Dopo la sgradevole visita a casa di El, provai a contattarlo. Avevo il numero del suo telefono di casa, il quale
composi più volte senza ricevere alcuna risposta. Nonostante sapessi che El avesse un PC, non gli chiesi mai se
avesse un'e-mail, nè lui me la fornì mai. Dopo tre giorni di attesa, decisi di quindi di tornare a casa di El.
Ero impaziente. Tuttavia attesi certosinamente le quattro esatte del pomeriggio prima di uscire di casa, per non
destare sospetto nei miei genitori.
Mi avviai a passo frettoloso verso la dimora del mio amico. Nonostante il mio senso dell'orientamento sia
praticamente nullo, arrivai sorprendentemente senza problemi davanti alla porta di casa di El. Una porta di un
legno infracidito, senza alcuna targhetta indicante i cognomi degli abitanti della casa.
Bussai più volte il campanello, non ottenendo alcuna risposta. Provai ad appoggiare le orecchie alla porta per
sentire eventuali rumori in casa, ma non ne percepì alcuno.
A questo punto, provai a chiedere ai vicini, ma nessuno sembrava ricordare delle persone in quella casa negli
ultimi 5 anni.
Cominciai a chiedere a chiunque vedessi, nessuno ne sapeva niente e qualcuno mi rimproverava per essere da
solo per strada a quell'ora.
Ancora una volta, persi il controllo della mia mente; cominciai a correre, a correre senza meta. Volevo soltanto
fuggire da quel conglomerato urbano, trovare uno spazio libero da quegli enormi palazzoni e dalle strade
asfaltate. Lo trovai. Era quel luogo dove io ed El cacciammo gli uccelli.
Un'improvvisa tempesta irruppe con tuoni dai toni minacciosi e una pioggia leggera e fitta.
Mi sedetti a terra, di fronte a un piccolo promontorio da cui si poteva osservare tutta la città. Un violento
spettacolo di lampi e fulmini stava avendo luogo davanti ai miei occhi. Il sole stava ormai tramontando, e
nonostante la tempesta, esso riusciva ancora a conquistare qualche spiraglio dove emanare i suoi raggi morenti.
El non esisteva. Non era mai esistito.
Le mie mani vennero illuminate dalla fiacca luce rossa del cielo crepuscolare. Era sangue, il sangue di El. Lo
avevo ucciso io, con le mie mani. El non era nient'altro che la parte di me che avevo inibito da tempo: la
spontaneità, l'istintività, la sfrontatezza che la mia mente aveva eliminato.
Tutti i miei desideri più sfrenati e nascosti, i trastulli di bambino, tutte quelle cose che avevo ritenuto non
necessarie, erano racchiuse nella figura di El.
"Egli" era ormai morto, e non ritornò, mai più.