Pre-lettura: I fatti di questo capitolo sono riferiti alla 4x01, puntata in cui abbiamo a che fare con i Dorocha, gli spiriti dei morti risvegliati da Morgana che temono la luce ma non possono essere uccisi dalla magia di Merlin. Qui siamo nel mezzo del viaggio verso l'isola dei Beati, nella notte in cui Arthur e Merlin si ritrovano a nascondersi dai Dorocha dopo aver perso il resto dei Cavalieri che è già nelle loro tracce...
La
tavolozza ha sette mutamenti
La
tavolozza ha sette mutamenti,
uno per ogni bacio che mi hai dato.
Sette baci di labbra e assoluto.
Alda Merini
Il Terzo
Il terzo fu il brivido, nella
notte più buia.
Accovacciati in un angolo in quella torre angusta, le loro schiene erano schiacciate contro il muro umido e ammuffito. Osservavano la vecchia porta di legno cigolare nella stanza.
Era il Suo respiro pesante a riempire il silenzio, l’aria tagliente e la paura palpabile.
«Che
c’è?» gli domandò Merlin
preoccupato.
Soffiò parole rigide
come il suo viso: «Fa freddo».
«Certo» Il
sarcasmo di Merlin era presente anche nelle situazioni meno
opportune.
«Non lo
senti?»
Scosse la testa.
«Io…»
«Merlin, sei
più coraggioso di quanto credessi» Arthur
continuava a
guardarsi intorno, la mano prontamente ferma sull’elsa, anche
se la sua spada
aveva ben poca importanza contro i Dorocha,
creature dell’altro mondo, spiriti malvagi che agivano nella
notte più profonda.
«Davvero? Era un
complimento?» Perché Merlin non credeva alle sue
orecchie.
«Non essere
stupido» ringhiò Arthur prima di lasciarsi andare
in un sorriso,
sentendo la risata del suo servitore.
L’atmosfera quella
notte era surreale: entrambi sapevano di star andando
incontro alla morte, ma non potevano proprio fare a meno di cercare un
briciolo
di sollievo anche in quel momento e di ridere come se non ci fosse un
domani,
come se fossero le ultime due persone sulla faccia della terra.
Gli altri cavalieri, intanto,
percorrevano la torre oscura, carica di
spiriti intenzionati a ucciderli. Dovevano ritrovare il loro Principe,
di
sicuro era rimasto bloccato da qualche parte nella torre con Merlin, in
pericolo.
Ma era rischioso girare per la torre. Molte erano le scale a chiocciola, molte le porte da aprire. Un labirinto buio e deserto. Solo il fuoco poteva allontanare i Dorocha, e loro avevano un’unica torcia a proteggerli tutti quanti.
Vagavano in quel labirinto di
pietra in cerca dei loro compagni.
Ispezionavano ogni cunicolo, illuminavano ogni angolo.
Il silenzio era tornato a regnare. Arthur osservava il corpo di Merlin plasmato dalle ombre: la testa era inclinata contro il muro, il petto si alzava e abbassava sotto la luce fioca della luna, e le labbra tremavano per il respiro profondo. Aveva gli occhi socchiusi, e si torturava continuamente le mani mordicchiandosi le unghie, ora sfregandole fra loro, ora cingendole attorno alle ginocchia raccolte.
«È la
prima volta che mi succede» Arthur spezzò il
silenzio «non ho mai
temuto la morte».
Merlin alzò il capo,
per guardarlo negli occhi «Continuate a non
temerla».
Le sue parole immobilizzarono Arthur «A volte mi lasci
perplesso, Merlin».
«Non mi avete mai
osservato bene» Già, era quello il problema.
Arthur
credeva di conoscerlo, mentre si accorgeva poco a poco che non aveva
mai
compreso a pieno Merlin; gli era sempre sfuggito come granelli di
sabbia dalle
dita. E ora a quel pensiero gli prudevano le mani.
«Già…»
Merlin fece un debole sorriso,
se così si poteva chiamare la smorfia sul
suo viso.
