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Autore: shywr1ter    12/08/2013    0 recensioni
Due omicidi, entrambi di ex SEAL, riuniscono due cugini a un continente di distanza.
Crossover tra la prima serie di Dark Angel e NCIS. Ambientato intorno all’anno 2020 nel mondo di Dark Angel. Max/Logan.
ATTENZIONE: questa storia è stata scritta nel 2006.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Logan 'Eyes Only' Cale, Max Guevara
Note: Cross-over, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: prego guardare capitoli precedenti. Nessun profitto, le due serie sono solo prese in prestito.
   
   

Solo Occhi Verdi


   
   BRADENTON, FLORIDA. 5 febbraio 2020, 1:07 pm.
   
   L’appartamento non era grande, ma era ordinato, il salotto confortevole, invitante… accogliente. Mentre sedeva sul divano, in attesa, Tony si guardò intorno, vide le fotografie piuttosto vecchie: un bambino, vari bambini, genitori anziani… e una fotografia formale della Marina, vecchia di una dozzina d’anni. Tony riconobbe il viso dai file che aveva esaminato prima di venire: Denny Parks.
   « Spero vada bene… » disse Gayle Parks rientrando nella stanza, portando una tazza con attenzione; la porse a Tony e osservò, con sguardo ottimista, mentre la prendeva. « Non solo una grande bevitrice di caffè, e da quando mi si è rotta la macchinetta qualche mese fa… » Un rossore da ragazzina le colorò le guance e Tony comprese che, ancora una volta, una donna stava reagendo alla sua presenza, eccitandosi per la sua comparsa. Non era la prima volta che aveva permesso all’attrazione che una donna aveva provato per lui gli procurasse ciò che voleva, riguardo a un caso… o altrove. Le mostrò il suo ampio sorriso affascinante, dovuto in parte alla soddisfazione che ancora aveva quel potere.
   « Andrà benissimo, grazie » la rassicurò Tony smuovendo la bustina di tè, sperando di essere ancora in grado di bere quella roba ora che era tanto drogato di caffè quanto Gibbs, dopo aver passato tanto tempo a imitare il suo mentore. « Mi dispiace dover rivangare tutto ciò dopo così tanto tempo dalla morte di Denny… »
   « No, va bene, solo non capisco ». Per telefono si era mantenuto vago di proposito e, volendo aiutare ma incerta su cosa potesse fare, la vedova lo guardò leggermente confusa. « Ha detto… che i suoi compagni di squadra hanno riportato alla luce qualcosa che lo riguarda? »
   Tony si sedette più comodo, deciso a trattare la cosa con attenzione. Non aveva fatto cenno agli omicidi per telefono, perché non voleva comunicare notizie potenzialmente inquietanti finché non fosse entrato e fosse stato stato faccia a faccia con lei. « Signora Parks… due dei compagni di squadra di suo marito - Jack Halladay e Cal Palmer - sono stati assassinati nel corso delle ultime due settimane. Dato che Denny non c’è più e altri due sono morti in circostanze slegate da queste, restano solo tre membri ancora in vita dell’unità. Signora… temiamo che qualcuno stia prendendo di mira gli uomini dell’unità di suo marito ».
   « Perché? » esalò la donna. « Cos’hanno fatto? »
   « Nulla » rispose lui accigliandosi, non aspettandosi le sue parole. « Niente che noi sappiamo. Ma… » Fece una pausa, cercando il modo per dirlo. « Uno degli uomini - Cal Palmer - ha ricevuto una telefonata non molto prima di morire, da qualcuno che credeva essere suo marito… »
   « Beh, questo è impossibile » disse lei sbattendo le palpebre. « Agente DiNozzo, Denny è morto da tanto tempo… »
   « Lo so » concordò lui in fretta, pur non essendo ancora del tutto sicuro al cento percento che Parks fosse morto. « Mi perdoni per la domanda, signora Parks, ma… riesce a pensare a chiunque possa essere stato? »
   « No » rispose lei con decisione, con gli occhi chiusi, scuotendo la testa. « Deve essere una specie di scherzo malato… »
   « Se lo è » insistette Tony, sedendo più in punta, « perché? Perché ora? L’ha contattata qualcuno, è successo qualcosa di recente che riguardasse in qualche modo Denny? »
   « No, nulla ». La vedova aprì gli occhi per guardare con fermezza l’agente. « Sono passati… » iniziò, ma poi fece una pausa, improvvisamente meno sicura; era come se fosse improvvisamente incapace di ricordare quanto tempo fosse passato, e la cosa la disturbava. « … tanti anni ».
