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Autore: Kiki75    21/02/2008    10 recensioni
Ennis aveva salutato Jack gelidamente, senza guardarlo in faccia, senza neanche stringergli la mano. Ma se l'avesse guardato, se l'avesse toccato, sapeva che non sarebbe riuscito a lasciarlo andare via (da "I segreti di Brokeback Mountain").
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alma Beers Del Bar, Ennis Del Mar , Jack Twist, Joe Aguirre
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'e'
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Come sei veramente
Before it's too late

Hold on before it's too late
We'll run til we leave this behind
Don't fall just be who you are
It's all that we need in our lives


E questo, che razza di saluto è stato?, si chiese Jack Twist, allontanandosi lentamente da quel piccolo agglomerato di case che era Signal sul suo furgoncino scassato, guardando la figura di Ennis del Mar che si faceva sempre più piccola e sottile nello specchietto retrovisore.
"Pensi di tornare, l'estate prossima?" aveva tentato Jack, tendendogli la mano.
"No, non credo", era stata la risposta. Ennis, a testa bassa, gli occhi nascosti dalla tesa del cappello, la sacca contenente gli scarsi effetti personali su una spalla, non aveva nemmeno sfilato le mani dalle tasche. "A novembre sposo Alma, vedrò di trovare un lavoro in un ranch vicino a casa."
Alma. Già, la fidanzata. Jack aveva ritirato la mano. "Ah. Allora, ciao. Magari ci si rivede."
"Magari, forse. Addio."
Neanche due estranei si salutano così, figurarsi due persone che avevano passato insieme tutto quello che avevano passato loro durante quella strana e meravigliosa estate.
Ennis aveva paura, considerò Jack. Una dannata, fottutissima paura. Buffo, per un duro come Ennis del Mar, che sembrava non temere niente e nessuno (o almeno, così cercava di dare ad intendere), che non sprecava mai parole, che a fatica concedeva gesti di tenerezza, che era capace di scolarsi mezza bottiglia di whisky senza battere ciglio, che con un pugno ti lasciava un livido grosso così e la mascella indolenzita fino al giorno successivo. Tutta da ridere: un duro come lui che aveva paura di guardarsi dentro, paura di veder crollare tutte le proprie certezze come un castello di carte al soffio di un bambino. Jack avrebbe potuto giurare che questo era il suo problema: in quegli ultimi mesi aveva imparato a conoscerlo piuttosto bene.
Chissà poi perché Ennis si sentiva tanto spaventato e sconvolto. Era la parola finocchio, a metterlo sottosopra? Se amare Ennis lo rendeva un finocchio, Jack si sentiva ben contento di esserlo, al diavolo la fottuta morale. Che male c'era poi ad essere omosessuali, se significava essere legati a un altro uomo quanto lui si sentiva legato ad Ennis? Sulla Brokeback, durante quei mesi in cui avevano lavorato come guardiani del gregge di pecore di Joe Aguirre, Jack ed Ennis avevano a poco a poco costruito un solido rapporto di stima e affetto, un'amicizia profonda che li legava più che se fossero stati fratelli, sangue dello stesso sangue. Avevano condiviso brutte esperienze e momenti divertenti, si erano scambiati pugni e pacche sulle spalle, avevano insieme riso e litigato, avevano spartito il whisky scadente e le sigarette durante le gelide notti davanti al fuoco, con Jack a intonare melodie all'armonica ed Ennis ad accompagnarlo con la sua voce bassa, dall'accento strascicato.
E poi, c'era il sesso: ciò che distingueva inequivocabilmente il loro rapporto da una semplice per quanto profonda amicizia.
Jack non aveva mai desiderato altri uomini prima di quell'estate, anzi le donne gli erano sempre piaciute parecchio. Era pesante di fianchi e non troppo alto, ma il viso dolce, i grandi occhi blu e i capelli neri come ebano gli avevano fruttato svariate conquiste fra le ragazze scollacciate che affollavano i bar alla sera, dopo i rodei a cui spesso partecipava. Ma doveva ammettere che con Ennis era tutta un'altra cosa: una sgualdrinella qualsiasi non avrebbe potuto reggere il confronto.
