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Autore: Rosmary    17/08/2013    7 recensioni
{La storia è il seguito della oneshot "L'intraprendenza di Hermione"}
Un filtro, un sogno bizzarro rivelato alla persona sbagliata e la più brillante delle studentesse di Hogwarts si ritrova incastrata in un'imbarazzante situazione, che avrà risvolti più che inaspettati. Dopotutto, è noto, ogni esperimento ha in sé degli effetti collaterali, l'importante è riuscire a fronteggiarli!
Dal primo capitolo:
“Spiegami di nuovo come ha reagito Hermione, che quando me l’hai detto era l’alba e ho capito poco e niente.”
“Solite reazioni di ragazze cotte,” commentò vanesio e spiccio. “È arrossita, poi ha negato e mi ha tirato uno schiaffo quando ho tentato di baciarla.”

Dal quinto capitolo:
“Siamo tornati indietro?”
“Quindi, è una Giratempo!” concluse vittorioso e allegro il ragazzo.
Hermione inarcò un sopracciglio, portò le braccia conserte ed esibì un'espressione contrariata e saccente. “Ma l’hai mai vista, una Giratempo?”
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger, I Malandrini, Lily Evans, Un po' tutti | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger, Hermione Granger/ Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'intraprendenza di Hermione'
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“Hermione, che fretta hai?”
 
“Defo sfudiafe…” rispose la diretta interessata, ingurgitando velocissima qualche foglia di insalata e due o tre pezzetti di carne. “A dopo,” salutò, abbandonando la Sala Grande in tutta fretta.
 
“E siamo a quota tre giorni,” commentò triste Ron.
 
“Già,” concordò Harry, rigirando la forchetta nel piatto. “Va bene che abbiamo i G.U.F.O, ma se continua così sviene davanti agli esaminatori…”
 
“Ben detto, Harry,” s’intromise Dean, tagliuzzando con devozione la propria bistecca. “Anch’io sono attento alla media, ma non possiamo stressarci al punto da non mangiare, altrimenti, non ci reggiamo in piedi,” spiegò saggiamente, dedicandosi poi alle vivande. Seamus, al suo fianco, ingoiò il proprio disappunto ed evitò di scagliarsi contro Dean, colpevole d’aver rivolto la parola a Harry.
 
“Beh, domani, o mangia o la ritroviamo da Madama Chips,” concluse Ron, mettendo, a suo modo, fine alla spinosa faccenda.
 
Poco lontano dal gruppetto di quindicenni, due ragazzi identici avevano osservato la scena, in fondo, quei due studenti potevano perfettamente immaginare il reale motivo per cui Hermione, d’un tratto, evitasse colazione, pranzo e cena.
 
“Evita te,” affermò difatti George.
 
“Non credo proprio,” negò nervoso Fred.
 
“Tu continua a ripeterlo, così te ne convinci sul serio!” scherzò l’altro.
 
“Vedi il lato positivo, Fred,” intervenne Lee, “se lei sviene o muore, noi potremmo trafficare liberamente!”
 
“Non è divertente,” rispose il diciassettenne, la cui espressione seriosa fece scoppiare George e Lee in risate poco decorose.
 

****

 
“Signorina Granger, ti sembra il caso?”
 
“Devo finire un tema, Madama Pince, mi occorrono alcuni libri per degli approfondimenti.”
 
La bibliotecaria scrutò sospettosa Hermione, carezzando amorevolmente la copertina del grosso tomo poggiato sul proprio banco. Guardò spazientita l’orario, scuotendo il capo con aria rassegnata. Personalmente, adorava la diligenza di quella studentessa, come anche il rispetto che sempre portava ai vari libri della biblioteca, ma non poteva certo consentirle l’uso del luogo ventiquattro ore su ventiquattro.
 
“Sai benissimo che dopo le ventuno è sconsigliabile attardarsi qui,” obiettò. “Ti concedo tempo sino alle ventidue, signorina Granger, ma, da domani, o avrai un permesso o sarò costretta a spedirti in dormitorio.”
 
