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Autore: pdantzler    19/02/2008    8 recensioni
Harry capita per sbaglio in casa di Piton nell'estate del quinto anno, dopo la morte di Sirius. Costretti a una convivenza forzata, i due scopriranno molte cose l'uno dell'altro. Traduzione a opera di Starliam ed Allison91
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Grazie ValeLovegood, PiccolaVero e Iaco.
Grazie per tutte le recensioni che mi lasciate, e grazie anche a tutti gli altri!
Starliam



La notte diventava sempre più scura. Le candele bruciavano lentamente, e ognuna lasciava la stanza un po’ più buia, via via che si spegneva.

Harry sapeva che avrebbe dovuto dormire, ma si sforzava di tenere gli occhi aperti. L’incantesimo immobilizzante non svaniva in fretta; Harry sentì l’orologio nell’ingresso suonare le due, e aveva ripreso il controllo delle sole braccia. Si era assopito una volta o due, ma si era riscosso subito, determinato a non dormire. La pozione che Piton gli aveva dato non lo faceva dormire, ma aiutava a diminuire l’indolenzimento nei muscoli.

La prima luce dell’alba entrava già dalle finestre, quando Harry riuscì a muovere di nuovo tutto il corpo. Si sedette e spinse via le coperte. Non sarebbe rimasto lì a far nulla per sempre, preoccupandosi che Piton fosse vivo o ridotto a pezzi in una riunione di Mangiamorte; Harry sarebbe andato a cercarlo.

La porta della camera si spalancò, e Harry sospirò di sollievo nel vedere Piton che entrava. Il sollievo svanì nell’istante in cui Harry vide il volto pallido del professore, più bianco del solito e segnato dal dolore. Piton riusciva a malapena a camminare, si trascinò verso il letto spazioso con evidente fatica.

“Che cosa le ha fatto?” Harry scese dal divano.

“Potter, non così forte, per favore”, Piton iniziò dolorosamente a togliersi la veste nera. “Fra poco starò bene”. Si sfilò la tunica, facendo smorfie di dolore, e rimase in piedi accanto al letto con addosso i pantaloni neri e la camicia bianca. Sembrava sul punto di dire qualcosa di freddo e forse sgradevole, ma abbandonò l’idea.

Harry guardò ansiosamente mentre Piton saliva sul letto e si appoggiava lentamente ai cuscini. Non aveva mai visto Piton dopo un incontro con i Mangiamorte, e non importava quanto avesse immaginato le orribili sofferenze patite per mano di Voldemort, non era preparato per la realtà della tortura.

“Potter”, disse Piton, senza muoversi. “Potresti andare all’armadietto e portarmi la piccola bottiglia verde sullo scaffale in alto?”

Piton gli chiedeva una cosa gentilmente? Doveva stare davvero male. Harry si affrettò all’armadietto. Per fortuna, c’era solo una bottiglia verde sullo scaffale in alto, e la portò immediatamente a Piton.

Il professore si sedette appena, prese la bottiglia, e inghiottì l’intera pozione in diversi sorsi. Piton appoggiò la bottiglia sul comodino e tornò a stendersi sui cuscini, chiudendo nuovamente gli occhi.
“Bene, Potter, riposerò qui per un po’”.
“Me ne vado”, Harry iniziò a voltarsi.
“No!” con gli occhi ancora chiusi, Piton puntò un dito ammonitore verso in direzione di Harry. “Non devi lasciare la mia vista per altri due giorni. Vestiti, e gli elfi domestici possono portarti la colazione, poi puoi sederti in quell’angolo e leggere in silenzio.
“Va bene!” la preoccupazione di Harry si trasformò rapidamente in fastidio, mentre si avviava verso il bagno. “Mi ero scordato che i vampiri devono dormire durante il giorno”.
“Ti ho sentito”, lo ammonì Piton dal letto.

Il professore non si mosse per le ore successive. Dopo aver fatto colazione, Harry pensò di restare a guardarlo dormire, solo per essere sicuro che non morisse mentre stava steso lì. Ma dal momento che non sapeva distinguere se qualcuno era morto, tranne dal petto che si alzava e abbassava, decise di mettersi a leggere in un angolo e sbirciare Piton di tanto in tanto.