Sentirono un rumore provenire
dall’esterno, e la sua magia scattò subito
in allerta, mossa dentro di lui. Reagì d’istinto e
si protese verso la porta,
come se questo movimento lo rendesse più sicuro. O forse
rendesse più al sicuro
solo Arthur, che si era visto Merlin avvicinarsi velocemente, rimanendo
accucciato in bilico davanti a lui, reggendosi col braccio alla parete,
pronto
a tutto pur di difendere il suo principe, se qualcosa
fosse entrato da quella porta.
Poi più nulla, e
seguirono altri attimi silenziosi.
La notte aveva inghiottito le
parole, ed era formata dai loro respiri
ansiosi, e dai loro battiti accelerati. Perché sapevano di
stare sfidando la
morte. Era lì, palpabile e presente. I loro visi tremavano
nell’ombra, il
legame fra i loro occhi li rendeva più vicini che mai.
«Se
le cose fossero state diverse» sussurrò Merlin
«saremmo
stati buoni amici».
«Sì» La voce calda di Arthur gli provocò un brivido lungo la spina dorsale, e in un attimo quel freddo di cui prima avevano parlato gli entrò nelle narici, rendendogli gli occhi lucidi. Poggiava la mano destra ancora sul muro, proprio affianco alla sua testa. Si accorse troppo tardi di essergli più vicino di quanto credesse, solo quando sentì il suo respiro sulla pelle, quando poté osservare a fondo i suoi occhi azzurri scrutarlo nel silenzio.
Forse
fu la
paura imminente di perderlo, o il desiderio di riaverlo
un’ultima volta che
spinsero Merlin ad avvicinarsi ancora di più, e a
socchiudere gli occhi allo
sfiorarsi dei loro nasi. Un altro brivido gli attraversò le
membra dal petto
lungo la schiena, fino alle gambe.
E
così come si era avvicinato, tutto d’un tratto
spalancò gli occhi e si allontanò.
Sapeva
ciò che stava per rifare, e non voleva ricommettere
lo stesso errore che lo perseguitava da qualche tempo. Un “no”
sussurrato gli
morì in gola. Arthur strinse con vigore la sua spalla, i
suoi occhi erano lame
di spade: «Non allontanarti».
«Arthur,
no» La voce di Merlin era spezzata come
dopo un lungo pianto «Ti prego, non di nuovo».
«Stanotte
potremmo morire»
«Sì»
sussurrò Merlin «lo so» in preda al
panico.
Sentì
la mano di Arthur muoversi piano dalla spalla e
accarezzargli i capelli ciocca per ciocca, passare alla nuca e scendere
lungo collo,
segnando lenti cerchi con le dita ruvide e grandi. Merlin
ritremò, sentendosi soffocare.
«Che diavolo state facendo?» rantolò,
con il respiro affannato di chi non ha la
situazione fra le mani.
«Se oggi dovesse essere l’ultimo giorno, se tutto
dovesse finire così-»
«Arthur,
state uscendo di testa» La presa dietro il
suo collo si fece più forte, Arthur voleva mostrare il
proprio possesso sul suo
corpo. Strattonò il viso di Merlin davanti al suo
«No. Non ci sarebbe più
niente» sussurrò sulle sue labbra. Merlin
cercò di allontanarsi «State
tranquillo, usciremo vivi da qui, sicuramente ci troveranno»,
ma Arthur
sembrava lontano, non lo stava ascoltando e continuava a ripetere frasi
sconnesse
«Più niente… niente!»,
mentre la
stretta sul suo collo iniziava a fargli male, e così gli
sfuggì un gemito di
dolore.
E
allora nel
sentirlo, Arthur si calmò e allentò la
presa. Si stavano fissando e respirando addosso, quando il suo sguardo
si concentrò
sulle labbra di Merlin. Un sussurro, una preghiera:
«Baciami».
Un
po’ per il freddo, un po’ per reazione, Merlin
scosse la testa. «Arthur, no. Voi amate Guinevere»
Arthur
restò immobile a fissare le sue labbra
ancora, respirando piano. «Ti rendi conto che
potremmo» digrignò i denti, e la
sua mascella si fece più tesa «essere uccisi, qui,
stanotte?».
