe rispondere a parte Craig. Disse che era rimasto tutta la notte da solo sulla riva del lago a pescare e che ad un certo punto mi aveva visto sedermi sulla riva del lago; era andato a vedere se avessi bisogno di qualcosa e, poiché io non rispondevo, avevo gli occhi chiusi e – a detta sua – russavo, aveva capito che dormivo profondamente e mi aveva riportato alla tenda, per poi dedicarsi di nuovo alla sua pesca solitaria. Dopo cinque minuti, però, mi aveva visto di nuovo sedermi sulla riva del lago e la scena era la stessa. Mi aveva riportato un’altra volta nella tenda e mi aveva messo “vicino a Orlando”, ma subito dopo mi aveva rivisto nella stessa posizione. A quel punto mi aveva mandato a quel paese e mi aveva lasciato lì. Ad un certo punto dovevo aver deciso di farmi un bagno, ma si doveva essere addormentato.
La storia suscitò parecchia ilarità fra gli ascoltatori e diede brio alla serata. Orlando si ubriacò con solo quattro shots: fece inciampare un cameriere barcollando in giro per il bar, si sdraiò su un tavolo e ci provò con il barista, e alla fine fui costretta a riportarlo di peso in Hotel poiché erano tutti troppo ubriachi per darmi una mano prendendo al macchina. Mentre camminavo a fatica fra le strade male illuminate di Alexandra con Orlando buttato a pesce sulla mia spalla che avanzava strascicando i piedi, lui cantava a squarciagola le canzoni di Britney Spears: la sua preferita al momento di entrare nella hall era “Gimmie One More Time”! Alzai una mano per salutare il tizio dietro al bancone e filai dritto verso la nostra camera, arrancando come un vecchio trattore carico di cocomeri. Una volta nella stanza lo sdraiai sul letto, gli tolsi le scarpe e lo coprii con una coperta.
E crollai anche io.

La sveglia suonò presto, come sempre. L’unica differenza, quel giorno, era che balzai giù dal letto. Dal bagno proveniva il rumore della doccia. Entrai per sciacquarmi il viso e Orlando, da dietro la tendina opaca, mi lanciò il suo entusiastico buongiorno. Lo salutai a mia volta.
- Amore, ieri sera ero un po’ alticcio? – mi chiese.
- Amore – imitai il suo tono allegro. – Tutta la Nuova Zelanda ti ha sentito cantare Britney Spears.
Rise di gusto. – L’ultimo shot è stato il colpo di grazia.
- L’ho notato!
- Se mi aspetti ti accompagno sul set. Sarà bello vederti darti da fare sul serio, per una volta.
Aveva ragione: era cominciato il mio giorno da protagonista.
Sorrisi al mio riflesso allo specchio.
- Si aprano le danze!
   
 
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