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Autore: Cheonefer86    16/08/2013    1 recensioni
Gil Grissom dopo aver impedito a Heather di commettere una sciocchezza di cui si sarebbe pentita, la porta a casa sua, piangente, per cercare di lenirle un po’ del dolore che stava provando.
Ambientata dopo la puntata 6x15 – Pirates of Third Reich.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Gilbert 'Gil' Grissom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Heather stringeva con forza – con rabbia – la croce che lui le aveva ridato dopo averla ritrovata sul pavimento di quella casa mentre le lacrime continuavano a rigarle il volto, cercando a stento di re-stare impassibile e non permettere a quell’uomo di o

Fandom: CSI

Tipologia: one shot

Rating: per tutti

Genere: introspettivo, generale, triste

Personaggi: Heather Kessler, Gil Grissom

Pairing: vaghi accenni a Heather/Grissom

Epoca: ambientata appena dopo la fine della puntata 6x15 – Pirates of Third Reich

Avvertimenti: nessuno

Riassunto: Gil Grissom dopo aver impedito a Heather di commettere una sciocchezza di cui si sarebbe pentita, la porta a casa sua, piangente, per cercare di lenirle un po’ del dolore che stava provando.

Disclaimer: anche se Gil lo vorrei tutto tutto per me, non mi appartiene, purtroppo :D i personaggi appartengono alla CBS, a Jerry Bruckheimer e a chi li ha creati. Persone fortunelle U.U

 

Dunque, dopo aver amato alla follia questa serie (e spin-off vari) da quando tanti tanti anni fa ho visto per la prima volta una strana pubblicità su Italia 1, mi decido a pubblicare qualcosa su questo fandom anche se sono ancora molto intimorita proprio per l’amore che ho di questo programma.

Ormai, però, non ho più scuse, quindi mi butto! :D

 

Trovo che la storia d’amore tra Gil e Sara sia molto bella, ma è più forte di me, io Grissom lo vedo con Lady Heather, non posso farci niente, sono troppo belli insieme.

Questo è solo un piccolo omaggio, sperando di aver mantenuto i personaggi per quello che sono, in caso contrario sono ben accette critiche e quant’altro, amo molto questi personaggi e questa serie, per cui sarebbe per me un enorme dispiacere averli snaturati.

 

Vi lascio alla lettura, spero, piacevole!

 

 

 

Una croce stretta tra le dita

 

Heather stringeva con forza la croce che lui le aveva restituito, dopo averla ritrovata sul pavimento di quella casa, mentre le lacrime continuavano a rigarle il volto, cercando a stento di restare impassibile e non permettere a quell’uomo di osservare il suo dolore.

Lui ormai non aveva più il diritto di oltrepassare quel sottile velo che c’era tra di loro, lo aveva perso da anni, così diversi e così simili, così legati un tempo e poi divisi in un attimo, in una parola che aveva chiuso tutto.

Una parola che aveva pronunciato tanti anni prima, lui, così inesperto del suo mondo, ma così affascinato e affascinante che aveva ammaliato persino lei con poche parole e una leggera carezza.

Stringeva la croce Heather mentre lui la guardava con quei suoi occhi blu di un mare profondo che avrebbe voluto che la inghiottisse in quell’istante così da poter tornare da sua figlia, dalla sua piccola paffuta bimba che le sorrideva appena nata, mentre la stringeva tra le mani, in quell’abbraccio sicuro e intimo che solo una madre è in grado di compiere.

Lei, però, non era stata in grado di proteggere sua figlia, era finita in un deserto, costretta a mangiarsi la sua stessa mano, costretta a ogni secondo di quell’orrore che lei non era stata capace di evitarle.

Come poteva definirsi ancora una madre dopo tutto quello?

Come poteva lui guardarla in quel modo?

Aveva sentito la rabbia impossessarsi di lei a ogni frustata inflitta a quell’uomo, quel mostro che le aveva portato via la sua bambina, la sua piccola e unica figlia che non avrebbe mai più rincontrato e ogni volta che avrebbe chiuso gli occhi, l’avrebbe vista su quel freddo letto d’acciaio e i ricordi del suo sorriso e dei suoi occhi sarebbero per sempre scivolati via come sabbia tra le dita.

Quelle stesse dita che stringevano la croce, ancora e ancora, anche quando lo sguardo dell’uomo si era fatto più vicino e il suo respiro le gelava la pelle, perché nulla sarebbe riuscito a scaldarle quel gelo che si stava via via impossessando di lei, del suo corpo, della sua anima, di quel cuore che aveva smesso di battere non appena l’aveva guardata ormai morta, giacente in un anonimo obitorio, cadavere tra tanti.

No, lei non era uno tra tanti, lei era la sua bambina, quella piccola peste che le correva lontano e rideva, rideva senza lasciarsi afferrare, e lei felice le andava dietro, attenta a ogni caduta di quell’esile creatura che aveva appena imparato a camminare velocemente.