«Questo
non conta, Arthur, non è un buon motivo
mandare all’aria tutto ciò che avete costruito con
lei!» Merlin lo scosse per
la spalla, aveva ancora lo stesso
barlume di luce negli occhi, e non voleva guardarlo.
«Basta con questa storia» sussurrò
«basta», forse
più a se stesso che a
lui, la voce di nuovo incrinata dal pianto. Lo scosse di nuovo,
perché ancora non
otteneva risposta. «Guardatemi! Voi avete lei!»
Arthur
si
umettò le labbra, e con un lento movimento
di palpebre sussurrò lentamente: «Io
ho
te».
E Merlin rimase pietrificato.
Per un attimo non sentì più l’aria entrare nel corpo, non sentì più alcun rumore e davanti a sé vide solo gli occhi di Arthur. Era difficile mantenere il controllo, adesso. Aveva ancora il corpo bloccato, il sangue raggelato, ma gli accarezzò il viso. «La paura vi gioca brutti scherzi» sussurrò, portandogli una ciocca di capelli dietro l’orecchio con la mano tremante. Ma Arthur prese quella mano nella sua e la tenne sulla guancia, «Non scherzo» disse accarezzandola.
Merlin
si
umettò le labbra. Sentiva il suo corpo
cedere a quelle attenzioni, stava tremando ed era sicuro che il freddo
non
fosse l’unica ragione. Arthur continuava ad accarezzargli il
dorso della mano.
Ora l’indice, ora il medio, ora giù verso il
polso, e poi ancora sull’anulare,
fino ad arrivare al mignolo, e poi ancora.
Sentì qualcosa insinuarsi sotto la sua maglia e subito s’irrigidì. Gli ci volle qualche battito di ciglia per capire che era l’altra mano di Arthur ad accarezzargli la schiena. Era gelida e grande, e stava percorrendo con una lentezza disumana ogni sua vertebra.
Sotto
le sue
carezze, era riuscito a rilassarsi di
nuovo. Erano ancora vicini, l’uno a fissare l’altro
negli occhi, e Merlin si
sentiva terribilmente fragile, protetto da una bolla di sapone, pronta
a
rompersi da un momento all’altro. La sua magia non riusciva a
tenerlo lontano
da Arthur, non quando lo aveva così vicino, quando il suo
profumo gli invadeva
le narici e le sue mani riscaldavano la sua pelle.
Bastò un soffio lontano, un rumore quasi impercettibile a far voltare Merlin per un secondo, giusto quello che bastava ad Arthur per rompere la sua bolla.
E
quando
Merlin si rigirò, fu invaso dal respiro di
Arthur sul suo e non poté impedire alle sue labbra di
avvicinarglisi
un’ennesima volta.
Solo
che,
diversamente dalla volta precedente,
adesso Merlin piangeva.
Arthur
lo
stava baciando e accarezzando il suo viso
sentì le sue guance bagnate. «Ehi»
sussurrò sulle sue labbra, cercando il suo
sguardo. «Che succede?»
Merlin
non
riusciva più a trattenersi, tremava più
forte e molte lacrime gli bagnavano il viso. Cercava di mantenere il
respiro
fermo, ma i fremiti lo annientavano e la calma non riusciva a
possederlo. Prese
il viso di Arthur fra le mani e con fermento lo spinse quanto
più poteva contro
il muro baciandolo.
«Volevo
passarci sopra, volevo-» singhiozzò sulle sue
labbra «Non doveva succedere… di
nuovo. Non so che cavolo ti giri per la testa in questo periodo, ma ti
assicuro
che tutto ciò non va bene e che a me fa
male».
Fece
un
respiro profondo, tenendo ancora stretto il
viso di Arthur fra le sue mani: «Ci tengo a te, se non te ne
fossi accorto,» e
nel dire queste parole sentì la mano sulla sua schiena
stringerlo più forte «ma
sappiamo entrambi che il tuo futuro non è con me. Dobbiamo
starci lontano, Arthur.»