   Le sue ultime parole convinsero Tony di avere ragione, e si chiese brevemente perché fosse importante. « Secondo il file in mio possesso sono passati circa dieci anni ». La osservò attentamente. « Nessuno l’ha contattata o ha fatto un qualche riferimento al fatto che sia appena passato un decennio? »
   Lei si raddrizzò. « No » rispose fermamente. « Avrebbero dovuto? » La risposta era inaspettata, e lui fece spallucce, senza dire nulla. Lei spiegò « Voglio dire… la Marina di solito ricontatta la famiglia dopo… beh, dopo aver notificato la cosa, dopo il funerale? »
   L’espressione di Tony si addolcì quando comprese. « Oh… no, non che io sappia ».
   « … perché è stato ucciso sul campo… ma ovviamente lei lo sapeva, no? ». Mentre lui annuiva, la signora Parks giocherellava con il tovagliolino che ancora teneva in mano dopo avergli portato il tè. In quel momento Tony notò che non aveva preparato nulla per se stessa, e conservò l’informazione nel caso in cui si fosse rivelata utile. « Ho solo pensato che magari… per questo… »
   « No, ma sarebbe stato carino, non crede? » Tony non si era aspettato di avere una vera risposta alla misera esca che aveva gettato, ma voleva vedere la reazione della donna - qualcosa qui era strana, e lui non riusciva a capire cosa, ma i suoi anni di esperienza gli dicevano che c’era di più di quanto poteva vedere al momento. Speranza? No, più di questo… ma forse era solo una donna sola uscita un po’ fuori di testa per aver perso il marito quando era una giovane moglie e madre… da quanto vedeva, la donna era ancora sola. E anche se non aveva una grande esperienza con le giovani vedove, aveva avuto la sua bella dose di donne fuori di testa - e aveva lavorato a stretto contatto con un uomo che aveva una specie di radar per loro dopo quattro divorzi e una recente separazione.
   « Forse potrebbe farlo sapere… » tornò a parlare lei. La calma era tornata, ma ora Tony non era più così certo di essa…
   « Lo farò ». Avrebbe tenuto la cosa a mente. Non aveva niente di concreto e non voleva cercare problemi dove non c’erano. « C’è qualcos’altro che le viene in mente che potrebbe darmi qualche idea? I tre uomini ancora in vita erano compagni di squadra di suo marito. Sono certo che vorrebbe facessimo quello che possiamo… »
   « Sì, sono certa che lo vorrebbe ».
   Tony esitò; avrebbe voluto, ma non riusciva a ignorare il suo istinto di poliziotto: aveva solo ripetuto le sue parole, non con una particolare emozione, ma nemmeno senza. E sembrava che fosse l’ultima cosa che avrebbe voluto dire in risposta alla domanda dell’agente.
   Annui, alzandosi in piedi. « Beh, non le sottrarrò altro tempo, ma vorrei chiederle se ha una qualche idea ». Cercò di darle uno dei suoi sguardi più efficaci, quello da “solo tu puoi aiutarmi” che di solito riservava più per i primi appuntamenti che per i delinquenti, ma che era comunque efficace con entrambi. « Ha il mio biglietto da visita. Vorremmo tenere al sicuro gli altri uomini ».
   « Lo capisco » disse lei con un lieve sorriso e lo lasciò precederla verso la porta. Ma mentre si recavano nell’ingresso, Tony notò una fotografia apparentemente recente tra tutte le altre e chiese « Chi è questo? ». In effetti la somiglianza era forte.
   Gayle seguì il suo sguardo verso il viso serio e l’uniforme da cadetto di fronte alla bandiera, e sorrise per la prima volta da parecchi minuti. « È mio figlio, Gregory. È in Accademia ».
   « Annapolis » disse Tony annuendo, notando che la foto del giovane in una posa così simile a quella del padre lo faceva apparire una specie di duplicato dell’uomo. « Somiglia davvero così tanto al padre? »
   Lei tornò a guardare Tony quando udì la domanda, curiosa, ma non più di una madre fiera, da quanto appariva. « Così dicono tutti » rispose con un sorriso gentile.
   « Quando uscirà? »
   Lei rimase a guardare Tony, di nuovo senza alcuna animosità o secondo fine, some curiosa sul perché avesse chiesto. Lui cercò di apparire solo educato. « Oh… l’anno prossimo » sorrise lei, e Tony ebbe la sensazione che fosse deliberatamente vaga, ora.
   Mentre tornava alla macchina che aveva noleggiato, rifletté su quanto quella sensazione fosse adeguata alle circostanze: era esattamente come sarebbe sembrato il suo rapporto.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 5 febbraio 2020, 5:20 pm.
   