Hermione s’aprì in un sorriso di gratitudine, assicurando all’anziana donna che si sarebbe procurata il permesso. Senza perdere altro tempo, la sedicenne s’accomodò al solito banco, sparpagliò su di esso i vari tomi e, per la terza sera consecutiva, obbligò se stessa alla concentrazione.
Non aveva reale bisogno di attardarsi in compagnia dei libri, possedeva un’organizzazione piuttosto buona, che le assicurava persino ore di relax, ma in quegli ultimi giorni aveva soltanto voglia di isolarsi da tutto e tutti. Non le importava più dei pettegolezzi e delle occhiatacce al veleno, aveva ben altro di cui preoccuparsi. Il bacio di Fred, l’infido bacio di Fred, l’aveva completamente scombussolata e non per qualche frivola ragione, ma perché aveva dovuto ammettere, almeno a se stessa, d’essere realmente interessata a quello scapestrato di prima categoria. Come se poi fosse una cosa normale! Non lo era, non lo era per niente! Nessuna ragazza per bene e con la testa sulle spalle avrebbe mai dovuto o potuto interessarsi a un simile esemplare maschile. E più rifletteva sulla sconcertante consapevolezza, più le sembrava assurdo, anche perché non riusciva a ricordare neanche quando quella… cotta – o come Merlino voleva chiamarla – si fosse impossessata di lei. Come se non bastasse, il bellimbusto s’era anche preso gioco di lei, umiliandola in uno sgabuzzino. Ah! Ogni volta che ripensava a quei maledettissimi minuti riusciva a spezzare qualsiasi cosa avesse in mano, proprio come ora, che, senza rendersene conto, aveva fatto a metà la bella piuma intinta di inchiostro, macchiando la pergamena, parte del ripiano in legno e impiastricciandosi anche le mani.
 
“Perfetto,” mormorò irata, ripulendo con un colpo di bacchetta il banco e le mani.
 
Gettò via la pergamena e la piuma e, solo in quell’istante, s’accorse di una figura conosciuta che stava letteralmente litigando con Madama Pince. Avrebbe volentieri guadagnato l’uscita di soppiatto, ma la curiosità di capire perché lui fosse lì e quali epiteti gli stesse rivolgendo la bibliotecaria fu più forte. Così, in religioso silenzio, s’avvicinò alle due figure battibeccanti.
 
“Questa non è mica la sua biblioteca. Mi faccia entrare o le scateno contro Pix,” stava dicendo lui.
 
“Screanzato che non sei altro! Discuterò personalmente con la professoressa McGranitt la punizione d’assegnarti. Nessuno manca di rispetto a me e alla mia biblioteca,” inveiva la bibliotecaria.
 
“Ma parli con chi vuole e aggiunga che se non ho studiato è colpa sua!”
 
“Mia? Ma come… Come osi?”
 
“Beh, se io non entro in biblioteca, non prendo i libri che mi servono e non studio,” concluse tranquillamente il ragazzo, sorridendo beffardo verso la donna, che aveva ormai guance paonazze e sguardo allucinato.
 
Hermione, alla sfacciataggine di lui, commise l’imperdonabile errore di gemere affranta, dando modo agli altri due d’accorgersi di lei.
 
“Signorina, hai finito? Fuori! Tutti e due! La biblioteca è chiusa! E anche tu!” sbraitò fuori di sé Madama Pince, rivolgendosi anche a un coetaneo della Granger, che stava seguendo stranito il battibecco. “Fuori! Tutti! Signor Steeval, anche per te: da domani, o permesso o niente!”
 
“Ma quanto la fa lunga!” sbottò Fred.
 
“Sei ancora qui?”
 
“Che ci vuol fare, mi sono affezionato! Comunque, tolgo il disturbo per sempre, ero solo venuto a recuperare il mio amato Prefetto!” concluse sarcastico Fred, trascinando via Hermione, che s’era, nel frattanto, precipitata a raccogliere i propri effetti, infilandoli frettolosamente nella tracolla.
 
“Ma cosa ti è saltato in mente?”
 
La domanda di Hermione, contemporanea al ritrarre la mano destra dalla presa del ragazzo, giunse con tono acido, quando erano abbastanza distanti dall’ingresso della biblioteca. Senza pensarci, incrociò le braccia al petto, mimando una chiusura, e voltò il capo, dedicando il profilo a quello che, lo sapeva bene, doveva essere certamente Fred. Riusciva a infastidirla e a scioccarla persino l’idea d’averlo riconosciuto immediatamente, che poi, neanche riusciva a capire come l’avesse distinto dal fratello, consciamente li trovava ancora identici e indistinguibili. Lui l’osservò per qualche istante, imprimendosi un sorrisino ilare sul volto.
 