La stanza era calda e silenziosa mentre la mattinata passava. La nottata passata a vigilare aveva reso Harry molto assonnato. Si stese nella comoda poltrona, appoggiando entrambe le gambe su un bracciolo e stendendosi contro l’altro bracciolo della poltrona. Chiuse gli occhi per un momento, e il pesante libro scivolò sempre più in basso sul suo petto.

“Potter!” una voce insistente risuonò, e Harry sentì qualcosa picchiare leggermente contro le sue ginocchia.
“Vada via”, mormorò Harry, tenendo gli occhi chiusi.
“Potter, sono quasi le quattro del pomeriggio. Non riuscirò mai a farti dormire stanotte se non ti svegli adesso”.
“Mi lasci in pace”, borbottò Harry, ma si sedette e si stropicciò gli occhi stanchi. Piton era in piedi di fronte a lui. Il professore sembrava stare molto meglio, i segni del dolore erano spariti dal suo volto, e indossava nuovamente la veste nera.
Ma non era contento.
“Avresti dovuto dormire la notte scorsa. Davvero, questa ostinazione deve finire. Quando dico ‘dormi’, intendo che devi dormire, e non stare sveglio tutta la notte. La prossima volta che andrò da qualche parte durate la notte, ti darò una pozione per farti dormire”.

Harry avrebbe voluto guardarlo male, ma era davvero troppo assonnato per pensare di fare qualunque altra cosa che non fosse aggomitolarsi e rimettersi a dormire. Piton, senza cuore come sempre, lo afferrò per un braccio e lo tirò in piedi, fuori dalla poltrona.
“Hai ancora il pavimento del magazzino da strofinare, e poi voglio che tu scriva per cinquecento volte non disobbedirò di nuovo al mio guardiano per nessuna ragione”.
“Awwww”, Harry iniziò a lamentarsi, ma Piton lo bloccò con uno sguardo minaccioso.
“Facciamo seicento?”
“Va bene, strofinerò e scriverò”, Harry seguì Piton nel corridoio.

Seguirono diverse ore passate a strofinare, durante le quali Harry rimase in ginocchio con le mani sul pavimento, mentre Piton rimase intorno a lui a criticarlo, finché Harry desiderò ficcare lo spazzolino in gola al professore di Pozioni. Non riusciva a credere che Piton gli avesse fatto usare per davvero uno spazzolino da denti.

“Potrei fare molto più in fretta se mi lasciasse usare una normale spazzola per pulire”, protestò Harry, tornando per la terza volta sullo stesso punto, in cui qualcosa di disgustoso era penetrato nelle righe del pavimento di legno.
“Voglio che ci impieghi molto tempo”, ribatté Piton, sogghignando. “Ti aiuta a tenerti occupato e fuori da guai. Un Potter con troppo tempo libero si caccia nei guai, prima o poi”.
Harry resistette a malapena all’impulso di lanciare lo spazzolino contro Piton. “Ah-ha, molto divertente. Non ha qualche lavoro importante da fare per l’Ordine?”
“Ho già fatto la mia parte partecipando alla riunione dei Mangiamorte. Adesso, mi divertirò un po’ guardandoti soffrire. Un po’ più forte, non riuscirai mai a pulire il pavimento muovendo lo spazzolino in quel modo”.

Harry mormorò qualcosa che fu contento che Piton non poté sentire.