La prima volta era stata piuttosto rude, in verità. Era successo poco più di un mese dopo il trasferimento al campo. Quella notte era stata più gelida che mai, loro avevano bevuto troppo, e Jack aveva convinto Ennis a restare con lui nella tenda che fungeva da campo base, anziché tornare su al pascolo, come Aguirre aveva loro ordinato di fare. Ennis, d'abitudine ligio al dovere, dapprima aveva resistito, poi si era lasciato convincere. Avevano condiviso il sacco a pelo, ed era stato Jack a stringersi ad Ennis, portandosi la sua mano gelata sulla patta dei jeans, inebriato dall'alcol e dal calore e dall'odore del corpo dell'amico, un misto di whisky, sigarette, muschio e sapone. Non aveva idea di quale sarebbe stata la reazione, ma aveva voluto provarci: aveva bisogno di fare sesso, aveva bisogno di essere toccato, ed essere toccato da Ennis del Mar non gli era sembrata una cattiva idea. Ennis era attraente, con la sua figura alta e slanciata, le spalle larghe, le mani forti e nervose, i capelli biondi un pò troppo lunghi, e quei rari sorrisi che gli illuminavano gli occhi scuri. Del resto, non succedeva anche fra i militari? Quando mancano le donne, ci si arrangia come si può, ed erano ormai sei settimane che lui ed Ennis vivevano isolati sulla Brokeback, lontani da tutto e tutti, come compagnia solo pecore, agnelli, cavalli, muli, cani, animali selvatici, e la natura incontaminata della montagna.
Ennis aveva tolto la mano ed era schizzato fuori dal sacco a pelo come se il corpo di Jack fosse stato incandescente. Jack l'aveva trattenuto per le spalle, Ennis l'aveva preso per i polsi, e dopo qualche secondo in cui le forze si erano bilanciate e gli sguardi incrociati e inchiodati, Jack aveva lasciato la presa per slacciarsi la cintura.
"Cosa fai?" aveva chiesto Ennis, con voce roca, tremante.
Per tutta risposta, Jack si era sbottonato i jeans, protendendosi in avanti per baciarlo. Ma Ennis non l'aveva baciato: aveva girato Jack, l'aveva messo carponi, si era slacciato e abbassato jeans e slip e l'aveva preso senza troppe cerimonie, tanto che Jack non si era quasi reso conto di quello che stava succedendo, finché Ennis non l'aveva penetrato.
Non che fosse stato brutto, anzi. Era stato frettoloso, violento e, ammettiamolo pure, doloroso, ma decisamente intenso.
La mattina successiva, Ennis era scappato dalle pecore, senza proferire parola e senza toccare cibo. Al tramonto era tornato, ma aveva seguitato nel suo ostinato silenzio. Non sapendo che fare, temendo di avere rovinato tutto, Jack l'aveva lasciato davanti al fuoco e si era rifugiato nella tenda, in un misto di vergogna e senso di colpa: era stato lui, sì, ad iniziare, ma poi Ennis aveva gradito, quanto e forse più di lui.
Ennis lo stava facendo sentire come una verginella sedotta e abbandonata, e questo non gli piaceva.
Poco dopo Ennis era entrato, zitto, con gli occhi bassi, l'espressione mortificata, e Jack si era immediatamente reso conto della sua paura, della sua confusione, del suo senso di colpa: diverso però da quello che provava lui. Se Jack si stava sentendo in colpa esclusivamente verso Ennis, per averlo trascinato in qualcosa che Ennis non voleva affrontare, Ennis si stava sentendo colpevole più che altro per tutto ciò che il loro gesto della notte precedente implicava - ed era molto, forse troppo per lui, per entrambi.
"Io... scusami", aveva bisbigliato Ennis.
Jack gli aveva preso il viso fra le mani, dolcemente, l'aveva tirato a sé e l'aveva finalmente baciato, sussurrandogli Va tutto bene, va tutto bene, come a un bambino piccolo. Ennis a poco a poco si era sciolto, si era lasciato baciare e abbracciare e coccolare e l'aveva a sua volta baciato, abbracciato, coccolato.
Quella volta era stata dolce quanto la prima era stata rude.
E molte altre erano seguite, soprattutto durante la notte, nella tenda, ma talvolta anche di giorno, nel fresco del bosco o sull'erba o nell'acqua cristallina del fiume. La montagna era stata loro complice, li aveva riparati e protetti; Jack aveva trovato quei luoghi selvaggi e incontaminati lo scenario perfetto per quello che stava avvenendo fra lui ed Ennis.
L'unica cosa che era mancata a Jack, inguaribile romantico, era forse un maggiore abbandono emotivo da parte di Ennis, un maggiore contatto fisico al di fuori delle solite contorsioni: un abbraccio, un gesto di tenerezza, una parola dolce. Ma Ennis lasciava cadere a vuoto quasi ogni tentativo di Jack in quel senso. Una delle poche volte che l'aveva sbalordito, e che Jack non avrebbe mai dimenticato, era stata quella notte in cui, prima di tornare dalle pecore, l'aveva abbracciato da dietro, stringendolo a sé, ed era rimasto così per chissà quanto tempo, cullandolo dolcemente, respirandogli sulla nuca, giocando con il collo del suo giaccone, canticchiando sommessamente una nenia che sembrava una ninnananna, ricordo dell'infanzia.