“Avevo voglia di vederti,” rispose sarcastico. “Non mi credi?”
 
“No.”
 
S’allentò il cravattino della divisa lui, ricordandosi solo ora d’aver lasciato toga e giacca chi sa dove. Doveva avere un’aria davvero trasandata, ecco perché la bibliotecaria aveva inveito prima ancora che aprisse bocca.
 
“Sono tre giorni che non mangi, inizio a sentirmi in colpa, sai?!”
 
Hermione sbottò in una risatina che, al pari del tono di voce, risultò del tutto acida. “Bisogna avere una coscienza o cuore o cervello, come vuoi chiamarlo, per sentirsi in colpa. Non è il tuo caso.”
 
“Ma come siamo aggressive! Sai, Granger, questo tuo lato oscuro potrebbe affascinarmi!”
 
“Dacci un taglio, Fred, d’accordo? Non ti è bastato il giochetto dello sgabuzzino? Vuoi divertiti un altro po’? Beh, sono magnanima, ti do una notizia: non sono il tuo passatempo, quindi cerca di fare una bella figura e non mi rivolgere più la parola.”
 
Gliele aveva letteralmente vomitate contro, quelle parole. S’era persino voltata verso di lui, seppure continuasse a ostentare un contegno degno di una regina. Tacquero entrambi, lei vogliosa di vederlo sparire, lui stupito da tanto astio. Dopotutto, per il mago, quell’insieme di vicende aveva rappresentato uno scherzo, un gioco, qualcosa di allettante o divertente per ammazzare il tempo. Non era abituato a considerare le conseguenze delle proprie azioni, né lui, né George, né Lee.
 
“Mi dispiace,” esordì. “Ti conosco da anni, figurati se volevo causarti tutti questi problemi. Si faceva per scherzare.”
 
“Lo so benissimo, Fred, che hai solo scherzato.”
 
La punta d’amarezza che accompagnò il dire di Hermione fu del tutto involontaria e colta dal mago quando lei s’era già incamminata lungo il corridoio. Possibile che l’avesse ferita? Che fosse davvero interessata a lui? Perché, assurdo ma vero, Fred Weasley non aveva avuto la decenza di fermarsi un solo attimo a riflettere sul dato più rilevante della questione: quella ragazza aveva una cotta per lui. Aveva considerato tutto nell’insieme, come se anche l’infatuazione facesse parte di uno scherzo più grande, un dettaglio insignificante tra i tanti da sfruttare e con cui divertirsi. Un po’ lo stesso errore che aveva compiuto, l’anno prima, con Angelina; anche in quell’occasione, infatti, non aveva avuto la decenza di capire che l’averla baciata e l’essere stato ricambiato, forse, agli occhi della ragazza aveva significato qualcosa. Per settimane, infatti, s’era chiesto perché Angelina, d’un tratto, si rifiutasse persino di sedersi accanto a lui, fu Lee a illuminarlo: ‘potrebbe essersela un pelino presa, sai, prima la baci e poi fai l’amico’.
 
“Stupido ragazzo, ma cosa fai lì impalato?”
 
Fred sobbalzò, guardandosi intorno veloce, senza però scorgere nessuno. “Chi ha parlato?”
 
“Qui! Sono qui!” sbottò spazientito il ritratto d’un anziano mago, dal girovita abbondante e due baffetti grigi da tricheco. “Perché sei ancora fermo?”
 
“Ma tu chi sei?” chiese il ragazzo, avvicinandosi e scrutando divertito l’immagine sulla tela.
 
Un uomo, uno come si deve! Come non ne nascono più, a quanto vedo,” spiegò arrogante, guardando con estremo disappunto Fred e la sua divisa scomposta. “Non la segui?”
 
“Chi?”
 
“Ma come chi? La ragazza, pezzo di manzo avariato! Quando una bella signorina fa a quel modo, si aspetta d’essere seguita!”
 
“Io non ne sono tanto sicuro,” affermò pensieroso Fred.
 
“Questo perché sei un imbecille come i tuoi coetanei! Va’, pezzo di manzo avariato, va’, che Sir Jorge Noel Keats1 sa quel che dice.”
 

****

 
“Ti ha seguita?”
 
“No.”
 
