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Autore: Botan    21/02/2008    9 recensioni
Kouga e Kaoru si separarono un anno fa. Ognuno prese la propria strada. Una strada che, portò il sottile filo rosso che li teneva uniti, a slegarsi. In questo istante, a distanza di quell’ anno, qualcosa sembra essere accaduto. E’ il capo opposto del filo rosso che ritorna? E’ una connessione inaspettata tra le due strade che si erano disgiunte? La risposta è: entrambe. Cavaliere e pittrice stanno toccando lo stesso suolo, la stessa erba che ricopre il giardino della villa, così come la stessa aria di collina che circonda il posto e che irradia e fa trarre beneficio ai polmoni. Il sussulto di quegli occhi, gli occhi di un Cavaliere Magico introverso, nasce spontaneo, con precipitazione. Ciò che precipita, inoltre, sono anche le sue emozioni.
Genere: Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ il trillo di un telefono, quello che solletica l’udito di Gonza, educato maggiordomo intento a passare un piumino composto da un mazzetto di soffici piume color sabbia, sulla superficie di uno scaffale dalla foggia antica, collocato nella colma biblio

Una volta in un’intervista Ryousei Konishi ha detto: “Mi auguro che questa serie vi piaccia, e che continuiate a guardarla anche dopo tanti anni. Mi sono molto impegnato per realizzare un’opera del genere, quindi vi prego di guardarla, e ricordarvi per sempre di GARO. Grazie mille.”  

Questa mia one-shot è dedicata a lui, al suo sincero impegno, e alla passione che gli ha permesso di calzare a pennello un ruolo tutt’altro che semplice, e di dar vita e spessore ad uno dei personaggi meglio caratterizzati nella storia dei tokusatsu: Kouga Saejima.    

 

E questa volta, dolce Ryousei, sono io a ringraziare te mille volte.

 

 

 

 

 

                                             

                                               

                                                  

 

                                                      Gioco di Spade

 

 

 

 

 

E’ il trillo di un telefono, quello che solletica l’udito di Gonza, educato maggiordomo intento a passare un piumino composto da un mazzetto di soffici piume color sabbia, sulla superficie di uno scaffale dalla foggia antica collocato nella colma biblioteca di una sontuosa residenza.  

Il buon Kurahashi solleva appena appena il capo, tende ancor più l’orecchio, e si avvia dopodichè in direzione dell’hall principale, con un viso sereno e quieto.

Lo scampanellio dell’apparecchio s’interrompe nello stesso momento in cui il ricevitore si solleva dal resto del dispositivo.

- Casa Saejima! – esclama a gran voce, portandosi la cornetta sopra l’orecchio. Se pochi attimi prima, l’espressione della sua faccia non lasciava filtrare nessun segno d’agitazione, in questo breve intervallo, la situazione si è rovesciata.

La fronte si aggrotta, le labbra si dischiudono meccanicamente proprio come le palpebre di quel viso da brava persona che si ritrova. E’ una smorfia di stupore, la sua. Un’evidente smorfia stupita, di sorpresa. La stessa che, molto probabilmente, farebbe qualcun altro se, dall’altro capo della cornetta, sentisse la voce di qualcuno che oramai non ode da tempo.

Il piumino, retto dalla mano sinistra, comincia a tremare lievemente. Per certi versi, quel movimento ondulatorio assomiglia alla coda di un gallo che ancheggia tutto tentennante nel pollaio.

Una tremarella che in quattro e quattr’otto raggiunge anche l’altra mano, proprio quella che stringe la cornetta. A quest’ultima, è imposto lo stesso trattamento del pennacchio leva polvere. Gonza cerca di tenerla stabile, incollata all’orecchio, sforzandosi con tutte le sue forze di non farla traballare. Si aiuta presto, svelto nei movimenti, con l’altra mano e, nello scompiglio del momento, alcune piume dell’arnese gli finiscono in faccia. Tutto ciò, tuttavia, non pare ostacolarlo minimamente. La sua vigile attenzione resta tale. Attaccato alla cornetta ascolta in silenzio, accompagnando l’interlocutore dall’altro lato, con un cenno d’assenso della testa.

E’ agitazione, la sua, o forse gioia?

Entrambe.

Un ibrido che, mescola alla perfezione sia scompiglio sia letizia.

Annuisce ancora, Gonza, questa volta con più decisione, e da lì, dal quel gesto marcato, si ha la conferma che la telefonata stia per giungere a termine. Un bel chiacchierone, l’interlocutore del capo opposto, per azzittire il buon uomo e privarlo perfino di un solo piccolo spiraglio di replica!

Oppure… che Gonza fosse così emozionato da non riuscire a legare a sufficienza le sillabe in gola?

Una cosa è certa. Tutto quello che l’uomo è in grado di dire, al termine della conversazione, è:

- Stia lì! Arrivo subito!

Non appena la cornetta raggiunge il resto dell’apparecchio, e la chiacchierata ha fine, Gonza preso dall’agitazione si dirige a passo svelto in direzione dell’attaccapanni posto poco più in là, per infilarsi soprabito e cappello, e dirigersi all’esterno della dimora.

Si ode il rombo di un’auto, quasi dopo la sua uscita. Pochi giri di motore, e via! L’autovettura del maggiordomo si allontana dal caseggiato, per chissà quale destinazione, scomparendo in una radura rigogliosa.

 

 

Ci troviamo in un mite Ottobre.

Per l’esattezza è il cinque del mese.

Il clima in questo periodo è decisamente piacevole. Moderatamente calda, l’aria, al punto giusto, e la natura tutt’altro che spenta e appassita. Per strada c’è vita. Il solito tran tran quotidiano che contraddistingue questo mondo e questa città.

Un periodo tranquillo, quindi, se paragonato al predecessore.

Quello di circa un anno fa.

 

Che cosa accadde a quel tempo?

 

Un Cavaliere Dorato dell’Est, lottò con tutte le sue forze per contrastare una delle creature più potenti che siano state generate dal mondo demoniaco, nonché emettitore a sua volta di altri possenti e fastidiosi esseri: Meshia.

Lo sconvolgimento del pianeta e delle sue forme di vita, fu protetto a spada tratta e zanne affilate, da questo impavido paladino spadaccino.

La Zanna Dorata dell’Est.

Un Cavaliere d’Oro.

Garo.

Poco dopo la dipartita di Meshia, il paladino dalla corazza dorata fu riassegnato al distretto Settentrionale, lasciando così la Zanna d’Argento, Zero, a guardia di quello Orientale. Infatti, un nuovo Cane da Guardia fu attribuito a quel distretto per dirige il lupo azzannato dell’Ovest sulle missioni del Makai.

Ci fu un successivo cambiamento, che segnò significativamente un momento importante della fine di quella storia. Dopo più di cento giorni trascorsi insieme, tra battibecchi e facce imbronciate, tra un tocco di pennello e l’altro, due persone si dissero addio.      

 

Una di queste, è Kouga Saejima. Detentore del titolo di Garo, figlio del grande Taiga, nonché erede del vastissimo appezzamento di terreno sopra il quale è costruita la sua dimora.

E proprio lui, Kouga, in tenuta di pelle completamente nera e impreziosita da particolari effigi sul petto, ripercorre a grandi falcate la hall della sua villa.

Vista l’espressione abbastanza stizzita e disorientata del suo impassibile viso, l’umore e i suoi inaccessibili stati d’animo non tradiscono per nulla quello sfavorevole grugno.

Sbuffa lui, il “signorino” vestito di nero, per poi fermarsi d’un botto al centro della sala.

- Ma dove sarà andato? – borbotta aspro. La voce trasuda impazienza, irrequietezza ed un pizzico di malumore.

 

- Che io ricordi, Gonza non si è mai allontanato senza avvisarti. – commenta un gioiello al dito medio della sua mano sinistra. Si tratta di Zarba, millenario Madougu al servizio del Cavaliere Mistico dell’Est, nonché sua guida.

L’ultimo scontro con Kiba, il Cavaliere Nero, danneggiò gravemente ed irrimediabilmente il povero anello che, pur di adempiere in modo infallibile al suo compito, preferì sacrificarsi ed offrire al padrone un potere necessario che permettesse di richiamare l’armatura. La fortuna volle però, che poco dopo i tumultuosi avvenimenti, Zarba fu ricreato dal nuovo Cane da Guardia dell’Est, e riconsegnato al suo legittimo proprietario. Ciò nonostante, il gotico oggetto riacquistò la sua forma ma non i ricordi.

Soltanto tempo dopo, infatti, la sua memoria, ormai cancellata, ricomparve.

 

Kouga si porta entrambe le mani sui fianchi, rinunciando così a chiamare il suo fedele maggiordomo.

Gettando ancora un’occhiata intorno, nella hall e oltre le scale che conducono al piano sovrastante, il giovane si dirige in prossimità dell’entrata.

Spalanca la porta, per buttare così uno sguardo veloce al di fuori, e la richiude dopo un po’ accompagnando il gesto con una bella sbuffata.

- La macchina non c’è. – commenta quasi subito, avendo poc’anzi notando lo spiazzale vuoto.

 

- Sarà sceso in città a fare spese. – gli dice Zarba, cercando di trarre una svelta conclusione. – Torniamo ad allenarci, piuttosto.

 

Kouga si fissa attorno poco prima di incamminarsi in giardino, e riprendere il suo quotidiano allenamento.

- Guarda che sono io quello a darmi da fare con gli allenamenti. – sentenzia, in risposta alle parole dell’anello guida saccente.

 

- Il mio allenamento sta nel fatto di tenerti allenato. – rinvia subito il gioiello, sfoderando come di consueto una soddisfacente replica.

Piuttosto che reagire, l’umano ragazzo tace.

E’ già da un po’ che Kouga ha questo comportamento così indistinto e poco esaustivo. Più del dovuto.

Assorto, o semplicemente svogliato, non sempre trova l’ardire di replicare e di mostrarsi presente.

A questo punto è chiaro: i suoi pensieri sono rivolti altrove. In un luogo molto lontano dalla sua terra. Oltre l’oceano, oltre il continente. Dall’altra parte dell’emisfero.

 

Che cosa cerca quel taciturno ragazzo? Quali sono questi misteriosi pensieri, e verso chi sono rivolti?

Riflettendoci bene… lui ha mai avuto un pensiero così fisso, da rivolgere a qualcuno?

Anche se continua a fare il suo lavoro, anche se continua a difendere gli umani dagli Orrori, anche se possiede una casa, un dovere che lo soddisfa, qualcuno come Gonza che gli prepari da mangiare e lo accudisca, a quel giovane manca qualcosa. Incredibile a dirsi ma… lo si capisce dalla fiamma che dimora nei suoi occhi scuri, e che pian pianino si sta avvizzendo.

E’ flebile, quella lucina. E pensare che, gli basterebbe il sorriso di una persona molto lontana, a farla brillare più del sole, molto più dell’armatura di Garo e più dell’oro lucente che la riveste.

 

Kouga si adopera a far volteggiare per l’ennesima volta la lama della sua fedele spada, davanti a sé, con precisione, dedizione e maestria. Zarba osserva in silenzio il suo proprietario, compiaciuto dei progressi fatti. Adesso non lo rimprovera più, come faceva un tempo, per via di qualche passaggio eseguito male.

Una danza perfetta. Un movimento preciso, sottile, fine.

Diventa uno spettacolo solo osservarlo.

 

Un tempo c’era una persona che adorava quel gioco di spade. Kouga se lo ricorda benissimo. Anche se, l’orgoglio tiene quei ricordi ancorati al fondo di un oceano senza fine, e mai bagnato dal sole.

 

L’Animetallo della lama struscia in un primo momento rapido, lungo il dorso del polso di Kouga. Poi, poco alla volta, teatralmente, la lama rallenta. Il rumore che produce tale movimento, piuttosto che creare disagio, attrae. E’ un canto dolce. Un suono suadente che firma la fine dell’esercizio.

Quando le note prodotte dall’Animetallo si attenuano, dissolvendosi, il fragore di uno schiocco, un applauso gioioso, pone Kouga sulla difensiva immediata. Sussulta quasi, il novello Saejima, per poi calare lentamente la spada, e mettere a fuoco la vista.

 

L’altra di quelle due persone che si dissero addio, è Kaoru Mitsuki.

Oggi ventitreenne, lasciò il Giappone per studiare in Italia una delle sue più grandi passioni: il disegno.

Kouga e Kaoru si separarono un anno fa. Ognuno prese la propria strada. Una strada che, portò il sottile filo rosso che li teneva uniti, a slegarsi.

In questo istante, a distanza di quell’ anno, qualcosa sembra essere accaduto.

E’ il capo opposto del filo rosso che ritorna?  

E’ una connessione inaspettata tra le due strade che si erano disgiunte?

La risposta è: entrambe.

Cavaliere e pittrice stanno toccando lo stesso suolo, la stessa erba che ricopre il giardino della villa, così come la stessa aria di collina che circonda il posto e che irradia e fa trarre beneficio ai polmoni. 

 

Il sussulto di quegli occhi, gli occhi di un Cavaliere Magico introverso, nasce spontaneo, con precipitazione.

Ciò che precipita, inoltre, sono anche le sue emozioni. Sensazioni uniche, quasi magiche, rotolano giù. L’impatto è inevitabile. Dritte dritte, nello stomaco, nelle viscere che si contorcono, si fanno pesanti. Un magone, un groppo. Un senso di confusione, di caos generale.

E’ questo l’effetto che fa ricevere una sorpresa?

Ancora quegli occhi, s’infittiscono, spinti da una fronte annottata, ormai piena di grinze, increspature che trasudano confusione, perplessità.

 

Kouga si decide ad aprir bocca, seppur a fatica.

- Tu…?!- Il tono della sua voce è inequivocabile. La cadenza è quella. Ha il sapore della meraviglia.

La faccia e l’espressione che accompagnano quelle due semplici lettere, non tradiscono l’accento.

Per la prima volta, lui è davvero meravigliato.

 

Dall’altra parte, accanto ad un Gonza sereno, rallegrato e con due belle guanciotte espressive, Kaoru tiene ancora le manine congiunte, per via dell’applauso prodotto poc’anzi. Lentamente intreccia le dita delle mani, e se l’accosta al petto.

La sua boccuccia si tira amabilmente. Le labbra si distendono per permettere ad uno sfavillante quanto armonioso sorriso, di venir fuori.  

Un gran bel sorriso.

Quello che, riscalda, e fa avvampare l’avvizzita fiamma di un solitario Cavaliere dell’Est come Kouga.  

Lui non può impedirsi di osservarla, di scuotere impercettibilmente la testa e poi… uno sguardo fa scattare la scintilla: Kaoru muove i primi passi, incerta di primo acchito, ma dopo svelta come non mai. Con i capelli al vento, corre fino a raggiungerlo in una schioccata di dita, dando l’impressione di avere un paio di occhi lucidi e commossi.

L’abbraccio è semplice. Una dolce movenza, fatta con sincerità, che la porta ad affondare il capo nel torace del giovane che, sussulta. Kouga è così confuso, incerto a tal punto da fare cadere al suolo perfino la sua arma. L’ansa gli scivola in un lampo dal palmo debole e tremante, e la spada finisce a terra, su alcuni ciuffi verdeggianti di fresca erba.

Prima, così lontani per un anno. Ora, così vicini, l'un l'altro, da percepirsi il respiro e l’odore della pelle. Che sia un’allucinazione?

 

La mano che ha lasciato cadere la spada, trema senza sosta, ma lievemente. Forse nessuno potrebbe accorgersene, se non inquadrando con estrema precisione l’arto.