   Fogle Towers.

   
   La testarda determinazione di Logan a non ammettere la sconfitta, nemmeno temporanea, risultò in un brutto mal di testa dovuto alla fame e alla stanchezza negli occhi. Non era la prima volta e non sarebbe stata l’ultima che era rimasto seduto in mezzo a informazioni frammentarie senza sapere cosa fosse rilevante e cosa fosse inutile, riluttante a lasciare gli indizi casuali mentre cercava in ogni modo di vederci uno schema. Ma stavolta era particolarmente turbato, date tutte le circostanze. Non c’era solo una persona a lui vicina forse bersaglio di un serial killer, ma c’erano anche i suoi scheletri personali che sbatacchiavano e gli ricordavano l’ospite prossimo a venire. La sua concentrazione non era scossa solo dalla sua ossessione egoista, mentre gli scheletri si facevano più vicini, ma anche dalla sua apparente incapacità di smettere di preoccuparsi per le sue meschine insicurezze abbastanza da trovare la connessione di cui avevano bisogno per tenere Bling al sicuro. E questo pensiero, anche se nascosto, lo faceva vergognare.
   Il telefono squillò, l’interruzione improvvisa bastò almeno ad allontanare Logan dallo schermo di qualche centimetro. Espirò il respiro trattenuto al trillo, allungò la mano e si strofinò stancamente gli occhi. « Sì » rispose.
   « Il mio cercapersone è stato parecchio silenzioso ». La voce divertita di Max fu come un colpetto al suo malumore, la sua apparizione nell’oscurità gli portò una scintilla di pace in mezzo alla sua malinconia. Max aveva spesso quell’effetto ultimamente, noto di nuovo, proprio come se lei fosse lì a dirgli che sarebbe andato tutto bene. « Ho pensato che magari avessi qualche mega-segreto da farmi smascherare, coordinate o quartier generali o qualcosa… »
   « No, nemmeno una dannata cosa, Max. Mi dispiace deluderti ». Questo perché lei gli portava pace. Mandò un’occhiataccia allo schermo, colpendo i bottoni della tastiera per tornare ad esaminare i dati con rabbia.
   « Senti, Logan… » La voce scherzosa non c’era più, ora. A volte era stata semplicemente irritata dai suoi malumori, ma stavolta lui l’aveva resa pertecipe di cosa lo affloggeva, almeno in parte. E per questo - perché stava imparando, giorno dopo giorno, qualcosa di più su quell’uomo complicato - sapeva che non era con lei che era arrabbiato, ma con se stesso. « Cosa posso fare? »
   « Niente. È quello il problema: non c’è nulla che ci faccia capire chi sarà il prossimo… quando… o anche chi sia questo tizio, a meno che tu non creda nei fantasmi ».
   « Magari quel tizio non è davvero morto » disse lei, probabilmente per la decima volta.
   « Max… » sospirò Logan. Ci erano già passati, e Bling era stato chiaro: ferita da arma da fuoco alla fronte, da distanza ravvicinata, calibro grosso, danno ancora più grosso; vittima conosciuta, diverse identità. L’uomo con cui Bling aveva servito, con cui era stato in missione, era certamente morto. Ma Max aveva ragione: era la principale connessione tra i due omicidi.
   « Beh, se hai bisogno di qualcuno che vada in ricognizione » offrì lei goffamente.
   Ma l’offerta di nuovo fu d’aiuto. Logan percepì il suo supporto, sentì la sua forza. Rilasciò un lungo respiro. « Lo so, Max. Grazie ».
   « Senti, probabilmente stai di nuovo sopravvivendo a forza di caffè, e non mangi da ieri ». Era vero. « Posso fermarmi all’Asian Market e portarti del cibo… »
   « No… grazie, ma sono nel bel mezzo di una cosa… »
   « Andiamo, Logan » protestò Max. « Lo mein… subgum… pollo kung pao… » Logan sentì il proprio stomaco brontolare come in risposta, ma prese fiato per protestare di nuovo. Prima che potesse farlo, tuttavia, lei insistette « Sai che non lavorerai bene o penserai in modo intelligente senza un po’ di cibo a tenerti su ». Si accorse che la risposta che l’uomo aveva pronta era morta, e suggerì « Non resterò a meno che tu non voglia un altri paio di occhi per esaminare le cose. Ma hai bisogno di dormire, magari fare una breve pausa nel frattempo ».
   Aveva ragione; lui lo sapeva e lei sapeva che lui sapeva. Con gli occhi chiusi, la fronte poggiata stancamente nella mano libera mentre l’altra teneva il telefono, Logan sentì un lieve sorriso curvargli le labbra nonostante tutto. « Hai detto l’Asian Market? ». Il sorriso crebbe ancora un po’, ammorbidendo le rughe di stanchezza. « Perché non è male… »
   « Posso essere da te per le sei e mezza » offrì Max. « Ce la fai fino ad allora? »
   « Credo di sì » rispose Logan raddrizzandosi, il balsamo che era l’attenzione e l’interesse di Max era migliore di qualsiasi droga. « Grazie Max ». Sentì il sorriso ancora lì. « Credo sia proprio quello di cui ho bisogno ».
   
   JASPER COUNTY, INDIANA. 6 febbraio 2020, 1:00 pm.
   
   Interstate Highway 65.