Ginny si strinse nelle spalle, sistemando i capelli crespi di Hermione in una treccia bene ordinata, come voleva la Granger. Erano entrambe in Sala Comune, immerse in quel caos che le proteggeva dalle orecchie indiscrete. D’altronde, era nelle situazioni più caotiche che potevano essere detti i segreti più importanti, poiché la confusione era, in quei casi, così tanta che nessuno aveva voglia di impegnare l’udito nei discorsi altrui.
 
“Avrebbe dovuto seguirti, almeno per scusarsi,” commentò la Weasley.
 
“Non importa. Se mi sta alla larga è già tanto. Ah, Ginny… non dirlo a Harry e Ron, sai…”
 
“Non preoccuparti,” chiarì la Grifondoro. “Ecco qui! Andiamo?”
 
“Non mi risulta che tu abbia la ronda,” le fece notare Hermione.
 
“Infatti, tu farai la ronda, mentre io vedrò Michael.”
 
“Ginny, non posso far finta di non vederti. Il regolamento parla chiaro, a quest’ora…”
 
“Alt! Io faccio un favore a te e tu uno a me! È gentilezza.”
 
“Sei tutta Fred e George,” commentò Hermione, facendosi sfuggire, suo malgrado, un sorriso divertito.
 
Fu uscendo dalla Sala Comune, avvisando Ron di non presentarsi in ritardo alla ronda, che incontrò di nuovo Fred, questa volta in compagnia di George, Lee, Alicia e Angelina. Non si degnarono neanche di un cenno del capo, ma Hermione potette quasi giurare d’aver visto Lee rifilare una gomitata al ragazzo tanto discusso.

 

****

 
“Lo sapete che sono in punizione, di nuovo.”
 
“Possiamo restare qui, ti facciamo compagnia.”
 
Ron guardò allucinato Hermione. “Compagnia a chi? Deve stare tutto il pomeriggio nello studio di quella faccia da rospo!”
 
Harry annuì nervosamente. “Infatti. E poi, Hermione, ti ringrazio, ma preferisco non vedere nessuno.”
 
In quei giorni, tra la strega che mangiava poco o niente, Ron perennemente scocciato dagli impegni della Prefettura e Harry nervoso e ossessionato dall’indifferenza mostratagli dal Preside, l’atmosfera all’interno del trio era a dir poco turbolenta.
A Hogsmeade, com’era prevedibile, andarono soltanto Ron e Hermione, con la conseguenza che stettero assieme ai Tre Manici di Scopa, per poi dividersi quando Ron incontrò Dean, Seamus e Neville che, come lui, volevano fare un giro da Zonko. La ragazza preferì non unirsi al gruppetto, obiettando d’avere bisogno di piume, inchiostro e pergamene nuovi; si recò dunque all’emporio del piccolo paese, constatando che fosse del tutto sprovvisto di clienti, a quell’ora.
 
“Io prenderei quello rosso, fa più Grifondoro,” esordì, d’improvvisò, qualcuno verso Hermione.
 
“Fred!” esclamò lei sobbalzando.
 
“Ma allora mi riconosci sul serio!”
 
Deglutì lei, imbarazzata e indispettita dall’osservazione. “George non mi perseguita, basta questo a riconoscerti.”
 
“Giusta osservazione,” concesse lui. “Prendi il rosso?”
 
“No,” sbottò, agguantando la boccetta d’incontro rigorosamente nero. “Non pasticcio i compiti e gli appunti io.” Lo guardò scettica, sollevando le sopracciglia. “Cosa vuoi?”
 
“Niente, a dire il vero. Mi aspettano alla staccionata qui fuori, George e Lee sono andati a prendere le Burrobirre. Mi serviva un blocco di pergamene.”
 
“Per fare cosa?”
 
Rise Fred, scuotendo il capo. “Forse non te ne sei accorta, ma frequento anch’io la scuola!”
 
Non gli rispose, strinse al petto ciò che aveva intenzione di acquistare e si diresse alla cassa. A frenare la sua fuga fu un aggeggio del tutto singolare, che occupava un intero scaffale. Era una sorta di grammofono, ma aveva un qualcosa di particolare, che lasciava intuire quanto quell’oggetto non servisse a produrre musica.
 
“Cos’è?” chiese a Fred, accorgendosi d’averlo accanto.
 
“Sembra un grammofono, ma è strano,” ammise lui, allungando la mano verso l’oggetto.
 