E, proprio quell’arto, sta per essere sollevato. Kouga prova a spingerlo su, forse per carezzare stentatamente il capo della ragazza ma… continui tentennamenti, dubbi e soggezione, lo conducono a cedere, fino a bloccarsi. Quel braccio diventa piombo. Le guance si fanno più colorate.

E’ un sano imbarazzo, ciò che si espande sia dentro che in viso. No, non è un’allucinazione. Lei, è davvero tra le sue braccia.

Poi, istintivamente, gli occhi si spostano altrove.

Un “altrove” con baffetti e lenti tonde.

 

- Gonza! – tuona quasi all’istante, con un briciolo di voce oscillatoria, tutt’altro che stabile e sicura. Il tono oltretutto è un tantino sopraelevato, con fattezze simili a quelle di un’ammonizione. E’ ovvio che a Kouga, la faccenda non gli è chiara! Il suo fedele servitore, che sparisce senza neppure avvisarlo, e l’entrata di Kaoru, non lo mettono per nulla a suo agio.  – Cos’è questa storia?!

 

Il maggiordomo ha la piena intenzione di dare risposta, per spiegare così l’accaduto. E’ impacciato. Nei gesti freme brevemente e cerca di aprir bocca. Le labbra appaiono del tutto spalancate, le sillabe già in gola. Nonostante tutto, Kaoru gli ruba con prontezza l’evenienza di controbattere: - Non prendertela con lui! Gonza non centra! Sono stata io a chiedergli di non dirti nulla. Volevo… che fosse una sorpresa!- rivela la bruna, con una faccia che sprigiona allegria, anche se alquanto tesa e preoccupata. In realtà, teme che Kouga ammonisca entrambi. Giunge poi inesorabile il verdetto da parte di quest’ultimo. La faccia non trasmette disapprovazioni, né tuttavia sorrisi giocondi.

- Per quanto tempo mi avete imbrogliato?

 

- Oh, pochissimo! – lo rassicura lei - Ho telefonato a Gonza circa due ore fa, per farmi venire a prendere, non appena stavo recuperando il bagaglio in aeroporto. Il tempo di caricare la valigia in auto, e via! Il tuo maggiordomo è un asso nella guida! – dichiara dopo, lanciando un’occhiata radiosa all’appena citato uomo.  

Kouga la segue subito a ruota. A differenza della brunetta, però, di radioso nella sua occhiata c’è davvero poco.

La reazione di Gonza non può essere diversa: si stringe nelle spalle, e fa un sorrisetto tirato. Non si sente pressoché tranquillo, dallo sguardo intimidatorio del padroncino.

 

- Se permettete… io andrei a preparare la cena! – annuncia alla svelta, quasi a volersi allontanare da lì.

La giovane Kaoru si anima prontamente:

- Posso prepararla io! In Italia ho imparato a cucinare e…

 

Stavolta è Gonza, quello ad animarsi prontamente:

- Non si scomodi, signorina! Lei ha fatto un viaggio così lungo, e sarà senz’altro molto stanca…! Pensi a riposare, e stia tranquilla!

 

In fin dei conti, le parole del buon Gonza hanno un senso. Il viaggio ha sicuramente sfiancato la bella pittrice che, avvertendo un soffio di spossatezza, si rassegna all’idea di lasciar perdere cena e fornelli.

Tutto sommato, il viso ad un tratto le si accende di colpo, come colto da un’idea sfavillante: - Cucinerò per voi la sera prima di partire! – annuncia con sorriso travolgente, ed intrecciandosi le mani al petto.

 

- Vorrà dire che per quella sera cercheremo di resistere. – conferma subito il novello Saejima, in evidente tono schernitore.

 

- Kouga! – lo ammonisce lei, girandosi con uno scatto per ferirlo anche solo con lo sguardo.

 

 Approfittando del momento favorevole, e della distrazione dei due, Gonza si dilegua con passo felpato e zitto, a mo’ di gatto. Quando al padrone gli si nascondono le cose, guai ad incrociare i suoi occhi per più di cinque interminabili secondi!

 

Kaoru nel frattempo si è portata entrambe le mani sui fianchi, sfoggiando un’aria totalmente risentita.

- Sei rimasto il solito insensibile! Non sei per niente cambiato dall’ultima volta che ci siamo visti!

 

Kouga è per l’appunto il solito “indifferente” di sempre.

Senza curarsi delle sue parole, e flettendosi sulle ginocchia, si adopera a raccogliere la spada per poi riporla all’interno del fodero rosso.

- Perché sei tornata in Giappone? – domanda in seguito, mentre spinge la lama nella rigida custodia.

 

Sul viso dell’interessata affiora presto una smorfia serena e felice.

- Tra una settimana esatta si terrà la mia prima vera mostra! Oltretutto, la manifestazione avverrà nella galleria in cui ci siamo incontrati per la prima volta. Ricordi?

 

Gli occhi di Kouga vacillano per un istante. E’ segno che il flemmatico cavaliere stia ricordando quell’attimo.

Il momento in cui il suo cammino, incrociò quello di Kaoru per la prima volta.

Non fu di certo un incontro pacifico, il loro.

Dopo essere entrato nella grande sala della galleria, con ampie e rapide falcate, Kouga puntò quella giovane sconosciuta fino a spingerla in prossimità di una colonna di marmo, agguantandola per la gola. Un gesto che, sicuramente mandò l’artista nello sconcerto più completo.

 

E’ da lì, che tutto ebbe inizio.

 

- Quanto resterai qui?

 

- Dieci giorni tondi tondi! – replica la ragazza, sfoggiando un sorriso senza pari. In seguito, abbassando leggermente lo sguardo, come se provasse una punta d’imbarazzo, si mordicchia nervosamente il labbro inferiore – Sono tornata anche perché sentivo la mancanza della mia terra e… di Gonza e te. – ammette alla fine, faticando non poco in questa sua rivelazione.

 

Kouga non può non sentirsi a disagio. La sua reazione è improvvisa. Devia lo sguardo altrove, sulla destra, in direzione di alcuni alberelli. Con gli occhi, è anche il capo a cambiare direzione, e quindi a girarsi.

Come fa, un tipo chiuso e poco incline al dialogo, ad ammettere la stessa cosa?

Gettando un’occhiata alla realtà delle cose, e mettendo per un attimo da parte l’orgoglio e quella pesante ancora che blocca emozioni e frena gli istinti, al signorino Saejima la bella pittrice è mancata davvero. Si potrebbe affermare l’opposto solo se quell’espressione di consueto inflessibile, si mostrasse tuttora tale.

Dopo tanto tempo, e per la prima volta d’innanzi a Kaoru, Kouga gioca a carte scoperte.    

La situazione per i due scivola via tramutandosi in un mutismo forzato e difficile da gestire.

La fortuna vuole però, che il provvidenziale intervento di Zarba risollevi miracolosamente l’attimo.

 

- Ti sono mancati tutti eccetto che me?

Kaoru e Kouga si destano per un attimo, flettendo entrambi gli occhi sulla mano di quest’ultimo.

L’anello, apposto sulla sinistra, attende che questa venga issata verso l’alto.

- E’ un piacere vederti, Kaoru! – dice con enfasi, squadrando la bella arrivata.

 

La ragazza afferra in un istante la mano del giovine, prendendola tra le dita:

- Zarba! – enfatizza, esibendo una smorfia sorpresa. Per certi versi, si era davvero scordata del povero anello saccente – Perdonami! – proclama quasi subito, congiungendo le mani in segno di supplica.    

 

- Il fuso orario sconvolge chiunque! – commenta lui, con il suo impareggiabile tono frizzante e leggero.

L’indice della mano di Kaoru si posa delicatamente sul testone metallico e freddo di Zarba.

Sono piccole carezze, quelle che l’anello percepisce e riceve.

Kouga è lì, fermo, che osserva l’artista. La voce di Gonza che comunica ai due della cena in tavola, lo porta a tirare la mano verso di sé e a muovere le gambe.

- Andiamo a mangiare. – dice nei riguardi dell’ospite, mentre quest’ultima, con un bel movimento del capo, assente felice.

 

 

 

 

L’orologio segna da poco le nove e trenta di sera. La cena è appena giunta al termine.

Gonza si appresta a sparecchiare, togliendo per prima cosa i bicchieri, e riponendo le posate nei rispettivi piatti di ognuno.

Nel corso del pasto serale, Kaoru ha raccontato ad un attento maggiordomo e ad un poco e forse finto interessato Kouga, il lungo anno trascorso in Italia.

Una terra piacevole, accogliente ed interessante, l’ha definita lei.

“In Italia la gente và un po’ meno di corsa, rispetto a noi. Il ritmo frenetico dei giapponesi, è una cosa che quasi tutti gli italiani ci attribuiscono. Oltretutto, molte persone che ho conosciuto lì, ci ritengono un popolo parecchio gentile, ben educato e pulito! Una bella soddisfazione!” ha commentato, durante un boccone e l’altro, con due occhi completamente estasiati nei riguardi di quella piccola nazione a forma di stivale.

 

Sollevandosi dalla sedia, come se avesse improvvisamente ricordato qualcosa, la ragazza raccoglie i bicchieri che Gonza, intento a portali via, ha tra le mani, e li rimette in fretta sul tavolo.

 

- Ma… signorina…! – fa lui, incespicando un po’, con la tipica reazione di chi colto alla sprovvista non sa che dire.

 

- Penserai dopo a sgombrare la tavola! Adesso c’è una cosa che devi assolutamente vedere! – esclama con enfasi, afferrandogli un polso alla svelta. - Anzi…- si corregge poco dopo, volgendo lo sguardo su qualcun altro- Ci sono due cose, per l’esattezza, che dovete vedere! – sottolinea, con un sorriso furbetto.

 

E’ quasi impossibile, per Kouga, evitare la presa di Kaoru che gli acchiappa lesta una mano.

- Che stai facendo?! – sbotta lui all’istante, sentendosi presto trascinar via. Più che scontata la sua reazione.

 

Una volta fuori dalla cucina, la moretta trascina i due lungo tutta la hall, e poi via, su per la lunga scalinata che porta dritta al piano sovrastante.

Gradino dopo gradino, passo dopo passo, Kaoru strascica sia Gonza che Kouga nella sua stanza.

C’è una valigia verde chiaro, adagiata sul letto. Le appartiene.

Una volta afferrata la lampo che tiene chiuso il bagaglio, e trascinata lungo tutto il bordino che unisce le due parti, il gioco è pressoché fatto. Una semplice mossa, e la valigia è pronta per essere scoperchiata.

L’interno è pieno d’indumenti ed oggettistica varia. Tutto ciò che normalmente si porta quando ci si adopera a viaggiare, e a fare soggiorno in un domicilio diverso dal proprio.  

Inoltre, lì in mezzo, tra una maglietta ed un paio di jeans, s’intravedono a stento due fagotti dalla massa non tanto eccessiva e l’incarto colorato.

All'istante, Kaoru rovista mettendo a soqquadro l’interno del bagaglio, ed afferrando quei due pacchetti.

Il primo ha uno spessore alquanto piatto, con l’involucro blu e una coccarda rossa. Piuttosto elegante e sobrio.

Il secondo, a differenza dell’altro, si presenta con uno spessore voluminoso e una carta tutta colorata, allegra, sui toni del giallo. E’ senz’altro una fantasia atta ad impacchettare un qualche balocco per i più piccini. Non c’è dubbio.

Tirati fuori dalla valigia, la giovane bruna li dà in consegna ai due uomini che, fissandoli con una smorfia perplessa, s’accigliano d’istinto.

 

- Sono per voi! – precisa, osservando le facce strane dei due. - Un piccolo pensiero che ho comprato in Italia! – specifica in seguito.

 

Il pacchetto blu, raffinato e sobrio, è toccato a Gonza. Molto carino, da parte di quella ragazza, fargli un regalo. I maggiordomi solitamente non vengono mai presi in considerazione, in casi simili a questo.

Il buon uomo sembra completamente entusiasta, da cotanto pensiero. Apre immediatamente l’involucro, con trepidazione. Gli occhi vacillano dall’emozione, e in egual misura le mani. La carta vola via, verso terra, e l’interno si rivela essere un indumento. Gonza lo spiega, rigirandoselo subito tra le mani.

- E’ un pigiama a tutina! E c’è anche il cappello!  – esclama agitato, tutto rapito dal nuovo completino da notte che tiene ben steso davanti a sé con lo scopo di ammirarlo per intero.

 

- Un pigiama piuttosto singolare. – commenta subito Kouga, squadrando anch’esso l’oggetto, però con estrema diffidenza. A lui non farebbe affatto piacere, indossare una simile ridicolezza anche solo per dormire.

Tuttavia, Gonza non sembra essere dello stesso parere.

 

- Vado subito a provarmelo! – esclama in tutta fretta, correndo fuori dalla stanza a gambe levate.

 

- Adesso tocca a te, aprire il tuo! – dichiara Kaoru, esortando in questo modo anche Kouga.

Il giovane non ha scampo. Quell’artista monella aspetta trepidante.

E se lì dentro ci fosse una roba ridicola come la tutina regalata a Gonza?

La carta che avvolge l’oggetto ha già di suo una fantasia alquanto bislacca ma… di sobrio, l’altro regalo, aveva soltanto l’involucro.  

Ci riflette un po’, Kouga, prima di darsi una mossa. Ma c’è dell’altro, in quella riflessione.

 

Nessuno gli aveva mai dato qualcosa da scartare, prima d’ora.

 

Il foglio dalla solare fantasia, pian piano viene rimosso, spacchettato.

Non c’è curiosità in lui, ma voglia di portare alla luce quell’oggetto.

 

Un paio di occhietti tondi, una bocca sorridente e spalancata, ed un corpicino di legno intinto di verde, ritrovano finalmente quella luce.

E’ pressoché inutile, irrilevante, descrivere la reazione del giovane alla vista di tale oggetto.

E’ un giocattolo, ciò che il novello Saejima tocca con mano. Un balocco che sposta le lancette del tempo all’indietro, tanto dietro, e richiama alla memoria un preciso periodo. Quello dell’infanzia.

Kouga aveva all’incirca cinque anni, quando un Orrore dalle fattezze da povero venditore ambulante, gli donò per la priva volta un balocco. Una ranocchia, per l’esattezza. Una piccola ranocchietta di legno, dalla faccia felice e il grande sorriso. Fu felice e sorridente anche lui, nel riceverla. Finalmente anche quel piccolino, erede di un uomo così importante e valoroso, si sentì per la prima volta un bambino. Uno come tutti gli altri, libero di vivere spensieratamente la propria età.

Il Kouga di questo tempo, il Kouga ventiseienne, non ha l’ardire né di sorridere, né di mostrarsi felice però… in quegli occhi enormemente profondi, stabili e scuri, qualcosa sembra essersi smosso. Perfino il viso è radicalmente mutato.

C’è sorpresa. Un guizzo di meraviglia, si è posato su quella gelida faccia.

 

- E’… è identica a quella che avevi da piccolo?- si fa avanti Kaoru, pigolando con una punta di incaglio, e facendo un passetto verso di lui.

 

Un piccolo accenno del capo, è tutto ciò che Kouga è capace di replicare. Una bella ranocchietta di legno, dalla faccia verde e sorridente, gli sta nel palmo della mano.

Fanno presto i ricordi a volare via, in quel tempo lontano.

Farebbe presto, forse, un sorriso, ad affiorare su quelle labbra, se quella bocca però non fosse di Kouga.

E la brunetta?

Kaoru non pretende granché da quel cavaliere. Non avrebbe mai potuto aspettarsi una reazione simile a quella ottenuta con Gonza.

Eppure… lei non prova delusione da ciò.

