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Autore: Sotalia    21/02/2008    2 recensioni
Un assurdo seguito del settimo libro, un po' amaro e molto intricato. Ho mescolato l'azione all'approfondimento psicologico dei personaggi. Perchè i sogni vivono per sempre...
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO 7

CAPITOLO 7

 

COSE CHE SI RICORDANO

 

“Tu, stronzetto, sei stato tu!”

L’uomo inginocchiato ai suoi piedi non aveva nemmeno il coraggio di piangere.

“La-la prego, no-non s-so di c-cos-sa sta parla-a..” si interruppe quando sentì la lama fredda premere contro la pelle del collo.

Il suo aguzzino passò lentamente un dito sulla lama e gli mostrò il polpastrello: fu con sgomento che Andy Connor vide che era macchiato di sangue. Il suo sangue.

“Certo che non ti ricordi. Io sì invece. Perchè non mi scorderò la tua.. faccia di merda” scandì l’uomo. Andy piagnucolò e accennò a dimenarsi, conscio che non sarebbe stato sufficiente stare fermo e annuire per liberarsi da quella situazione.

“Il topo.. il topo cerca di scappare”

Il coltello balenò. Una striscia rossa di sangue apparve sulla guancia destra di Andy.

Quella mattina Andy, come al solito, si era materializzato al Paiolo magico. Si stava dirigendo al negozio di abiti in cui aveva preso il posto di Madama McClan (abiti per tutte le occasioni..) che era morta un paio d’anni prima, pace all’anima sua.

Solo che nel retro del locale c’era ad attenderlo un uomo alto dall’aria decisamente familiare, che tuttavia non gli aveva lasciato il tempo di indagare più a fondo sulla sua identità, considerato che l’aveva stordito con un incantesimo. Al suo risveglio s’era ritrovato nelle cantine del Paiolo. O Tom era in combutta con quel pazzo, oppure, più probabilmente, era sotto l’effetto di una maledizione Imperius.

“Te la ricordi questa bambina? Eh, te.. te la ricordi pezzo di merda? Non.. non si scordano le cose belle, e lei era la cosa più bella che ti.. sia mai capitata”

L’uomo, che portava calato sulla fronte un cappuccio, gli sbattè in faccia una foto sbiadita. Andy strizzò gli occhi, che gli pizzicavano per le lacrime che premevano per uscire. Una bambina con i capelli di un colore incerto tra il biondo e il castano chiaro faceva dondolare i piedini da un’altalena. Un altro bambino, un po’ più grande, sugli undici anni, era tutto intento a giocare sul pavimento grigio di un cortile... del cortile della sua casa.. e l’uomo che spingeva l’altalena era lui, era Andy Connor. In effetti, quelli erano i suoi figli. Pochi anni dopo che la foto era stata scattata, George, il più grande, era scomparso. Si era pensato che fosse stato fatto fuori da Colui-che-non-deve-essere-nominato. La bambina, la piccola Ines, lo aveva seguito un paio di mesi dopo. In seguito.. in seguito a... Andy non si preoccupò più di reprimere il pianto.

“Ah, adesso ti ricordi eh?” continuò l’uomo, mellifluo, passandogli la lama di piatto sul volto. “E’ colpa tua se la mia sorellina è morta, stronzo.. è solo.. colpa tua!” gli sputò in faccia gridando. Andy alzò lo sguardo, e frugò con gli occhi sotto l’ombra del cappuccio. L’uomo si ritrasse un pochino.

“George?” osò chiedere.

“Non cercarmi in questo volto, o non mi riconoscerai..”.

L’uomo si sfilò il cappuccio.

Di fronte a Andy stava Harry Potter.

In un primo momento Andy sobbalzò, poi cercò il figlio nello sguardo di quell’uomo dall’apparenza così compromettente. Gemette perchè riconobbe in quegli occhi un singolo attimo della sua vita, congelato e perpetuato con odio. In quegli occhi c’era un ricordo che equivaleva alla dannazione.

“UCCIDIMI!” gridò Andy aggrappandosi ai jeans di suo figlio, senza chiedersi perchè avesse l’aspetto di Harry Potter.

“UCCIDIMI ORA!”.

“No, non diventerò un assassino”

Il pianto di Andy si fece strozzato, soffocato. Forse voleva uccidersi con le sue stesse lacrime.

Avrebbe mai ottenuto l’assoluzione per quello che aveva fatto? Sarebbe mai stato in pace? Sarebbe mai passato giorno senza che il rimorso e la consapevolezza lo imbottissero di alcool?

