Anime & Manga > Detective Conan
Segui la storia  |       
Autore: KiarettaScrittrice92    15/08/2013    1 recensioni
Questa è stata la mia prima fanfiction in assoluto e ho deciso di pubblicarla, ovviamente correggendola e rendendola più leggibile e apprezzabile...
La mia storia comincia con Shinichi di nuovo adulto. Ai gli ha dato l'antidoto e ha raccontato a Ran il segreto di Conan Edogawa. Shinichi è riuscito a far arrestre i pezzi grossi dell'organizzazione con molte difficoltà, ma scopre con enorme dispiacere che deve lasciare Beika e tutti i suoi amici perchè suo padre ha bisogno del suo aiuto a Sendai! Due giorni dopo la sua partenza quelli dell'organizzazione evadono dalla prigione, quella stessa sera succederà ciò che meno vi aspettate...
La nostra storia inizia due anni dopo la partenza di Shinichi per Sendai sopra un treno che va a Beika...Tenetevi forte alle sedie perchè questa volta il detective liceale non riuscirà da solo a vincere la battaglia...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Saga dei ricordi'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Addio Boss

Due giorni dopo il piano entrò, finalmente, in atto. Era sera e il gruppo, che si era ritrovato poco meno di una settimana prima a villa Kudo, era tutto radunato all’ingresso del Tropical Land, proprio oltre il cancello, davanti a loro solo quelle giostre spente e tristi e il buio della notte.
«Ok ora ci siamo tutti! - disse Shinichi quando l’ultimo componente del gruppo sbucò dal cancello - Ran, Sonoko voi venite con me!» disse rivolgendosi alle due ragazze che erano vestite con due eleganti vestiti da sera neri, Ran portava anche un paio di occhiali e i capelli raccolti in una coda di cavallo.
«Voi, invece, sapete cosa fare!» continuò il ragazzo e, dopo quella frase si divisero, dirigendosi ognuno al proprio posto di battaglia.
Shinichi e le due ragazze si erano diretti all’ingresso del covo dell’organizzazione e l’uomo in verde, che aveva accolto la prima volta Shinichi, era vestito di un rosso scuro.
«Siamo i nuovi elementi dell’organizzazione, dobbiamo incontrare il boss!» disse il ragazzo deciso, cercando di non far trasparire il nervosismo che aveva addosso attraverso la sua voce.
«In fondo al corridoio: oltrepassata la scaletta, la porta bianca.» rispose lui, ingenuamente, con tono scocciato.
I ragazzi seguirono le istruzioni che l’uomo aveva dato loro e attraversarono il lungo corridoio a passo lento. Shinichi si guardava intorno in continuazione, era teso, se avessero incontrato qualcuno che lo conosceva o che l’aveva visto già una volta sarebbe stato tutto vano. Insomma, in realtà avevano un piano di riserva, ma il ragazzo sperava con tutto il cuore di non dover ricorrere a quel piano così complicato.
Fortunatamente per loro arrivarono alla scaletta senza incontrare nessuno, la scesero lentamente e si ritrovarono in una stanza circolare a tre porte. Quella che avevano di fronte era bianca e su una lamierina d’ottone vi era scritto semplicemente Boss, le altre due erano in legno scuro, in una c’era scritto Sala Riunioni, mentre l’altra non aveva nessuna dicitura.
Il ragazzo stava per bussare alla porta quando sentì una voce familiare oltre ad essa.
«Non so più cosa fare!» sentì urlare.
«Controllati Vermouth! Questo incarico è della massima importanza! Voi tre dovete prendere quel microchip a tutti i costi. Non me ne frega niente di lui, se è necessario lo ucciderò io con le mie mani, ma voglio quel chip!»
«Sì Boss!» risposero tre voci in coro, Vermouth, Gin e Vodka.
I ragazzi, che avevano sentito tutto, erano rimasti paralizzati, ma quando sentirono un rumore di tacchi venire verso la porta entrambi si nascosero nella stanza senza targhetta, scoprendo che era uno sgabuzzino. Aspettarono che i passi dei tre si furono allontanati e appena non sentirono più nessun rumore uscirono con passo felpato dallo stanzino, per poi andare a bussare alla porta del Boss.
«Avanti…» disse una voce oltre la porta e, a quell’invito, Shinichi mise la mano sul pomello, ruotandolo e aprendo l’anta.