Quando gli occhi del “signorino” si smuovono, è segno che anche il suo cuore si è mosso.

 

- Come va la vita da Cavaliere Mistico? – domanda la mora dopo un breve e tacito attimo, evitando per l’appunto il pesante disagio di un fastidioso silenzio.

 

- Stazionaria.

 

- Se non sbaglio adesso ti occupi del distretto Settentrionale, giusto? E’ una fortuna che la tua casa sia ubicata a nord-est, così almeno non sei costretto a cambiare abitazione. Pensa se ti fosse toccata la zona Occidentale o Meridionale…!

 

- Sono abituato agli spostamenti. L’importante è adempiere al proprio dovere. L’incolumità di questo popolo, prevarica su ogni cosa.

 

- E questo popolo è fortunato ad avere te come custode! – Kaoru sorride. A Kouga l’elogio lo immobilizza. Gli nasce spontaneo chinare lo sguardo. Un’azione meccanica, generata da un palese disagio.

In quello stesso attimo, da uno spicchio d’uscio, Gonza fa la sua entrata trionfale, con indosso il regalo della bella ospite.

La tutina azzurra, calda e felpata, con tanto di copricapo lungo avente all’estremità appuntita un soffice e grosso pompon bianco, gli dona senza taluna ombra di dubbio un aspetto a dir poco bislacco. 

 

- Come sto? – domanda alla svelta, raggiante in viso e con una smorfia sorridente sulle labbra. Un’espressione che, d’acchito lo fa sembrare soddisfatto ed entusiasta del suo nuovo completino da notte.

Ai due ragazzi che gli stanno d’innanzi, bastano pochi secondi per reagire. Kaoru si porta repentinamente una mano alla bocca, cercando in tutti i modi di occultare un riso beffardo, mentre Kouga… L’abbigliamento buffo del suo fidato servitore, riesce incredibilmente a strappargli via un sorriso.

 

- Ma… signorino Kouga…?! Signorina Kaoru…?! Cosa c’è da ridere? – interviene prontamente il fidato uomo, fissando agitato i due.

 

La bruna racimola un po’ di sobrietà affinché le permetta di ribattere senza ridergli apertamente e maleducatamente in faccia.

- E’ che… - dice a fatica, tartagliando e frenando una sghignazzata improvvisa – E’ che in realtà assomigli ad un…

 

- Folletto. – s’immette Kouga, afferrando al volo il concetto dell’amica, e mettendosi anch’egli tre dita sulla bocca per occultare un infame sorrisino.

 

- Ma come signorino…?! Adesso vi ci mettete anche voi?  - replica Gonza, sentendosi deriso perfino dal suo amato padroncino.

 

- Non se la prenda, Gonza! Lei è un folletto caratteristico, con tanto di baffi e tondi occhialini! – afferma Kaoru, guardando Gonza da capo a piedi, e cessando di trattenere un amabile sorriso. – Le sta d’incanto questa tenuta, mi creda!

 

- Dice sul serio, signorina? Sa… anche io lo penso! – ribatte lui, gasato più che mai, e drizzando bene la schiena come per mettersi in posa.

 

Kouga abbozza una seconda smorfia di riso. La moretta dalla carnagione bianca lo scruta radiosa, nel momento in cui Gonza è intento a pavoneggiarsi.

 

Qual è la nostra reazione a un sorriso?

Cosa si prova a vedere le labbra autorevoli di qualcuno, piegarsi appena e gioire?

 

Lei voleva semplicemente vederlo sorridere. Era così un anno fa.

Tuttavia… quell’introverso di un Cavaliere Mistico, era talmente impegnato a portare a termine il proprio operato, da non capire ciò che gli stesse sussurrando la sua bella pittrice.

 

La luce della camera di Kaoru resta ancora accesa per svariati minuti. Si continua a scherzare, lì dentro. Si continua a sorridere.

Quando tutte le luci di villa Saejima si spengono, il palazzo e i suoi inquilini vanno a dormire.

La notte cala, vola via, e aspetta in silenzio che la futura alba faccia fiorire un nuovo giorno.

 

 

 

 

Sono sorti e tramontati ben cinque soli, dall’arrivo in Giappone di Kaoru Mitsuki.

Siamo giunti alla fine del sesto giorno, e nel cielo si scorge il tramonto di un’altra magnifica luce.

Per le strade corrono le macchine. Tante, colorate e di varia grandezza.

Per le strade corre la gente, in una città sommersa di luci e confusione.

In quello stesso attimo, in una stradina flebilmente illuminata e desertica, un ragazzo corre spedito a spada tratta e sguardo caparbio.

Kouga Saejima sta inseguendo qualcuno, o per meglio dire, qualcosa.

Il fuggitivo si blocca di colpo. Fine della corsa per lui. Quella stradina non porta da nessuna parte. C’è una recinzione che supera i cinque metri d’altezza, e che sbarra quell’unica via d’uscita per quello strano essere dalle fattezze abnormi.

Una pelle irregolare, fatta di scaglie resistenti come dieci strati di cuoio messi insieme, ed una lunga coda rivestita di aguzzi e pericolosi aculei.  

Con andatura stabile e ferma, Kouga va verso la fine del viottolo, con l’intenzione di trafiggere l’essere. Un Orrore, per l’esattezza. Un Orrore che, minaccia la quiete del distretto Settentrionale.

Prima stabile, lento, e poi sempre più sciolto, incalzante, passo dopo passo il giovane Saejima impugna l’ansa della spada con entrambe le mani, e si lancia all’attacco.

Le fauci mostruosamente spaventose della creatura si schiudono facendo così notare delle zanne bislunghe e affilate come piccole daghe.   

La pericolosa coda freme, si agita e poi si leva in avanti mettendosi d’innanzi alla belva per farle da scudo.

La spada di Kouga viene mandata all’indietro, respinta dal prolungamento posteriore di quella colonna vertebrale così impenetrabile che l’Orrore si trova ad avere.

Proprio come una mazza ferrata, la coda comincia a roteare pericolosamente, dando così l’impossibilità al novello Cavaliere Magico di avvicinarsi al nemico. Una difesa invalicabile, eretta al solo scopo di guadagnare tempo.

Un figlio dell’oscurità davvero furbo che, si adopera ad afferrare saldamente parte della graticola di ferro, e a sradicarla via in un sol colpo. 

Aldilà della rete, c’è un terreno alquanto avvizzito e polveroso, e ancora più in là, verso il fondo, una balaustra che affaccia sull’oceano.

L’Orrore ha percepito l’odore dell’acqua, con il suo fine olfatto. La sua intenzione è quella di lanciarsi oltre il parapetto e sparire nel fondo di un oceano infinito.

Fugge a gambe levate, il mostro, per mettere in atto il suo piano.

Kouga non resta di certo impassibile a quella scena. Si lancia anch’esso dalla parte opposta del recinto sbrindellato, portandosi svelto l’arma sul capo.

Un cerchio ed ecco che, la magia si compie. Tra uno scatto rapido e l’altro, avviene la trasformazione.

Adesso l’Orrore deve vedersela con Garo. Una prospettiva tutt’altro che allettante, per quella spregevole creatura.

Prima venti, e poi quindici metri. Il terreno che separa il nemico dal parapetto metallico, si accorcia sempre di più, sempre più rapido.

La coda acuminata resta vigile, pronta a respingere il Cavaliere Dorato dell’Est, in una sola stangata.

 

- Arrivati a questo punto, ti consiglio caldamente di invocare chi sai tu, altrimenti lo perderai. – suggerisce Zarba che, come un bravo consigliere, incita il proprio padrone a fare la giusta scelta.  

 

- Lo stavo oramai per fare. – ribatte con innegabile certezza Garo, apprestandosi a dare il via all’invocazione di Goten, imponente destriero al servizio della Zanna Dorata dell’Est.

Con l’aiuto di questa incredibile creatura, per Garo, abbattere ed annientare il nemico sarà pressoché una piacevole galoppata.

Qualche rapido fendente di spada, ed il sigillo si materializza in un baleno.

Un raggio di luce, straordinariamente abbagliante, dà così il benvenuto al tanto temuto destriero dalla rossa criniera e il nitrito tonante.

Corre via, come il vento, in sella a Goten, il Cavaliere del Makai.

Il fragore generato dagli zoccoli del ronzino d’oro, non ha eguali, così come la sua velocità. Un’elegante bestia, con tanto di criniera e folta coda, cambia le sorti dell’incontro.

In un lampo la situazione si ribalta. Garo tiene stretto le briglie, mentre Goten scivola rapido, oltre l’Orrore, per poi impuntare gli zoccoli al suolo e fermarsi alcuni metri prima del parapetto.

La Garoken, spada del Cavaliere d’Oro, si espande a dismisura per tramutarsi in un’arma dalle qualità mirabolanti. Ampia, lunga e resistente lama. Potenza ed efficacia straordinariamente incrementate, e superiorità allo stato puro. Tutte qualità che, contraddistinguono la nuova spada del paladino del Makai: La Garozanba.      

Dal dorso di Goten, Garo si prepara a sollevare la sua arma e a fare a fette l’Orrore fuggiasco.

Quest’ultimo, tanto veloce quanto poco ardimentoso, si adopera a proteggersi mediante la coda aculeata, più che sicuro di scampare all’attacco.

Troppe certezze, e troppa affidabilità nei riguardi di quella lunga spina dorsale ricoperta di aghi.

Anche troppo facilmente, la Garozanba riesce a tranciare perfettamente in due il nemico.

I brandelli dell’essere ripugnante schizzano da ogni dove, per poi fluttuare via e svanire nel nulla.

Il maestoso Goten, avendo portato eccellentemente a termine il proprio compito, nitrisce un’ultima volta, poco prima di svanire. Svanisce anche l’armatura d’oro di Garo che, riacquistate le fattezze di Kouga Saejima, si appresta a riporre la propria spada dal manico rosso, nel fodero d’eguale tinta.

Fatto ciò, e sconfitto l’Orrore, non resta che andar via, per lui.

Sulla destra, in prossimità del reticolato squarciato, gettati lì a terra e disposti a casaccio, ci sono cinque o sei scatoloni ricolmi di polistirolo ed immondizia varia.

Kouga li fiancheggia per poi oltrepassare la rete ma, nell’istante in cui sta per lasciare quello spiazzo, una di quelle scatole di cartone si riversa al suolo, producendo rumore. Sguainando svelto la spada, il giovane Cavaliere del Makai si volta scattante aizzando quell’arma d’innanzi al mucchietto di scatole vecchie d’ogni misura.  

 

- Vieni fuori! – ordina a tono lui, pronto a passare alla controffensiva.

 

Ci sono un paio di mani, dai palmi bianchi e le dita fini, che spuntano timide e lente da una pila di pacchi. Come in segno di resa.

Pian pianino, al seguito dei due arti, fa capolino la cima di un capo contornato da bruni capelli, e un paio di occhi.

Passano i secondi, e all’ennesimo avvertimento, viene allo scoperto il resto del corpo.

Strabuzzare lo sguardo, per uno come Kouga, in quel momento è d’obbligo.

- Che ci fai qui?! – domanda rapido, facendo una voce pericolosamente altera.

 

Dal lato opposto, una timorosa Kaoru si mordicchia nervosamente il labbro inferiore.

- Ecco… io… - La mora balbetta, esita un attimo e alla fine palesa – Volevo vederti ancora una volta in azione. Tutto qui! – si sforza infine di sorridere.       

 

- Tutto qui? – controbatte il ragazzo, senza esitare – Sostare nel campo in cui un Cavaliere Magico ed un Orrore si stanno dando battaglia, può essere molto rischioso. Oltretutto a mia insaputa…- conclude lui, con parole dure atte al rimprovero, mentre si adopera a rinfoderare la spada.

 

Kaoru abbassa lo sguardo, il capo. I capelli le slittano in avanti, le mani s’intrecciano appena tra loro, e le gambe si fissano al suolo, intimidite, con la paura di muoversi.

L’artista è a disagio. Forse sa di non aver compiuto un’azione tanto saggia, ma la voglia di vedere il Cavaliere del Makai dalla corazza d’oro, non è riuscita a farla riflettere sulla pericolosità di quell’atto.

In effetti, quel taciturno e scontroso guerriero, ha ragione. Ecco perché, la bruna non ha l’ardire di muovere un passo in avanti e controbattere.

Un ultimo raggio di sole si va ad infrangere su quello spiazzale. L’artista si para d’istinto lo sguardo, portando una mano sopra la fronte per farsi un pochino d’ombra. Poi, gira la testa verso sinistra per adocchiare il lungo parapetto evidenziato in controluce da quel tramonto.

Per un pittore, quello scenario accende una fervida fantasia, dando così lo spunto a creare una magnifica composizione.

La mora è già in estasi. Scruta ancora, con più decisione, ciò che i suoi occhi riflettono.

Dopo un’accurata analisi del soggetto, giunge il responso: il tramonto è bello ma… ci vuole dell’altro. Una semplice, anche se d’effetto, balaustra, fatta di luci e ombre, non l’appaga.

La ragazza fa scorrere il capo verso destra.

Il profilo di Kouga è illuminato anch’esso dalla potenza maestosa di quel sole calante.

Alla stregua di un fulmine, giunge l’ispirazione che folgora e schiarisce le idee della pittrice.

 

- Posa per me! – si sente dire all'improvviso Kouga, per poi voltarsi e guardare di scatto l’amica. – Ti scongiuro! – ripete quest’ultima, congiungendo le mani in segno di supplica. Gli occhi imploranti e ricolmi di trepidazione di lei, non tradiscono quelle movenze.

 

Il Cavaliere del Makai non sembra capire. Si guarda attorno, con fare confuso, girando un pochino la testa.

Kaoru pretenderebbe di dipingere lì, senza fogli e la sua fidata matita?

Poi ecco, arriva presto la spiegazione a tanta stranezza.

La ragazza ha una borsa con sé. Una borsa dalla lunga tracolla, alquanto ampia e imbottita di qualcosa.

Quel qualcosa, per l’appunto, è un blocco da disegno. Lo tira svelto dall’interno della saccoccia, per poi afferrare e portar fuori gomma e matita.

- Ho tutto l’occorrente, nella borsa! Ho portato anche i colori, ed una bottiglietta d’acqua per diluirli. – afferma sfoggiando sorrisi soddisfatti, e dando così prova di essere una perfetta pittrice attrezzata, pronta a dipingere in qualsiasi momento. 

 

- Ho l’impressione che tu non sia venuta solo per osservare Kouga in azione… - profetizza Zarba, centrando in pieno il bersaglio. – Tana per la signorina Mitsuki! – dice l’anello con enfasi, fiero di sé e delle sue predizioni infallibili. 

 

Per la giovane artista non c’è modo di negare l’evidenza.

- Sono venuta anche perché speravo che assistendo al combattimento di Garo, forse avrei potuto immortalarne qualche scena ma… l’azione si è svolta con una rapidità tale da farmi rimanere a bocca asciutta. – annota lei, con un po’ di broncio sul faccino. La smorfia scontenta, tuttavia, muta in un lampo. Gli occhi, le gote, le labbra di Kaoru ritornano a sorridere, e ad incalzare- Però adesso ho tutto il tempo che mi occorre per farti un ritratto!

 

- Non se ne parla nemmeno. – sentenzia Kouga, smorzando in questo modo l’entusiasmo della giovane che, d’istinto, fa appassire il sorriso.

 

- Ma… perché no?! Tu non dovrai fare nessuno sforzo! Tutto ciò che ti chiedo, è di startene fermo, immobile e…

 

- E’ una perdita di tempo. Oltretutto, detesto restarmene immobile. 