George si chinò. “Incestuoso bastardo. Sei stato tu a uccidere la mia sorellina, tu con le tue sporche mani.  E io, che sapevo tutto, che non ho potuto fare niente per fermare quello che stavi facendo. Io che.. ero troppo piccolo”

Andy si accasciò. Vomitò, e rimase con la sua stessa faccia immersa nel suo proprio vomito.

“Io non sarò un assassino. Ma vendicherò la mia sorellina. Da quando ti ho visto.. da quando ti ho visto fare quelle schifezze non ho più avuto pace. Per me tutto è cominciato in una cantina, e tutto finirà in una cantina. E’ il posto giusto per i ratti. E’ nelle cantine che i ratti vanno a crepare. Io ti lascio qui. Chiuderò la porta a chiave. Il mio amico Tom ha ordine di non aprirla per altre nove ore, quanti sono stati i mesi in cui è durato il martirio della mia sorellina. Puoi aspettare la scadenza delle nove ore, e uscirai di qui senza un graffio. Oddio, con uno forse sì.”

George uscì.

Andy guardò il pavimento a pochi metri da lui. Il figlio gli aveva lasciato il coltello.

 

“Ron, ma dove sei stato?”

“Ho trovato Harry”

Hermione rimase bloccata sulla porta. “Posso entrare, per favore?” chiese Ron a denti stretti. Hermione si spostò senza cambiare espressione. I suoi occhi però, saettarono alla faccia malconcia del marito.

Ron si accasciò su una poltrona, e Hermione gli si accostò tamponando il suo occhio nero con una borsa del ghiaccio. “E’ fuori di testa” esordì l’uomo.

“Era vestito in un modo tutto strano, tutto colorato. Si era fumato una canna e girava per Brighton con un’espressione stramba sulla faccia. Bhè, se era fatto, neanche poi tanto strana...”

“E’ stato lui a picchiarti?”

“Sì” rispose Ron secco, senza darle ulteriori spiegazioni.

Hermione tacque, turbata.

“Ah.. e mi ha risposto dopo dieci minuti che lo chiamavo. Eppure doveva sentirmi.. E un’altra cosa... lo avevo incontrato qualche giorno fa, no? e..”

Hermione ritrasse bruscamente la mano, e la borsa del ghiaccio cadde sul parquet con un tonfo sordo.

“Non mi avevi detto niente” lo interruppe con voce stridula.

“Hermione, quella volta lui non mi ha riconosciuto. Non volevo farti preoccupare. Tutte quelle volte che sono uscito, è perchè lo andavo a cercare con il Deluminatore...”

“Avevi detto di averlo perso!”

Ron rispose prontamente. “Lo avevo nascosto. Non volevo più vederlo perchè mi ricordava cose troppo brutte, ma non avevo il coraggio di distruggerlo. Comunque te l’ho detto, se non sapevi niente di questo è perchè non volevo farti preoccupare”

“Ah, bhè, ci sei riuscito lo stesso!” gridò Hermione. Si prese la testa fra le mani.

“Mentre eri via.. è passato qui Horace”

“Horace chi?” domandò scattoso Ron, insensatamente geloso.

Hermione sbuffò. Solitamente si compiaceva della timida e impacciata gelosia con cui Ron la dichiarava sua, ma quello proprio non era il momento.

“Lumacorno. Ha incontrato Harry qualche giorno fa in un locale babbano, e da quello che mi hai detto era vestito più o meno nello stesso modo di quando lo hai visto tu. E Horace non è riuscito a farsi riconoscere. Harry diceva persino.. di non essere lui.”

“In un altro momento non ci crederei...” borbottò Ron raccogliendo la borsa del ghiaccio.

“Ho deciso” disse Hermione improvvisamente risoluta.

“Ginny.. George!” chiamò tendendo il collo verso le scale.

“Che stai facendo?” domandò Ron allarmato.

“Hai il Deluminatore no? Sarà facile ritrovarlo. Ma sarà ancora più facile prenderlo se siamo in tanti”

“Ne parli come se fosse un pazzo ricercato” mormorò Ron, turbato.

Pochi istanti dopo entrarono nella stanza un uomo e una donna dai capelli rossi, con al seguito un bambino tutto intento a scaccolarsi.

“Sirius, ti ho visto. Sai che non lo devi fare” lo riprese Ginevra.

“Scusa mammina..” borbottò il piccolo, diventando rosso in viso quanto i capelli della madre.