Entrarono in una stanza con le pareti di un bianco immacolato, su di un lato dell’ufficio vi era un armadio nero pieno di cartelle e, al centro, una scrivania nera, con una poltrona girata, appollaiato alla poltrona c’era un falco. Shinichi rimase paralizzato: non aveva più bisogno che un flash gli mostrasse a chi appartenesse quel volatile, oramai tutti i suoi ricordi erano tornati al loro posto e quello che stava vedendo lo lasciò senza parole.
«Chi è?» chiese una voce maschile da dietro la poltrona.
Il ragazzo non riuscì a rispondere, rimase zitto, paralizzato. Fu Ran a incitarlo a parlare, dandogli una leggera gomitata e, solo a quel tocco, il ragazzo si ricordò perché erano lì e il piano che avevano organizzato, così parlò.
«Siamo Scotch, Martini e Barbera i nuovi arrivati…»
La poltrona si girò e sia Ran che Shinichi rimasero di nuovo sbalorditi da chi stava seduto su quella poltrona.
Accomodato su di essa c’era un ragazzo di vent’anni, come loro, i capelli biondi e gli occhi castani, era vestito rigorosamente di nero e guardava dritto negli occhi Shinichi.
«Ben arrivato Martini... o forse dovrei dire Shinichi Kudo!» nel momento esatto in cui Saguru Hakuba pronunciò il suo nome, Shinichi ebbe un brivido lungo la schiena e ci mise qualche secondo per riuscire a rispondere.
«Mi devi delle spiegazioni Hakuba!»
«Certamente! Immagino sai già del microchip…» disse poggiando i gomiti sulla scrivania nera e congiungendo le dita tra di loro.
«Perché sei il boss?» domandò irritato il giovane detective.
«Lo era mio zio: circa tre anni fa è morto e scoprii tutto. Mi allettava l’idea di essere il capo di una banda di criminali, tutto qui. Oltretutto, mi superi come detective e quindi meglio fare il criminale della banda che ti perseguita no?!»
«A cosa serve il microchip?» continuò Shinichi, sempre più furibondo.
«Questa sì che è una bella domanda Kudo: vedi, dentro quel microchip, ci sono tutti i dati e i codici segreti dell’FBI. Con quel microchip nessuno ci potrà più fermare! Ora, se non vi dispiace…» tirò fuori una pistola e la puntò su Shinichi.
I tre ragazzi si allarmarono, ma quando stava per premere il grilletto cambio direzione e la pallottola sfreccio e destra del ragazzo che ebbe solamente il tempo di girarsi e vedere il piccolo cilindro di metallo colpire il fianco della ragazza vicino a lui.
«Raaaaaaaaaaaaan!» urlò, mentre Sonoko si portava le mani alla bocca, spaventata. 
Il proiettile aveva ferito Ran sul fianco e lei si era accasciata a terra, Shinichi rimase a guardarla soffrire per qualche secondo, poi si infuriò e tirò fuori la pistola che aveva alla cintura.
«Ti credevo una persona per bene Hakuba, ma mi sbagliavo!» sbottò, puntando a sua volta l’arma verso il ragazzo biondo.
«Sei sicuro che riuscirai a sparare?» chiese lui con tono sfacciato.
«Più che sicuro! Hai fatto del male a Ran e non te lo perdonerò mai!»
«E allora fallo! Io invece sono sicuro che non ne avrai il coraggio.» subito dopo quelle parole il vetro della finestra dietro Hakuba si ruppe e una pistola si posò sulla nuca del Boss.
«Se non riuscirà a farlo lui, lo farò io!» intervenne Heiji, che era appena entrato dalla finestra.
«Neanche tu ci riuscirai, Hattori! È una questione di principio: noi detective che catturiamo gli assassini, non possiamo diventarlo. Persino io non riesco ad uccidere una persona per odio o per invidia, però... se si tratta di qualcosa che potrebbe cambiare l’andamento di questa organizzazione…» così dicendo puntò la pistola su Shinichi che, con mani tremanti cercava di tenere ferma l’arma.
Forse aveva ragione lui, forse era vero che non sarebbe mai riuscito a sparargli,poi però, gli balenò in mente un’idea e, molto lentamente, abbassò la pistola.
«Kudo che stai facendo!» lo rimproverò Heiji urlando.
