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Autore: Blooming    14/08/2013    2 recensioni
Sarah, dopo aver superato il Labirinto di Jareth si trova faccia a faccia con lui, il Re di Goblin.
“Dammi il bambino.” Disse Sarah cercando di mantenere la foce ferma, lo fissava dritto negli occhi.
Lui mosse un passo nella sua direzione
“Sarah bada a te.” Un altro passo e le fu accanto “Sono stato generoso fino a questo momento ma so essere crudele.”
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Nuovo personaggio, Sarah
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Talvolta ci vuole coraggio anche  a vivere
(Seneca)

 


 
Sarah si svegliò. Il corpo intorpidito. Sentiva la testa esploderle, la vista era offuscata.
Si sentì il collo pesante, si toccò e sentì una sorta di collare di acciaio intorno alla gola sottile, era incatenata con una lunga catena al muro.
Stava seduta sul pavimento. Il sangue secco sotto i piedi che le facevano male. Cercò di sollevarsi ma le gambe le tremavano. La testa le faceva male e non capiva bene dove si trovava.
Sentì una risata buia dal fondo della stanza.
Si voltò nella direzione della voce
“Chi c’è?! Chi sei?!” sapeva benissimo chi fosse ma in quel momento le sembravano le parole più giuste da dire
Amlach si portò alla luce e le si avvicinò
“Ciao piccola umana.” La guardò dall’alto sorridendo
Sarah non riusciva a rispondere, lo guardava terrorizzata.
Lui si chinò su di lei e le prese il mento tra le dita
“Graziosa davvero.” Le diede un bacio sulle labbra e lei lo morse “Hey.” La spinse via, si toccò le labbra dalle quali usciva un po’ di sangue “Mi hai fatto male piccola.” Rise
Fece ‘no’ col dito e le riprese il volto tra la mano
“Non mordere. Potresti farti male. Potrei fartene io.” Le bisbigliò all’orecchio
Sarah non lo guardava neanche.
Era la seconda volta che qualcuno la rapiva e questa volta la cosa non le piaceva.
Aveva amato così tanto Jareth, così tanto da preferire lui al Sopramondo.
Aveva pensato più volte a lasciarlo per offrire un patto a Amlach, solo per vedere la sua famiglia, anche per un giorno; ma non l’aveva mai voluto davvero.
Amlach le prese una ciocca di capelli e l’annusò
“Che buon profumo, così femminile.”
Lei ringhiò cercando di spostarsi da quell’essere che la terrorizzava e disgustava allo stesso tempo
“Io ti odio!” lo disse guardandolo negli occhi sentendosi morire
D’improvviso si sentì bruciare la guancia, le aveva tirato uno schiaffo.
La gota le bruciava tremendamente, si sentiva avvampare tutto il lato sinistro della faccia. Probabilmente le aveva lasciato l’impronta della mano.
L’aveva colpita così forte da farla lacrimare. Faceva malissimo e lui rideva.
Tirò l’anello del collare d’acciaio e portò il volto di Sarah vicino al suo, vide le lacrime scorrerle lungo il viso
“Non osare più parlarmi con quella voce.” Le asciugò una lacrima con il pollice e la leccò dal dito Sarah provava disgusto per quell’Elfo. Eppure mesi fa aveva sognato che la potesse amare meglio di chiunque altro ma poi era tornata dal suo Jareth, l’unico. Il solo.
Sarah si rannicchiò in un angolo cercando di sfuggire ad Amlach che camminava su e giù per la stanza, si fermava e rideva. Rideva di lei.
La catena la tirava e non poteva muoversi più di tanto. Non poteva sdraiarsi né alzarsi totalmente. Poteva stare seduta e lì, in quell’angolo della cripta stava rannicchiata in sé stessa pregando per l’arrivo di Jareth, per l’arrivo di qualcuno che la salvasse.
Amlach la guardò un secondo tamburellandosi le dita sulle labbra.
La sua pelle era blu e si mescolava con il nero della stanza. Sarah rabbrividiva a sentirlo ridere mentre la guardava.
Le si avvicinò ancora e la sganciò dalla catena al muro, gliela mise tra le mani e la fece alzare tirandola per i capelli, Sarah mugugnò di dolore. Amlach la tirò a sé