   
   McGee lanciò uno sguardo nascosto al viso sorprendentemente serio dell’uomo con cui aveva lavorato per sei anni, prima di lasciare l’NCIS e passare al Bureau. Tony aveva sempre preso i casi seriamente, anche se magari non così il suo approccio al lavoro, ma ora… era semplicemente il fatto di essere team leader che lo aveva reso più silenzioso? Di certo non poteva essere che Peter Pan stava crescendo…
   « Allora, tu cosa pensi, McGee? Credi nei fantasmi? »
   La domanda di Tony lo sorprese quanto la sua espressione, per quanto era improvvisa. « Non ne ho ancora incontrato uno. Ma tengo la mia mente aperta ». McGee fece un sorriso speranzoso all’uomo che aveva reso la sua vita un inferno in quei primi mesi in squadra, rendendolo inconsapevolmente (o così Timothy avrebbe sempre creduto) più forte per il loro lavoro, spingendolo a pensare più in fretta, in modo più competitivo, rendendolo più un agente di quanto sarebbe mai stato se non avesse avuto Tony addosso. Almeno, più veloce di quanto sarebbe mai stato, sorrise tra se stesso. « Probabilmente è più importante chiederci se Cal Palmer ci credesse o meno ».
   Tony ridacchiò, non con divertimento, ma con ammirazione. « Giusta osservazione ». raddrizzò un po’ le spalle. « E da quanto dice la moglie, non era il tipo ».
   Avevano passato novanta minuti con gli investigatori della scientifica e i loro file prima di recarsi a trovare Chris Palmer, la moglie che li aveva per prima informato della connessione coi SEAL accennando alla telefonata al marito da parte di Parks dalla tomba. Tony doveva riconoscerglielo: ancor prima che lui e McGee fossero arrivati, avevano dovuto spostare il loro appuntamento due volte a causa dei cambiamenti di volo di Tony; la prima, avevano rimandato di un giorno per il volo da Chicago a Seattle; la seconda, avevano spostato indietro di un giorno ma più presto, per permettergli di arrivare a Indianapolis una volta deciso che avrebbe avuto bisogno di più tempo per indagare su Gayle Parks. La signora Palmer era stata gentile e più d’aiuto possibile; ancora in lutto, non aveva altro da offrire per le indagini, ma aveva pazientemente permesso a DiNozzo e McGee di esaurire tutte le loro domande e persino di chiederle di unirsi a loro nel fare ipotesi prima di lasciarla di nuovo al suo dolore.
   « No… » Tony sospirò, frustrato. Sapeva che Chris Palmer non aveva nient’altro per loro e sentiva un qualche sollievo che, almeno finché non ci fosse stato un processo, lei avrebbe potuto essere lasciata in pace. « Non credo che troveremo qualcos’altro da qui, McGee, ma se vuoi che la tua gente processi le informazioni che abbiamo raccolto sarò felice di lasciarti tutto ».
   « Certo, Tony ». Nonostante gli anni, gli eccellenti rapporti sulle sue prestazioni e la sua veloce ascesa nell’FBI, McGee provò un lampo di compiacimento che Tony lo avesse chiesto a lui. « Hai qualcuno che vuoi abbia tutto per coordinarlo col resto del materiale che hai ricevuto o vuoi che lo invii direttamente a te? »
   « Entrambi, se puoi ».
   « Certo » ripeté. Era difficile capire se fosse solo il caso, o questo attuale Tony, o il fatto che lui stesso fosse cresciuto, ma questo rispetto alla pari da parte di Tony fece sentire McGee alto tre metri. Avrebbe mostrato a Tony - diavolo, lo avrebbe mostrato all’agenzia - che lo avevano ben addestrato. « Se c’è qualcosa, Tony, lo troveremo per te » promise McGee.
   « Lo so, pivello » gli sorrise finalmente Tony. « Credi che io abbia sprecato tanto tempo su di te per nulla? »
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 3:20 pm.
   
   « Pronto? ». Bling era arrivato all’attico più tardi di quanto aveva pianificato; aveva percepito la reticenza di Logan il giorno prima e aveva la sensazione che sarebbe stata un’altra battaglia. Era stato con Logan abbastanza a lungo da sapere che la sua famiglia non era solo incasinata, ma aveva anche totalmente incasinato la sua testa altrimenti sensata.
   Questo cugino di Logan, che stava guidando le indagini e che stava facendo tutto quel viaggio per vedere lui, tutto quello che Logan aveva detto - e non detto - da quando aveva accennato al fatto che l’Agente DiNozzo stava arrivando diceva a Bling che questo sarebbe stato un altro ostacolo di fronte al quale Logan si sarebbe tirato indietro: quell’uomo occupava un qualche posto speciale nel passato di Logan, il che significava che il suo datore di lavoro avrebbe lottato contro l’inevitabile incontro.
   « Senti, Bling… »
   Lo sapeva.
   « Io… »
   Bling rimase in piedi nel corridoio, osservando con calma l’uomo di fronte a lui, spossato, stanco… Bling sollevo le sopracciglia, in attesa. Non importava quale scusa avrebbe tentato: sapevano entrambi che Bling vedeva al di là di esse e Logan era, ancora una volta, incapace di affrontare la vita reale che bussava alla sua porta. Quello che non si era aspettato, però, era nuda sincerità.
   « Io… uh… » Logan distolse lo sguardo, incapace di guardare il suo amico negli occhi. Quando parlò, la sua voce era stranamente piatta, bassa. « Preferirei passare, per stavolta. Non so nemmeno se Tony sappia che sono sulla sedia… » Fece una pausa, poi riuscì a dire « Perciò, per la prima volta che mi vede… preferirei giocare in casa. Qui. E… » Fece un sospiro tremante. A suo credito, bisognava ammettere che era la prima volta che vacillava. « … senza dover assistere a un trasferimento… »
   Bling fece una pausa di appena un istante, e poi annuì, in silenzio. « Ok ». Senza distogliere gli occhi da Logan aggiunse. « Ma tu sarai qui quando torniamo? »
   Un breve scintillio negli occhi di Logan disse a Bling che aveva considerato una ritirata… ma il senso di responsabilità aveva vinto, e Logan annuì, senza dire nulla. Bling inclinò la testa, in segno di sfida.
   « Allora non ti dispiacerà se prendo la Aztek - ho il serbatoio vuoto e farei tardi se dovessi fermarmi ».
   Ci fu un’innegabile increspatura negli occhi di Cale nel sentirsi messo all’angolo, intrappolato… ma deglutì, abbassò lo sguardo, annuì. Poi lo risollevò. « Sicuro. Le chiavi sono sul tavolo… »
   « Ok ». Il tono di Bling fu davvero gentile quando aggiunse « È tuo cugino, Logan, e da quanto hai detto eravate stretti, una volta. Sai che ti pentiresti di non essere qui… »
   « Sono un tantino bloccato, ora, no? »
   Le parole erano petulanti, ma il tono in realtà no: Bling sapeva che voleva restare, voleva vedere suo cugino. Fece spallucce. « Funzionerà, amico. Lo fa sempre - specialmente con qualcuno vicino. Finora ha funzionato ».
   Bling lo sapeva, e sapeva che non c’era nulla che Logan potesse dire per contraddirlo. Logan la pensava chiaramente allo stesso modo, perché sembrò cedere. « Sarò qui » mormorò.
   E Bling annuì, senza dire nulla. La mano che batté sulla spalla di Logan mentre passava disse più di qualsiasi parola avrebbe potuto offrirgli in quel momento.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 3:25 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers.