 

Per Kaoru, purtroppo non c’è verso di convincere quell’antipatico giovane uomo, a posare per lei.

La ragazza, nonostante tutto, torna alla carica, decisa più che mai ad ottenere quel tanto bramoso lasciapassare.

Si mette in ginocchio, con il capo verso terra. E’ questa, la sua controffensiva.

 

- Che cosa stai facendo?! – replica subito Kouga, spiazzato da quel comportamento che per certi versi lo pone a disagio.

 

- Ti sto supplicando! Solo così forse otterrò la tua approvazione. – risponde decisa la ragazza, prostrata ai piedi del testardo Saejima. – Bada che resterò in questo modo fino a che non mi dirai di sì!

 

L’intervento di Zarba, anche questa volta è provvidenziale: - E’ la serata ideale per farsi realizzare un ritratto, non trovi anche tu ragazzo?

 

- Sono io che decido, non tu. – ribatte istantaneo l’altro, accigliandosi appena.

 

- Andiamo Kouga, falla felice almeno per una volta! Oltretutto, non percepisco pericoli imminenti nelle vicinanze. Come dicevo, è la serata ideale per farsi realizzare un ritratto!

 

Kaoru è ancora a terra, rannicchiata e trepidante. Il Cavaliere Mistico esita un breve istante, prima di lanciarle un’occhiata e poi guardare altrove.

- Cerca di fare in fretta, però. – dichiara inaspettatamente, facendo trasalire la bella ritrattista che, incredula, solleva di scatto il capo e gli rivolge un’occhiata.

 

- Significa che accetti?!

 

Kouga risponde con un suono rapportabile ad un si, senza dedicare taluna attenzione nei riguardi della mora.

 

La gioia, la felicità che prova un artista nel ritrarre ciò che più lo ispira e gli dà soddisfazione, è un qualcosa d’inimmaginabile.

Ciò che sentono le mani, e percepiscono gli occhi di quel pittore mentre la punta della matita sfiora e dà vita a morbide e sinuose linee, soltanto lui che attua quel gesto lo sa.

Un foglio bianco è visto come un vasto territorio da rincorrere o sorvolare con le maestose ali create dalla fantasia.

La matita è come una bacchetta magica vista al ralenti.

Una normale bacchetta fatata, infatti, impiegherebbe all’incirca una manciata di secondi per far apparire sul foglio un disegno.

Una matita, invece, potrebbe impiegarci delle ore. Lei ha bisogno d’impegno e dedizione da parte di chi la manovra, per procreare su quello stesso foglio bianco, una magnifica opera.

Tuttavia, le due cose sono incredibilmente simili.

Si può fare magie con una bacchetta magica così come si può fare magie con una matita da disegno accompagnata dal suo disegnatore.

 

 

 

 

La lancetta più corta dell’orologio si è appena spostata sul 7.

Le 7 di sera, per l’esattezza.

 

Kaoru, con un elegante abito bianco, portato poco sotto il ginocchio, semplice nel taglio ma d’effetto, getta con un pizzico di nervosismo un occhio all’orologio che sta appeso ad una delle facciate bianche nella Port City Gallery, la galleria d’arte della città.

Il fatidico giorno della mostra, è finalmente giunto. Trepidazione, angoscia, ansia. Tutto ciò, è possibile leggerlo nel viso della brunetta pittrice che si sta adoperando ad appendere e a raddrizzare proprio l’ultimo dei suoi quadri.

Le mani vibrano, tremano nel collegare il gancetto della cornice al perno impiantato nel muro. La trepidazione, l’ansia non smettono di accrescere vertiginosamente. Le gambe si fanno rigide e il sudore imperversa subito dopo. Giusto qualche gocciolina sulla fronte che, in parte è attorniata da una lunga frangia. La giovane si fa aria con entrambe le mani, e poi respira con lentezza, quasi a volersi calmare. Lo sguardo poi, sale su, sulla tela appesa al muro. Quell’ultima tela,finita la sera prima, sotto un cielo interamente sereno e pieno di stelle. A momenti si ode ancora il profumo dei colori, tant’è nuovo il dipinto. La mora si rende improvvisamente conto di non avvertire più agitazione. La fronte è asciutta, ha smesso di produrre sudore, e le gambe si sono sciolte, distese.

Sarà per via dei colori incredibilmente sfavillanti che emana il dipinto?

C’è un’atmosfera reale, in quel quadrato di carta. Atmosfera immortalata con maniere inappuntabili, da eccellente artista. Eppure… quella ragazza è solo agli inizi. Uno scricciolo di pittore, una donna che sa mischiare bene i colori, ma mai in quel modo così dannatamente perfetto!

E’ una magia. La giovane ne è convita. Più i suoi occhi osservano quel quadro, e più la certezza aumenta.

Poi, la dolce Mistuki si concentra sul vero e solo soggetto di quella rappresentazione.

Kouga Saejima è la magia di tutto. E’ merito suo se quel dipinto l’appaghi in una maniera così impareggiabile e soddisfacente. A Kaoru piace ritrarre quel ragazzo proprio come a Degas piaceva ritrarre le sue amate ballerine.

Quando il soggetto t’incanta e ti appaga già da sé, creare una vera e propria opera d’arte diviene pressoché naturale.

 

Il nuovo custode della galleria fa tintinnare un mazzetto di chiavi dalla mano, per poi dirigersi al grosso portone dell’entrata principale. Kaoru è lì, che lo segue con uno sguardo trepidante. Pochi secondi, e le ante della Port City Gallery saranno finalmente aperte al pubblico.

Il rumorino della serratura che si sblocca, e il cigolio delle ante che si dischiudono, proclama ufficialmente l’inizio dell’evento.  

Si odono le prime voci, dei passi, un chiacchiericcio in lontananza che si fa sempre più forte man mano che scorre il tempo.

Kaoru si sposta in direzione di una colonna, come per farsi da parte e restare lì ad osservare il pubblico. Prima due, poi tre, e poi cinque… La gente riempie in un batter d’occhio l’atrio. Una folla curiosa, che si affretta a costeggiare le pareti e a contemplare i dipinti ad essa appesi.

Come una bambolina semi immobile, la pittrice non ha l’ardire di muoversi, di farsi avanti. I suoi occhi continuano a scrutare il flusso di gente accorsa alla sua mostra, con nervosismo.

Ad un tratto, qualcuno pronuncia il suo nome a gran voce.

 

- Kaoru! Kaoru!- Un’altra brunetta, dal ciuffo leggermente rossiccio, e con un vispo faccino, sta sventolando frettolosamente una mano con l’intento di farsi notare da lei.

 

- Asami! – esclama la giovane Mistuki, provando finalmente un po’ di sollievo nel vedere il volto di una persona cara.

 

Le due si vanno reciprocamente incontro, raggiungendosi in un battito d’ali.

Un caloroso abbraccio, in questi momenti, è d’obbligo.

Scivola via qualche lacrima da una delle palpebre di Kaoru. C’è commozione, sopra quel dolce volto.

L’amica la stringe forte, accogliendola tra le sue braccia per darle maggior sicurezza.

 

- Ci sei riuscita! Sei riuscita a far parlare di te e a mostrare a tutti le tue magnifiche opere! – esclama con una raggiante espressione, prendendole poi il viso tra le mani.

 

- Quanta fatica però…! – ammette la mora, asciugandosi una lacrima con l’indice.

 

- Signorina Mistuki! Bisogna lottare e stringere forte forte i denti, per realizzare i propri sogni!- dichiara Asami, simulando un tono da maestrina, che poi successivamente accompagna con un lieto risolino. – E dimmi… lui dov’è? – chiede all’istante, guardandosi attorno con trepidazione, e nella speranza di scorgere qualcuno.

 

- Lui…? – ribatte prontamente Kaoru, aggrottando la fronte con modi confusi. – Lui chi?

 

- Lo sai bene, no? Avanti, dimmi dov’è! E’ forse quel bel ragazzo laggiù, con il maglioncino rosso fuoco? – Asami punta un dito verso il fondo della galleria, facendo in modo che Kaoru lo segua con lo sguardo. La perplessità dell’artista fa sì che l’altra giovine lo comprenda senza troppi preamboli, per poi ritornare alla carica – Quello che ti ha ospitato a casa sua, quello che ti ha regalato un anello, quello che ti ha…

 

- Ah! Kouga! – dice Kaoru, con enfasi, mentre rapida, facendo mezzo giro su stessa, si guarda intorno – Non vedo né lui e né Gonza. Probabilmente arriveranno durante la serata.

 

- Ma come sarebbe a dire “durante la serata”?! E’ la mostra della sua ragazza, e lui si perde l’inizio?- Asami scuote forte la testa, con assoluta fermezza - Inammissibile! Assurdo! Non appena arriva, schiaffeggialo all’istante!

 

- Abbassa la voce, Asami! – pigola lei, guardandosi attorno lievemente imbarazzata. – E poi ti ho già detto che tra me e lui non c’è assolutamente nulla…!

 

La reazione dell’amica viene fuori scattante: - Ma come? Non ti sei ancora dichiarata?!

 

- No…! E allora?

 

- E allora? Kaoru… - premette la migliore amica, fissandola giudiziosamente negli occhi- Se quello che mi hai raccontato di quel ragazzo è vero, allora è l’uomo giusto per te! E poi… tu ne sei follemente innamorata!

 

- Cosa?! – La figlia di Yuuji Mitsuki non può permettersi di non replicare. Con un paio di gote completamente arrossite, scuote più e più volte il capo, affannandosi alla svelta a dare una risposta – Non è vero! E tu lo sai benissimo…! – dichiara puntandole contro l’indice- E comunque… se anche fosse… quel ragazzo è inavvicinabile…! – ammette infine, sconsolata.  

 

- Ho capito! – enuncia Asami, d’un tratto, battendosi un pugno sul palmo dell’altra mano- A te serve una strategia risolutiva, un momento adatto per approcciarlo come si deve! Oltretutto con quest’abito non ti potrà dire di no! – Lo sguardo caparbio della Shinohara, è in perenne ascesa.

 

- Non mi serve nessuna strategia! Te lo ripeto… Kouga non…

 

- Signorina Kaoru! – chiama qualcuno a gran voce.

Si tratta di Gonza che, in prossimità dell’entrata, si adopera a sventolare una mano e a sfoggiare un festoso sorriso. Il gentile maggiordomo guadagna alla svelta terreno per poi approssimarsi alle due giovani donne.

 

- Gonza! – lo chiama la mora, accogliendolo subito con un tenero abbraccio.

 

Asami osserva con dubbio la scena, satura di cattivi pensieri e con una faccia disgustata.

- Non sarà mica lui?- domanda alla svelta, fortemente inquieta, facendo scongiuri dentro se stessa.

 

La risposta dell’altra anche questa volta arriva celere: - Oh, no di certo! Gonza è il maggiordomo di Kouga! Una bravissima persona! – precisa, divenendo poi un tantino rossa. Successivamente, la ragazza lancia un’occhiata alle spalle del fedele uomo, aspettandosi speranzosa di vedere l’appena menzionato ragazzo.

 

Nella galleria continua incessante il flusso di visitatori. Gente comune, d’ogni età, che va e viene, osserva le tele, commenta, s’interessa.

Un flusso, per l’appunto, di visitatori. Di stranieri.

All’infuori di Gonza e di Asami, Kaoru non riconosce nessun altro.

Kouga non c’è. Non è nella Port City Gallery.

L’onesto maggiordomo dei Saejima nota il faccino spento e forse deluso dell’artista.

Amareggiato anch’egli, senza perdersi d’animo si appresta a rassicurarla alla svelta con le dovute spiegazioni: - Il signorino Kouga arriverà a momenti! Ha avuto un contrattempo… - spiega alla giovane che, come da copione, e spinta dall’ansia, si vede costretta a ribattere.

 

- Che genere di contrattempo?

 

Gonza è incerto, prende tempo prima di dare la risposta. E prima ancora di replicare, osserva di sottecchi Asami che, ad udito teso, segue il discorso con evidente interesse. L’uomo dai tondi occhiali si decide a parlare, pur con parole sibilline e sottintese: - Quel genere di contrattempo. – sottolinea, con un cenno di riso forzato, nella speranza che l’artista afferri il significato di quel responso.

 

Recettiva come non mai, Kaoru non tradisce le aspettative di Gonza, ed afferra al volo.

 

- Capisco! Tutto chiaro! – assente più volte, anch’ella con forzato sorriso, ed un pizzico di rabbia verso quel fastidioso contrattempo che cela qualcosa di nome “Orrore”.

Un bravo Cavaliere Magico non può sottrarsi dal suo dovere primario. Un Orrore, una creatura generata dalla perfidia e dal male, ha l’assoluta precedenza sopra ogni cosa.

 

Passa alla svelta il tempo, durante la serata.

Il via vai della gente sta a poco a poco calando. Sono sempre di più le persone che escono dalla galleria, e sempre di meno, quelle che vi entrano a visitarla.

Asami e Gonza, nel frattempo, sembrano avere instaurato una bella amicizia. Entrambi, infatti, da più di un’ora ormai, se ne stanno lì, sotto una delle tele di Kaoru, a discutere animatamente.

La protagonista della serata li osserva da lontano, appoggiata e un po’ stanca, ad una delle tante colonne poste nell’atrio.

Di primo acchito, la sua sembra un’espressione sgombra di nuvole. In realtà, lo è solo per la metà.

La certezza si ha nel momento in cui la bruna solleva gli occhi sulla parete d’innanzi a lei, per osservare nervosamente l’ora. Ancora un po’, e la galleria d’arte chiuderà i battenti.

La mostra ha avuto un meritato successo.

Più di centocinquanta visitatori, in sole tre ore, sono un vanto per un’artista emergente e assai giovane come lei.

Centocinquanta visitatori, eccetto uno.

Kouga non è ancora arrivato.

Quel contrattempo, ha reso l’attesa della sua bella ancora più snervante.

Ci teneva tanto, lei, che quel ragazzo presenziasse ad un evento così importante della sua vita. Desiderava che osservasse le sue tele, che vedesse i suoi miglioramenti, e che forse, le regalasse un commento gentile.

La bruna ha il faccino stanco, pallido e appena spossato. Il tran tran dei visitatori, le strette di mano che essi hanno desiderato e chiesto espressamente di darle, ed un forte senso d’agitazione continua, le hanno risucchiato ogni sorta d’energia.

Gettando ancora uno sguardo al maggiordomo e alla sua migliore amica, Kaoru si appresta a raggiungere l’ingresso, per permettere all’aria serale di una fresca giornata d’Ottobre, di sfiorarle i lineamenti.

 

Ci sono meno di dieci gradini da discendere, per giungere in strada.

Prima una gamba e poi l’altra. Con occhi socchiusi e ben piantati a terra, all’apparenza svogliata e malinconica, Kaoru lo fa con pericolosa distrazione, trascinandosi lenta e mogia dal gradino sovrastante a quello sottostante.

La punta della scarpa tocca il ripiano liscio dello scalino, ma poi si ferma restando lì insicura.

E’ successo qualcosa, in quel preciso attimo. L’udito della ragazza si è messo inspiegabilmente in moto.

Una scia di passi, con andatura ritmata, si ode nei paraggi. Essendo un luogo isolato dal traffico e dalla confusione, quel suono si avverte chiaro, altisonante.

Kaoru solleva la testa, gli occhi, e poi su, con sorpresa ed incredulità, le sopracciglia.

Il Cavaliere dell’Est è a meno di dieci metri da lei, che avanza dritto e senza distoglierle un solo istante gli occhi. Ha l'aspetto di uno rapito da chissà quale onirica visione, Kouga.    