Jack aveva abbandonato il peso del proprio corpo contro quello di Ennis, appoggiato la testa sulla sua spalla, chiuso gli occhi, e aveva pensato che per un abbraccio del genere ogni giorno avrebbe dato qualsiasi cosa, avrebbe potuto rinunciare persino al sesso. Sapeva però che qualsiasi rinuncia sarebbe stata vana: Ennis era freddo e impenetrabile, a volte irruento ed impetuoso, ma raramente dolce e tenero, quasi si vergognasse di poterlo essere.
Jack aveva imparato a fare tesoro di quei rari e brevi momenti; era la loro eccezionalità a renderli ancora più preziosi. 
A volte aveva pensato, Cosa succederà quando dovremo tornare giù?
Ma si era affrettato a scacciare quel pensiero, come si scaccia un insetto molesto. Voleva continuare a godersi quell'estate senza che niente o nessuno, fosse anche un cattivo pensiero o uno stupido pregiudizio, potesse guastarla, sentendosi il padrone del mondo come solo a vent'anni ci si può sentire, senza alcuna responsabilità o preoccupazione che non fossero quelle derivate dal gregge. In tutta la sua vita, non era mai stato così bene come si trovava ora in compagnia di Ennis del Mar, non aveva mai provato niente del genere per un'altra persona, uomo o donna che fosse, e il fatto che anche Ennis fosse un maschio non lo preoccupava minimamente. Si godeva il proprio amore con tutta la spontaneità e la naturalezza di un bambino che si gode l'abbraccio della mamma.
Capiva però che era Ennis ad essere preoccupato. Non ne aveva mai parlato apertamente, del resto Jack non aveva bisogno che Ennis parlasse, per capire quello che gli passava per la testa. Gli bastava osservarlo un secondo, gli occhi che si rabbuiavano o illuminavano, le due fossette ai lati della bocca più o meno marcate, il solco fra le sopracciglia che si inaspriva, le sottili rughe orizzontali sulla fronte quando sorrideva, le mani intrecciate dietro la nuca, o a giocherellare fra i capelli, o accendersi nervosamente una sigaretta, o alla bocca, a rosicchiarsi le unghie...
Ennis per lui era un libro aperto, anche quando taceva.
Una sola volta, Ennis aveva dichiarato all'improvviso, guardando lontano, verso la valle buia: "Io non sono così. Non sono un finocchio."
Le sue parole avevano ferito Jack come una coltellata in pieno petto. Avrebbe voluto prenderlo per il colletto della giacca e gridargli, Mi scopi praticamente ogni giorno, e cos'è adesso quest'uscita del cavolo? Hai forse intenzione di dimenticare ogni cosa, quando torneremo giù, di tornare alla tua vita come se niente fosse successo?
Jack si sentiva già abbastanza avanti nella faccenda per sapere che lui non ci sarebbe riuscito. Ed era convinto che per Ennis sarebbe stata la stessa cosa, anche se Ennis non l'avrebbe mai ammesso. Così aveva deciso di lasciare perdere, di lasciare tempo al tempo, e aveva ribattuto: "Neanch'io."
"Questa storia rimane fra noi", aveva ribadito Ennis. "Inizia qui e si chiude qui."
Jack aveva annuito. Non era il momento per discuterne. Ne avrebbero riparlato, al momento giusto.
Alla fine dell'estate.
Poi però, improvvisamente, neanche a metà di agosto Aguirre aveva ordinato loro di riportare giù il gregge in anticipo, a causa di una brutta ondata di maltempo che si stava approssimando, portando neve, grandine e tempesta. Al solito, Ennis non si era scomposto: l'unica cosa che gli seccava, aveva sbottato, era perdere un mese di stipendio. Ma Jack si era sentito morire: al diavolo i soldi, non voleva separarsi tanto presto da Ennis. Lo amava, maledizione... lo amava come mai aveva amato un altro essere umano.
Sapeva però che Ennis non era pronto ad affrontare la questione. Avrebbe ribadito che non era un finocchio, che la sua vita non era quella, che ciò che stava succedendo sulla Brokeback era solo affar loro, ed era destinato a chiudersi lì, per quanto intenso fosse: loro due insieme, nella vita reale, era fuori questione, assolutamente impossibile.
Maledetto stupido finocchio omofobo del cazzo.
Il pomeriggio precedente alla partenza, il nervosismo fra loro era stato denso come una coltre di nebbia. Più di una volta Jack era stato sul punto di iniziare il discorso, al diavolo le reticenze di Ennis, sull'inizio di una vita insieme, gestendo magari un piccolo ranch. La fattoria dei suoi, per esempio, a Lightning Flat... suo padre iniziava ad essere in là con gli anni, il suo corpo era acciaccato dai troppi rodei: avrebbe proprio avuto bisogno di qualcuno che gli desse una mano con il podere e gli animali, ed era certo che la madre sarebbe stata felice di ospitarli finché non si fossero costruiti una casa indipendente.