   
   Il suo telefono aveva squillato già tre volte nei due minuti dopo che Bling se n’era andato diretto all’aeroporto; una volta Matt, due Max. Non poteva rispondere; il dolore era ancora troppo forte per parlare; era l’ultimo ostacolo, vero? l’ultima persona nella sua vita di cui desiderasse l’approvazione, forse persino l’orgoglio. I suoi genitori se n’erano andati; gli altri come Max, Bling… loro sapevano tutto, avevano visto tutto, non lo avevano conosciuto davvero in nessun altro modo. E per Bennet ora la cosa era ok.
   Ma Tony? In qualche modo, aveva creduto che questo giorno non sarebbe mai arrivato, e che avrebbe potuto fingere…
   Dopo un momento fece un respiro profondo. Avrebbe voluto evitare tutto ciò, ma Bling… sempre Bling… gli aveva fatto promettere che avrebbe affrontato suo cugino, si era assicurato che lo avrebbe fatto prendendo l’unica via di fuga di Logan. Nessuna fuga, perché entrambi sapevano maledettamente bene che, non importava quanti soldi potesse avere, ci sarebbe voluta una vita perché arrivasse un taxi, anche lì nel settore ricco.
   E così messo all’angolo, ricordando a se stesso ancora una volta che lui faceva sempre la cosa giusta, Logan doverosamente sollevò il telefono per restituire le chiamate che aveva ricevuto in così rapida successione… tutti sapevano dove trovarlo, pensò morbosamente; sempre qui, al sicuro. Affidabile. Prigioniero.
   Prima di poter digitare il numero, il telefono trillò di nuovo e stavolta mostrava il numero del portiere dell’edificio, di qualsiasi cosa si trattasse. Logan fissò stupidamente il telefono che squillava, il dolore lo ricopriva come una coperta e il suono gli ricordava che non c’era via di fuga, né dal fatto che Tony lo avrebbe visto com’era ora, né dalla sedia o dall’attico o dalla responsabilità e nemmeno dal telefono che sempre suonava a causa di chi sapeva che lui sarebbe stato lì, incollato al computer, incollato alla sedia…
   Quando la chiamata terminò e l’appartamento fu di nuovo silenzioso come una tomba, Logan si ritrovò a posarsi il telefono in grembo e a uscire dalla stanza dei computer e tornare nella sua camera da letto, verso l’ampia cabina-armadio…
   La cabina-armadio, sbuffò amaramente, ricordando la dichiarazione di Bling di quanto fosse provvidenziale che fosse grande abbastanza per entrarci con la sedia… (*)
   Logan si voltò lentamente verso il lato interno dell’anta grande dell’armadio e, sentendo un dolore quasi fisico, lasciò i propri occhi salire lentamente per considerare l’immagine che non guardava spesso ultimamente - se stesso, dal pavimento alla testa, in uno specchio a figura intera. Era la figura che avrebbe accolto suo cugino quando sarebbe arrivato appena in una manciata di minuti, il suo corpo spezzato incastonato nella sedia dalla quale dipendeva…
   Con un respiro tremante Logan cercò di valutare in modo giusto. Il suo petto era un po’ più ampio e le sue gambe erano più sottili… i pantaloni cargo che indossava erano ampi, le prediche di Bling insistevano che gli abiti che indossava per la sua insensibile metà inferiore dovevano essere ampi e non costrittivi, dato che non era in grado di dire se la sua circolazione ne stesse risentendo…
   Deglutendo a fatica, Logan fissò i propri pantaloni cachi, larghi e dall’aria improvvisamente sgraziata su di lui, indipendentemente dal fatto che fossero firmati, e per la milionesima volta si chiese se quello stile ampio facesse apparire le sue gambe che si assottigliavano meno rinsecchite o di più… e mentre il suo respiro accelerava in un affannare veloce e tremante, e lui lottava contro l’emozione che lo stava sopraffacendo, sentì l’incombente disperazione portata dall’inevitabile sfortuna, dalla sua incapacità di mostrare, almeno per una volta, al suo eroe d’infanzia che era diventato un uomo di cui entrambi potessero essere fieri…
   Il telefono, ancora sul suo grembo, trillò di nuovo, di nuovo esigendo la sua attenzione. E con una furia che scaturiva da mesi, Logan si torse bruscamente per lanciare il telefono offensivo attraverso la stanza, forte, per intaccare il muro ed esplodere in un fuoco d’artificio di frammenti di plastica colorati, che piovvero su gran parte del letto e del pavimento.
   E ancora una volta, l’attico somigliò ad una tomba nel suo silenzio.
   