E poi l’afferrava, facendola volare, volare lontano, librandosi in quei sogni che avrebbe avuto tutta una vita per realizzarli, e invece qualcun altro l’aveva afferrata di nuovo, strappata al volo materno, alla vita.

La sua piccola Zoë.

Continuò a stringere la croce anche quando le prese le mani tra le sue, in quel gesto che sapeva, essere così intimo e profondo per lui, così restio a qualsiasi contatto umano, così timoroso di ciò che un’altra persona avrebbe potuto scorgere in lui se si fosse avvicinato troppo.

E lei lo aveva conosciuto, forse meglio di chiunque altro, le aveva permesso di avvicinarsi, di toccare il suo mondo, e lei lo aveva fatto, e aveva ceduto a quegli occhi blu e alla sua mente, e si era bruciata. Si era bruciata a fondo e ancora sentiva il calore provenire da quelle scottature che le aveva lasciato dopo quella notte.

Aveva pensato spesso a lui, ma mese dopo mese il suo viso era scemato e la sua voce, un lontano ricordo, ed era strano che fossero passati così tanti anni dal loro ultimo incontro, in fondo Las Vegas era una piccola città e prima o poi ci s’imbatteva anche nella persona che si cercava di evitare.

E lei lo aveva evitato, anche se era stato facile, molto facile, visti i loro mondi così distanti, che sarebbe stato più probabile incontrarsi per caso in qualche capitale europea come semplici turisti americani.

Sorrise a quel pensiero che per un attimo la trasportò via dal suo dolore, in una di quelle città dove avrebbe camminato per ore insieme a sua figlia senza perdersi neppure un piccolo angolo di quei posti, neppure un volto, una ruga, un odore o un suono.

E poi forse sarebbe apparso lui, quell’uomo che ancora le stringeva le mani e si avvicinava a lei poco a poco, e avrebbero parlato e parlato fino a prosciugarsi la gola, perché era sicura che a Zoë, Gil Grissom sarebbe piaciuto e l’avrebbe colpita, così come aveva colpito lei anni prima, quando tutto andava bene e lui le guardava le labbra.

«Dovrei andare adesso.»

«Non ti lascio andare a casa da sola in queste condizioni» perché non la lasciava andare e si dimenticava nuovamente di lei? Era stato lui a mettere la parola fine, come qualunque sottomesso, aveva il potere di dire basta, e lo aveva fatto. Si era sottomesso a dei sentimenti, prendendo a calci l’importanza primaria e unica che dava al lavoro, e lo aveva fatto per lei, soltanto per lei.

Poi aveva detto basta, aveva sigillato e gettato via tutto quello, come se fosse stata cosa di poco conto, come se quel tè fosse stato soltanto quello, come se i loro discorsi fossero stati soltanto l’ennesima indagine, l’ennesimo studio da compiere. Come se quelle carezze e quei tocchi fossero stati soltanto un sogno, qualcosa di mai avvenuto.

Eppure poteva ricordare ancora adesso il sapore delle sue labbra, la sensazione che aveva provato quando aveva frantumato quella barriera che lo divideva dal mondo, avvicinandosi a lei, passo dopo passo.

Ed era tutto svanito, e ora non aveva più alcun diritto di dirle cosa doveva o non doveva fare, l’aveva trascinata lì soltanto perché era troppo sconvolta per opporsi, troppo addolorata per allontanarlo.

In fondo, in quel momento, aveva avuto bisogno di lui, dei suoi occhi, della sua voce, del suo abbraccio e del suo conforto, lo sapeva, ed era inutile mentire a se stessa.

Adesso, però, aveva ripreso quel controllo perduto nel deserto, e in quel momento non poteva permettere a quell’uomo di toccarla dentro, anche se non ci sarebbe mai stato un momento perfetto per lasciarglielo fare.

Semplicemente, Gil Grissom non aveva più il diritto di far parte della sua vita.

Allora perché non riusciva ad alzarsi e andarsene da lì? Ad allontanare quelle mani così forti che iniziavano a darle un insperato tepore?

Zoë non c’era più, la mostruosità dell’uomo se l’era portata via, gliel’aveva strappata per sempre e lei aveva bisogno di quel contatto, in quell’istante aveva bisogno di Gil perché sapeva che lui avrebbe rispettato il suo dolore, avrebbe rispettato le sue lacrime e i suoi silenzi, lo avrebbe fatto senza stupide frasi di circostanza, senza sguardi di pietà o compassione.

Sarebbe stato lì, chiuso nel suo mondo con la paura di far entrare chiunque altro, e questo non gli avrebbe permesso di entrare nella sua, di vita, e questo, nelle sue condizioni, era un balsamo inatteso per le sue ferite.

Non disse nulla Gil mentre la conduceva a sé per stringerla al suo petto, e non disse nulla neppure Heather che si lasciò completamente andare sul suo cuore che batteva sereno, trascinandola pian piano in un sonno profondo che sapeva, lui avrebbe vegliato.

Si addormentò tra le braccia dell’uomo mentre ancora stringeva la croce tra le dita.

 

   
 
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