“Sei il tipo di persona che ha bisogno di qualcosa a impegnargli il tempo”, continuò Piton, apparentemente contento di avere un ascoltatore obbligato. “Ho pensato spesso che questo sia il vero motivo per cui finisci in così tanti guai quando sei a scuola: troppe ore senza controllo. Alcune persone trovano attività costruttive da svolgere nel tempo libero, ma ovviamente tu e tuo padre non avete mai fatto un buon uso del tempo libero”.
“Io non vado in giro a infastidire le persone perché sono annoiato”, sbottò Harry. “Cerco di non dare fastidio a nessuno, tranne a Malfoy, e questo perché è sempre lui a iniziare. E lei non avrebbe dovuto lasciare che la trattassero così”.
Piton abbassò lo sguardo verso Harry. “Prego?”
“Era intelligente – avrebbe dovuto trovare un modo per rispondere”. Insisté Harry, attaccando il pavimento con rinnovata energia. “Voglio dire, Malfoy trova centinaia di modi per rendermi miserabile, e lei è più intelligente di quanto lui potrà mai essere. Perché non ha lanciato un maleficio a mio padre per farlo diventare un rospo, o per farlo parlare come un troll? Non sarebbe piaciuto a nessuno, in quel modo. Avrebbe potuto mettersi d’accordo con mia mamma, e voi due insieme avreste potuto batterli”.
“Avresti voluto che iniziassimo una guerra?” l’ombra di un sorriso comparve sulle labbra di Piton.
“Beh, è iniziata comunque. Avrebbe potuto rispondere, invece di limitarsi a prenderle. Io non lascio che Malfoy abbia la meglio su di me tutte le volte, ed è più difficile, perché Tiger e Goyle mi picchierebbero fino a lasciarmi senza sensi, se pensassero che sto tentando qualcosa. Sirius e Lupin hanno mai tentato di picchiarla?”
“No, e rimani concentrato sulla pulizia” rispose Piton, ma non sembrava troppo severo.
“Mi piacerebbe battere Malfoy per una volta”, Harry si gustò l’idea. “Moody una volta lo ha trasformato in un furetto e lo ha mandato a sbattere per terra. Beh, in realtà era Barty Crouch Junior, ma ricordo ancora lo sguardo terrorizzato che aveva appena prima di essere trasformato. Ovviamente, la McGranitt lo ha obbligato a farlo ritornare come prima, ma eravamo tutti d’accordo che stava meglio come furetto”.
“E’ piuttosto malvagio da parte tua, Potter”, disapprovò Piton. “Dov’è la tua nobiltà d’animo Grifondoro?”
“Tutto cambia quando si tratta di Malfoy”.
“Capisco. E immagina che fra quindici o vent’anni, il giovane signor Malfoy abbia un figlio. Quali sarebbero i tuoi sentimenti verso di lui?”
“Sta scherzando? Ogni figlio di Malfoy sarebbe malvagio, probabilmente con lo stesso carattere antipatico e i capelli biondi…” Harry si interruppe, quando l’impatto di ciò che aveva detto lo colpì. Era vero; probabilmente avrebbe odiato ogni figlio o parente di Draco Malfoy, anche prima di incontrarlo. Harry sentì che le orecchie gli diventavano rosse, e abbassò la testa, strofinando tanto forte da far saltar via le setole.
“Basta così, per adesso”, la voce di Piton era bassa e calma. “Andiamo a lavarci e poi a cenare”.

Harry lasciò cadere lo spazzolino nel secchio di acqua sporca e si alzò. La schiena gli faceva male per essere stato tanto tempo chinato a terra, e aveva le ginocchia doloranti, e sapeva che Piton gli avrebbe fatto ingoiare di nuovo quella schifosa pozione della sera precedente. Quante pozioni aveva bevuto da quando era arrivato a Snapdragon Manor? Abbastanza per tutta la vita.

La cena era buona e calda, e Harry iniziò a mangiare avidamente, ma rallentò prima che Piton potesse riprenderlo.

“Quando andremo a Diagon Alley”, disse Piton casualmente, “possiamo, già che ci siamo, procurarci i tuoi libri di scuola. In questo modo non dovremo tornarci, e tu avrai il resto dell’estate per studiare le tue lezioni per l’autunno”.
“Fantastico”, brontolò Harry. “Un anno intero dedicato alla scuola. La gente non sarà in grado di distinguere fra me e Hermione”.
“Il sesto anno è molto importante”, insisté Piton. “Più avanti sarai contento di aver dedicato tempo e fatica allo studio, mentre tutti gli altri poltrivano”.

Harry scrollò le spalle, vedendo un certo senso nel discorso di Piton, ma rifiutandosi di ammetterlo.

“Hai mai pensato a quello che potresti fare nel resto della tua vita?” chiese Piton in tono casuale mentre iniziava a mangiare. “Dopo che avrai finito Hogwarts?”
La testa di Harry si alzò di scatto. “Cosa… voglio dire, immagino che combatterò Volde… sa, la profezia?”
“Sì, ma dopo quello. Immagina di sconfiggerlo, con lui avresti finito; o immagina che non attacchi per trent’anni. Cosa farai nel frattempo?”
Harry non ci aveva mai pensato prima. “Oh, beh, credo di voler diventare Auror”.
Piton scosse la testa. “No, non diventerai Auror”.
La gola di Harry si strinse, ma cercò di mantenere un espressione neutra. “Sì, so che lei sa che non ho avuto un GUFO abbastanza alto per poter accedere al MAGO necessario per diventare Auror”. “No, non si tratta di quello, Potter. Ci sono anche modi di aggirare le regole, quando si tratta del MAGO. Sto parlando di te: non hai la giusta personalità e il carattere per diventare Auror”.