“FERMO!” impose il proprietario dell’emporio. “Quello non è in vendita e non si tocca!”
 
“Va bene…” disse Hermione titubante, ammonendo con lo sguardo il giovane Weasley, che, più incuriosito che mai, ritrasse la mano.
 
“Perché ce l’ha qui, se non si vende e non si tocca?”
 
“Questi non sono affari tuoi, vero, ragazzo?” ribatté sgarbato il proprietario.
 
“Fred, lascia stare,” sussurrò Hermione a denti stretti, ma lui la ignorò. La curiosità vinceva sempre.
 
“Beh, sono un cliente, certo che sono affari miei!”
 
“Quell’aggeggio porta guai!”
 
“Di che si tratta?”
 
“Guai seri, ragazzo, non chiedere altro e vattene.”
 
“Fred… basta…”
 
Peccato che Fred avesse, ormai, un luccichio di puro interesse nello sguardo. Portava guai, ossia, era tremendamente interessante. Magari, avrebbe potuto fornire qualche spunto per i Tiri Vispi. “Andiamo, signor Gaston,” esordì Fred persuasivo, leggendo il nome dell’uomo sull’etichetta incisa sulla cassa. “Sono un cliente discreto, solo qualche dettaglio!”
 
L’uomo sembrò soppesare l’interesse di Fred, s’allontanò difatti dal bancone, a cui i due studenti s’erano avvicinati, e si recò al tanto discusso scaffale. Hermione aveva completamente dimenticato inchiostro e affini; seppure fosse in disaccordo con l’insistenza del compagno, non poteva negare d’essere incuriosita dal mistero.
 
“Tua madre ci ha raccomandato di stare lontani dai guai,” tentò di ricordare a se stessa e a Fred.
 
“Mia madre è la stessa che ha ridotto Sirius come un Elfo Domestico,” ribatté lui.
 
“Sirius fa quel che deve fare!”
 
“Lui non ne è tanto contento.”
 
“Solo perché è un tantino incosciente.”
 
Fred ridacchiò al finto tatto della ragazza. “Tantino, eh? Io lo capisco e non è un incosciente. È geniale!”
 
“Ah, beh, che parlo a fare con te. Cosa credi di essere, una sorta di erede?!”
 
“Molto di più! Se fossimo stati coetanei, avrebbe avuto pane per i suoi denti!”
 
“Sei proprio un imbecille!”
 
“Ehi, ma vi siete messi d’accordo?” chiese irritato, ricordando quello strazio di ritratto.
 
Hermione gli parlava, lo guardava e, nel contempo, si chiedeva quale logica esistesse alle base della situazione. Lei non aveva voglia di parlargli, era ancora offesa, ancora confusa, eppure lui aveva, per certi versi, preteso un contatto e l’aveva ottenuto. Fu mentre discutevano di Sirius e di quanto fosse più o meno scapestrato che non s’avvidero di un ghigno maligno apparso sul volto di Gaston, il quale, come richiesto, fece scattare il grammofono, che, anziché produrre musica, produsse una sorta di polverina grigiastra, che ricoprì interamente i corpi di Hermione e Fred, consumandoli poco a poco. I due ragazzi non ebbero percezione di nulla, se non dello sparire e riapparire in un altro luogo, come se si fossero Smaterializzati.
 
“Cos’è successo?”
 
“Dove siamo?”
 
Domande che arrivarono in sincronia. Quando si guardarono intorno, accigliati, s’accorsero d’essere nell’atrio del castello di Hogwarts, che l’orologio annunciava mezzogiorno e che avevano indosso le divise.
 
“Questo non è normale,” gracchiò Hermione.
 
Fred deglutì, ripercorrendo rapidamente gli eventi di qualche secondo prima. “Il grammofono...”
 
“È una Passaporta?”
 
“Ma erano le quattro del pomeriggio, ora è mezzogiorno,” osservò stranito Fred.
 
“Siamo tornati indietro?”
 
“Quindi, è una Giratempo!” concluse vittorioso e allegro il ragazzo.
 
Hermione inarcò un sopracciglio, portò le braccia conserte ed esibì un'espressione contrariata e saccente. “Ma l’hai mai vista, una Giratempo?”
 
“No.”
 
“Appunto.”






1 È un personaggio di mia invenzione. Il cognome "Keats" è un ovvio riferimento al poeta.

   
 
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