L’abito che indossa la ritrattista, comincia a danzare lievemente, spinto da un soffio di vento burlone.

 

- Incantevole la tua bella! E stasera, bella più che mai! Attento a non emozionarti troppo, ragazzo! – Non è solo il vento, a fare le burle. Zarba ci mette gaio lo zampino, apponendo come sempre la firma a quella canzonatura. Canzonatura talmente audace, da porre l’appartenente proprietario in netta difficoltà. Il figlio di Taiga porta celere gli occhi a terra, senza trovare il gusto di controbattere.

In verità se anche volesse, non saprebbe che dire.

 

La ragazza resta immobile, aspettando che sia l’altro a venirle incontro.

Nel momento in cui Kouga arriva ai piedi della breve gradinata, e si ferma lì sotto, cala un leggero velo di silenzio. Continua burlone, il vento, a far danzare l’abito bianco e sottile della ventitreenne. La stessa sorte è riservata anche ai capelli. L’artista cerca di tenersi indietro una ciocca sbarazzina, con appena due dita.

Una scena dolce, ma tanto imbarazzante per un dispotico Cavaliere del Makai così saturo d’emozioni.

Il vento è presente tra i due ma, non appena lo spiffero cessa, il silenzio viene rotto dalle parole non tanto dolci della ragazza.

Kaoru incrocia le braccia al petto, ed osserva l’altro con un’espressione crucciata: - Sei in ritardo! – gli dice all’istante, e mettendo il broncio, facendogli credere di non sapere nulla del famoso contrattempo.

 

- C’è stato un contrattempo…- replica Kouga, giustificandosi con scarso impegno.

 

Il broncio dalle labbra della ragazza, poi si fa meno gravoso.

- Lo so. Gonza mi ha detto tutto. – dichiara con dolcezza, e finalmente con un sorriso.

Kouga si scuote, incredibilmente teso sposta via lo sguardo da lei e comincia a salire i gradini con passo calmo - Sono ancora in tempo per vedere i tuoi quadri? – chiede, stavolta con un tono più motivato di prima.

Non c’è risposta dall’altro lato. La giovane scende di un gradino, alla svelta, afferra quel taciturno signorino ad un braccio, e poi lo trascina su, verso l’interno della galleria.

 

Il rumore dei loro passi fa sì che Asami e il maggiordomo, si voltino di scatto verso l’entrata d’accesso.

 

- E’ lui, il famoso Kouga? – pigola Asami a voce bassa, per avere maggiore conferma, verso Gonza che, facendo un sì con la testa va poi incontro ai due.   

La migliore amica della pittrice segue a ruota il maggiordomo, per poi agguantare lei e trascinarla in disparte in un baleno.

 

- Tu sei completamente matta! – afferma rapida, decisa, seppur a bassa voce.

 

- Eeh?! – Kaoru non afferra le parole, e storce la fronte.

 

- Non puoi lasciarti sfuggire uno come quello lì! – Asami alza rischiosamente il tono della voce mentre con furia, lasciandosi trasportare dall’istinto, indica Kouga con un dito.

 

- Abbassa quel dito! – l’ammonisce repentinamente la ritrattista, tirando giù lei stessa il braccio dell’altra. Poco a poco, con una punta d’imbarazzo, la ragazza volge il capo in direzione del giovane paladino, sforzandosi a stento di emettere un sorriso.

Il suo gesto equivale quasi a volergli dire “E’ tutto ok! Non farci caso!”.

E Kouga, per l’appunto, non sembra dar peso alla faccenda.

Ciò che attira maggiormente la sua attenzione, non è tanto il chiacchiericcio dell’amica di Kaoru, ma i suoi quadri.

Delle tele, disposte una di fianco all’altra, sulle pareti bianche della Port City Gallery che, il novello Saejima si accinge a visitare.

Un rapido sguardo intorno, e successivamente via, passo dopo passo si accosta ad una delle facciate, con quel suo modo inconfondibile di camminare, con quell’andatura calma e sicura di sé, resa ancora più elegante dal volteggio del soprabito bianco.

Prima un dipinto, poi quello affianco, e poi l’altro ancora.

 

All’incirca ci saranno una trentina di opere, appese lì, sopra le pareti dello stabile.

Kouga le scruta minuziosamente una ad una fino a ché non raggiunge quella che lo ritrae personalmente.

 

- Come modello, non sei niente male! – commenta Zarba, concedendosi il lusso di fare tale apprezzamento.

 

- Un Madougu non dovrebbe deridere il proprio padrone. – replica secco il giovane, senza distogliere gli occhi dal quadro.

 

Nel frattempo, Asami lo scruta di sottecchi, intenzionalmente, con un faccino che a pelle trasuda chissà quale piano artificioso.

- Allora io vado! Si è fatto tardi, e domattina mi tocca lavorare abbastanza presto… - spiega, commentando a voce alta, con l’intenzione di far recapitare le sue parole anche Kouga – La galleria è praticamente vuota… e al maggiordomo ci penso io! Approfittane e telefonami domani per farmi sapere! – le bisbiglia all’orecchio, in un batter d’occhio, prima di strizzarle l’occhio e prendere il volo trascinando sotto braccio anche l’ignaro servitore dei Saejima.

 

- Che cosa succede?! – ribatte Gonza, tutto agitato, con la pronuncia tartagliante.

 

- Mi chiedevo se lei gentilmente potesse darmi una controllatina alle ruote della macchina… Sa, quando sono arrivata mi è parso di aver schiacciato qualcosa… Non vorrei che si fosse involontariamente forata una gomma…! Mi spiace scomodarla, però mi sembra una persona così colta, sulla quale fare affidamento!

 

- Infatti è proprio così! – controbatte all’istante Gonza, gasandosi più che mai – Stia tranquilla e lasci fare a me! Sarà un piacere darle una mano!

 

- Magnifico! La ringrazio infinitamente! – pronuncia la donna, sfoggiando uno sfolgorante sorriso di trionfo.

Poco prima di lasciare la galleria, con un Gonza a braccetto e ormai completamente esaltato, Asami si volta in direzione di Kaoru per farle un imbocca al lupo col pugno chiuso ed il pollice della mano rivolto all’insù.

 

- Asami…! Hey! – urla l’esordiente pittrice, nella vana speranza d’impedire all’amica di andar via.

Tutto inutile per lei.

 

Nella Port City Gallery non è rimasto più nessuno.

Con l’uscita di Asami e di Gonza, Kaoru e Kouga sono gli unici a presenziare nell’ampio atrio.

La ragazza si strofina le braccia, guardandosi attorno con fare spaesato.

Il Cavaliere Mistico è qualche metro più in là, accanto al ritratto che lo raffigura. La ventitreenne Mitsuki muove il primo passo in avanti, intenta ad andargli incontro, e, successivamente, ad affiancarsi.

 

- Come lo trovi? – domanda, sforzandosi di mantenere una voce stabile anziché tesa – Intendo il quadro… Ti piace?

 

Kouga, dapprima silenzioso, tacito come la gran parte delle volte in cui si trova a colloquiare con lei, si convince ad aprir bocca dopo però una buona dose di secondi, e ad esprimere un giudizio.

- Il tuo gioco di luci è interessante. – espone conciso, da brava persona di poche parole.

 

- Proprio come il tuo gioco di spade. – La risposta di Kaoru avviene spontanea, naturale. Quelle parole giungono al momento giusto, con la stessa intensità di un fascio di luce abbagliante e carico di speranza.  

 

 

Un tempo c’era una persona che adorava quel gioco di spade. 

 

Il tempo in cui Kaoru Mistuki divideva lo stesso tetto con lui.

Il tempo in cui lui lottava per salvarle la vita, e si allenava nel giardino verdeggiante con quell’elegante spada dal manico rosso. 

 

Un tempo c’era una persona che adorava quel gioco di spade.

 

Quel tempo, potrebbe esserci ancora.

 

 

Il figlio di Taiga Saejima si ferma un istante ad osservare quella donna dall’abito bianco e il faccino spossato.

Una mano poi si solleva apposta per sfiorarle il mento con due dita.

- Sei stanca? – le chiede, fissandola accuratamente negli occhi.

 

- Non ho una bella energia, eh? – risponde l’altra, rammentandosi di quella sera in cui Kouga le disse esplicitamente di avere per l’appunto una “bella energia”.

 

“Bella energia? Cosa vuol dire?” si domandò lei quella fatidica sera.

“Centra con l’aspetto, o con la vitalità di una persona?”

 

Durante tutto il tempo trascorso in Italia, Kaoru ha avuto modo di pensare.

Ha richiamato alla mente ogni singolo attimo di quella folle avventura che le aveva in un certo senso alterato abitudini e vita, ma che, come in ogni folle avventura che si rispetti, le aveva donato attimi magici ed indimenticabili.

Avere una bella energia, per Kaoru Mistuki, significa essere dotata di una luce interiore incredibilmente forte, un dono capace perfino di attirare ed avvolgere la persona che ti sta accanto.

Energia capace di essere letta chiaramente, soltanto da un Cavaliere Mistico. Meglio se dell’Est, e con la corazza dorata.

 

Quelle parole trovano Kouga impreparato.

Come potersi dimenticare della bella energia?Lui più di chiunque altro Cavaliere Magico, è in grado di avvertirla scrutando lei semplicemente negli occhi.

Appena appena, sospirato gli affiora una virgola di letizia sopra le labbra.

Kaoru ricambia spontanea, gioendo nel vederlo sorridere.

Scende giù a picco il silenzio. L’intera Port City Gallery, sprofonda nella quiete.

 E quei due, lì, immobili, si osservano, si fissano perentoriamente, lasciando che i loro occhi si sussurrino qualcosa.

La ragazza sta per aprir bocca. Non ha la benché minima idea di come e in che modo preparare il discorso, eppure i polmoni si riempiono lo stesso di fiato. Esce la prima sillaba, seguita da un colpetto di tosse dato per schiarire maggiormente le corde vocali tenute in tensione da un forte tipo d’impaccio. L’intenzione è quella di pronunciare il nome del ragazzo, come apripista, ma qualcun altro, senza preavviso, lo fa al posto suo.

I due si destano, si girano entrambi verso l’entrata, e la fronte di Kouga s’increspa dallo stupore.  

 

- Carino da parte vostra aspettare il mio arrivo! - Rei Suzumura è qui. Sciolto e disinvolto, avanza verso i due a passo svelto, ostentando una faccia abbellita da un gran sorriso e trentadue denti perfetti.

Con il soprabito nero e fluttuante, si avvia diretto verso la meta e, una volta raggiunta, le gambe si frenano, la schiena si curva, e parte un inchino. - Perdonate il ritardo, principessa! – esclama con tono solenne, calmo e ben impostato proprio come la battuta di un qualsiasi copione.

 

Kaoru lo osserva incerta, colta da un tulle di soggezione che le fa colorare le gote di un rosa acceso e non più pallido.

 

- Non fa nulla! – replica a balbettii, ponendo le mani avanti per sottolineare di più quelle parole.

Il Cavaliere dell’Est è lì in mezzo, azzittito, ma con l’espressione perplessa, intenta a capire.

La Zanna d’Argento è giunta dal distretto Orientale, per assistere alla mostra di Kaoru?

Ma come poteva, Rei Suzumura, esserne al corrente?

 

- Sorpreso di vedermi, eh? – Rei carpisce al volo e senza tante cerimonie la confusione del collega.

 

- L’ho invitato io! – afferma subito l’unica donna del trio, immettendosi così tra i due - Mi piaceva l’idea della “rimpatriata” tra vecchi amici…!  

 

- Se un Orrore si manifesta nel tuo distretto, come farai ad arrivare in tempo per dargli la caccia? – rinvia Kouga, da impeccabile e valoroso combattente, mettendosi in apprensione per l’area posta a guardia del Cavaliere d’Argento.

Quest’ultimo si guarda intorno, per osservare le fila di tele agganciate sui muri ed esibire nel tempo stesso un’aria alquanto disinvolta.

 

- Ho lavorato molto da stamattina, sai? Ho fatto fuori l’ultimo Orrore ben trenta minuti fa. Questo si chiama “fare dello straordinario”… E poi, non c’erano più Lettere di Missione da soddisfare. E’ sufficiente, no?

 

- Non prendere alla leggera il compito di Cavaliere Magico. – gli decreta Kouga, facendo una voce leggermente rigida per ricordare al collega sbarazzino l’importanza del proprio dovere.

 

- Bei quadri, complimenti! – commenta lo stesso sbarazzino, noncurante dell’ammonizione, continuando di proposito a guardarsi attorno. – Però… l’opera più bella in questa sala, resti sempre tu! – manifesta alla fine, squadrando accuratamente e con eccessiva sfacciataggine Kaoru.

La giovane si ritrae, cerca di celare lo sguardo puntandolo a terra, e di sorridere a stento con una smorfia forzata della bocca.

Se non fosse stato per l’arrivo di Rei, forse a quest’ora quella stessa bocca chissà quali parole e frasi non dette, avrebbe enunciato, sorriso apertamente e, forse, anche Kouga, il taciturno guardiano dell’Est, si sarebbe finalmente sciolto. Lo stesso Kouga che, infastidito dal comportamento vivace e inopportuno dell’amico, s’incammina senza commenti lontano da lì e verso l’ingresso, per lasciarsi con maniere sgarbate i due alle spalle.

 

- Hey…! – lo chiama Kaoru a gran voce, interdetta dall’improvvisa reazione del ragazzo.

 

- Io torno a casa. Ti lascio qui Gonza che ti aiuterà a caricare i quadri in macchina. – gli dichiara lui, senza avere la gentilezza di voltarsi e guardarla.

 

- Lasci la donzella tutta a me? Hai deciso di farmi proprio felice stasera, eh? – s’intromette repentino Rei, continuando ad esprimersi con pericolosa sfrontatezza.

 

- Rei! – lo ammonisce Silva, senza perder tempo, appesa al collo del ragazzo – Sii più educato!

 

 

Cominciano pian pianino a calare i fari della galleria, a farsi più deboli, ed alcuni là infondo a spegnersi del tutto.

Si è spento in quel preciso attimo, anche il faccino gioioso dell’artista dai capelli scuri e la pelle bianca.

Con l’uscita di Kouga, è come se fosse volata via anche una piccola speranza che la giovane Mitsuki, con amorevoli cure, stava coltivando dentro di se.

Sperava che a quel tacito guerriero dal viso sempre imbronciato, gli importasse ancora di lei.

Piuttosto che vederlo andar via, così gelidamente e senza neppure guardarla in viso, lui avrebbe dovuto a tutti i costi reagire, controbattere alle provocazioni di Rei e cercare di restarle al fianco, tenerla vicino a sé sotto le sue maestose ali. Proprio come accade nei maggiori film d’amore.

Quanta nostalgia ha Kaoru, nel ricordare gli avvenimenti passati… Quanta tristezza, affiora sopra quel viso dai lineamenti freschi e ancora da bambina che possiede.

Si cominciano ad inumidire gli occhi, così tanto da mostrarle i contorni di quel luogo sbiaditi e tremolanti.

Rei la scruta silenzioso. Si porta le mani sui fianchi, e scuote il capo.

- Non serve che tu pianga, dà retta a me. Quello ti vuole bene. – pronuncia con tono chiaro e sincero. Improvviso talmente tanto da colpire la ragazza, da farla impressionare. Così semplici, le parole del moro arrivano dritte ad irradiare di flebile luce quell’animo triste e malinconico.

Kaoru vorrebbe gioire, tuttavia lo scetticismo la fa ancora da padrone dentro di lei.       