Harry si sentì salire la rabbia, ma cercò di restare calmo. “Invece sì! I miei genitori erano Auror, e ha sempre detto che sono come mio padre.”

“Per quanto riguarda l’orgoglio e l’arroganza, forse”, ribatté Piton. “Sei troppo impaziente e impulsivo per essere un Auror. Gli Auror stanno sotto copertura e calmi al lavoro: tu avresti una crisi di nervi, o ti lasceresti prendere dalla gloria e dal potere, combattendo tutto ciò che si para sulla tua strada facendo abbastanza confusione da svegliare i morti. Hai successo, di solito perché trovi persone ignare e ottieni l’elemento sorpresa per volgere la situazione a tuo favore. Lavorare da Auror significa operazioni segrete e lavoro nascosto, qualcosa che tu odieresti già dalla prima settimana. No, dopo un po’ odieresti essere un Auror”.
“Che cosa pensa che dovrei fare?” chiese Harry, sentendosi sminuito. “E non dica nulla perché farei casino qualunque cosa faccia. Sia onesto”.
“Penso che saresti un ottimo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure”, Piton prese un sorso di vino.

Questo era inatteso, e Harry poté solo rimanere con lo sguardo fisso, a bocca aperta e un’espressione incredula.
“E’ una cosa così incredibile per cui devi rimanere a fissarmi come una trota?” chiese Piton.
Harry chiuse la bocca. “No, ma lei pensa che io sarei un bravo insegnante? Non ho abbastanza pazienza per essere un Auror, e pensa che potrei avere a che fare con gli studenti e rimanere a Hogwarts per sempre?”
“Ovviamente, insegnare non è così noioso come lo fai sembrare, o non avresti iniziato a tenere le tue lezioni di Difesa Contro le Arti Oscure quando la Umbridge si è dimostrata incompetente”. “Lei lo sapeva?” esclamò Harry.
“Per favore! Tutti i professori sapevano delle vostre esercitazioni, tranne la Umbridge, che non sapeva nulla sul comportamento dei ragazzi. Credimi, se avessi iniziato a esercitarti in Pozioni al di fuori delle lezioni, lo avrei saputo”.
“Ma l’insegnante?” disse Harry, prima che Piton iniziasse a fargli la predica sul fatto di studiare di più e giocare di meno. “Non so se riuscirei a essere un buon professore”.
“Perché no? Hai fatto in modo che gli altri studenti ti ascoltassero, e conoscevi quello di cui parlavi. Gli studenti riconoscono l’incompetenza in un professore molto in fretta”.
“Immagino che sia per questo che non la ascoltiamo durante le lezioni”, disse Harry, piuttosto maliziosamente. Era un’occasione troppo buona per lasciarsela scappare, e non fu sorpreso quando Piton gli diede uno schiaffetto dietro la testa, ma non gli fece male come Harry si aspettava. “Comportati bene”, ordinò Piton, “o ti siederai scomodo in classe per tutto l’anno”.
“Non può punire un collega insegnante”, disse Harry superbamente.
“Ora, non ho mai detto che dovresti insegnare a Hogwarts”, obiettò Piton. “Ci sono altre scuole dove faresti un buon lavoro e saresti centinaia di miglia lontano da me e dal mio magazzino di pozioni”.

Harry sorrise astutamente. “No, penso che sarebbe divertente insegnare a Hogwarts. Ci pensi, io e lei, seduti accanto durante i pasti, che alle riunioni dello staff litighiamo su chi debba avere il campo per gli allenamenti di Quidditch. Ci incroceremo nei corridoio, io annuirò e dirò ‘Severus’, lei risponderà ‘Harry’, e poi continueremo per le nostre strade diverse, sapendo che ci incontreremo ancora, ogni giorno, per il resto delle nostre vite”.
Piton sembrò aver ingoiato una pozione orribile. “Ripensandoci, penso che il programma di addestramento Auror sia il posto giusto per te. O ancora meglio, cerca di farti uccidere durante la guerra”.