“Ti do un’ora di vantaggio.” Aveva una voce macabra che ti trafiggeva il petto e rabbrividivi a sentirla “Se riesci a scappare dal tuo Jareth prima dell’alba, ti lascerò libera.” Trascinandola fuori dalla cripta continuò a parlare “Se invece ti prendo prima io…” rise “Sarai mia per l’eternità.” La trascinò nella grande sala attraverso gli occhi di tutti gli Elfi presenti che la guardavano stregati
La fermò davanti all’ingresso, le porte spalancate davanti al bosco nero e impenetrabile.
Sarah guardò il nero davanti a sé e poi si voltò verso Amlach.
Aveva paura di lui, questo era ovvio, ma era comunque una donna e avrebbe combattuto con tutte le sue armi, le guance si colorarono di fuoco. L’avrebbe sconfitto. Aveva già superato un labirinto e questa volta l’avrebbe fatto con decisione, sicurezza, odio.
Lo guardò negli occhi vitrei
“È come superare un labirinto?” gli disse tornando a guardare il vuoto
“Si. Non come quello del Re di Goblin. Sarà più divertente.” Rise e tutti gli Elfi intorno risero a loro volta
“Allora voglio delle regole.” Tornò a guardarlo dritto in faccia, sicura di sé
“Regole?” Amlach piegò la testa
“Si. Devi darmi tredici ore, anche qui. Se entro le tredici ore sono fuori allora ho vinto e ti avrò sconfitto, se invece sono ancora dentro, anche solo di un piede, potrai fare di me ciò che vuoi.” Sapeva che era un patto poco fruttuoso per Amlach ma tentò lo stesso
“No. Hai cinque ore. Come ti ho detto prima. Se all’alba sei fuori allora sei salva, se ti prendo prima io…” le diede una spinta ridendo cacciandola fuori dalla porta “Hai un’ora di vantaggio, io ti seguirò. Tra un’ora.”
Le porte si chiusero e Sarah rimase al buio.
Sgomento nei suoi occhi. Non sapeva dove andare, quale strada percorrere, perché percorrerla.
Aveva un’ora di vantaggio che probabilmente non sarebbe stata un’ora.
Teneva in mano le catene e il collare le pesava sul collo ma lei continuava a resistere.
Cominciò a camminare nel vuoto e si ripeteva trattenendo le lacrime
“Sono più forte di te. Sono più forte di te.” Una specie di mantra
Camminava nel buio, gli alberi le sembravano uguali. Non sapeva quale fosse la strada giusta, se avesse già percorso quel sentiero o se avesse già passato quell’albero rugoso.
Se avesse lasciato degli indizi per ricordarsi la strada Amlach l’avrebbe capito e gli sarebbe bastato seguire la pista.
Forse aveva ancora qualche fiammifero, si guardò nella tasca del vestito.
Fortunatamente si era tenuta la scatola, ne accese uno. Non faceva una grande luce ma almeno era qualcosa.
Il collare cominciava veramente a pesarle ed era passato solo un quarto d’ora da quando aveva iniziato a camminare.
Strappò un piccolo ramo secco da un albero accanto a lei e strappandosi un lembo del vestito, lo arrotolò alla punta del ramo e gli diede fuoco.
Il sentiero si illuminò più del previsto e Sarah ricominciò a camminare, probabilmente l’avrebbero vista con quella luce ma almeno sapeva dove andava. Teneva in una mano le catene e dall’altra il ramo infuocato e continuava a camminare guardandosi intorno, il cuore le batteva, aveva paura ma continuava a ripetersi che era più forte di lui, lo sapeva dentro il cuore.
Quel piccolo cuore che pulsava all’impazzata.
Sentì un rumore dietro di lei e aumentò il passo.
Si sentiva osservata, come se Amlach avesse mandato spie ovunque per seguirla.
Sentì un ramoscello rompersi e per istinto cominciò a correre.
Quel bosco nero le ricordava tanto il Labirinto, la prima volta che aveva percorso un labirinto era per salvare Toby, ora lo faceva per salvare se stessa.
Non sapeva dove girare, si impigliava nei rovi e gridava appena un ramo la toccava.
Sapeva che tra poco Amlach si sarebbe messo sulle sue tracce ma continuava a correre, il sudore e lo sporco le rigava il volto e il collo. Sentiva la terra umida sotto i piedi e le catene pesavano sempre più. Si sentiva morire.
Il ramo stava per spegnersi, si fermò un secondo e lo riaccese. Le mani le tremavano, la scatola di fiammiferi le cadde sui piedi, si chinò a riprenderla ma non la trovò, sentì una piccola mano rugosa e piena di calli toccarle il polpaccio
“Scusami… Signorina…” lei si voltò e vide la creatura ed urlò , la torcia cadde a terra e si spense
 