“Sirius, puoi lasciare i grandi da soli?” gli si rivolse George, dopo aver dato un’occhiata all’espressione contrita ma energica di Hermione.

“So come raggiungere Harry. Ron in realtà non aveva mai perso il Deluminatore e se ne è servito nei giorni scorsi per cercarlo. La cosa si è fatta urgente. Io esco immediatamente. Voi cosa pensate di fare? Venite con me?”

Ginny era impallidita. Il fratello rivolse uno sguardo ardente a Ron, e dopo un attimo di immobilità si avventò su di lui, rovesciando la poltrona.

“Sei un emerito idiota! Quando pensavi di dirci che potevamo trovare Harry in qualsiasi momento?”

Non lo prese a pugni. Non lo picchiò. Ma lo fissò in un modo che quasi lo fece piangere di vergogna e frustrazione.

“Allora andiamo o no?”

Del tutto indifferenti alla scena le due donne si erano già messe il cappotto.

Ron accese il Deluminatore. Tutti si tenevano per mano. Un attimo dopo la stanza era vuota.

“Mamma, mamma! Mi posso preparare la cioccola..” la voce di Sirius si smorzò quando si accorse che era solo in casa. Solo-in-casa...

Nessun grande a tenerlo d’occhio. Tanta cioccolata a sua disposizione senza che nessuno potesse beccarlo a mangiare Nutella di nascosto.

Trottò tutto contento in cucina, dove mise un pentolino con il latte sul fuoco. I fornelli erano un po’ troppo in alto per lui, ma non era questo gran problema.

Si arrampicò sulla credenza e afferrò la scatolina con la polvere di cacao. Ne versò tutto il contenuto nel pentolino e mescolò lentamente il latte, aspirandone soddisfatto le volute di vapore profumate.

Gli sembrò che la cioccolata fosse pronta e afferrò il manico del pentolino. Senza presina. Con un ululato di dolore per la scottatura si gettò all’indietro e la sedia su cui si era inerpicato si rovesciò, e lui cadde con lei. Si trascinò appreso il pentolino e tutto il contenuto bollente gli si riversò addosso.

Sirius gridò. Sentì un rumore alle sue spalle ma non se ne curò, occupato a piangere di dolore com’era.

Un’ombra bianca calò su di lui.

Sta calmo.

Calmo? Come calmo? Faceva male! MALE!

Poi il dolore improvvisamente sparì.

Il bambino rimase a sospirare sul pavimento, godendosi il contatto freddo delle piastrelle.

Aprì gli occhi e vide sopra di sè una specie di fantasma.

La prima volta che aveva visto un fantasma era stato quando insieme alla mamma e al papà era andato a trovare zia Hermione e zio Neville alla scuola dove lavoravano, e dove lui sarebbe andato settembre prossimo.

“Mi hai curato tu?”

Credo di sì. Rispose lo strano fantasma. Sembrava estremamente sorpreso e lo fissava in modo strano, senza però mettergli paura.

Sirius si tirò su. In effetti quel fantasma era proprio strano. Non era una forma trasparente e impalpabile. Piuttosto sembrava un uomo nascosto da una lastra di vetro un po’ sporca e non proprio liscia.

Aveva i capelli lunghi e la faccia simpatica.

“Chi sei?” chiese il bambino in totale innocenza.

L’uomo non rispose.

“Come hai fatto a farmi passare la scottatura? I fantasmi non si possono toccare. Lo so perchè una volta ci ho provato”

Non so bene fu la risposta è come se avessi ricordato qualcosa.

“Dai, dimmi chi sei.”

L’uomo tacque e indagò sul viso del bambino. Poi sorrise.

Tu sei figlio di Ginny e Harry, vero?

“Sì!” rispose entusiasta il piccolo. “Conosci la mia mamma e il mio papà?”

Ero un loro amico. Dove sono ora?

Il bambino fece spallucce. “Papà è in viaggio, tipo. E’ partito parecchio tempo fa. Mamma è uscita da poco”

L’uomo dai capelli lunghi si sedette a fianco del bambino. Stavano tutti e due a gambe incrociate. Si guardavano.

Allora aspetterò con te che ritornino, va bene?

Sirius annuì.

Dimmi un po’, come ti chiami?

“Sirius”

L’uomo sobbalzò. L’espressione stupita lasciò il posto ad uno sguardo opaco e dolce. Strane lacrime brillanti e simili a vapore presero a scendergli giù lungo gli zigomi.

  
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