Harry non poté impedirsi di sogghignare mentre finiva la sua cena. Il suo stomaco si annodava ancora, al pensiero della sua carriera futura. Essere un Auror era davvero una scelta così sbagliata per lui? La McGranitt aveva detto che lo avrebbe aiutato, ma lo aveva fatto solo per spuntarla sulla Umbridge? Doveva fare il professore? Una volta che Voldemort fosse stato sconfitto, avrebbe avuto ancora un senso insegnare Difesa Contro le Arti Oscure, in modo che nessuno provasse a diventare il nuovo Signore Oscuro. Si immaginava in piedi di fronte alla classe, con addosso una veste nera, e un ragazzino del primo anno che alzava la mano e diceva esitante: “Professor Potter, può rispiegarci come si comportano i Dissennatori, per favore?”

“Prima che tu scivoli in un sogno a occhi aperti dove senza dubbio sei il re dell’universo”, disse seccamente Piton, “ti ricordo che hai ancora delle frasi da scrivere, stasera. Ne voglio metà per stasera e l’altra metà per domani sera. Domani, subito dopo colazione, andremo a Diagon Alley”.

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Alle otto in punto, Harry era steso sul divano con una mano dolorante, fissando l’alto soffitto a cupola mentre Piton lavorava su alcune carte. Harry non era stanco, ma non disse nulla per paura che Piton gli facesse prendere una pozione per farlo dormire. Si sentiva ancora colpevole quando pensava alla distruzione del magazzino di pozioni. Provò una sensazione di disagio alla bocca dello stomaco, e cercò di pensare a qualcos’altro.

“Smettila di agitarti, e dormi”, gli ordinò Piton.
“Che cosa succede alle riunioni dei Mangiamorte?” Harry si girò su un fianco, in modo da vedere Piton in faccia. “c’è qualche programma o le persone vengono torturate a caso?”
“Non sono affari tuoi. Dormi”.
“No, davvero”, insisté Harry, tirandosi su e appoggiandosi a un gomito. “Che cosa succede? Ci sono solo Mangiamorte o è permessa la partecipazione anche a chi vuole diventare Mangiamorte? E’ come un club nel quale si può entrare, o è come essere nella mafia?”
“Non te lo dirò”, sbottò Piton.
“Perché no?”
“Perché ti spaventerebbe”.

Harry sbuffò indignato, ma Piton scosse la testa. “No, Potter, so che pensi di aver visto un sacco di violenza e sofferenza in questi ultimi anni ad Hogwarts, ma è solo un assaggio di quello che succede realmente intorno al Signore Oscuro. Sei troppo giovane e troppo ingenuo per poter sopportare la conoscenza del male puro. Riguardo alla profezia sei nervoso e suscettibile già così, se ti dicessi gli orrori che ti attendono, non dormiresti più, e io non avrei più un attimo di pace”.

“Ma non saperlo mi fa preoccupare ancora di più”, obiettò Harry. “Ero preoccupato per la prima prova del Torneo Tremaghi, ma una volta saputo cosa avrei dovuto affrontare, mi sono sentito meglio e ho potuto prepararmi”.
“Puoi discutere con me quanto ti pare, ma non ti dirò nulla”, Piton era risoluto.

Harry pensò di mettere il broncio, ma i suoi pensieri scivolarono verso un’altra direzione. “Perché tutti i maghi e le streghe dalla parte del bene non si mettono insieme, vanno a un raduno di Mangiamorte e la fanno finita così?”
“Potter”, Piton iniziò a sbuffare, ma Harry continuò.
“No, sono serio. Ci mettiamo tutti d’accordo e ci riuniamo, bacchette e armi pronte: lei ci guida al raduno, prendiamo Voldemort di sorpresa, e lo sconfiggiamo. Forse potrei nascondermi fino all’ultimo momento, e poi ucciderlo prima che qualcuno mi veda, e sarebbe tutto finito. Catturiamo tutti i Mangiamorte, li mandiamo ad Azkaban, facciamo degli incantesimi in modo che nessuno possa mai farli uscire, e tutto è sistemato. Un attacco diretto, senza spiare o intrufolarsi, senza preoccuparsi di quando potrebbe attaccare, solo lotta diretta”.
“Beh, tanto per cominciare, il Signore Oscuro ha sistemato sensori e altre protezioni magiche per essere avvertito se qualcuno che non sia un Mangiamorte si avvicina a meno di tre miglia da lui. In più, ai nostri raduni effettua degli incantesimi su se stesso perché non possa essere ferito. Questi incantesimi sono fatti di Magia Nera, e io sarei morto prima ancora di essere riuscito ad annullarne uno”.