 


Jareth tornò dentro al Castello. Furente di rabbia, risentimento, odio.
Il Labirinto non osava parlare, sapeva bene che era anche un po’ colpa sua se il Re stava morendo dentro.
Erano passate poche ore dal rapimento di Sarah e già tutti nel Sottomondo sapevano. Sapevano che l’aveva rapita Amlach. E tutti odiavano Amlach e la sua razza.
D’altra parte, tutti temevano l’ira del Re di Goblin, conosciuto come Re folle del Labirinto.
Jareth, con gli occhi brucianti di collera, sbattè le mani contro un tavolo, ribaltò a calci il trono e urlò con tutta la voce rimasta.
Gli gnomi correvano da tutte le parti spaventati. Jareth urlava e non ragionava più.
Odiava tutti. Odiava sua madre. Odiava sé stesso.
Aprì un portale verso il palazzo dei genitori. Oltrepassandolo sentì come un brivido passargli nelle vene, il sangue ribolliva, ormai la sua temperatura corporea era al limite.
Le guardie davanti alla porta della sala del trono lo fissarono. Con un gesto delle mani scaraventò i due contro le pareti facendogli perdere i sensi. Spinse le porte pesanti e entrò nella sala del trono. Lord Urér si alzò dal trono e lo fissò, non l’aveva mai sopportato ma era comunque suo figlio e forse odiava più sua moglie di quel Sidhe pazzo.
Jareth dal fondo della sala urlò
“Dov’è? Dov’è?” urlava con tutta la forza
Il padre lo guardò
“Chi? La tua giovane umana? So che è stata rapita.” Ridacchiò malefico
Jareth respirava affannosamente
“So bene dov’è la mia Sarah. Dov’è Celil. Dove si nasconde!” Stringeva i pugni e guardava fisso negli occhi il padre
Celil comparve da dietro una tenda, era quasi felice, sorrideva. Guardò il figlio e gli si avvicinò
“Sono qua figliolo.” Si portò davanti a lui “Come stai?” stava lì, sorridente, superba come sempre
Jareth a quelle parole non ci vide più, le tirò uno schiaffo. Mai aveva pensato di schiaffeggiare sua madre ma quella volta aveva oltrepassato ogni limite.
Il volto di Celil si fece rosso, rosso per lo schiaffo, rosso per l’umiliazione ricevuta.
Urér non fece niente per difendere la moglie, guardò la scena quasi compiaciuto. Lady Celil si portò una mano al volto
“Come hai potuto… come hai potuto portarmi via l’unica cosa che amavo in questo mondo. Come hai potuto farlo.” Non voleva una risposta, voleva distruggerla
Madre Celil non riusciva a spiegarsi il comportamento del figlio, pensava che Amlach avesse rispettato i piani e che Jareth cercasse conforto dalla madre.
Jareth l’afferrò per il collo e la sbattè contro un muro
“Hai preso la cosa più importante, la cosa a cui tenevo di più e l’hai data a quel pazzo di Elfo. Che madre sei? Mi hai esiliato per anni, dici di volermi bene ma in mille anni non sei mai venuta a farmi visita, neanche un messaggio. E ora, colma di gelosia, hai fatto rapire la mia Sarah. La donna che ho sempre amato.” La lasciò andare e se ne andò sotto lo sguardo impaurito di tutta la corte
Celil guardò il figlio attraversare un portale
“Ti ucciderà Jareth, lo sta già facendo! Quella ragazza ti ucciderà.” urlò al Sidhe
Jareth si girò, si sentiva il cuore pesante e la follia che la presenza di Sarah gli aveva assopito stava riemergendo più forte
“L’hai fatto tu al suo posto mamma.” La guardò un secondo, un lungo secondo di disgusto “Il Re del Labirinto dichiara guerra a Lady Celil e al popolo Elfo di Randϋr. Prepara le tue armi, presto sarà guerra.” Scomparì all’interno del suo portale
Lord Urér guardò la moglie.
Celil non disse niente. Rimase muta. Neanche una lacrima versò per il figlio che ormai sapeva perduto per sempre. Cominciava ad odiare anche lui adesso.
 