Ma ogni volta che aveva preso fiato ed era stato sul punto di aprire bocca, si era scontrato con il muro di ghiaccio che Ennis aveva eretto intorno a sé quel giorno, più spesso e gelido che mai, e aveva rinunciato.
A un certo punto, irritato fino all'inverosimile, nel tentativo di allentare la tensione, aveva cercato di coinvolgere Ennis in una lotta amichevole, come tante altre volte avevano fatto quell'estate. Questa volta però Ennis non aveva solo fatto finta: si era battuto sul serio, tanto che anche Jack si era lasciato prendere la mano e gli aveva assestato un pugno troppo forte e troppo ben piazzato, che gli aveva fatto sanguinare il naso. Preoccupato, scusandosi quasi istericamente, aveva iniziato a tamponargli l'emorragia con un lembo della propria camicia, ma Ennis gli aveva tirato un pugno che l'aveva mandato lungo disteso sull'erba.
Con la mano sulla guancia colpita, mentre Ennis girava i tacchi e si allontanava senza una parola, Jack aveva pensato che era tutto finito, Ennis lo odiava e sarebbe stato inutile - anzi, controproducente - parlargli di fattorie e vita a due. Avrebbe voluto piangere, ma si era sentito troppo male anche per quello. 
Alla sera, mentre Ennis stava preparando la cena, l'ultima, Jack gli aveva preso di nascosto la camicia imbrattata di sangue e l'aveva chiusa dentro la propria, altrettanto macchiata, le aveva ripiegate accuratamente e le aveva riposte nel proprio borsone.
Una camicia macchiata in cambio di un livido.
Un ricordo di Ennis, nel caso non si fossero più rivisti.
E del resto, sembrava che sarebbe finita così.
Quella mattina avevano riportato le pecore nel ranch di Aguirre, avevano ritirato la paga e si erano salutati in quel modo assolutamente inaccettabile, e Jack non aveva potuto fare altro che partire sul suo vecchio furgone.
Quanto avrebbe voluto fare inversione! Avrebbe voluto tornare indietro, accostare di fianco ad Ennis, trascinarlo dentro e portarlo via con sé. Ma poteva solo continuare a guardarlo nel retrovisore finché non fosse scomparso, allontanandosi con il cuore spezzato, il fiato corto e le lacrime agli occhi, come ricordo una camicia rattoppata e sporca di sangue, perché non era stato abbastanza coraggioso da prendere in mano la situazione e mettere Ennis davanti alla realtà: quello che li legava era troppo dannatamente perfetto per buttarlo via in quel modo. Tanto peggio se entrambi avevano l'uccello: si intendevano a meraviglia, e si amavano con un'intensità così travolgente da fare impallidire qualsiasi coppia eterosessuale.
All'improvviso Ennis, ridotto ormai a una sagoma indefinibile, scartò in un vicolo.
Ecco, è finita. E' uscito dalla tua vita. E' questo che vuoi?
Torna indietro. Torna indietro e chiediglielo. Chiedigli di restare con te.
Avanti, prima che sia troppo tardi.
Lui non mi vuole.
Non è vero. Lui ha solo paura. Della gente, ma soprattutto di sé stesso.
Ed è ora che tu ti faccia coraggio per tutti e due. O preferisci dover trovare il coraggio per vivere tutta la vita senza di lui?
Jack frenò secco, fermando il furgone in mezzo alla strada deserta, le mani strette sul volante, gli occhi al retrovisore.
Ennis non riappariva. Forse si era sentito male, o forse... cosa?
Jack fece inversione e tornò indietro, il piede a tavoletta sull'acceleratore, il cuore in gola.
Sapeva che non sarebbe stato facile convincere Ennis, stupido omofobo che non era altro. E sapeva che, se anche fosse riuscito a convincerlo, la loro relazione sarebbe stata a dir poco malvista, per usare un eufemismo: Jack Twist era innamorato e fiducioso, e forse eccessivamente romantico, certo, ma non era né cieco né stupido, sapeva che lui ed Ennis non avrebbero potuto vivere in eterno sulla Brokeback, e avrebbero dovuto affrontare una società bacchettona, puritana e benpensante. Era così nel maledetto Wyoming, e Jack dubitava che in altri stati fosse molto diverso.
Sarebbe stata una strada tutta in salita. Ma ne sarebbe valsa la pena, poteva giurarci.  

Il furgoncino nero si stava allontanando in una nuvola di polvere e fumo, e Jack con lui, alla guida.