“Oh”, Harry si sentì un po’ stupido. “Comunque, dovremmo fare qualcosa. Dovremmo programmare una difesa”.

“Potter”, Piton sembrava molto stanco. “Cosa pensi che sia l’Ordine della Fenice? Un club che organizza thè per discutere di libri e altre sciocchezze simili? Stiamo lavorando molto duramente, e so che vuoi fare la tua parte, ma per adesso la tua parte è dormire e lasciarmi lavorare, dal momento che sono un membro dell’Ordine della Fenice”.
“Presunto membro”, mormorò Harry, sapendo che sarebbe stato punito se non si fosse zittito al più presto. Tentò un’ultima volta. “Ci saranno altri raduni di Mangiamorte finché starò qui?”

Piton si tese per prendere la bacchetta.

“Voglio solo dire”, disse Harry in fretta, “io non voglio che lei debba andare a altre riunioni. Non potevo sapere se le era successo qualcosa, e non potevo scendere dal divano, e i Mangiamorte avrebbero potuto entrare in casa, e io non avrei potuto muovermi”.
“Tu non correvi alcun pericolo. Al minimo segno di qualche problema, i miei elfi domestici avevano l’ordine di portarti immediatamente da Silente. Ho sistemato altre protezioni, in modo che nessuno sappia che tu sei qui. Per quello che tutti sanno, tu sei a casa dei tuoi zii, che nessuno sa dove si trovi”.
“Ron mi ha trovato, al secondo anno”, ribatté Harry. “Lui sapeva dove stavo”.
“Il signor Weasley senior sapeva dove ti trovavi,” corresse Piton. “E probabilmente lo ha detto ai suoi figli inavvertitamente, cosa che non è stata molto saggia da parte del signor Weasley”.

“Posso scrivere a Ron e Hermione?” Harry passò al suo secondo pensiero. “A loro piacerebbe sapere dove sto. Non dirò loro dove mi trovo esattamente, solo che sono al sicuro. Speravo di vederli qualche volta, quest’estate. Hermione saprà tutto delle sue materie per l’autunno, e probabilmente ha ottenuto dei GUFO perfetti. Ron si sentirà stupido perché non c’è possibilità che abbia ottenuto un punteggio alto come lei, anche se di solito non litigano per faccende che riguardano la scuola. E’ riguardo a tutto il resto che litigano, urlano e rifiutano di parlarsi per giorni. Mi piacerebbe avere un anno tranquillo, per una volta, così potrei…”

Phttt! Senza nessun avvertimento, Harry cadde indietro sul cuscino, gli occhi e la bocca chiusi. Iniziò a respirare aritmicamente e profondamente.

Piton ripose la bacchetta, il fumo di un forte incantesimo sonnifero aleggiava ancora nell’aria. Avrebbe tenuto calmo il marmocchio per un po’, abbastanza perché Piton completasse un po’ di lavoro.

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Harry cercò di sembrare freddo e distaccato, mentre aspettava sulla porta che Piton fosse pronto. Harry era già stato a Diagon Alley prima di allora, ci aveva passato diverse settimane prima di iniziare il terzo anno; ma ogni volta si sentiva eccitato all’idea di tornarci. Amava i negozi, specialmente quelli nuovi, con articoli magici che non aveva mai visto prima. Il negozio di scherzi di Fred e Gorge doveva essere davvero bello, e Harry sperava di poter sgattaiolare via per darci un’occhiata mentre Piton litigava sui prezzi degli ingredienti.

Ovviamente, conoscendo Piton, avrebbe probabilmente tenuto Harry accanto a sé per tutto il tempo, bloccato in qualche buio, minuscolo negozio, pieno di contenitori di oggetti che avrebbero fatto venire a Harry voglia di imbavagliarsi.