«Vedo che ti sei convinto!» disse invece, tranquillo, Hakuba.
La mano di Shinichi, quella non occupata, si avvicinò alla cintura dei pantaloni e in un attimo sfiorò la fibbia, facendo così uscire un pallone da calcio a cui subito dopo tirò un calcio, facendolo schizzare verso Saguru e prendendolo proprio in pieno, facendolo cadere addosso al povero Heiji.


Intanto, dalla piazza centrale del parco.
«Esattamente signor poliziotto - esclamava Ayumi al telefono - i miei amici Genta e Mitsuiko sono stati rapiti da due tizi vestiti di nero, venga a salvarli la prego, io ho cercato di seguirli... siamo dentro al Tropical Land!» la bambina riattaccò e fece l’occhiolino ad Ai, Genta e Mitsuiko.


Vermouth, Gin e Vodka stavano attraversando uno dei tanti corridoi del covo, quando la donna sentì un tonfo provenire da oltre la scaletta e fermò i due uomini.
«L’avete sentito anche voi?» chiese e, a quella domanda, i due risposero con un cenno di testa. 
Gli uomini in nero si precipitarono verso il corridoio da cui erano venuti, scesero la scaletta velocemente e, arrivati sul luogo, videro un ragazzo col berretto Sax che portava il boss fuori dal suo ufficio e quest’ultimo sembrava tramortito.
«Tu sei l’amico di quel detective ficcanaso!» disse Gin uscendo la pistola.
«Fermo! - disse Vermouth bloccandolo - Non fare cavolate. Sai benissimo chi è il nostro obbiettivo!» la donna stava fissando un ragazzo vestito di nero dagli occhi di un azzurro intenso, poi però il suo sguardo si posò alla sua destra: accanto a lui c’era una ragazza più o meno della stessa età, era a terra e sanguinava.
«È stato il “tuo Boss” se ti può interessare. - fece il ragazzo prendendola in braccio - Smettila Sharon...»
A quel nome, Vermouth, trasalì.
«Tu...»
«…Tu non sei così, non sei perfida come vuoi far credere: anche tu hai dei sentimenti, lo so… E so anche che non li puoi rivelare alla persona che ami perché siete troppo diversi... Ma se non provi non saprai mai se lui prova le stesse cose per te. Delle volte amore e odio sono talmente simili che si possono confondere. Ho sempre pensato che non eri malvagia dalla prima volta che ti ho incontrato a New York e so che non mi sbaglio, perciò smettila con questa recita e va a dire a Shuichi quello che provi per lui, spiegagli che sei pentita per tutto quello che hai fatto...»
Per tutto quel tempo Vermouth era rimasta in silenzio, poi ad un tratto sentì qualcosa percorrerle il viso: una piccola lacrima le scivolò sulla guancia. Non aveva mai pianto in vita sua, mai, eppure quel ragazzo era riuscito a far scendere quella piccola goccia salata dal suo occhio, quel ragazzo che, già due volte, l’aveva colpita al cuore.
Nello stesso istante dagli auricolari di Heiji, Shinichi e Sonoko, provenne la vocina di Ayumi.
«Missione compiuta, abbiamo chiamato la polizia!»
«Bravissima Ayumi!» rispose Shinichi, premendo un pulsantino vicino al suo apparecchio, in modo che la sua voce arrivasse agli auricolari di tutti. - Kaito, Aoko come va?»
«Abbiamo finito ora Shinichi, ma Kaito è ferito!» fece preoccupata, la voce di Aoko.
«Portalo fuori! - rispose lui - E speriamo solo finisca presto…»
«Ora basta parlare piccolo detective... - disse Gin coi suoi occhi di ghiaccio - Per te è finita!» concluse puntando la pistola contro il ragazzo, ma proprio mentre stava per premere il grilletto la mano di Vermouth lo bloccò.
«Non ci provare.»
«Vermouth cosa dici!?»
La donna bionda con un colpo secco storse il polso all’uomo, facendogli cadere la pistola di mano.
«Ti ho detto che non lo fai! Cool guy - disse poi rivolgendosi a Shinichi - esci dalla finestra prima che cambi idea.»
«Grazie Sharon.» rispose lui sorridendo poi uscirono e, arrivati fuori, fu una questione di qualche minuto e arrivarono polizia e ambulanza.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: KiarettaScrittrice92