Il piccolo essere scosse la catena di Sarah
“Signorina…” ma lei rimaneva a guardarlo terrorizzata “Ti sono caduti questi.” Le porse la scatola di fiammiferi
Sarah si piegò a prenderli e ne accese uno facendo luce verso l’omino ai suoi piedi, respirò affannosamente impaurita
“Cosa sei?” il fiammifero si spense, ne prese un altro ed accese la torcia
“Sono un Brownie.” Disse con una voce piccola e sottile
“Un cosa?” Sarah lo guardò “Senti io devo correre, mi piacerebbe aiutarti ma mi danno la caccia.” Si voltò e aumentò il passo
“Signorina…” il Brownie le fu subito dietro “Ti posso aiutare.” Zampettava dietro di lei
“Come potresti aiutarmi? Sono inseguita da un Elfo pazzo che chissà cosa vuole farmi, sono in un bosco in cui non c’è luce e ho una catena al collo.” Sarah aumentava il passo
“Ti posso togliere la catena.” La voce stridula tutta affannata
“Veramente?” Sarah si fermò, si piegò verso l’omino illuminandolo con la torcia, si guardò intorno “Sei un Brownie giusto?” lui confermò “Mi aiuteresti a trovare la strada per uscire dal bosco, per arrivare dove c’è il Castello del Labirinto?”
Il Brownie si arrampicò sulla catena del collare di Sarah
“Quando sei arrivata poi mi regali i tuoi capelli?” studiava il ferro e l’acciaio
Sarah si guardò i capelli neri, lunghi e bellissimi, con un po’ di sofferenza accettò. Il Brownie le tolse la catena con uno strattone e il collare saltò via, lo trascinò ai piedi di un albero, scavò una buca e ce lo buttò dentro, ci mise sopra una grossa pietra.
Tutto soddisfatto tornò dalla ragazza
“Così poi lo ritrovo. Ora è mio.” Sarah lo guardò perplessa “Lo volevi tu?”
“Nono. Andiamo. Per favore, indicami la strada per uscire da qui.” Si alzò e caricò il piccolo essere, alto come una mela, sulla spalla
“Credo che il Re degli Elfi sia già sulle tue tracce signorina. Se vai di qua recuperi del tempo.” Indicò a destra, fuori dal sentiero “Ti conviene spegnere la torcia. Ti vede.” Sarah spense la torcia coprendola con la terra
“Lui non vede anche al buio?” chiese al Brownie
“Sì. Ma così lo aiuti, non credi?” ridacchiò toccando i capelli morbidi della ragazza
“Come ti chiami?” Sarah camminava spedita, non si sentiva così braccata avendo un aiuto dalla sua parte
“Geemo. Io so chi sei tu.” Sembrava felice “Tutti sanno chi sei.” Canticchiò qualcosa “Ora vai di qua, sinistra.”
“E chi sarei io?” Sarah quasi correva nel buio e si impigliava nei rovi
“Sarah. La Regina del Labirinto, moglie di Jareth e tutti sanno che Amlach ti vuole. Tutti sanno che Amlach ha fatto un patto con Lady Celil.” Lo diceva come se fosse sempre stato chiaro “Se ti avesse tolta da Jareth lei avrebbe permesso agli Elfi di interagire con gli umani nel Sopramondo.” Sarah non poteva immaginare cosa più orribile
“Ma… gli Elfi sono crudeli. Non possono girare sulla Terra, distruggerebbero tutto e tutti.”
“Già. Le donne… cosa fanno per amore.” Constato Geemo con la sua voce appuntita
Geemo era piccolo, dieci centimetri al massimo. Un’ispida capigliatura arruffata nera e un grosso naso a patata. Aveva un paio di pantaloncini minuscoli, i piedi piatti ed enormi. Ma oltre il brutto aspetto, ormai Sarah aveva imparato la lezione, c’era un grande cuore. I Brownie, secondo le leggende, erano come dei piccoli gnomi marroncini, spesso salivano nel Sopramondo ad aiutare gli uomini, in cambio pretendevano cibo, in particolare panna o latte, o anche vari oggetti luccicanti o capelli per imbottirsi la tana in inverno.
Si fidava di Geemo, lui aveva i suoi interessi nell’aiutarla  e lei doveva uscire da quel labirinto di alberi e oscurità.
 