Ad Ennis del Mar non restava che raggiungere la fermata dell'autobus e tornare alla propria vita. Avrebbe cercato lavoro presso qualche ranch non troppo distante da casa, e a novembre avrebbe sposato Alma.
Prima dell'estate, la prospettiva gli era sembrata entusiasmante. Ma ora, tutto era cambiato.
No, non è vero. Non è successo niente. 
Lanciò un'ultima occhiata verso il furgone scassato, che si allontanava lentamente ma inesorabilmente, sempre più lontano, sempre più piccolo, e s'incamminò, gli occhi incollati sulla strada, una mano in tasca, la sacca che gli batteva sulla schiena al ritmo dei passi.
Dopo neanche cinquanta metri, una fitta alla bocca dello stomaco, come un pugno ben piazzato, gli strappò un gemito. Con una mano sulla bocca per impedirsi di vomitare sulla strada come un cane, Ennis si rifugiò in un vicolo lì accanto. Si accasciò contro il muro, tossendo, lo stomaco duro come una pietra, le fitte che diventavano sempre più dolorose, ma niente veniva fuori se non semplici conati.
La pessima qualità dei rifornimenti che Aguirre aveva mandato loro per tutta l'estate stava iniziando a farsi sentire.
Forse anche Jack si sarebbe sentito poco bene.
Jack.
Dio, Jack. Con i suoi immensi occhi blu dal taglio triste, compensati dal sorriso pronto, dolce e caldo, e il sedere più maledettamente rotondo e attraente che Ennis avesse mai visto - peccato non appartenesse a una donna.

Un singhiozzo strozzato gli uscì dalla bocca, e si rese conto che quel dolore era qualcosa di ben diverso da un'intossicazione alimentare. Non sarebbe passato altrettanto in fretta.
Jack. Che aveva la passione del rodeo, adorava i cibi piccanti ed era goloso di dolci come un bambino, e detestava i fagioli con tutte le proprie forze. Che soffriva il freddo e si lamentava costantemente delle condizioni meteorologiche. Che era capace di chiacchierare ininterrottamente per ore ed ore senza stancarsi, fino a tirarti scemo, ma non gli aveva quasi mai parlato di suo padre - Ennis era convinto che questo avesse a che fare con le svariate cicatrici di cui era disseminato il suo corpo.
Il giorno prima, gli aveva tirato un pugno tale da stenderlo. Che diavolo gli aveva preso? Avrebbe voluto stringerlo a sé e baciarlo e dirgli che non avrebbe mai voluto separarsi da lui, ma non poteva. Semplicemente, non poteva. Non riusciva ad ammetterlo a sé stesso, del resto: figurarsi confessarlo a Jack.
E in cambio, l'aveva picchiato.
Che razza di persona era?
Anche oggi, qualche minuto prima, l'aveva salutato gelidamente, senza guardarlo in faccia. Non gli aveva neanche stretto la mano. Ma se l'avesse guardato, se l'avesse toccato, non sarebbe riuscito a lasciarlo andare via.
Che razza di persona era, dannazione? E come faceva Jack ad essere tanto innamorato di lui, di uno zotico che, a quasi vent'anni, ancora non riusciva ad esprimersi in modo appropriato e non riusciva a esternare i propri sentimenti se non facendo ricorso alla violenza?
Come faceva Jack a essere innamorato di lui, dannazione? E come riusciva a trovare il coraggio di dimostrarlo tanto candidamente?
Maledetto Jack. Maledetto ingenuo idealista!
Picchiò il pugno contro il muro, una, due, tre volte, escoriandosi la mano, singhiozzando convulsamente. Dio, se faceva male. Era come se qualcuno gli stesse tirando fuori le viscere dalla bocca, centimetro dopo centimetro.
Un furgone si fermò davanti al vicolo, oscurandolo completamente. Qualcuno uscì dall'abitacolo e chiuse lo sportello con un tonfo.
"Ennis?"
La voce di Jack.
Era tornato.
Non avrebbe dovuto.
"Che vuoi ancora?" ribattè Ennis senza voltarsi, rannicchiato nel suo rifugio, ma un'altra fitta lo fece boccheggiare, mozzandogli le parole.
"Ehi, tutto bene?" allarmato, Jack corse da lui, gli carezzò le spalle. "Ti senti male?"
"Ho mal di stomaco", replicò Ennis, duro, scostandosi. "Ora passa. Lasciami in pace."
"Sempre il massimo della gentilezza, eh del Mar?" lo apostrofò Jack, con un ghigno.
