POV Fanny
Ricordo bene l'ufficio di mio padre. Fu lì l'ultima volta che lo vidi, a terra, coperto da un mero lenzuolo bianco.
La stanza si trovava in fondo al corridoio centrale. Le pareti erano bianche e di giorno, quando i raggi entravano dalle grandi vetrate, si illuminavano. A destra c'era un armadietto grigio, dove erano sistemati vari documenti ; al centro c'era la scrivania con una sedia girevole molto comoda. Ricordo che da piccola mi divertiva farmi girare in quella sedia da mio padre, fino a quando non mi veniva il mal di mare. L'avevamo fatto anche allora, in quel giorno. Nella scrivania c'erano sempre dei fogli sparsi, il PC, le foto mie (ci teneva tanto averle) e un portapenne in pelle molto elegante.
Bussai alla porta inutilmente, forse sperando di vedere mio padre che mi apriva la porta con il suo bellissimo sorriso, ma non accadde. Entrarvi fu un certo effetto. I mobili erano come li avevo lasciati: la scrivania, l'armadio, la sedia, le poltroncine e il tavolino di vetro, dove prendeva spesso il caffè. Scatoloni a terra di cianfrusaglie a parte, era tutto uguale. Solo che era.. spoglia. Gli oggetti, affetti personali, non c'erano. Chiusi gli occhi e me lo immaginai seduto sulla scrivania, battendo nervosamente le dita sulla tastiera, mentre con una mano sorseggiava caffè freddo.
-Ti serve qualcosa? - disse improvvisamente una voce. Mi accorsi solo in quel momento di non essere sola: Melissa, al tempo giovane universitaria, era la segretaria di mio padre. E' sempre stata una bella ragazza: alta, slanciata, seno prosperoso, labbra rosate e carnose, lunghi capelli ricci e occhi alla cannella. Non l'ho mai sopportata, forse per via della sua perfezione. Non è cambiata per niente, penso. Ma prima che potessi spicciare parola, qualcuno parlò per me. Qualcuno di veramente spaventoso, visto che Melissa sbiancò appena vide l'obra dietro di me. Il suo petto era distante un centimetro dalla mia schiena, lo sentivo vicino.
- La documentazione di questa azienza da tre anni a questa parte, per favore.-
- S-subito, signorino Blackjade! - Da donna sicura e sfacciata, diventò un moscerino terrificato. Che strana donna. Ma ero troppo sorpresa per fermarmi nei dettagli. - Alex..- mormorai esterrefatta. La ragazza rovistò freneticamente tra un paio di documenti; poi, trovateli, li porse al ragazzo per poi scappare via, lasciandoci soli.
Il suo sguardo era serio e penetrante e d'istinto mi allontanai da lui. Mi disse cosa ci facevo lì, a mo' di rimprovero. Passarono vari secondi di perplessità prima di rimandare la domanda, ma l'interpellato non rispose. Quella situazione era davvero assurda, ma fu ancora più assurdo quello che successe nei giorni dopo! Dopo vari minuti Alex ricominciò a parlare: - Fanny, non so il perché tu stia indagando sulla mia famiglia, ma lo trovo alquanto fastidioso, per quanto possa odiare mio padre.- Mh, avete presente quando entrate nella doccia e vi aspettate che l'acqua sia bella calda mentre invece rimanete paralizzate in quella fredda? E che solo dopo vari minuti vi riprendete e inveite contro? Diciamo che la stessa cosa accadde anche a me, in quei minuti. - Tu..- mormorai – Come..- La mia testa macinava, e pure tanto. « Come faceva a asaperlo? L'ha scoperto? Da chi? Da Samantha? No, lei non glielo direbbe mai. Mi aveva seguita? E perché lo stava facendo? » - Senti un po', tu – dissi, trovando quella sfacciataggine chissà dove – qualsiasi cosa faccia, non ti deve interessare. -
- Sì, se c'entra la mia famiglia. - « Oh, cavolo. E adesso? Non ho scuse, ha ragione lui. »
- E' stato un errore incontrarci.. – mormorai piano, ma lui mi sentì comunque.
- Sì, hai ragione. Il nostro rapporto non ha senso. -
- Cosa..cosa siamo noi? - mugugnai in punto di lacrime. Non so cosa stava accadendo, ma il tutto spaventava e faceva male. - Amici non siamo. Fidanzati, neppure. Conoscenti, forse?
- Già.. anche se adesso la situazione è cambiata. -
- Cosa vorresti dire? -
- Conosco di te qualcosa che nessuno sa.-
-Vuoi ricattarmi, per caso? - Cominciavo a non capirci più: voleva aiutarmi o no?
Si avvicina di più a me e sussurra – Siamo nemici -
Il suo respiro che arrivò al mio viso fece rabbrividire la mia schiena. Indietreggiai ancora una volta. - F-forse è meglio non vederci più.. - balbettai. Sfilai i documenti dalle sue mani e prima che potesse reagire scappai via.
POV Alex
Quelle parole mi hanno fatto male, e non poco. Per qualche strana ragione, non ci riuscivo a stare lontana da lei. Quindi, anche “nemico” mi sarebbe potuto andare bene, purché le resti vicino.
Non si è ancora resa conto in che sitazione pericolosa si è cacciata.
POV Fanny
Continuo a correre, come se fossi inseguita, anche se non c'era nessuno dietro di me. Forse scappavo dalle mie lacrime, che non riuscivano a fermarsi..
Ci metto un po' a capire che sto correndo senza prestare attenzione a dove andavo. Per un po' resto smarrita, poi riconosco la zona. Là vicino c'è casa di Sam.
POV Samantha
Stavo facendo le trecce a questi maledetti capelli, perché mi girava che domani dovevano essere mossi. Giro un po' per la stanza, indecisa su cosa fare. Meno di mezz'ora fa ero con Fanny, poi si è dileguata dicendo che aveva una cosa da fare.. per le indagini. Siccome ero l'ansia fatta a persona, si puo' facilmente immaginare quanto fossi preoccupata.
Come per magia, il campanello suona due volte, una pausa, e una volta ancora. Era lei, una specie di nostro codice per riconoscerci. Mi mangio praticamente i scalini, prima di aprire la porta.
Il mio cuore si rimpicciolì di un colpo: Fanny era in lacrime, non si reggeva in piedi per quanto tremava e cadde praticamente ai miei piedi. L'aiutai subito a rialzarsi e notai che pronunciava parole incomprensibili alternati a singhiozzi.
Le chiesi cos'era successo, ma non mi sentii o non rispose. Ripetei la domanda diverse volte, ma niente. Mi immaginai che c'entrava Alex, ma mai mi sarei immaginata che cosa avrebbe fatto Alex.
E mai mi sarei immaginata che in quei giorni sarei morta.