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Autore: KiarettaScrittrice92    14/08/2013    1 recensioni
Questa è stata la mia prima fanfiction in assoluto e ho deciso di pubblicarla, ovviamente correggendola e rendendola più leggibile e apprezzabile...
La mia storia comincia con Shinichi di nuovo adulto. Ai gli ha dato l'antidoto e ha raccontato a Ran il segreto di Conan Edogawa. Shinichi è riuscito a far arrestre i pezzi grossi dell'organizzazione con molte difficoltà, ma scopre con enorme dispiacere che deve lasciare Beika e tutti i suoi amici perchè suo padre ha bisogno del suo aiuto a Sendai! Due giorni dopo la sua partenza quelli dell'organizzazione evadono dalla prigione, quella stessa sera succederà ciò che meno vi aspettate...
La nostra storia inizia due anni dopo la partenza di Shinichi per Sendai sopra un treno che va a Beika...Tenetevi forte alle sedie perchè questa volta il detective liceale non riuscirà da solo a vincere la battaglia...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga dei ricordi'
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Soli contro il mondo

Shinichi, dopo i suoi ultimi due giorni di ricovero fu finalmente dimesso dall’ospedale, con mille raccomandazioni da parte del dottore di non fare sforzi per almeno altre due settimane, in modo che i punti si asciugassero da soli.
Dovette passare una settimana perché anche Ran seguisse l’esempio del ragazzo. Fortunatamente non aveva avuto nessun trauma cranico compromettente e, non appena si fu risvegliata dal coma fu un miglioramento continuo: i dottori si erano quasi stupiti della rapidità con cui migliorava la salute di quella ragazza, non sapevano che Ran era tenace, qualsiasi cosa le toccava affrontare.
Appena uscita dall’ospedale trovò la macchina nera di Makoto Kyogoku che l’aspettava, dentro vi erano il ragazzo e Sonoko che, appena vide l’amica uscire dalle porte di vetro scorrevoli dell’ospedale, aprì la portiera dell’auto e scese abbracciandola contenta.
«Oh Ran, finalmente sei fuori. Non mi devi far prendere più colpi del genere è chiaro?» la rimproverò l’amica bionda che la stava ancora abbracciando.
Lei ricambiò quel gesto d’affetto e quando si staccarono rispose con un dolce sorriso.
«Sonoko… Lo sai come sono fatta. Non posso stare lontano dai guai per più di qualche giorno.»
Le due amiche scoppiarono a ridere, poi Sonoko lanciò la sua solita frecciatina da cupido.
«Sì sì, e come se non lo so… Anche il tuo maritino ha il tuo stesso problema da attira guai... Forse è per questo che siete fatti l’uno per l'altra.» disse e a quelle parole Ran arrossì vistosamente, dopodiché salirono entrambe in macchina.
«Ti accompagno a casa, Ran?» chiese Makoto, rivolto alla ragazza, che si era appena seduta sul sedile posteriore.
«No no, se non ti dispiace vorrei prima passare a villa Kudo.» rispose lei.
«Hai capito la nostra Ran? Prima l’amore e poi la famiglia…!» fece Sonoko prendendola ancora in giro, mentre lei, dietro, fece finta di non sentire e mandò un messaggio col suo cellulare a suo padre e sua madre, rassicurandoli che stava bene e che sarebbe tornata più tardi.