- Il suo volto, però, è così freddo… così…

 

Rei alza lo sguardo in aria, fin sopra la tela che ritrae Kouga e, proprio nel momento in cui Kaoru sta per finire la frase, un’improvvisa risposta la blocca.

- Si può disegnare il corpo di una tigre, ma non le sue ossa così come si può conoscere il volto di un uomo, ma non il suo cuore.

 

“ Così indifferente”, avrebbe detto Kaoru, per finire la frase, se la Zanna d’Argento dell’Ovest non l’avesse interrotta.

 

 

 

Quanta verità c’è, nelle parole del Cavaliere Mistico dell’Ovest?

Probabilmente tanta. Un’analogia fine ed obbiettiva che, riassume quella condizione globale con estrema semplicità.

La figlia di Yuuji Mistuki riflette a lungo sul significato di quel profondo concetto, restandosene distesa sul letto a pancia in su e con lo sguardo immobile rivolto al soffitto.

Possibile che Kouga sia così inavvicinabile?

Eppure, l’attimo in cui loro due si sono rivisti per la prima volta dopo un anno di lontananza, l’attimo in cui Kouga ha scartocciato e messo tra il palmo della mano la ranocchia di legno, ed infine l’attimo in cui, entrambi, soli nella Port City Gallery, si sono scambiati un sorriso, non fa che dare vita a dubbi e a caotica confusione.

E’ come se quel tanto tacito quanto difficile giovine, abbia paura a lasciarsi e a lasciar andare via diritti e doveri che il suo rango da Cavaliere del Makai gli impone.

Senza dubbio, dal modo di agire e pensare, Rei Suzumura appare molto più sciolto di lui.  

Tuttavia, se si conosce il volto di un uomo, come si fa a conoscerne anche il suo cuore?

 

 

 

- Tu lo sai come si fa? A me non viene in mente un bel nulla! Ho passato un’intera nottata in bianco a pensarci…!

 

- E l’hai fatta passare anche a me, telefonandomi alle due e mezza…

 

- Cosa?! Ma non erano le cinque?

 

- L’aver dormito poco non ti ha giovato per niente, eh Kaoru?

 

In una delle corsie di un supermarket della città, Kaoru ed Asami conversano e, nello stesso tempo, quest’ultima aiuta l’amica a fare una spesa azzeccata, mentre stanca ed insonnolita si lascia scappare di tanto in tanto un vigoroso sbadiglio.

 

- Ma come fai a non avere sonno? – chiede la Shinohara, mentre spalanca la bocca per l’ennesima volta, in preda ad un grosso sbadiglio.

 

- Non lo so ma… Sta di fatto che in questo momento non ci penso neppure lontanamente un istante, a farmelo venire…!- replica l’altra, con un’espressione seria e pensierosa, intanto che si accingere a spingere in avanti il carrello della spesa con ambedue le mani ben piantate sul manico. – Ad ogni modo… mi dispiace tanto di averti svegliata… E’ ingiusto coinvolgerti in una faccenda che riguarda solo ed esclusivamente me stessa. - pigola mogia e con forti sensi di colpa, mentre si gira e solleva timidamente lo sguardo verso l’amica.   

 

Asami scuote con energia il capo, e le pone presto una mano una spalla: - Non dirlo neanche per idea, Mistuki! Io sono la tua migliore amica, e non una semplice estranea! Siamo cresciute insieme, abbiamo riso e pianto insieme, ci siamo dette e confidate ogni segreto, ogni piccola sfumatura che si è impressa nelle nostre vite… Noi siamo amiche! Amiche vere, Kaoru! – afferma infine, stringendo di più la spalla della ragazza e facendole un amabile sorriso.

 

Il faccino della pittrice si rianima. Finalmente c’è qualcuno che le sta accanto e che la fa sentire amata. La sua migliore amica, per l’appunto.

- Non so cosa dire, Asami! – si affanna subito a replicare, con la voglia di esprimerle una valanga di gratitudine ed altrettanti premurosi vocaboli. L’altra le intima, mettendole una mano d’innanzi alla bocca, di non aprirla: - Alt! Non dire nulla! Piuttosto… - premette tutta sogghignante, ponendole una mano anche sull’altra spalla e facendo presa – Detesto dovertelo ribadire ancora una volta ma… a te serve una strategia! 

 

La fronte e le labbra di Kaoru si corrucciano, si stringe nelle spalle, appena guardinga: - Strategia dici? E cosa mi proporresti?

 

Asami sulla risposta non ha dubbi. Afferra alla svelta un pacco di pasta dallo scaffale, ed esclama a gran voce: - Prendilo per la gola!

 

C’è più scetticismo, ora, nell’espressione della bella Mitsuki:

- E se non funziona? Lo sai bene che in cucina non sono granché…- sbotta crucciata, avvilendosi più che mai.

 

L’amica si ferma giusto due secondi a riflettere. In quella testolina ingegnosa e piena di idee, s’inizia a muovere qualcosa. Un qualcosa che, in un batter di ciglia prende vita. Adesso è pressoché facile, per un tipino sveglio come lei, dare risposta: - Vorrà dire che passerai al… piano B!

 

 

    

Dopo due ore di estenuante lotta tra i fornelli della cucina di casa Saejima, la cena alla fine giunge in tavola sana e salva.

Gonza, per l’occasione, e pregato insistentemente da Kaoru e da uno dei suoi accattivanti sorrisi, di  sedersi anch’egli a tavola e gustare le portate.

In realtà, anziché gioire, il maggiordomo sembra inquieto. La sua faccia è tesa, così come i suoi continui ghigni che di tanto in tanto gli tocca ricambiare con quelli dell’ospite.

Kouga, al contrario, è quieto. Se ne sta con entrambi i gomiti poggiati sul piano, e le mani intrecciate. Il suo viso, come la maggior parte delle volte, non lascia trasudare taluna forma d’angoscia. A dire il vero, il Cavaliere del Makai è pensieroso. Gli occhi posati apparentemente sul tavolo, ma a fissare il vuoto, lo palesano.

Non sarà forse tristezza, quella che si cela aldilà della sua fredda maschera da uomo impassibile?

Domattina Kaoru andrà via.

Si alzerà, preparerà con calma i bagagli, radunando una ad una le sue cose, e verrà accompagnata da Gonza in aeroporto.

Tornerà in Italia, la sua nuova patria, per un tempo indeterminabile.

Probabilmente passeranno due, tre o più anni, prima che lei ritorni in Giappone e… in tutto quel tempo, è facile che le cose cambino. La ragazza si dimenticherà della sua avventura passata, di quel Cavaliere Magico che l’ha sempre protetta a spada tratta, e del suo fido maggiordomo, oppure no?

Il futuro, si sa, è sempre una grande incognita. Un grosso punto interrogativo che, divide due storie, due ragazzi, ancora una volta, e che lascia in trepidante attesa le speranze di uno di loro.

 

Gonza si prepara ad assaggiare la prima portata, portandosi lentamente il cibo alla bocca con mano tremante.

Prima di completare l’azione, gli occhi cercano e trovano quelli del suo padroncino che, incitandolo ad assaggiare con la sola forza dello sguardo, non batte ciglio.

Arriva il primo boccone. Pauroso ed incerto, esitante al punto giusto.

Kaoru, seduta proprio di fronte a lui, attende speranzosa il responso.

 

Di primo acchito, l’espressione dell’uomo non pare trasmettere nulla di buona. In verità, si tratta solo di un gesto meccanico ed ingannevole.

Gonza mastica lento, quasi… di gusto.

E poi, finalmente arriva il tanto atteso verdetto: - Signorina… lei è notevolmente migliorata! – esclama pienamente soddisfatto, avendo anche il piacere di sorridere.

 

La ragazza inarca le sopracciglia, gli occhi si stupiscono a tal punto da allargarsi ulteriormente:

- Dice sul serio…?- pronuncia a stento, con la voce incredula e piena di sgomento.

 

- Si direbbe proprio che la cucina italiana faccia per lei! – commenta il maggiordomo, continuando a mangiare con piacere quel primo piatto.

Un primo piatto semplice semplice, ma dal buon sapore. Spaghetti al pomodoro, senza l’aggiunta però di basilico. In Giappone non è così facile trovarne come in Italia.

 

Ora, i riflettori s’indirizzano su Kouga. Spetta a lui, in quel preciso attimo, dare l’assaggio.

Tenendo la forchetta con la mano, raccoglie un paio di fili al pomodoro e li avvolge ad essa, lentamente.  

L’infila in bocca, senza remore, indugi. Se Gonza non è dovuto correre al bagno, allora non c’è pericolo.

L’artista lo vede di sottecchi e con trepidazione, masticare lento, a mo’ del maggiordomo, e in seguito deglutire.

E’ Kouga, la vera prova del nove di Kaoru.

Se ha cucinato, lei lo ha fatto soprattutto per quel “ragazzaccio” sgarbato.

Le sue manine sudaticce, si strofinano nervose sui pantaloni, aspettando speranzosa un commento.

E, dopo dieci interminabili secondi, quel commento arriva.

- Passabile. – Tutto ciò che Kouga riesce ad esprimerle, è un misero “passabile”.

 

In fin dei conti, poteva una persona scontrosa ed introversa come lui, divulgarsi oltre?

Troppe aspettative appassite, ci sono all’interno del suo fragile animo da giovane donna.

La ventitreenne abbassa il capo, con evidente delusione, reprimendo il disagio in due pugni serrati sulle gambe.

Cos’altro aggiungere?

“Evidentemente, per Kouga non è serata di complimenti”, pensa, iniziando alla fine a mandar giù il primo boccone.

 

Da un lato c’è l’incontenibile viso soddisfatto di Gonza, e dall’altro quello indifferente del suo signorino.

“Prendilo per la gola!” le aveva suggerito Asami la sera prima, nel supermarket della città.

Kaoru ha cucinato bene, si è impegnata tanto, ma tutto ciò sembra averlo apprezzato solamente il buon maggiordomo dei Saejima.

Sembra esserci un fossato invalicabile, tra lei e quel ragazzo. Adesso più che mai, la bella pittrice pare rendersene conto.

Il piano A, non ha dato i suoi frutti. Invariata è la situazione, e sempre più poche sono le ore che la legano ancora lì.

 

L’orologio a pendolo appeso nella biblioteca, rintocca.

Sono le 22.  Appena 12 ore, restano alla dolce moretta dalla bianca carnagione, prima di partire e far ritorno in Italia.

Kaoru sa bene che, una volta giunta in quel luogo, in quella terra ospitabile ma lontana, sarà costretta a dimenticare una persona che le ha sì salvato la vita, ma che non ha mosso un dito per salvare il loro legame.

E’ possibile che Kouga si sia battuto così strenuamente per lei, e che ora lasci andare via ogni cosa?

Ed è possibile che, quel desiderio di proteggerla a tutti i costi, si sia spento subito dopo la fine delle loro avventure?

 

Kouga Saejima è lì, seduto sul divano di pelle, in una delle tante stanze a piano terra dell’enorme villa. 

Con il capo rivolto verso destra, è intento a fissare i vetri del finestrone che dà sulla facciata anteriore del palazzo, esibendo la stessa aria persa nel vuoto di pochi attimi prima.

Deve trattarsi proprio di una cattiva serata, per lui.

Il piccolo Kouga ora è cresciuto. E’ diventato un uomo. E gli uomini, a volte, sentono il bisogno di soffrire non per mano del fato, ma per la loro stessa.

La morte della madre, Rin Saejima, e quella del grande Taiga, gli hanno lasciato dolci ricordi ma tanto amaro in bocca.    

Perdere qualcuno, in un’età talmente tenera, può avere ripercussioni sulla vita futura che quell’essere, una volta cresciuto, si ritroverà a dover vivere.

 

Essere degno del titolo di Garo.

Proteggere gli umani.

Adempiere al dovere.

Il codice di un Cavaliere Mistico impone tali vincoli. Onorandoli, si fa sì che gli altri, nemici compresi, onorino te.

Per tanti lunghi anni, l’erede di Taiga ha adempito al proprio dovere, onorando in questo modo anche la memoria dell’indimenticabile padre.

Però, l’animo di un grande uomo, non si nutre solo di gloria.

 

Kaoru è seduta dal lato opposto, su una poltrona accanto al caminetto accesso. La flebile fiamma arde danzando, legata indissolubilmente alla legna che la sta alimentando.

I suoi occhi, scuri, si sono fissati a guardarla. Quel movimento ipnotizza, fa calare le palpebre, addormenta. Un po’ per volta, la giovane donna si accascia, si sente scivolare la pesante testa verso sinistra, lungo parte dello schienale della poltrona. Proprio nell’attimo in cui le palpebre si chiudono definitivamente, l’istinto prevarica e le spalanca di colpo.

Non può concedersi il lusso di addormentarsi. Non prima di aver giocato l’ultima delle sue carte.

A questo punto, non le resta che il piano B, da mettere in atto.

 

Impiega qualche minuto, Kaoru, prima di aprir bocca. Come prima cosa, le nasce spontaneo osservare timidamente Kouga, sollevando brevemente il capo all’insù, e dopo lo sguardo.

E’ un respiro muto, quello di lei, fatto con lentezza, che poi si tramuta in parola.

- Domani mattina ho l’aereo alle 10. – gli dice, stropicciandosi un lembo della maglietta tra l’indice e il medio di entrambe le mani.

 

- Ho già detto a Gonza di accompagnarti. – le replica lui, distogliendo alla fine l’attenzione dalla finestra, e degnandola di un misero sguardo.

 

- Sai… ho conosciuto una persona, in Italia. Un ragazzo che frequenta il mio stesso corso di pittura. Davvero una brava persona! – Kaoru conclude la frase apponendovi un’intonazione diversa, più gaia, quasi a voler sottolineare quel “brava persona”, e a ritenersi soddisfatta da ciò. Fermandosi appena con l’intento di aspettare una qualche reazione da parte di Kouga, l’artista l’osserva in silenzio, senza riuscire ad avere un commento. Ottimista, come sempre, continua imperterrita e speranzosa, avviandosi verso la fine del piano suggeritole da Asami – Mi ha accompagnato all’aeroporto e, poco prima di partire, mi ha confidato… di piacergli. – confessa in ultimo, dopo un primo attimo d’esitazione. Kouga le manda un’occhiata, d’istinto ma senza controbattere. I due si osservano a vicenda, e poi, sempre Kaoru, si adopera a prendere la parola - Non appena torno in Italia, come dovrò comportarmi? Mi toccherà dargli una risposta e…

 

- La faccenda riguarda soltanto te. Sei tu a decidere, e non io. – Questa è la replica del “signorino” Saejima che, con ostentata baldanza, senza dare talun segno di sofferenza, muove nuovamente quei freddi occhi altrove.

 

E’ come un pavimento di porcellana finissima, che cede e la fa precipitare di colpo.

Una sensazione forte, dolorosa. Un senso di vuoto e d’abbandono che, opprime e fa male dentro.

I battiti del cuore aumentano, ma non per l’emozione.

Tutto ciò che sente Kaoru, è rabbia. Tanta rabbia.

Dunque… a Kouga non importa più di lei? E’ questa la verità? Il verdetto che tanto l’ha logorata durante l’estenuante attesa, è giunto violento, come una valanga di terra che ha soppresso il sole.

La bella energia che, adesso non c’è più.

 

- Sono io a decidere. Hai ragione. – controbatte lei, senza indugiare, con una voce amara e due occhi caparbi ma sull’orlo di rendersi pieni di lacrime – Ho sbagliato a venire qui! Ho commesso un gravissimo errore a non dimenticarti! Ma ora… - Kaoru deglutisce, si alza con furia dalla poltrona, in un solo scatto, e rende fissa in quegli occhi brillanti, l’immagine di quel lui che tanto l’ha fatta soffrire e sospirare – Ora sono decisa a farlo! – afferma d’un botto, sollevando forte il tono di una voce ricolma di rabbia, e correndo via, lontano da quella stanza, lontano da quel sontuoso palazzo immerso nel verde, e lontano da quel cavaliere dall’abito nero e il cuore freddo.