   PERIFERIA DI SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020 4:20 pm.
   
   Sea-Tac Airport.

   
   Bling andò da solo al gate dove il volo proveniente da Chicago stava iniziando a scaricare i suoi passeggeri. Leggermente arretrato, dietro a bambini che strillavano e parenti emotivi che chiamavano chi appariva dal varco passeggeri, osservò le figure emergere in una fila lenta e li esaminò alla ricerca di potenziali candidati. In base alle vaghe informazioni che aveva sull’età, l’altezza e l’aspetto, scartò parecchie persone, ne prese in considerazione un paio, finché non apparve un viso e una figura si avvicinò: capelli castani con vaghi sprazzi di grigio, corporatura atletica, in forma, su un uomo non così lontano dall’età di suo padre, una fossetta e un sorriso ridente rivolto all’hostess al gate che si voltò a parlare con lui con più vivacità della solita finta gentilezza della business-class. Bling non ebbe bisogno di sentire l’allegro commento per indovinare cosa fosse stato detto, vedendo il viso della donna illuminarsi per quegli inconfondibili occhi verdi che erano vivi e intelligenti.
   Malgrado tutto, Bling sorrise, scuotendo la testa, incapace di muoversi per ora e rompere l’incantesimo, godendosi quel momento di anonimato. Incredibile. Certo, c’erano dei capelli grigi, e qualche ruga lungo la fronte con le lievi zampe di gallina. Ma i quindici anni di differenza tra i cugini erano quasi annientati dal pedaggio riscosso dal frequente sfinimento di Logan e dall’approccio apparentemente spensierato del cugino maggiore alla vita.
   Stesso stampo. Non c’era dubbio. Devono essere i geni Cale, ridacchiò Bling tra se mentre si spostava finalmente di lato prima di avanzare. E con quel primo lieve movimento, gli occhi versi si voltarono verso di lui, valutandolo. Se aveva avuto qualche dubbio prima, ora non lo aveva più: il playboy era un poliziotto: a quegli occhi non sfuggiva niente.    

...xxx...xxx...xxx...xxx...xxx...xxx...xxx...

   « Non so perché Logan non mi abbia detto che vi somigliate così tanto » disse Bling allungando la mano per offrirsi di portare una delle tante valigie dell’uomo - e con un sorriso grato si vide porgere la più piccola.
   « Lei crede? » chiese Tony, distrattamente, mentre si guardava intorno. « Non me n’ero mai accorto ».
   « È impressionante ». Bling ridacchiò, ancora colpito dalla stranezza di star parlando con una persona così completamente diversa con un viso così familiare. « Ve lo hanno mai detto prima? »
   « Sì, la maggior parte delle volte in cui ci trovavamo insieme da qualche parte ». Tony si accertò che le cose fossero tranquille e sicure - anche se avrebbe preferito che Bling non si mostrasse così palesemente in un luogo aperto come l’aeroporto fino a quando non avessero un migliore controllo sul killer di SEAL. Si avviò al fianco di Bling, che aveva inziaito a camminare attraverso la sala a passo sostenuto.
   « Bagagli da stiva? » chiese Bling.
   « No ». Tony non ebbe alcun problema a seguirlo; tuttavia, non riusciva a fare a meno di chiedersi perché Bling fosse lì al posto di Logan. In tutti gli anni che lo aveva conosciuto, non aveva mai seguito l’abitudine dei Cale di “mandare i lacchè”, per cui non credeva fosse quello il caso. Però…
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 4:50 pm.
   
   I-5 Enroute. Interno della Aztek.

