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Autore: DameOfWax    17/08/2013    0 recensioni
La storia di una bambina che ha paura del mare perché la tiene lontana dal suo papà;
i brevi viaggi dei pescatori che si spostano dall'isola su cui vivono alla città, affrontando i pericoli del mare;
l'amore di un uomo che è sopravvissuto a tutte le persone che gli erano più care. Un racconto malinconico che racchiude nello sfondo tutto il sapore del mare.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un paio di giorni prima, una quarantina di uomini era salpata dall’isola con due piccole navi e l’intenzione di raggiungere la città, dove vendere il pesce. Quando gli affari non andavano bene, i pescatori, per guadagnare qualche moneta in più, erano costretti a spingersi verso la città, che di rado li faceva tornare a mani vuote. Nonostante il successo che la vendita del pesce aveva nel mondo oltre l’isola, i pescatori non vi si spingevano spesso, né tanto volentieri, se non in casi di vera necessità. Durante il viaggio d’andata, la navigazione era andata avanti in modo tranquillo, senza particolari problemi. In tarda serata erano approdati nel porto, dove avevano riposato. Poi il giorno successivo avevano raggiunto il mercato del pesce e fatto buoni affari. Stanchi, la sera erano rientrati sulla nave e avevano cenato e bevuto abbondantemente, con i volti radiosi e le tasche tintinnanti di monete.
«Partiremo domattina all’alba, se il mare ce lo permette», disse Stan, il più vecchio e esperto del gruppo. «Alla salute!» alzò un grosso boccale e tutti brindarono insieme a lui.
«Sarebbe meglio non esagerare», intervenne un altro uomo. Era alto e robusto, il viso era attraente e la pelle era abbronzata. Non era tra i più giovani, ma era un uomo molto bello. I capelli scuri avevano qualche filo grigio e incorniciavano un paio d’occhi verde mare. L’avanzare dell’età aveva iniziato a sbiadire i suoi capelli, ma nemmeno il tempo sarebbe mai riuscito a sbiadire l’intensità del suo sguardo.
«Rilassati, Etan! Manda giù un altro sorso!», un ragazzo leggermente zoppicante alzò il boccale e scoppiò in una fragorosa risata.
«Non credi di aver esagerato un po’, stasera, Soldato?» rispose Stan rivolgendosi al ragazzo. Quest’ultimo era uno dei pochi sulla nave a non essere un pescatore. Era famoso sull’isola per i suoi datteri buonissimi, che portava a vendere in città, e lui sì che faceva davvero fortuna. Il suo nome era Alan ma tutti lo chiamavano Soldato, perché raccontava di aver combattuto in guerra come soldato semplice. S’era trovato a combattere quand’era soltanto un ragazzino, nonostante la sua giovanissima età. Era rimasto ferito molte volte ma alla fine se l’era cavata con qualche cicatrice e una gamba non del tutto a posto. Adesso aveva diciotto anni.
Stan riprese a parlare: «Etan ha ragione. Basta così, per stasera. Andiamo tutti a riposare, domani ci aspetta un viaggio faticoso, ed è meglio che tutti siano lucidi e freschi.» e con queste parole li congedò. Era una sera mite, il sole era appena andato a dormire e per poco sarebbero ancora rimaste le luci del tramonto che insanguinavano il cielo. A est iniziarono a spuntare le prime stelle e Stan tirò un sospiro soddisfatto. Soffiava un leggero venticello, ma non c’era l’ombra di una nuvola. La navigazione sarebbe andata per il meglio, l’indomani. L’altra nave che stava con loro aveva deciso di partire quella sera stessa.
«Prima torniamo, meglio è» aveva sentenziato Ben, l’uomo che prendeva il comando di quella nave. «La sera sembra serena, non dovremmo avere problemi. Siamo stanchi, ma i miei uomini preferiscono tornare il prima possibile. Lo sai che non amano la città, preferiscono la quiete dell’isola. Come biasimarli?»
«Sta bene» borbottò Stan. «Ci vediamo presto. E fate attenzione». Nelle sue parole c’era un tono velato di affetto.
«Attenzione a voi, piuttosto. Non si sa mai cosa potrebbe succedere con una donna a bordo!». Ben ridacchiò e indicò con lo sguardo una ragazzina sulla nave di Stan che intagliava un pezzo di legno. La ragazzina parve aver sentito le parole di Ben e si infuriò, urlandogli contro.
