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Autore: Hisfreckles    16/08/2013    2 recensioni
'Non so se quello che sto dicendo abbia senso, non sono brava con le parole, è semplicemente tutto quello che mi passa per la testa, le parole che non ho mai avuto il coraggio o la forza di dire.'
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Primrose Everdeen
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Il Dottor Aurelius ha detto che mi servirà.
Dice che ormai sono pronta e che dopo mi sentirò molto meglio. Non ne sono sicura, forse peggiorerà solo le cose, ma ho promesso a Peeta che avrei lasciato che mi aiutasse, lui si fida di quel dottore ed io mi fido di lui.
Magari è davvero arrivato il momento di scontrarsi con l’unica cosa che non riuscirò mai ad affrontare: la morte di mia sorella.

E’ la prima volta dopo anni in cui mi ritrovo volontariamente in quella parte della mia casa e la prima volta che mi ritrovo davanti a quella porta di legno scuro. Peeta è accanto a me, la mia mano stringe con forza la sua. Nonostante abbia deciso che è una cosa che devo fare da sola, voleva che sapessi che lui era lì per me, a sostenermi in silenzio e che anche se dovevo farlo da sola, io non ero sola. Chiudo gli occhi prendendo un gran respiro e sento le labbra di Peeta poggiarsi sulla mia tempia. Mi avvicino alla porta, dopo avergli lasciato la mano con uno scatto, e la guardo per qualche istante. L’unica cosa a cui riesco a pensare è che scapperei volentieri il più lontano possibile senza voltarmi indietro, invece mi giro solo per un istante, il tempo di fissare il mio sguardo in quello infinitamente triste ma incoraggiante di Peeta, e apro la porta.

La stanza è buia e puzza di chiuso. Cammino verso la grande finestra sbarrata incerta e la spalanco completamente. Il tiepido sole entra immediatamente illuminando la grande camera azzurrina. Il blu è il suo colore preferito, le piace qualsiasi tonalità, dal blu brillante al verde acqua.
Nessuno deve esserci entrato dalla notte del bombardamento perché è tutto esattamente come lei lo ha lasciato: il letto sfatto a causa dell’improvvisa fuga, i suoi libri ancora sulla piccola scrivania di fronte la finestra. L’ultima volta che c’ero entrata io, era il giorno del suo compleanno.

Il dottore vuole che cominci a mettere un po’ della sua roba da parte, non c’è bisogno di farlo subito, ha detto che posso prendermi tutto il tempo di cui ho bisogno o che posso tornarci anche un altro giorno. Posso fare tutto ciò che mi sento di fare, a patto che lo faccia. Le gambe non reggono più, potrei cadere da un momento all’altro in preda ad uno dei miei attacchi, ma comincio a respirare profondamente per calmarmi ripetendomi mentalmente i punti fermi della mia vita, come facevo dopo la commozione cerebrale. Cauta mi siedo sul letto, come per paura di svegliare qualcuno, e mi porto le gambe al petto.

«Ehi paperella»

Le mie parole sono appena udibili. Prendo un gran sospiro e chiudo gli occhi, nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime che minacciano di farmi crollare. Non so perché stia bisbigliando a questi muri, la ragione mi dice che è inutile, ma lo faccio ugualmente perché in fondo spero di sentire di nuovo quel “Quack” come risposta.
 
«Sono passati anni, ma non riesco a credere che tu sia …»
Deglutisco cercando di sciogliere il nodo che mi si è formato in gola, senza troppo successo, e continuo a parlare.

«Il distretto ormai è stato ricostruito completamente, ti piacerebbe un sacco ora, c’è persino un parchetto dove possono giocare i bambini del giacimento. In realtà non esiste più nessun ‘giacimento’, nessuno muore più di fame ai lati della strada e le miniere sono state chiuse».
 
«Sai, la mamma ora vive nel quattro. L’ha fatto di nuovo. Mi ha abbandonato. Ma non sono arrabbiata. Io ora ho Peeta … e Haymitch» sbuffo una risata infelice mentre con una mano sposto i capelli che mi ricadono sul viso. Le gambe hanno cominciato a formicolare quindi decido di sdraiarmi. Poggio la testa al cuscino e ispiro il suo odore, non è molto forte ma riesco ancora a sentirlo.

«Come ha potuto lasciarti andare? Come ha potuto permettere che salissi su quell’hovercraft? »  
 Non so se quello che sto dicendo abbia senso, non sono brava con le parole, è semplicemente tutto quello che mi passa per la testa, le parole che non ho mai avuto il coraggio o la forza di dire.

«Non la odio più, sono troppo impegnata ad odiare me stessa per farlo. In fondo è stato per distruggere me che la Coin ti ha voluto in quella missione di soccorso. E tu sei andata, perché quei bambini stavano soffrendo e so quanto tu odi vedere delle persone che soffrono, ma al contrario di me tu non scappi, tu ti rimbocchi le maniche e fai di tutto per curarle, anche perdere la tua stessa vita. »
E’ la verità, mi sarò anche offerta volontaria, partecipato a due Hunger  Games e guidato una rivolta, ma è Prim quella coraggiosa, lo è sempre stata.
«Nella tua breve vita sei stata una persona migliore di quanto io possa mai essere. »

La mia voce si spezza e non riesco più a trattenere le lacrime. Corrono giù scendendo lungo il mio viso per poi cadere silenziose sul cuscino.
«Mi dispiace Prim. Mi dispiace così tanto » continuo a ripetere tra i singhiozzi, mi ci vuole un po’ per riuscire a respirare di nuovo regolarmente.
«Dovresti essere tu quella al mio posto, dovresti essere qui a vivere la vita che meriti. Saresti diventata una dottoressa straordinaria, ne sono certa. Ero io quella che non doveva sopravvivere, e invece l’ho fatto. L’ho fatto per te, ogni cosa era studiata perché non tu non ti facessi del male. Avevo un solo compito. Un solo dannatissimo compito: tenerti in vita. Ed ho fallito. Ti ho deluso, ho deluso ogni persona a cui volevo bene»

Lo urlo, arrabbiata e allo stesso tempo rassegnata perché darei qualsiasi cosa per tornare indietro e mangiare quelle dannatissime bacche, ma ciò non è possibile, il passato è passato ed io, per quanto lo odi, non posso fare altro che accettarlo perché non cambierà. Sospiro profondamente, con i palmi delle mani asciugo gli occhi rossi prima di alzarmi. Prendo a camminare lentamente. Dovrei cominciare a dividere le sue cose per categoria in modo da rendermi più semplice il lavoro, ma tutto quello che faccio e passeggiare lungo i muri sfiorando i mobili con i polpastrelli quando passo. Cerco di imprimere nella memoria ogni singolo dettaglio, ogni oggetto e la sua esatta posizione.
«L’unico modo per onorare il tuo – vostro – sacrificio è vivere a pieno la mia vita, Peeta lo dice sempre, e so che se fossi qui con me tu diresti la stessa cosa. Ci sto provando Prim, ci sto provando davvero.»

«Perché finché vivo io, tu vivi con me»


Angolo Autrice.

Questa cosa non ha nè capo nè coda, ma mi ero sfidata a scrivere qualcosa di angst e questo è quello che è uscito.
L'angolo era solo per dirvi che a me in primis non piace per nulla quindi regalerò caramelle a tutti quelli che aprono la fic anche solo per sbaglio, così non mi sento in colpa.
Okay, era inutile scriverlo. Ho finito ora.
Grazie per il vostro tempo.

 

  
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