"Vattene via, dannazione!" scattò Ennis, spintonandolo indietro. "Vattene!" Ecco che ci ricascava. Avrebbe voluto rifugiarsi fra le braccia di Jack in cerca di calma e pace, ma non era possibile, non erano più sulla Brokeback: allora non trovava di meglio che lasciarsi andare alla collera.
Si guardarono per un attimo, Jack stranamente tranquillo, come se si fosse aspettato una reazione del genere. Poi Ennis si riappoggiò al muro, a capo chino. Sentiva le lacrime pungergli gli occhi, ma le ricacciò indietro.
Jack sospirò, inginocchiato vicino a lui. "Stai male come sto male io?"
"Di cosa parli?"
"Lo sai di cosa parlo."
"No."
"Bè, allora te lo dico io. Sono tornato indietro perché non sopportavo di stare così male. E neanche tu ti stai divertendo, vedo."
"Smettila, Jack."
Jack prese dolcemente la faccia di Ennis fra le mani, lo tirò a sé ed appoggiò la sua fronte accaldata alla propria. "Ennis, guardami. Ascoltami."
Ennis, lo sguardo basso, non rispose, non si mosse. Non voleva incontrare gli occhi color cobalto di Jack, non voleva vedere il livido bluastro sulla mascella, perché sapeva che avrebbe perso il controllo e avrebbe fatto qualcosa che non doveva.
Jack tacque un secondo, pensieroso. Poi pronunciò parole che a Ennis sembrarono pura follia: "Vieni con me, Ennis. Avrei voluto chiedertelo ieri, ma non ce l'ho fatta, non ho avuto il coraggio. Ora però... al diavolo, io non voglio lasciarti. Possiamo dare una mano a mio padre con il ranch, farlo rendere... oppure, costruircene uno noi. Alleveremo mucche, cavalli... vivremo insieme, sotto lo stesso tetto, dormiremo insieme nello stesso letto, ci sveglieremo insieme la mattina. E sarà bellissimo, come lo è stato finora, anzi di più."
Ennis rialzò la testa. "Stai scherzando, vero?" 
"Mai stato più serio."
"Jack, non possiamo... non posso..."
Gli occhi di Jack si rabbuiarono. "Dillo chiaramente, non puoi, o non vuoi? Perché che non puoi non è vero, ma se il problema è che non vuoi, allora dillo subito e me ne vado."
Ennis lo guardò con occhi lucidi. "Piccolo... Dio sa quanto lo vorrei..."
"E allora perché no, Ennis?"
Jack non capiva, o non voleva capire, o forse tutte e due le cose. Non riusciva proprio ad arrendersi all'evidenza che la loro storia era completamente e irrimediabilmente sbagliata, per quanto doloroso fosse?
"Perché siamo due maschi", esalò Ennis.
Jack allora si alzò, ridendo. "Cristo, del Mar, sai che sei ridicolo? Non mi sbagliavo, sei proprio un maledetto finocchio omofobo."
"Cos'hai detto?" Ennis si alzò di scatto, come morso da un serpente, dimentico delle fitte allo stomaco. Afferrò Jack per il collo della camicia e lo sbattè violentemente con la schiena contro il muro. "Ripetilo, e questa volta ti rovino."
"Sei un maledetto finocchio omofobo del cazzo", rincarò Jack, le mani sui polsi di Ennis. I loro visi erano vicinissimi, le punte dei nasi a sfiorarsi, gli aliti a mescolarsi, gli occhi negli occhi, fiammeggianti quelli di Ennis, placidi quelli di Jack. "Puoi pestarmi quanto vuoi, se ti fa stare meglio, ma non cambierà le cose."
"Sei un bastardo figlio di puttana!"
"E tu sei patetico, del Mar. Sei un finocchio che non vuole ammettere di essere un finocchio."
"Io non sono un finocchio!" sibilò Ennis. Stavano entrambi sussurrando, si rendevano conto che non era il caso che qualcuno sentisse quella parte della loro conversazione. Le strade erano deserte, ma meglio essere prudenti.
"E allora cosa sei? Tu sei un uomo, io sono un uomo. Abbiamo scopato come ricci tutta l'estate e mi è sembrato che ti fossi divertito. Cos'è un uomo che ci gode a farsela con gli uomini, secondo te?"
"Io non me la faccio con gli uomini!"
"Ah no?"
Ennis allentò la presa senza lasciarla del tutto e chinò la testa. "Non me la faccio con tutti gli uomini, cazzo. Io..." annaspò. Il concetto era chiaro nella sua mente, ma perché era così difficile metterlo a parole, nero su bianco? Perché era così difficile ammetterlo, con Jack ma ancor più con sé stesso? "Io... non farei mai con un altro uomo quello che ho fatto con te."
"Accidenti, ci stiamo sbottonando", ghignò Jack. "Magari prima di sera mi dirai che, già che ci siamo, avresti voglia di un'altra scopata. Con me, beninteso."