«Io non sono una ragazzina! Sono un marinaio!» e con innaturale forza scagliò il pezzo di legno intagliato verso di lui, con successo.
«Come diamine avrà fatto?» gridò Ben, molto irritato. «Sta attenta, ragazzina, non la passerai liscia!». Stan se la rideva sotto i baffi, e mentre Ben si voltava e andava a prendere il comando della nave, giurò di averlo sentito borbottare: «Le donne portano solo guai!».
La ragazzina aveva ripreso a intagliare un altro pezzo di legno. Era un tipo strano: aveva i capelli tagliati corti e non vestiva decisamente come una ragazzina, bensì aveva un tipico abbigliamento maschile e uno strano cappello in testa che la rendeva ancora meno femminile. Aveva i capelli neri e i suoi occhi erano nocciola, intensi e bellissimi, il suo naso era spruzzato di lentiggini. Una nave non era il luogo adatto per una donna, secondo la gente dell’isola, tantomeno per una ragazzina. Doveva avere quattordici, quindici anni, ma aveva fin troppa forza e determinazione per la sua età. Aveva pregato Stan di portarla in viaggio con loro, di farla salire sulla nave e portarla fino alla città, e quando Stan si era mostrato contrario, si era fiondata sulla nave e aveva rifiutato categoricamente di scendere. Nessuno era riuscito a dissuaderla, nemmeno la sua povera zia, e così il cuore buono di Stan l’aveva fatta restare. Il suo vero nome era Jasmine, ma voleva a tutti i costi essere chiamata Andrea. Sull’isola viveva con la sua vecchia zia. Sua madre se n’era andata dandola al mondo e suo padre era morto pochi anni dopo la sua nascita, in seguito ad un naufragio. Quel giorno aveva portato le sue collanine di conchiglie e le sue statuette di legno ed era riuscita a venderne qualcuna al mercato. Non aveva altro se non il suo talento nello scolpire e la sua fantasia senza confini, proprio come il mondo che voleva tanto esplorare.
Partirono all’alba, come avevano progettato, con i raggi del sole che facevano capolino fra le colline. C’era lo stesso venticello della sera precedente, ma nessuna nuvola all’orizzonte.  La navigazione procedette veloce e tranquilla, fino a mezzogiorno, quando il vento iniziò a farsi più forte, sollevando onde più alte. Si trovarono in difficoltà. Stan voltò lo sguardo a destra e vide il suo timore più grande farsi reale: una grande massa di nuvoloni grigi e minacciosi si stagliava cupa. Sentì una fitta di panico attanagliargli il cuore, ma si sforzò di mantenere la calma.
«Stan, dobbiamo tornare indietro! Dobbiamo ritornare al porto!» gridò Soldato.
«Non essere sciocco, Soldato! Ci siamo allontanati troppo. Le nuvole si muovono in fretta, non servirebbe a nulla.» intervenne Etan.
«Dobbiamo proseguire, non c’è altro modo. Non siamo molto distanti dall’isola, ancora una manciata di minuti e dovrebbe iniziare a intravedersi la costa.» Stan andò al comando, cercando di mantenere lucida la mente. Ma si sbagliava. L’isola era più lontana di quanto credesse. Le onde si facevano sempre più alte, le nuvole sempre più minacciose. In breve tempo coprirono il cielo sopra di loro e la pioggia non tardò a cadere, furiosa. La nave venne sballottata fra le onde come un giocattolo in balia del mare: impetuoso, non era dell’umore giusto, non sembrava dare tregua. In molti maledissero i suoi misteri, in molti maledissero la sua mutevolezza.
Stan si rivolse ai pescatori che stavano in sopraccoperta: «Ammainate le vele!».
Tutto era cupo. La pioggia divenne tanto fitta da rendere difficoltosa la vista.
«Tutti sottocoperta, presto!». Stan afferrò Andrea, paralizzata dal terrore, e la affidò a Soldato. «Mettetevi al sicuro! Non ci resta che aspettare che la tempesta finisca!»
«Stan, abbiamo un problema! La nave è danneggiata, stiamo imbarcando acqua!».
Un’onda grandissima si scagliò contro la nave, provocando brusche scosse. Si sentì l’albero scricchiolare. Stan fu sbalzato a terra e batté la testa contro qualcosa.
“Tenete duro, amici” e svenne.
  
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