 

Gonza il maggiordomo, intento a percorrere la hall dello stabile, la vede andar via in tutta fretta. In allarme ed agitato, grida il suo nome nell’intento di fermarla: - Signorina Kaoru! Ma dove va a quest’ora?! – Inutile a dirlo. Le parole del buon uomo non subiscono l’esito sperato. Il portone di villa Saejima si spalanca, per poi richiudersi in un sol colpo. La ragazza è ormai fuori.

Gonza si scuote e il viso si fa presto cupo, angustiato.

- Signorino…! Signorino! – ripete più volte, incamminandosi dal proprio padrone, nell’illusione che lui faccia qualcosa – La signorina Kaoru è…

 

- Lasciala andare. – sbotta secco l’altro, rapido a tal punto da non dare a Gonza il tempo di finire la frase.

 

- Ma fuori… è buio! Nella boscaglia, a quest’ora, una ragazza sola come lei, può essere la facile preda di un qualunque delinquente!

 

- E’ stata lei ad andarsene. Non l’ho certo cacciata via io. – puntualizza brusco, il paladino del Makai, poggiando un gomito sul bracciolo del divano e corrucciando lo sguardo.

 

- L’uomo che ha una forte mano, non lascia cadere ciò che tiene. – Dallo stesso gomito, salendo su fin sopra la mano, è Zarba a far sentire la propria voce. 

 

Kouga alza poco la mano sinistra, e con un’occhiata accigliata lo sprona a parlare. E’ inutile negarlo, ma lui stesso si meraviglia di provare stupore verso quella frase sibillina:

- Che cosa vuoi dire? – ribatte senza perder tempo, fissando il Madougu di metallo dritto in volto.

 

- Il giorno in cui è ritornata quella ragazza, hai lasciato che la tua spada cadesse a terra. – spiega l’oggetto, per poi ottenere subito replica.

 

- Mi è solamente scivolata. – si giustifica presto il padrone, cercando di celare degli occhi tremolanti e scoperti.

 

- Sono anni che io e te lavoriamo insieme, ma una simile cosa non ti è mai successa. Neppure davanti al più temibile degli avversari. – puntualizza- Tu l’hai lasciata cadere perché le forze ti sono mancate. L’hai fatta cadere perché lo sgomento, la sorpresa, l’immediatezza delle tue emozioni più nascoste, hanno prevalso sul tuo impenetrabile animo. Se dici di essere così forte e risoluto nel prendere decisione e nell’agire, allora perché hai permesso alle dita di quella mano di aprirsi e farsi bloccare da tali sentimenti?

 

Le parole di Zarba giungono come un violento acquazzone di primo inverno, sotto un cielo cupo, offuscato da nuvole che tengono il sole lontano e in prigione.        

Per quanti anni, Kouga ha permesso che ciò accadesse? Quanto tempo è passato dall’ultimo attimo in cui il suo sole, ha brillato per l’ultima volta, prima di essere gettato in una grigia cella?

E cosa ancora più importante, perché le parole così schiette e sincere di quel Madougu saccente, gli fanno sentire tanto dolore?

Kouga ha salvato Kaoru da morte certa, rischiando coraggiosamente la propria vita.

Ha salvato un essere umano, come impone il suo onore, da diligente Cavaliere Mistico. Ma non un umano qualsiasi.

Quella ragazza è il sole. Il suo sole. Quello messo in prigione anni addietro, e mai fatto uscire.

Il coraggio di aprire la cella, dopo oramai tanto tempo, non si racimola così facilmente.

Eppure lui è Garo, il guardiano dell’Est che ha rispedito Meshia nel suo putrido mondo! Per fare cotanto passo, ci vuole uno sconfinato coraggio.

Con la spada, ci sa fare lui!

Si è allenato duramente, fin dalla tenera età, a gestire l’Animetallo, a maneggiare il Fuoco Guida, e a fondersi alla perfezione con il lupo dorato dell’Est.

Si allena tuttora, ogni giorno, in quel giardino, a far volteggiare la spada, a farla vibrare, cantare.

Il piccolo Kouga Saejima, senza l’appoggio dei genitori, ma con un fidato e gentile maggiordomo, è diventato un uomo.

Un uomo, a cui però manca ancora una cosa.

Kouga deve imparare ad ascoltare se stesso, e il proprio cuore. Non può continuare in eterno a rifugiarsi dietro una maschera, dietro un paio di occhi accigliati, dietro un viso impassibile.

Forte con la spada. Forte con l’anima. Forte nella vita.

Ma non del tutto completo.

Si è felici solo se realizziamo la vita che veramente vogliamo. E per fare ciò, occorre impegnarsi, ed avere coraggio, per essere finalmente appagati.

 

Gonza Kurahashi si fa avanti senza mostrare nessun’esitazione, avendo compreso il problema nella maniera in cui farebbe un vero padre.

- Forse… dovreste sforzarvi di dire ciò che sforzate tanto di non dire. – esprime calmo, inducendo quel tanto amato padroncino a rivolgergli uno sguardo.

 

Quanto sono veritiere, le parole di quell’uomo! Una persona che lo ha cresciuto, che gli ha voluto bene, che lo ha amato tanto, ma… ora spetta a lui, a Kouga Saejima, liberare quel sole, e provare ad amare qualcuno.

 

La ranocchietta, l’oggetto che Kaoru gli ha regalato, è adagiata sul muretto del camino, con le gambine lunghe e verdi in giù a penzoloni nel vuoto.

Guardarla, rivolgerle l’attenzione, ammirarla anche per un breve attimo, serve a ricordare, a capire e… ad agire.

La reazione da parte di quel flemmatico signorino, arriva senza preavviso, facendo sbalordire perfino Gonza e l’anello parlante.

 

- Signorino Kouga…!? – esclama l’uomo dagli occhiali tondi, mettendosi subito in allarme. – Che cosa avete?

 

Kouga non ha esitazione. Lo fissa caparbio, con decisione, senza perdere tempo prezioso:

- Gonza…! Il soprabito!

 

Il beato viso del gentile maggiordomo, non può che colorarsi di gioia e rallegrarsi al suono di quelle parole. Finalmente, il suo affezionato padroncino è cresciuto davvero!

 

- Subito! – controbatte svelto, prima sorridendo, e poi correndo via a prendere il bianco indumento.

 

 

Davanti a Kouga c’è una lunga stradina, stretta stretta, all’apparenza interminabile. Una strada immaginaria, quella che gli dà la possibilità di gettarsi a capofitto nella sua più grande avventura, e di ritrovare la parte di sé che si era smarrita tanto tempo addietro. E’ il percorso che un giovane uomo, alla fine, è obbligato ad intraprendere per raggiungere la piena armonia.

Non si vive di solo lavoro. La vita non è soltanto obblighi e doveri. Non bisogna aver paura di provare affetto verso qualcuno ma, bisogna liberarsi da tali catene e trovare la forza di costruirsi la propria felicità.

E, finalmente, il Cavaliere d’Oro tutto ciò sembra averlo capito.

 

 

 

Corre via, come il vento, lo spadaccino del Makai, in una notte di luna che imperversa, e lo accompagna in uno dei suoi più importanti tragitti.

 

 

 

Lottare? Lottare e basta. Per il bene dell’uomo.

Inizialmente credevo che il mio scopo fosse solo quello di occuparmi dell’umanità.  

Diventare un Cavaliere Mistico operoso, diligente, vivere per farsi amare da colui a cui hai salvato la vita, e non vivere per amare colei a cui la vita l’hai salvata.

“Lascia che siano gli altri ad amare te. E non sforzarti di farlo tu” mi sono sempre detto. 

Sono cresciuto contemplando questi ossequienti ideali. Sono diventato adulto vivendo per l’unico scopo di custodire la gente, ed annullare le tenebre con la luce del mio potere.

Ma può, un portatore di luce, vivere in eterno senza di essa? 

Un tempo c’era una persona che adorava quel mio gioco di spade.

Lo ricordo benissimo. Anche se l’orgoglio e la poca dimestichezza a trattare con gente che non fosse muta come la mia spada, non mi ha permesso di liberare quei ricordi ancorati al fondo di un oceano senza fine, e mai bagnato dal sole, e a comprendere il vero senso della vita. La mia vita.

Lottare adesso non basta più. Ora, il confronto più grande riguarda solo me. Ora, è arrivato il momento in cui la mia luce preziosa, non brilli solo per l’umanità, ma anche per me stesso.

 

 

 

Nell’animo dello spadaccino del Makai, corrono via, come il vento, in una notte di luna che imperversa, una folata di pensieri.

Riflessioni che, si concentrano su un volto ed un sorriso. Quello di Kaoru.

Nello stesso momento, la ragazza è in procinto di avviarsi giù, nei pressi di una stradina flebilmente illuminata, che conduce in città.

 

- Speriamo che Asami questa volta non mi sbatta la porta in faccia…- mormora tra sé, proseguendo passo dopo passo e con le braccia incrociate per ripararsi dagli spifferi d’aria che attraversano la boscaglia.

Un rumore improvviso alle sue spalle, causato da ramoscelli e sterpaglie calpestate, pone la giovane artista sulla difensiva. Kaoru si volta di scatto e sobbalza.

Davanti a lei, un uomo sulla trentina d’anni, tutto barcollante ed ubriaco, le sta andando incontro.

 

- Che ci fai qui, Cappuccetto Rosso? – pronuncia il losco individuo, scolandosi una bottiglia di birra ormai alla frutta, e gettandola con maleducazione a terra.  

 

- Che cosa vuole da me?! – replica la giovane, indietreggiando dapprima lenta, e poi subito celere.

 

L’individuo si mette pensieroso, giusto un istante prima di dare la risposta: - Mi sono smarrito, e non ricordo più la strada di casa… Mi aiuti? – propone avanzando pericolosamente verso la preda.

 

- Mai fidarsi di uno sconosciuto incrociato nel bel mezzo di una boscaglia desolata, e soprattutto ubriaco! – esclama lei, compiendo un rapido dietrofront e scappando poi via.

 

- Hey, tu! Dove diavolo corri…!? – urla alticcio e furente, gettandosi nell’inseguimento.

 

Il fragore dei passi e degli scalpitii, echeggia tra gli alberi e sfiora i fili d’erba del selciato.     

Correndo a più non posso, senza mai fermarsi ma volgendosi un’occhiata alle spalle, Kaoru discende rapida un pendio leggermente scosceso, così scattante da arrivare a valle in un batter di ciglia.

La strada è totalmente deserta. La ragazza si guarda attorno nella vaga speranza d’incontrare qualcuno e chiedergli aiuto, ma ciò non accade.

L’ubriaco è dietro di lei, che continua a rincorrerla. C’è un albero, qualche metro più avanti. La ventitreenne lo vede all’istante, e si ci butta senza indugiare.

“Se salgo lì sopra, ubriaco com’è, magari riesco a tenerlo lontano” riflette, salendo lungo il solido fusto e dandosi aiuto con dei rami abbastanza sporgenti e sicuri.

Sta per mettersi al riparo, e ritirare su la gamba sinistra, quando all’improvviso sente una mano agguantarle con violenza la caviglia, e strattonarla via, verso il basso.

 

- Lasciami immediatamente! – grida agitata, scalciando a destra e a manca con l’arto immobilizzato.

 

- Avanti, scendi! – controbatte quel delinquente, buttando fuori baldanzoso una risata. Riso che, da un attimo all’altro, gli si smorza in gola. Qualcuno lo ha appena afferrato al collo con una presa violenta e serrata.

Il tizio tossicchia, annaspa, ed infine lascia andare la caviglia di Kaoru, perché trascinato via da quel qualcuno che continua stabile a stringerlo per la gola e, in quell’attimo preciso, anche a tirarlo per i capelli.

 

- M-mollami…! Ti prego! – strepita, implorando e balbettando, con il fiato sempre più corto.

Ben presto la presa al collo si allenta, e l’ubriaco viene scaraventato a terra da una ponderosa spinta.

 

- Va a farti passare la sbornia da qualche altra parte. – si sente presto replicare. Una voce ferma, sicura, sporcata appena da una punta di sottile ironia. Kaoru si sistema alla meglio sul tronco dell’albero, abbracciando il fusto con ambedue le mani. I suoi occhi, quando si abbassano per rivolgersi verso terra, si spalancano meccanicamente dallo stupore.

Ancora una volta, Kouga Saejima le ha in un certo senso salvato la vita. Proprio come ai vecchi tempi. Non si tratta di certo di un Orrore, stavolta, ma il ragazzo è lo stesso accorso in suo aiuto per difenderla.

Kouga osserva lo sconosciuto uomo, fuggire via a gambe levate giù per la stradina deserta. Non appena l’orizzonte di quel lembo di terra s’inghiotte lo sbronzo trentenne, la sua attenzione si posa in direzione dell’albero dove Kaoru vi ha trovato riparo.

 

- Scendi da lì. E’ pericoloso. – le ordina quasi all’istante, avviandosi ai piedi del fusto per recuperarla.

 

- Cos’è tutta questa premura nei miei riguardi? Sei stato forse inghiottito dai sensi di colpa, signorino? – sottolinea un tantino acida, dando al tono un accento sarcastico e pungente.

 

Lui cala gli occhi, facendosi vedere visibilmente impacciato e, una volta contenuta la soggezione, solleva nuovamente quello sguardo, molto più deciso di prima a farla scendere da lassù.

- Scendi da lì! – gli dice una seconda volta, facendo salire di proposito la voce.

 

- Non ci penso nemmeno, bleah! – lo beffa lei, staccando le mani dal tronco, e facendogli una monella boccaccia. Il gesto azzardato di lasciare quell’albero, anche solo per diversi secondi, comporta una spiacevole conseguenza.

Kaoru si sbilancia rischiosamente in avanti, ed agitando freneticamente le braccia, si sente cascare da un attimo all’altro. Kouga è lì, pronto a muovere la gamba destra alla svelta, e a scattare per prenderla al volo tra le braccia.

L’artista cade, precipita a pancia in giù verso il basso, con un grido di panico.

Non è proprio tra le sue braccia, che il Cavaliere Mistico dell’Est l’afferra.

L’impatto, esattamente, è così brusco da farlo cedere all’indietro, e cascare lungo il terreno.

La ragazza gli è finita giusto addosso. Dopo un primo attimo di stordimento, lei fa forza sulle gambe per tirarsi all’insù, e soccorrere il povero malcapitato.

 

- Kouga…?! – lo chiama repentina, con un’espressione ansiosa, colpevole dell’accaduto.

 

L’altro si muove a stento, per poi dischiudere gli occhi e contrarre la fronte come a voler manifestare un pizzico di sofferenza fisica, senza però accompagnarla con talun lamento.

- Sto bene. – si limita a dire, portandosi con poco sforzo in posizione seduta.

 

Kaoru si rianima. Si fa raggiante.

- Fortuna che…

 

- Fortuna che sotto di te c’ero io. – puntualizza lui, come sempre brusco e sbrigativo, dandosi qualche colpetto con la mano su una parte dell’impermeabile che si è sporcata lievemente di terriccio. – Mi si è sporcato anche il soprabito. - evidenzia stizzito, rialzandosi istantaneamente dal suolo, ma trascinando con sé anche Kaoru, con le sue solite maniere poco galanti. – Andiamo via.