   
   Tony osservò l’uomo dietro al volante, occhi fissi sulla strada di fronte, occhi che erano ben addestrati, abili. Aveva visto poliziotti così all’erta, ma non così tanti come nell’intelligence o tra il personale militare. Tentò un « Credevo che Logan avesse intenzione di venirmi a prendere ».
   « È così » rispose immediatamente l’uomo, « ma all’ultimo momento i suoi piani sono cambiati. Sarà a casa quando arriveremo ».
   Tony annuì, osservando Seattle materializzarsi al di là dei finestrini. Era stato lì tre o quattro volte dall’Onda e sapeva che era stata colpita duramente, come la maggior parte delle grandi città del paese, ma notò ora che non mostrava nessuno dei segni di rinascita che aveva visto accadere nel District o da qualsiasi altra parte lungo la costa Est. Anche alcune delle città più piccole e delle aree rurali lungo il paese stavano tornando su, stando ai resoconti. Forse la rinascita si stava facendo strada più lentamente a ovest. Però… la città sembrava ancora più lugubre di quanto ricordasse, forse solo a paragone, o forse perché era davvero così…
   « Da quanto lavora per lui? ». Tornò a voltarsi verso il viso scuro, e vide una breccia nell’armatura, il più piccolo dei tic nell’angolo dell’occhio.
   « A tempo pieno - o quasi tempo pieno - circa otto mesi ». L’uomo fece una pausa e aggiunse - l’informazione chiaramente era rilevante per lui - « L’ho incontrato un paio di anni prima, però ».
   « Cos’è che fa lei? »
   Stavolta ci fu un piccolo movimento nell’occhio, come se qualcosa che aveva detto avesse chiarito un’incertezza. « Sono un fisioterapista. Lavoro anche come personal trailer, di solito con chi è passato per qualche terapia e vuole continuare con l’allenamento e la palestra ». Per la prima volta da quado aveva iniziato a guidare, Ingrum si voltò verso Tony e sembrò valutare la sua reazione all’informazione.
   Lo stava anche lui valutando? Tony comprese, allora… il perché dello sguardo, perché Logan avesse “cambiato i piani”. Non aveva parlato con Logan, rifletté colpevole, da quando aveva sentito della sparatoria. Per quanto Logan ne sapeva, lui poteva anche non aver sentito nulla al riguardo - era accaduto solo quando era stato a casa l’ultima volta, quando per caso aveva guardato alcune foto che la zia Margo gli aveva mandato del matrimonio di Bennet. A quanto pareva era l’unico ad aver dato più di un’occhiata fugace, perché era stato il primo a notare che il testimone, appena visibile nello scatto della cerimonia che lo comprendeva, era suo cugino, che sorrideva allegramente da seduto. Una seconda foto, del ricevimento a casa, confermò che quello seduto era Logan - su una sedia a rotelle. Entro la fine della giornata Tony aveva telefonato a Bennet e aveva scoperto la tetra verità su suo cugino. Era passato più di un mese d allora, ma non aveva trovato le parole che gli avrebbero permesso di sollevare il telefono e parlare con Logan.
   Improvvisamente, il caso - gli omicidi - avevano cambiato tutto. Il mondo è piccolo. E l’uomo che era venuto a incontrare - o uno di loro - lo stava squadrando, probabilmente cercando di decidere se la riunione sarebbe stata uno shock per lui. Beh, pensò Tony, questo era l’uomo a cui chiederlo, se stava supervisionando la guarigione di Logan. Anche se, da come aveva parlato Bennet, non c’era molta guarigione da aspettarsi…
   Incerto su quale fosse l’approccio migliore per quell’informazione personale su suo cugino, decise che un approccio diretto e onesto fosse il più adatto con quest’uomo - e ammise la sua imbarazzante ignoranza. « Senta, io… io avrei dovuto chiamare Logan prima che saltasse fuori tutto questo, ma… » Non c’era bisogno di recitare, pensò tra sé Tony. Non era come essere sotto copertura. « Non sapevo che Logan fosse rimasto ferito fino a qualche settimana fa, e poi… » La sua pausa non fu tanto lunga, vero? Era conscio dello stridio delle gomme sull’asfalto… e improvvisamente, per qualche motivo, comprese cos’era quella leva, quella accanto al volante e che Bling non stava usando…
   Era la macchina di Logan.
   Deglutì. Che grande investigatore, pensò con una smorfia tra sé. Era lì per un caso, non era una visita personale. Ma c’erano alcune cose che aveva bisogno di capire prima di arrivare, e da quanto aveva calcolato, dato che c’era un solo checkpoint sulla strada, sarebbero stati a casa di Logan in venti minuti.
   Tony prese un respiro. « Non sapevo cosa avrei detto. Ho rimandato la telefonata perché non sapevo come… » ammise. « Quando abbiamo parlato l’altro giorno sembrava stare… bene. Sembrava se stesso ». Tony fissò gli edifici di fronte, senza vederli. « Sta bene? »
   Con un altro sguardo verso di lui, gli occhi di Ingrum si addolcirono in un’aria comprensiva, che sembrava quasi di accettazione. Quest’uomo era più di un allenatore o un terapista, comprese Tony in quel momento. Era un protettore, un custode… una guardia del corpo? Di certo aveva l’addestramento per esserlo, stando al suo file, e i muscoli per farlo, stando alla sua corporatura… ma non era tutto. C’era intelligenza oltre ai muscoli, e c’entrava qualcosa anch’essa. Qualunque cosa fosse quest’uomo per Logan, comprese Tony, suo cugino era nelle mani migliori. Forza, intelligenza… lealtà. E un quarto componente, affetto, spinse Bling a parlare, ora.
   « Sta bene » rispose la sua voce baritonale. « È uno che lotta. A volte lotta contro se stesso » considerò, più tra se che col suo passeggero, « a volte lotta contro la realtà della situazione. Ma per lo più… » Iniziò un piccolo sorriso ironico. « Combatte ciò che ha sempre combattuto - l’avidità, l’abuso di potere… la corruzione… »
   Tony si appoggiò allo schienale, più sollevato di quanto pensava potesse essere nell’udire che Logan era se stesso. « È Logan ». Sospirò, e dopo uno o due momenti di silenzio tentò « Vorrei non doverlo chiedere, ma… cosa faccio? Cosa dico? »
   « Qualunque cosa avrebbe detto o fatto se non gli avessero sparato » rispose Bling stringendosi nelle spalle. « Gli chieda ciò che vuole sapese, se vuole sapere qualcosa. Probabilmente risponderà, ma… lui ha il diritto di non parlare… proprio come lei ha il diritto di chiedere ». L’uomo lanciò uno sguardo all’agente, e disse « Poi diventa più facile. E con Logan divenra più facile piuttosto in fretta ». Ci fu un sorriso di incoraggiamento insieme alle parole, poi una risatina. « Specialmente se minaccia di prenderlo a calci ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 5:25 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers.