"Smettila, idiota", Ennis lo scrollò leggermente e lo lasciò, sempre evitando di incrociare il suo sguardo. Aveva detto a Jack quello che non credeva sarebbe mai riuscito a confessare... ma a cos'era servito? Vivere insieme era fuori discussione. A cosa stavano cercando di aggrapparsi, Jack con la sua sciagurata proposta, ed Ennis con la propria dannata confessione? Erano due stupidi, due perfetti idioti che stavano solo prolungando la propria agonia. Avrebbero dovuto separarsi, presto o tardi, e più tardi fosse stato, maggiore sarebbe stato il dolore. Prese fiato, si schiarì la voce. "Ascoltami tu, adesso. Due uomini che stanno insieme... non va bene. Finiremo molto male. Quando ero bambino, al mio paese hanno ammazzato un uomo che viveva con un altro... l'hanno pestato a sangue, attaccato per l'uccello e trascinato per metri e metri, finché non gli si si è staccato." Era successo quando aveva solo sei anni, ma al ricordo Ennis sentiva ancora accaponare la pelle, e rabbrividì. "Mio padre portò me e mio fratello a vedere il cadavere, abbandonato in una carraia, c'era sangue dappertutto, la faccia era una poltiglia... e mio padre rideva. Rideva e diceva, Se l'è voluto. Credo che potrebbe essere stato lui ad ucciderlo."
"Non ci succederà niente del genere", ribatté Jack.
Ma come fai ad essere così tranquillo?, si chiese Ennis. Poi, a voce alta: "Su alla Brokeback nessuno ci poteva vedere, ma ora... una mossa falsa e siamo fregati. E... se ti dovesse succedere qualcosa a causa mia, com'è successo a quell'uomo..."
Ennis si rese improvvisamente conto che questa era la cosa che lo preoccupava più di ogni altra. Al pensiero di Jack picchiato a sangue, con il viso ridotto a conserva di pomodoro e l'uccello staccato, lo stomaco gli si ribaltò di nuovo, e si aggrappò al compagno con una violenza disperata, circondandogli il collo con un braccio e la vita con l'altro, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo. Quella era la sua più grande paura. Al diavolo la scoperta di essere innamorato di un altro uomo, al diavolo la scoperta di essere un maledetto finocchio, quando aveva sempre provato repulsione, forse anche a causa dell'educazione ricevuta, per quel genere di rapporti. Avrebbe potuto accettare la propria omosessualità: non c'era niente di osceno o vergognoso nell'amore che provava per Jack Twist, un amore capace di coinvolgerlo mentalmente, spiritualmente e fisicamente, un amore talmente totale e assoluto da rendere quello che aveva provato per Alma - che, in un tempo lontano anni luce, avrebbe voluto addirittura sposare - squallido e banale. E se fosse finito all'inferno, dove inevitabilmente finivano quelli là, secondo suo padre... non sarebbe stato poi così brutto, perché Jack sarebbe stato con lui.
Ma non avrebbe mai accettato di perdere Jack in un modo tanto atroce, per causa propria.
"Ehi, calma..." fece Jack, sorpreso: non era abituato a tali slanci d'affetto da parte di Ennis. Ricambiò l'abbraccio, carezzandogli le spalle tese. "Non ti preoccupare, non succederà niente di male. Staremo attenti."
"Starai attento", precisò Ennis, staccandosi da lui e scrollandolo piano per le spalle.
"Starò attento."
"Niente smancerie in pubblico. Niente discorsi strani. Promesso."
"Promesso."
"Okay, cowboy", Ennis si guardò intorno, nessuno in vista, e gli passò lievemente il dorso dell'indice sulla mascella contusa, indugiando ad accarezzargli la guancia. Gli aveva fatto un bel servizio, il livido non sarebbe andato via prima di una settimana. "Non avrei voluto colpirti. Mi dispiace. So che non è una buona scusa, ma... ero nervoso."
"Lascia stare, del Mar", Jack sorrise, godendosi il calore della mano di Ennis sul viso. "L'avevo capito. Ma non mi farò sorprendere di nuovo. La prossima volta ti butterò giù prima che tu possa battere ciglio."
Ennis ricambiò il sorriso. "Questo è da vedere."
"Allora, vieni su con me?"
Ennis annuì, raccolse la sacca e seguì Jack fino al furgoncino. Buttò la sacca sul retro, insieme a quella di Jack, e si abbandonò sul sedile del passeggero. Si sentiva sconvolto, sottosopra. Tutto il suo mondo era finito sottosopra, accidenti!... E Jack, che restava così tranquillo, sicuro di sé, convinto che tutto sarebbe stato semplice, quando niente lo era e niente lo sarebbe mai stato?