Quando suonò il citofono il ragazzo era seduto sul divano a guardare un po’ di tv, si alzò e andò direttamente ad aprire il portone.
Il suo cuore si riempì di gioia quando vide proprio Ran al cancello di casa sua. Percorse velocemente il vialetto fino ad arrivare alle sbarre di ferro del cancello che aprì subito, con un sorriso da parte a parte accompagnò le sue parole di sollievo.
«Ran, ti hanno dimessa! Sono davvero contento!»
«Era vero?» chiese Ran ignorando completamente le parole del ragazzo.
Era andata prima da Shinichi solo per due motivi e non sarebbe tornata a casa senza delle risposte.
«Cosa?» chiese il ragazzo preso alla sprovvista.
«Quello che hai detto in ospedale!» chiarì lei.
Il ragazzo arrossì, imbarazzato, domandandosi cos’avrebbe dovuto risponderle a quel punto, se aveva davvero sentito tutto non poteva di certo mentire. Si dannò di non avere il coraggio di dire le cose come stavano, poi con la voce tremante cercò di dire qualcosa.
«Beh ecco io… sì insomma io volevo dire che… Quello che ho detto all’ospedale era… era… - sospirò e abbassò lo sguardo - Sì era tutto vero!» disse tutto d’un fiato, come se avesse paura che le parole gli sfuggissero di bocca.
Il silenzio regnò per qualche secondo e non sentendo la sua voce Shinichi alzò lo sguardo incuriosito da che faccia aveva fatto a quella confessione. Quello che vide lo lasciò senza parole, sebbene fosse la cosa più ovvia che si poteva aspettare, la ragazza lo guardava con un dolce sorriso, come se volesse rassicurarlo del suo imbarazzo, poi, senza nessun preavviso, lo abbracciò. In un attimo il ragazzo si trovò le sue braccia attorno al collo e il profumo dei suoi capelli gli inebriò il naso, a quel punto non poté fare a meno di ricambiare e cinse le spalle della ragazza con le sue braccia.
«A proposito… - disse lei dopo qualche secondo, staccandosi dal ragazzo - C’è un’altra cosa che volevo chiederti.»
«Dimmi.»
«Cosa mi dovevi far vedere prima che accadesse tutto quel manicomio?»
Il ragazzo deglutì: si era completamente dimenticato di quel piccolo pacchetto che si trovava ancora nel cassetto della sua scrivania in attesa di essere aperto. Avrebbe potuto mostraglielo in quel momento, ma aveva perso tutto il coraggio.
«Cosa? - disse facendo finta di niente - Niente era una sciocchezza!» rispose imbarazzato, sperando che la ragazza si rassegnasse, ma lei non cedette per niente, anzi sembrò quasi arrabbiarsi.
«Shinichi, cosa mi volevi far vedere?» chiese con uno sguardo terrificante.
«Beh ecco io…»
«Shinichi!» urlò alla fine, terrorizzando il ragazzo che non voleva assolutamente assaggiare uno dei suoi calci.
«Va bene, va bene, te lo farò vedere, vieni.» senza più nessuna esitazione le prese la mano e insieme oltrepassarono il vialetto entrando in casa.
Erano sulla scala per salire al piano superiore, quando il cellulare di Ran squillò. La ragazza chiese a Shinichi di aspettare un’attimo poi dallo zaino uscì il suo cellulare e vide il nome di suo padre scritto sul display, sospirando.
«Scusami ci vorrà un attimo. - disse rivolgendosi a lui - Pronto?»
«Ran, torna a casa io e tua madre ci eravamo preoccupati, sbrigati!»
«Ma se vi ho mandato un messaggio... Ora sono impegnata!» rispose la ragazza un po’ stizzita dal comportamento del padre.
«Ran per favore non disubbidire e vieni subito, io e tua madre dobbiamo anche parlarti di una cosa importante.»
«Va bene, sto arrivando - sbuffò per poi salutare e chiudere la conversazione - Scusa, mio padre vuole che torni a casa, perché non vieni con me?» domandò rivolgendosi a Shinichi.
«Veramente io…» ma non fece in tempo a dire altro, perché Ran lo prese per il braccio e lo trascino fuori di casa.