   
   Aveva sentito la porta e deglutì, la gola secca. Si voltò dalla finestra dove era rimasto a rimuginare e si fermò verso l’ingresso, sperando almeno di mantenere un’espressione casuale. Ci furono suoni, passi sul pavimento di legno… e improvvisamente gli anni tornarono indietro. Era faccia a faccia con Tony DiNozzo.
   « Il Dottor Destino, come sempre ». La voce era ampia come il sorriso, si stupì Logan.
   Tony fece un largo sorriso, apparendo sinceramente contento di vederlo mentre tendeva la mano - il braccio il realtà - verso il cugino. Sbattendo un po’ le palpebre alla vista del suo eroe d’infanzia in carne ed ossa di fronte a lui, già pronto ad accettarlo sulla sedia, Logan sollevò a sua volta la mano e lo vide afferrargliela con forza. Il momento successivo Tony aveva gettato un braccio intorno alle sue spalle, la sua altezza piegata in modo un po’ goffo come accadeva sempre le prime volta, ma per Logan su il benvenuto che aveva bramato, un benvenuto nella sua stessa casa da parte del suo ospite. Mondo folle, udì se stesso ridere in un singhiozzo emozionato, mentre gettava il proprio braccio libero intorno al collo di suo cugino. « Giuro che non volevo credere che saresti venuto per davvero finché non ti avessi visto » rise, ancora emozionato.
   Tony si scostò un po’ per osservare la tensione sul volto di suo cugino, sperando di nascondere il senso di colpa che sentiva per averla posta lì. « È passato così tanto tempo? ». Quando Logan annuì silenziosamente, i suoi occhi troppo lucidi, Tony rifletté che non avrebbe mai pensato di aver bisogno di tutte le sue abilità affinate come agente sotto copertura per nascondersi da suo cugino, per nascondere lo shock che aveva provato nel vedere Logan così.
   Logan appariva smunto rispetto all’ultima volta che lo aveva visto, l’intensità che aveva sempre bruciato nei suoi occhi sembrava bruciare ancora più forte - e il contrasto tra i due estremi gli dava un’aria tormentata. Sebbene fosse sempre stato serio, almeno prima era più bravo a bilanciare i suoi progetti con qualcosa che permettesse alla sua mente e al suo corpo di rimettersi in pari - era grandioso sul campo da basket e da tennis, ricordò Tony - e comprendeva il bisogno di concedersi una pausa ogni tanto. Tony si chiese se avesse dimenticato quella lezione…
   Beh, col cavolo che avrebbe iniziato quella visita standogli addosso. « Mea culpa ». Il suo sorriso era naturale come sperava, mentre gettava distrattamente la borsa per terra accanto al tavolino prima di sedersi sulla sedia accanto a Logan. « Beh, so che il motivo per questa visita è l’ultimo che avremmo voluto - ma magari in mezzo al lavoro possiamo aggiornarci sulle altre cose ».
   Logan sbatté le palpebre annuendo in silenzio, ancora non si fidava della sua voce. Non era sicuro ora di cosa si fosse aspettato, ma questo era Tony, il Tony che ricordava e seguiva ovunque come un cucciolo, il cugino che - indipendentemente da quanto insistente o fastidioso lui fosse, indipendentemente dalla ragazza o la partita che si contendevano la sua attenzione - permetteva sempre al cuginetto dai capelli scompigliati di seguirlo, senza essere mai scortese o insofferente.
   Cos’altro avrebbe dovuto aspettarsi da quest’uomo?
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: (*) tradurre modi di dire è complicato, anche se può essere divertente, ma tradurre modi di dire con doppi significati è quasi impossibile. La traduzione che ho scelto per questa frase fa perdere un po’ l’immediatezza e l’amarezza che c’era in originale, ma non ho potuto fare di meglio. Ci tengo però a spiegare il senso originale: “cabina-armadio” in inglese si dice “walk-in” closet. Ovviamente, “walk” significa anche camminare. I verbi che si utilizzano in inglese per cose su ruote - come una bicicletta, una moto spinta a mano o una sedia a rotelle - sono “to wheel” e “to roll”. La frase originale era così:
   “
Walk-in closet, sbuffò amaramente, ricordando la dichiarazione di Bling di quanto fosse provvidenziale che fosse grande abbastanza da essere anche roll-in…”
   Non mi piaceva come suonava, dato che in italiano non usiamo l’espressione “walk-in closet”.
   Aspetto i vostri commenti :) Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   

   
 
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