 

- Che modi…! – lo ammonisce fulmineamente la mora di capelli, sforzandosi d’impuntare i piedi sul selciato, e contrapporre resistenza. – E tanto per puntualizzare… io a casa tua non ci ritorno!  

 

Tra un trascinamento e l’altro, fatto a suon di borbottii e spintoni, i due si fermano a bordo strada, in prossimità di una lanterna illuminata. Per la verità, è proprio Kouga a far cessare il passo.

 

- Quando avevo cinque anni, mio padre un giorno mi disse che chi è sempre all’erta, chi è scrupolosamente vigile… quante cose belle non vede. – Kouga si azzittisce, in un primo momento, mentre Kaoru resta incredibilmente sorpresa da quelle parole. Smette di opporre resistenza, l’artista. Il braccio le si fa meno rigido, quasi a volersi lasciar sorreggere dalla forte mano di quel tacito paladino del Makai. Scorrono una serie di secondi, silenziosi e, successivamente, le labbra di quello stesso paladino si riaprono – Ho capito solo adesso il significato di quella frase. Mio padre voleva che io non mi perdessi tutte le cose belle che lui stesso si è perso. Voleva che io fossi sempre all’erta, vigile ma… felice.

 

- Kouga… - replica Kaoru, con la voce triste, addolorata. Sta forse nuovamente soffrendo per lui?

E pensare che, pochi istanti prima, era decisa del tutto a dimenticarsi di quel giovane burbero ed asociale, e provare ad essere felice senza di lui.

Come si fa, realmente, a dimenticare Kouga? Se lei anche solo volesse, non otterrebbe eccellenti risultati. Molto probabilmente, non sarebbe neppure in grado di lasciare che il suo ricordo svanisca e sgusci via. Non ne avrebbe mai il coraggio, di scordare qualcuno così tanto importante.

Prima il piede destro, e poi il sinistro.

Prima lentamente, e poi di colpo veloce.

Kaoru allarga le braccia, staccandosi dall’ormai divenuta gentile presa del ragazzo, e lo cinge a sé.

Kouga è di spalle. Quel gesto così improvviso lo fa tremare lievemente e lo coglie alla sprovvista.

Avverte un fremito. Caldo. E poi, quel calore gli penetra dentro, lo scioglie.

Si gira pian pianino, scivolando tra l’amorevole stretta dell’artista e ponendole gentile una mano sotto il mento.

Gli occhi d’entrambi si sfiorano, per brevi attimi, e poi, quelli grandi e solari della ragazza si spostano verso il basso, intimiditi dai suoi.

Dolce dolce, Kouga fa scendere il capo portandolo all’altezza di quello chino di Kaoru, e con le dita poggiate ancora sul mento, lo spinge deliziosamente all’insù.

Lei trema. E’ sussultante. Non sa se guardare quegli occhi scuri e inamovibili che la stanno osservando. L’imbarazzo glielo vita tassativamente.

Il capo di Kouga si piega, con calma, senza fretta, verso destro, le palpebre si socchiudono appena, la bocca si avvicina, s’accosta di più, ed infine, gentilmente lambisce quella di Kaoru. Le labbra si congiungono, si legano sfiorandosi, ma non del tutto.

Il fiato dell’uno bagna il viso dell’altra, ma nessuno ha l’ardire di farsi avanti e, finalmente, unirsi.

Anche in questo caso, è un frizzante venticello burlone, a dare una metaforica spinta ai due.

Kouga stringe al proprio cuore la ragazza che ama, per darle calore e, in quel medesimo istante, le sue labbra compiono il passo, e si stringono alle altre, con impulso, con sentimento.    

Finalmente libere d’amare.

 

 

Indivisibili.

Kouga Saejima e Kaoru Mitsuki, illuminati dalla flebile luce di una lanterna, si completano a vicenda.

L’introverso Cavaliere del Makai, ha aperto il cancello e liberato il suo sole.

L’allegra artista, futura pittrice del domani, non dovrà più dimenticare.  

La luce si è liberata. Un immane splendore, un fascio iridescente, uno scintillio che non vedeva l’ora di luccicare. Questa è la vera magia che un Cavaliere Mistico del Makai, è in grado di fare senza  richiamare a sé nessuna armatura o potere fatato.

Con le proprie mani. Le mani di un semplice giovane.

Un comune essere umano come gli altri, a volte può compiere la più incredibile delle magie. 

 

 

 

 

Ore 9 e 45 del mattino.

L’aeroporto è inondato di gente che va e viene da ogni dove.

Un uomo con baffi e occhiali, saluta calorosamente una ragazza con una lunga tracolla indosso, augurandole buon viaggio.

Si tratta di Gonza, il maggiordomo della famiglia Saejima, e Kaoru.

Pochi istanti la separano dal prendere l’aereo, e far ritorno in Italia.

I due sono soli. All’appello, in realtà manca una terza persona.

 

- Ma dove si sarà cacciato? – sbuffa la mora, lanciando uno sguardo al suo orologio da polso.

 

- Probabilmente avrà avuto un contrattempo. – azzarda Gonza, affranto.

 

- Quel genere di contrattempo, eh? – ribatte Kaoru, facendosi vedere seccata. – Maledetti Orrori! Mai una volta che…

 

- Stranamente quelle vili creature stavolta non centrano…! – dichiara d’un botto una voce. – Mi ci è voluto più del previsto, per dar vita alla mia piccola creatura! Sto diventando vecchio, ormai…! – La voce di tale affermazione proviene da Zarba, l’anello gotico parlante che aiuta il proprio padrone nelle missioni da adempiere come Cavaliere Mistico.

Ovviamente, può il Madougu andare in giro da solo? Certo che no! Con lui, obbligatoriamente, c’è il suo titolare.

Kouga si avvicina ai due osservando principalmente Kaoru che, con un pizzico di solarità nello sguardo, gli abbozza un sorriso.

Gonza è esattamente tra i due. Il gentile uomo, da persona educata, prende il largo da lì, facendosi silenziosamente da parte.

 

- Mi aspetterai, vero? Infondo, tornerò tra un mese esatto! Il tempo di ritirare gli attestati dei corsi di pittura, fare definitivamente i bagagli e stabilirmi di nuovo qui!

 

Taciturno come sempre, ma con qualcosa di diverso nel proprio cuore, Kouga tira a sé Kaoru prendendole gentilmente la mano sinistra, ed infilandole al dito qualcosa.

E’ inutile assentirlo. Lo sgomento sopra il viso della giovane donna, giunge celere come uno schiocco di dita.

Un cerchio di ferro, chiaro come l’argento, risplende stavolta sull’anulare di quella delicata manina, come un vero e proprio pegno d’amore.

Lei lo guarda attentamente, sfavillare sul dito, rossa rossa in viso e con due occhi luccicanti e pieni d’emozione. Dopodichè, rivolge a Kouga quello stesso sguardo, carica d’emozioni.

- Questo… è un anello di fidanzamento?

 

- Signorinella! – l’ammonisce Zarba, senza dare l’aggio al proprio padrone di rispondere- Le fattezze ricorderanno anche quelle dell’altra mia precedente creaturina ma, le qualità di quest’anello sono di gran lunga superiori! Tienilo ben a mente ed abbine cura!

 

La giovane annuisce senza indugiare: - Ne avrò cura. Contaci!

 

L’ora rintocca. E’ giunto il momento di andare, per lei e, quindi, di separarsi dal giovane signorino.

Un dolce sguardo, un sorriso affettuoso, ed un po’ d’imbarazzo. Questo è tutto ciò che si legge sopra le facce d’entrambi.

Due persone che non sanno ancora come ci si comporta in certe circostanze. Due corpi che, in un primo momento si discostano, e restano fermi, bloccati da chissà quali pensieri.

Due sguardi che hanno paura d’incrociarsi per non arrossire. Davvero buffi, tutti e due. Ma teneri.

 

- Un anno fa, non ci mettesti così tanto a darle quel bacio… – lo sprona Zarba, intromettendosi tra i due e facendo sapere anche il suo personale punto di vista.   

 

A Kaoru quelle parole non sfuggono.

- Quale bacio…?! – rimanda senza perdere un solo attimo, ed ostentando un’espressione confusa.

 

- Ma che sbadato che sono! Sto davvero invecchiando…! – esclama il Madougu, intenzionalmente, con una vocina dall’accento sarcastico - Tu non eri cosciente quella volta in cui Kouga, per restituirti l’anima…

 

Kouga tossicchia, con vigore, per mettere Zarba a tacere in un baleno.

- Cos’è successo quella volta?! – reagisce lei prontamente, mettendosi ostinata le mani sui fianchi e guardando i due con un aguzzo sguardo indagatore.

 

- Sbrigati, o perderai l’aereo. – l’avverte il ragazzo, cercando di mantenere un viso stabile e serio. 

 

Kaoru getta un rapido occhio sul polso, muovendolo appena per far scivolare l’orologio da sotto la manica della maglia.   

- M’incastrate sempre voi due…- bofonchia poi, una volta appuntata l’ora, con un faccino e una bocca imbronciati. L’artista si sistema alla meglio la lunga tracolla sulla spalla, e si guarda attorno poco prima di andare. Sembra che qualcosa le vaghi per la mente. Un pensiero che, all’improvviso, trova la luce - Ah! Quasi dimenticavo…!- esclama tutt’a un tratto, guardando Kouga diretto negli occhi, con un’energia più bella e speciale che mai - Se vedi Rei, digli che oltre a conoscere il volto di un uomo, ho finalmente conosciuto anche il suo cuore!

 

Dal capo opposto, il paladino dal soprabito bianco anziché divenire perplesso, risponde a quel pensiero con una piccola, dolce virgola di sorriso.

 

 

Nell’aeroporto c’è gente. Un fiume in piena che, scorre e fluisce via.  

Ciò che stacca di più, su tutto e tutti, sono due persone in particolare.

Una ragazza dai capelli scuri e lo sguardo radioso, ed un giovane uomo dal bianco soprabito e l’espressione serena.

Due persone che, si stringono le mani, si cercano con gli occhi, si sorridono.

 

 

Una nuova avventura, una nuova vita da condividere insieme, una nuova luce da far brillare, è da poco venuta al mondo.

 

Kaoru scompare inabissandosi tra la gente, ma salutando energicamente il suo lui, con una mano sventolante ed un viso raggiante. Un lui non più solo. Un lui che, ha portato quella stessa luce che riveste i suoi incredibili poteri, nella propria vita.  

 

Kouga Saejima, figlio di Rin e Taiga Saejima, Cavaliere d’Oro dell’Est, ha imparato che nuove battaglie e duelli all’ultimo sangue, lo porranno a dura prova ma, con la consapevolezza che adesso più che mai, il tempo in cui c’era una persona che adorava quel suo gioco di spade, è finalmente tornato.

 

 

                                                                                                                      Fine

 

 

 

RAGAZZI!!! CE L’HO FATTA!!!

Adesso anche Garo ha la sua meravigliosa categoria!!!!!

               

  ***!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!TRIPUDIO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!***

 

Non vi nascondo che all’inizio ho faticato un bel po’ a rendermene conto… Non volevo assolutamente crederci!!!!!

Dovete sapere che avevo lasciato la richiesta per l’inserimento della categoria, nel forum per contattare gli amministratori del sito, ben 4 mesi addietro… Ho atteso così tanto che alla fine mi son detta “Vuoi vedere che questi qui fanno parte di quelli che detestano fino allo sfinimento Garo?” . Ovviamente gli amministratori devono essere imparziali…! E meno male!!! 

Ad ogni modo, non avendo mai ricevuto risposta, dopo aver postato quest’altra fic, ero disposta a fare nuovamente domanda ma… quando l’altro giorno ho deciso di fare un giro nell’EFP, ho visto che nella categorica “Altri” dei telefilm, le mie storie non c’erano più…! Dopo un attimo di smarrimento generale, ho avuto poi la sorpresa di scorgere e vedere quella categoria! La categoria di GARO!!!

Insomma… Ero così gasata che mi sono messa a fare la ola davanti al pc mentre mia madre mi fissava con estrema inquietudine! >___<

Una soddisfazione per me immensa! Ho lottato e voluto a lungo questa sezione, ma non per mettere le mie storie in bella vista… Tutto ciò che più desidero è che altri si appassionino al telefilm, magari scrivendo nuove fic o leggendo le mie ed appassionandosi alla serie!!! Più di tutto, per, ho voluta la sezione anche perché, come quelli che mi seguono ormai da tempo, AMO, e ribadisco AMO Garo è tutto il suo incredibile mondo!!! Un capolavoro come quello, andava pur osannato in qualche modo, diamine!

Perciò, in alto le mani, e fate anche voi la ola! (Accertatevi di essere soli nella stanza…)

Beh, ho sclerato anche troppo ragazzi… Penso che sia giunto il tempo di parlarvi di questa nuova fic!

Ebbene… la fatidica e tanto attesa unione tra i due protagonisti, è arrivata!

Premetto che:

1)     Ci ho messo un po’ a scriverla perché non sapevo come impostare alcune scene particolarmente rilevanti.

2)      La parte in cui Kouga dà libero sfogo ai suoi pensieri (è quel pezzo scritto in corsivo), l’ho sognata per davvero una notte, e considerando che sono sempre i pensieri di Kaoru a parlare nella serie, l’ho trovata una parte carina che permettesse, una volta tanto, di dare l’aggio anche a quel giovane dallo sguardo sempre accigliato, di esternare le proprie emozioni.

3)      La frase “Corre via, come il vento, lo spadaccino del Makai”, è tratta dalla bellissima Savior in the Dark, la seconda sigla d’apertura del telefilm, che ho tradotto e riadattato un pochino per le giuste esigenze. (La trasposizione vera in realtà è: Vai come il vento, spadaccino del Makai)

 

Detto questo, passo a spiegarvi il mio “Project Garo” personale.

In realtà, questa fanfiction vuole essere una sorta di “movie”, anziché uno dei miei soliti episodi extra (come Gassa d’Amante o Discordia). Ecco perché non ho preferito mettere all’inizio del racconto il solito pezzo che fa da apripista alle prime battute sia del telefilm che delle fic (mi riferisco al famoso “Là dove c’è luce… ecc… ecc), ed ecco perché questo racconto, a differenza degli altri, è più lungo. Di solito per gli episodi extra, non supero mai le 15-20 pagine, altrimenti si perderebbe un po’ d’affinità con i veri episodi che sono impostati seguendo il più delle volte uno schema pressoché preciso.

Dopo questa parte a mo’ di movie, che spiega l’inizio della storia d’amore tra Kouga e Kaoru, mi piacerebbe creare una seconda serie di Garo che racconti la loro nuova vita insieme, ma che segua sempre il filone vincente a cui il telefilm ci ha abituato: azione-avventura + romanticismo.

Quindi, ci sarà un nuovo nemico (che tra l’altro ho già ideato… ^^,), nuovi Orrori, e come sempre nuove vicende che illustreranno un po’ le vite dei protagonisti e… forse anche ciò che accadrà in un remoto e lontano futuro. (ma questa comunque è una parte che non ho ancora stabilito come si deve…)

Non sono ancora sicura di come e quando iniziare a scrivere ma, mi piacerebbe terminare prima un’altra delle mie fanfiction (non di questa serie), e poi magari dedicarmi a Garo. Così non faccio confusione tra un argomento e l’altro!

Come sempre, ringrazio tutti voi che avete letto e continuate a leggere le mie storie, ricordandovi che se Garo, adesso, ha una sua categoria nell’EFP, è anche merito vostro! Siatene più che orgogliosi!

 

Vostra sempre affezionatissima

                                                                                                          

                                                                                                              Botan 

 

 

 

 

   
 
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