Ma in qualche assurdo modo, la sua fiducia lo stava contagiando. Anche le fitte allo stomaco si erano calmate.
Jack accese il motore. "Vuoi bere qualcosa finché siamo qui?"
"No, sono a posto."
Jack diede gas e si rimise in strada. Appena si furono allontanati da Signal, allungò la mano e raggiunse quella più grande di Ennis.
Ennis sussultò, per poi rilassarsi subito dopo: nessuno poteva vederli, non aveva bisogno di respingerlo. Si voltò verso Jack, per scusarsi per la propria dannata malfidenza, ma Jack non lo stava guardando. Il suo sguardo era fisso sulla strada, il suo viso in fiamme.
"Sono contento che tu sia qui con me", disse Jack stringendogli forte la mano, senza spostare gli occhi dalla strada, ma con un'espressione trasognata e raggiante che a Ennis colmò il cuore di tenerezza. "Io... ti amo, Ennis."
Aveva pronunciato le parole proibite, ed Ennis si trovò completamente spiazzato. Cos'avrebbe dovuto ribattere? Cos'avrebbe voluto sentirsi dire Jack in risposta?
Ti amo anch'io. Ecco cosa vorrebbe sentirsi dire, idiota.
E sarebbe la sacrosanta verità.
"Non dire niente", lo prevenne Jack. "Non hai bisogno di dirmi che mi ami, se non te la senti. Ma avevo bisogno di dirtelo io."
Ennis tacque, ma il suo sorriso si addolcì. Rigirò la propria mano in quella del compagno e la strinse forte.
Non oggi, forse, piccolo. Ma presto, molto presto.

Nota: ho scritto questo racconto con la consapevolezza che, nel libro e nel film, non avrebbe potuto andare così: Ennis e Jack non potevano stare insieme fin dall'inizio. Quello che rende "I segreti di Brokeback Mountain" una storia speciale, che mi ha coinvolta fino al midollo sebbene inizialmente fossi parecchio prevenuta (credevo si trattasse del solito film strappalacrime con variante - oddio, scandalo! - di un rapporto omosessuale anziché etero), è secondo me anche il fatto che i protagonisti si amino con un'intensità fisica e mentale incredibile, ma si vedano pochissime volte, di nascosto da tutto e da tutti, in un arco di tempo lunghissimo.
Però, quando nel film Ennis si rifugia in un vicolo dopo l'addio a Jack, e qualcuno si affaccia per chiedergli che c'è che non va, io ho subito creduto che fosse Jack che era tornato indietro (lo stava guardando nello specchietto retrovisore, doveva averlo visto sentirsi male!), e in un attimo di follia e tempo da perdere ho voluto provare a scrivere quello che sarebbe potuto succedere.
Potrei scrivere il seguito di questo racconto, potrebbe anche uscirne qualcosa di interessante (due omosessuali che decidono di vivere insieme nel Wyoming degli anni '60 non possono avere vita facile), ma non certo eccezionalmente interessante come la storia originale.
In ogni caso, io mi sono divertita... anche se di solito non scrivo cose così sfacciatamente mielose. A proposito... di solito evito anche le parolacce, se ci sono modi più eleganti di dire la stessa cosa, ma qui servivano, non potevo evitarle, come non le hanno evitate né la Proulx né gli sceneggiatori del film.
Infine, per chi ha letto il libro e/o visto il film e se n'è innamorato come me: non me ne vogliate se mi sono presa alcune libertà, e se ho interpretato alcune cose a modo mio. Non sono proprio capace di scrivere una storia su personaggi inventati da altri senza renderli un pò miei e senza modificare in parte la trama originale. Qui non ho modificato quasi niente della trama, nulla di sostanziale almeno, ma Jack è ancora più idealista, ingenuo quasi come un bambino, ed Ennis è ombroso all'inverosimile...

31/03/2010: okay, alla fine ho scritto il seguito e sono andata oltre... non credo che nessuno mi fustigherà per questo!

Credits: "Before it's too late" è una canzone dei Goo Goo Dolls. Avevo precedentemente intitolato questo racconto "Stand by me", ma in verità, mentre lo scrivevo, avevo in mente "Iris", sempre dei Goo Goo Dolls, però come titolo c'entrava meno che niente... con questa canzone penso ora di avere preso i classici due piccioni con una fava.  

Disclaimer: I personaggi di Jack Twist, Ennis del Mar, Joe Aguirre e Alma Beers appartengono ad Annie Proulx.
Se qualcuno riconoscesse nella mia storia idee che ritiene di sua proprietà, mi creda se gli dico che non l’ho fatto apposta, e spero non si offenda.
Infine, preciso che questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

   
 
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