Amlach aveva dato il via alla caccia. Correva dietro a quella ragazza, vedeva nel buio, annusava l’aria e sentiva dalla terra i pensieri che aveva avuto in quel momento Sarah, sentiva la disperazione e sentiva una punta di coraggio che le dava forza per vivere.
Sentì riecheggiare nell’aria un urlo di Sarah
“Sono più forte di te.”
La caccia ebbe veramente inizio.
Accesero una fila di fiaccole, tutti gli Elfi parteciparono, correvano, saltavano da un albero all’altro, ululavano cercando di terrorizzare Sarah. Ridevano divertiti. Una vera e propria caccia all’uomo.
 


Geemo annusò l’aria
“Sarah.” Lei lo guardò in piedi sulla spalla “Forse è meglio che corri.” Lei continuava a fissarlo “È iniziata la caccia. Corri!” Sarah si guardò intorno, notò le fiaccole infondo al bosco, le urla e le risa e cominciò a correre
Correva senza meta, Geemo le indicava le strade e lei continuava a ripetersi
“Sono più forte di te. Sono più forte di te.”
L’avrebbe sconfitto, l’avrebbe distrutto, l’avrebbe ridotto in un mucchio di polvere. Sarebbe rimasto solo, per sempre.
 



Jareth organizzava il suo esercito. Un potente esercito. Ninfe, Troll e alcuni Sidhe si era riuniti al suo cospetto, gli davano il loro appoggio, gli davano il loro esercito. I Berretti Rossi avevano invaso il Labirinto e aiutavano il Re con dei piani malvagi e astuti per assediare i due Castelli.
Allora è proprio guerra Jareth.
Jareth non rispose
Credi che questo basterà a curare le tue ferite?
Ovviamente no.
Come diceva la profezia, un umana l’avrebbe distrutto. Sarah non voleva distruggerlo, ma la sua scomparsa, saperla nelle mani di Amlach, stava corrodendo il Re da dentro.
Mentre Ninfe e Gnomi e Troll discutevano tra loro quale fosse il piano migliore per attaccare su due fronti, Jareth si avvicinò alla finestra, guardò il cielo cremisi
“Sarah…” bisbigliò al vento
Sentì un rumore, come parole
“Sono più forte di te.” La voce di Sarah che riecheggiava nel vento, non l’aveva immaginata, era proprio la sua
“Sarah…” urlò Jareth sperando che la sua voce arrivasse all’amata
 



Sarah si fermò a prendere fiato, la milza stava per esploderle, non resisteva più, ma doveva correre
“Sono più forte di te.” Diceva
E all’improvviso si alzò un forte vento e udì la voce del suo Re che la chiamava e urlava, poteva sentire la disperazione nel vento
“Sarah…” urlava e urlava ancora
“Jareth…” bisbigliò lei, si guardò intorno “Sto arrivando.” E riprese la corsa verso la salvezza
   
 
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