Non ci misero molto ad arrivare all’agenzia Mouri e, nel vedere quegli enormi caratteri bianchi sulla vetrata dell’edificio a Shinichi riaffiorarono tanti brevi ricordi che lo fecero sorridere: finalmente il suo passato stava tornando a inondare la sua mente e non si era mai sentito così felice in vita sua. Non poteva immaginare che attraversata quella porta, la realtà lo avrebbe investito come un treno ad alta velocità, rompendo quel vetro sottile che era la sua felicità in quel momento.
La ragazza aprì la porta dell’ufficio, vedendo subito suo padre seduto alla scrivania, mentre sua madre era proprio davanti a lui e sembrava quasi che l’aprirsi della porta li avesse interrotti nel pieno di una discussione.
«Shinichi, ci sei anche tu?» fece Eri stupita.
«Buongiorno signora Kisaki.» disse il ragazzo educatamente, facendo un leggero inchino com’era tradizione in quel paese.
«Meglio! - sentenziò Kogoro incrociando le braccia - Così sarà tutto più chiaro.»
«In che senso?» domandò Ran, non aveva mai visto suo padre così serio.
«Ran, - attaccò il detective non muovendosi dalla sua posizione - io e tua madre abbiamo preso una decisione!»
«Tu l’hai presa! A me sembra un grosso errore e lo sai bene.» ribatté Eri.
«Ti sbagli lo facciamo per il suo bene!» rispose lui rivolgendosi all’ex moglie.
«Si può sapere che succede?» insistetté la ragazza esasperata.
«Abbiamo deciso, - riprese Kogoro rivolgendosi a Ran - che sarebbe meglio che tu e Kudo non vi frequentaste più!» a quelle parole entrambi i ragazzi sbarrarono stupiti gli occhi ma, se Shinichi rimase in silenzio senza contestare, Ran sembrò infuriarsi.
«Cosa?»
«Di solito, per via di quell’organizzazione, la sua vita è sempre in pericolo e non vogliamo lo sia anche la tua.» chiarì l’uomo.
«Stai scherzando spero!» urlò ancora Ran.
Il ragazzo invece rimase paralizzato dalla terribile realtà che gli si era parata davanti: come aveva fatto a non rendersi conto del rischio a cui stava esponendo Ran, dopo che per quasi due settimane era rimasta priva di sensi all’ospedale? Eppure quando si trovava sotto le sembianze di Conan aveva molta più considerazione di quel pericolo che incombeva su di lei se l’avesse coinvolta.
«Ran cerca di ragionare…» continuò il padre della ragazza.
«Scordatelo! - rispose subito la ragazza - Non perderò Shinichi per la terza volta, te lo puoi scordare!» poi prese Shinichi, ancora assorto nei suoi pensieri, per un polso e lo trascinò fuori dall’agenzia.
Avevano già fatto qualche metro quando Shinichi si bloccò di colpo, come se improvvisamente fosse tornato alla realtà.
«Ran… - la chiamò, facendola voltare verso di lui, aveva le lacrime agli occhi, a quella vista sentì le viscere contorcersi, ma con un enorme sforzo disse quello che sentiva dentro - Tuo padre ha ragione.» disse senza mezzi termini, ma cercando di essere il più tranquillo possibile.
«Ti ci metti pure tu?» chiese la ragazza, mentre le lacrime continuavano a sgorgare dai suoi occhi.
«Ran ragiona... Sei in pericolo se stai vicino a me. Guarda che è successo un mese fa, lo so che è dura, ma non potrei sopportare di… Insomma non voglio che tu ci rimetta per qualcosa che riguarda solo me.»
Purtroppo, finalmente ne era sicuro, il problema dell’organizzazione riguardava solo lui. A loro non importava più né di Ai né di tutti quelli che stavano intorno a lui, a meno che non intralciavano, volevano solo lui e il chip dentro il suo corpo.
«Un problema tuo? Shinichi, ma ti rendi conto di quello che dici? Mi avevi fatto una promessa quando sei tornato due anni fa, la ricordi?» domandò lei, quasi urlando, lasciandolo paralizzato, non la ricordava.
«Ran io…»
«Lasciami stare!» si lamentò infine, per poi andarsene piangendo e lasciandolo lì per vari minuti, spaesato, fino quando anche quel ricordo riaffiorò.