La stretta aumentava. «Dobbiamo farlo insieme,
perché io da solo
non posso farcela» e un altro singhiozzò gli
scosse il petto, mentre stringeva
le sue ciocche di capelli e si lasciava andare al pianto contro il
petto dell'altro.
Arthur
lo
aveva ascoltato e ora lo vedeva,
inerme sotto la luce della luna a piangere lacrime amare. Stava
così per lui, e quella
era l’ultima cosa che
avrebbe voluto vedere.
Gwaine
sconfisse l’ennesimo Dorocha.
Ne
avevano
già trovati una decina quella notte, ma
di Arthur e Merlin neanche l’ombra. Giravano e rigiravano
più volte, sempre le
solite strade e le solite porte, la torre che li ingannava, pareva li
volesse
tenere rinchiusi la notte intera.
Chissà
se sarebbero sopravvissuti a quella lunga
notte, chissà se avrebbero ritrovato Arthur e Merlin, vivi.
Un
urlo
possente lo riportò alla realtà, e si rese
conto che per poco il suo amico Leon non ci aveva lasciato le penne, in
quella
torre. Non potevano distrarsi neanche per un secondo, né
chiudere occhio.
Continuavano
a vagare.
Merlin
aveva
ancora gli occhi rossi, ma era tornato
a debita distanza e non era riuscito più a guardare Arthur
negli occhi, mentre
quest’ultimo non faceva che osservarlo.
Un
rimbombo
rintronò nella stanza. Proveniva da
fuori, ma non doveva essere troppo lontano.
Merlin
finalmente guardò Arthur d’istinto, e vide le
sue labbra serrarsi e diventare più sottili. Era preoccupato
almeno quanto lui.
«Dicono
che l’ora più oscura sia quella prima
dell’alba» Gli occhi di Arthur vagavano verso il
cielo nero fuori dalla
finestra sopra di loro. La sua voce era presente, l’udito
attento a ogni minimo
rumore.
«Adesso
è abbastanza oscura»
«Finirà
presto, Merlin»
Un
sussurro
«Lo penso anch’io».
All’istante
un urlo inquietante, angoscioso,
straziante.
Un Dorocha irruppe nella stanza.
Arthur
sfoderò la spada e fece forza sulla mano per
alzarsi, quando fu placcato dall’agilità di Merlin
che lo superò, e che andò
incontro alla morte con uno
slancio
veloce, nell’urlo che lacerò le corde vocali di
Arthur, come una mano che
strappa un cuore pulsante dal petto.
E
Lancelot e
gli altri entrarono nella stanza appena
il corpo di Merlin toccò terra, allontanando il Dorocha con
la torcia, salvando
almeno Arthur.
Almeno.
Forse.
Il terzo fu il
brivido, nella notte più buia.
Note!
Oddio, guardate veramente non so che dirvi. Cioè non so quanti di voi leggeranno veramente queste note, ma per chi lo farà volevo scusarmi seriamente per un immenso ritardo nel pubblicare il capitolo e nel rispondere alle recensioni.
Sono veramente dispiaciuta, ma un po' il blocco dello scrittore, un po' il periodo, questa storia l'avevo lasciata un po' andare.
Tuttora non è ancora finita, ma è mio dovere (verso me stessa) finirla, anche se ciò potrebbe impiegarmi mesi e mesi.
Grazie mille (duemila e tremila) per aver aggiunto la storia ai preferiti, ai ricordati e ai seguiti, e soprattutto grazie per averla recensita! Scusate il terribile ritardo ma veramente, grazie mille.
Non vorrei sembrare troppo ripetitiva, casomai mi venisse in mente qualcosa da aggiungere lo scriverò qui.
Un bacione e al prossimo bacio (sperando che non arrivi troppo tardi)
Mara :)
P.S.: mi pare normale, non pubblico da mesi e mesi e, la prima volta che lo faccio, lo faccio alle 3 di notte. Uoh oh.