E se Piton fosse stato davvero occupato, Harry aveva in programma di sgattaiolare in qualche negozio più buio, e di cercare Giratempo illegali. Sì, sapeva che non avrebbe dovuto, e sì, sapeva che Piton si sarebbe infuriato se lo avesse scoperto, e Harry sarebbe stato fortunato se fosse riuscito a sedersi per il resto dell’anno; ma aveva un piano! Harry aveva un piano, e si sarebbe attenuto a quel piano, e Piton non lo avrebbe ostacolato.
“Sei pronto?” Piton entrò nella stanza, tenendo in mano un corto bastone da passeggio e un grosso anello di metallo con delle chiavi appese.
“Sì”, Harry agganciò la fibbia a forma di serpente della sua veste, “l’ho aspettata per un anno”. “Non essere insolente con me, Potter”, lo ammonì Piton. “Abbiamo una lunga giornata davanti, e non la inizieremo con le tue sfacciataggini”.
“Ma possiamo iniziare con i suoi commenti sarcastici?” brontolò Harry.

Piton gli dette due pacche con la bacchetta sulla testa. “E ne avrai altre se ti sento ancora”.

“Come andiamo a Diagon Alley?” chiese Harry, resistendo all’impulso di strofinarsi la testa. Non voleva vedere Piton sogghignare ancora. “Possiamo volare?”
“No, troppo pericoloso”. Una volta fuori si fermarono, e Piton chiuse la porta con la chiave.
“Perché non usa la sua bacchetta?” Harry sbatteva le palpebre per la luce del sole.
“Non tutta la magia è fatta con una bacchetta”, replicò Piton. “Chiudendo questa porta con la chiave, non può essere aperta da nessuno tranne me. In questo modo non devo preoccuparmi di tornare in una casa piena di Dissennatori”.

L’immagine di Snapdragon Manor piena di neri Dissennatori fluttuanti era agghiacciante, anche nel caldo sole estivo. Harry cercò di scrollarsela via. “Quindi, se non andiamo con le scope, possiamo Materializzarci là?”
“Non fuori dalla proprietà, sei ancora minorenne”, Piton mise il largo anello con le chiavi in tasca e ne estrasse un anello più piccolo con sole due chiavi attaccate.
“Va bene, allora il treno” Harry stava esaurendo le alternative. Stavano camminando accanto alla casa, lungo sentiero ciottoli con ai bordi corti arbusti.
“No, useremo il metodo Babbano vecchia maniera”.
“A piedi? Siamo così vicini a Londra?”
“No, in macchina”, Piton indicò una berlina nera davanti a loro.
La bocca di Harry si spalancò. “Prendiamo una macchina?”
“Sì, immagino che tu ci sia già stato sopra” Piton si diresse verso il lato del guidatore.
“Ma una macchina… una macchina Babbana”, protestò Harry. “Lei è un mago”.
“Non significa che non possa utilizzare i vantaggi della tecnologia Babbana quando lo desidero. E’ stato più facile e meno costoso noleggiare questa macchina che procurarmi una Passaporta”.
“Posso guidare?” chiese Harry. Non sarebbe stato bello come volare su una scopa, ma poteva comunque divertirsi un po’.

Piton scoppiò in una breve risata. “Oh, l’infallibile umorismo dei Potter. Avevo dimenticato quanto sapete essere divertenti. Sedile del passeggero o sedile posteriore?”
“Bene”, Harry si sedette sul sedile del passeggero e chiuse lo sportello. Piton si sistemò al posto di guida. Harry si allacciò la cintura di sicurezza,e Piton fece lo stesso.
Piton stava armeggiando con le chiavi, e Harry gli scoccò un’occhiata preoccupata.
“Lei sa come si guida, vero?”
“Sì, Potter, so come si guida. Ho letto il manuale delle istruzioni la notte scorsa”.
Piton premette un bottone e il finestrino dal suo lato si abbassò. “Vedi? E qui” – premette un altro pulsante e le sicure di tutte le portiere si abbassarono – “chiusura di sicurezza per bambini. Sono l’unico che può sbloccarle. E devi girare il volante nella direzione in cui vuoi andare. Ecco, andiamo”.

Piton inserì la chiave e accese il motore.

Sto per morire, fu l’unico pensiero di Harry, mentre si appoggiava allo schienale e stringeva forte il bracciolo.
  
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