«Quindi sei stato vicino a me tutto il tempo e non mi hai detto niente?» gli domandò Ran, mentre una lacrima già scendeva per rigarle il viso.
«Scusami Ran, è che non volevo coinvolgerti in questa storia.» rispose lui.
«Ma sei impazzito? Ho pensato di tutto... Se avessi saputo avremmo combattuto insieme!»
«Cosa?» chiese stupito.
«Giurami che d’ora in poi qualsiasi sarà il rischio o il problema lo affronteremo insieme!» disse con aria decisa e seria Ran, le lacrime sul suo viso erano completamente sparite.
«Promesso!» sorrise lui divertito.

 

Shinichi camminava ormai da mezz’ora, doveva ritrovarla, doveva scusarsi, aveva ragione lei, non poteva escluderla ormai, ci erano dentro insieme e avrebbero affrontato la situazione insieme, non l’avrebbe abbandonata per la terza volta. 
Pensò a dove potesse andare Ran, poi finalmente dopo quella mezz’ora gli venne in mente. Si diresse verso il parco del lago in cui erano andati un mese prima, arrivando col fiato grosso, ma quando la vide lì davanti al lago, in piedi, mentre una lacrima le rigava il viso si tranquillizzò e si avvicinò lentamente.
Lei era lì da venti minuti, stava piangendo senza riuscire a fermare le lacrime: non poteva credere che il suo Shinichi le avesse detto di non vedersi più, si era davvero dimenticato di quella promessa. Forse era vero, forse lo faceva per difenderla, ma lei non si voleva separare da lui.
Ad un tratto sentì qualcuno cingerle le mani ai fianchi e un respiro profondo le sfiorò l’orecchio, facendola rabbrividire.
«Non ti lascerò mai, lo giuro, saremo io e te contro il mondo intero, piuttosto.»
Lei si girò e si buttò tra le sue braccia, con le lacrime che ancora scorrevano inesorabili e bagnavano la maglia del ragazzo.
Nonostante tutto, però, non ci mise molto a tranquillizzarsi e, poco dopo erano entrambi seduti su una delle panchine di quel luogo, proprio come un mese prima.
«Come facciamo con mio padre?» domandò lei, dopo vari minuti di silenzio.
«Non possiamo farci vedere insieme! Neanche da quelli dell’organizzazione. Dobbiamo trovare un posto in cui vederci, che conosciamo solo noi, almeno finché non sapremo cosa fare.»
«Vediamo fammi pensare…» borbottò Ran, alzando gli occhi al cielo.
«Ci sono! - disse invece Shinichi, poco dopo - Ti ricordi la grotta alla periferia di Beika?» disse, facendo sgranare gli occhi alla.
«Ti… Ti è tornata la memoria fino a quel punto?»
«Credo di sì. - sorrise, divertito dall’espressione stupita della ragazza - Non ricordo tutti i dettagli, ma ricordo che ci passavamo un sacco di tempo.»
«Certo che me la ricordo! - disse Ran contenta - Ci andavamo all’asilo quando volevamo stare soli!»
«Bene, allora ci vediamo lì domani alle tre!»
«Perfetto!» sorrise la ragazza.
«Ora torna da tuo padre e digli che accetti le sue condizioni solo fino a quando l’organizzazione non sarà sgominata.»
La ragazza rispose con un cenno di testa ed entrambi si alzarono dalla panchina, dopodiché lui le diede un lieve bacio in bocca e corse verso casa.


Erano le tre e mezza e Shinichi stava correndo come un forsennato: si era appisolato verso le due, svegliandosi alle tre e accorgendosi che era in ritardo, perdendo pure il treno. Correva il più veloce possibile, mentre un ricordo gli tornava vivo in mente.

Anche allora correva a più non posso, e dentro di sé sapeva che ormai lei doveva essersene già andata, ma quando arrivò la vide, davanti al cancello.
«Shinichi!» disse vedendolo.
Lui stanco e affaticato per la corsa le chiese perdono, ma lei invece di arrabbiarsi sorrise.

Arrivò alla grotta che non aveva più fiato.
«Perdonami Ran.» disse, ripetendo la stessa scena di quel ricordo.
«Non ti preoccupare!» disse lei col solito sorriso.
Dopo un lieve bacio si inoltrarono nel boschetto di quella zona, finché non arrivarono davanti a una grotta, dovettero chinarsi per riuscire ad entrare: l’ultima volta che vi erano entrati erano dei bambini e ci stavano tranquillamente, ora se fossero rimasti in piedi avrebbero sbattuto la testa. Dopodiché si sedettero a terra.
A parte le dimensioni, la grotta era come la ricordava Shinichi: una piccola libreria in un angolo con tutti i libri di Sherlock Holmes, che a quei tempi a Ran piacevano da morire e nell’altro angolo una credenza in cui solitamente teneva alcune provviste, quando avevano intenzione di stare lì a lungo, ma che in quel momento era vuota.
«Cos’è successo al covo?» Ran prese Shinichi alla sprovvista, mentre era ancora assorto nei ricordi, poi però rispose, raccontandole tutto quello che gli aveva raccontato Vermouth.
La ragazza sembrò rimanere un po’ scossa da quella notizia, ma non appena Shinichi, con un sorriso, le prese la mano, sembrò riprendersi.
«Dobbiamo escogitare un piano!» disse.
«Tranquilla non c’è problema!» sorrise il ragazzo facendole l’occhiolino.

  
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